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Una cricca discreditata e battuta PDF Stampa E-mail

21 Febbraio 2025

 Da Rassegna di Arianna del 17-2-2025 (N.d.d.)

La cricca di potere occidentale, col suo modello economico incentrato sulla speculazione finanziaria e sull'usura, che concentra la ricchezza e diffonde la povertà, è oggi discreditata e battuta sul piano sia economico che militare da un modello di sviluppo alternativo, russo, cinese (ma non solo), basato sul finanziare l'economia reale e gli investimenti utili. Perciò, al fine di distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica dal proprio fallimento, essa si difende lanciando una nuova caccia alle streghe e una istigazione al riarmo e al confronto militare contro la supposta minaccia russa e cinese.

Fino forse alla metà degli anni ‘80, fino ai disastri di Chernobyl e dell'Afghanistan, l'Unione Sovietica comunista era presente come possibile modello alternativo di società ed economia rispetto a quello capitalistico occidentale. Almeno sul piano politico, ideale, aspirazionale, psicologico, il comunismo costituiva una concorrenza per il capitalismo a trazione egemonica statunitense. Una concorrenza e un'alternativa concrete e temibili soprattutto negli anni ‘50, nel periodo di grande sviluppo economico, tecnologico, scientifico e militare, che coincideva con una importante fase di decolonizzazione e di contestazione dell'imperialismo occidentale. Logico quindi che si sviluppasse, come difesa anche in forma di inibizione e repressione culturali, il fenomeno del maccarthysmo, della caccia alle streghe contro il comunismo e dei suoi simpatizzanti veri e supposti. Ma a quei tempi anche il modello capitalista andava forte e assicurava occupazione, benessere, stabilità in Occidente. Prometteva un buon futuro. Oggi non più.

Oggi dalla Russia e dalla Cina, sebbene divenute capitalistiche, ritorna una minaccia all'egemonia e al pensiero unico socio-economico neoliberale che domina il declinante Occidente. Ritorna in forma di modello alternativo e palesemente più efficace, più sostenibile, e anche più amico della società civile, anziché al puro servizio dell’oligarchia bancaria. Meno predatorio. L'intero Occidente infatti da quasi tre anni è impegnato contro la Russia in una lotta economica (con le sanzioni) e altresì militare (con imponenti forniture belliche), nel contesto della proxy war dell'Ucraina. L’UE ha speso ad oggi 145 miliardi – con che risultato? L’Europa si è svenata, gli USA si prendono le risorse minerarie ucraine, l’Ucraina perde i territori più ricchi, non entra nella NATO e la “pace” viene negoziata sopra la sua testa (come è naturale, in una proxy war)…

 Il Pil dei paesi Nato è 20 volte quello della Russia, e così pure il suo budget militare, e la sua popolazione è ottupla. I suoi governanti burattini e i suoi prezzolati giornalisti avevano preannunciato il tracollo economico e militare della Russia entro poche settimane o mesi, per effetto delle sanzioni, e (mentendo) affermavano che i soldati russi stessero già combattendo con le vanghe, avendo esaurito le munizioni.

Al contrario, la Russia non solo tiene testa in termini di produzione e di spiegamento di armi, e fa continui progressi sul terreno, ma sta godendo di una notevole crescita economica, la borsa sale, il rublo è ai massimi dalla scorsa estate, e Mosca è leader di una nascente e crescente coalizione detta dei BRICS, che si sta dotando di un suo sistema bancario alternativo all’angloamericano SWIFT e di un sistema monetario alternativo al Dollaro, che ne minaccia il ruolo di moneta di riserva. L’industria russa produce armi e munizioni a un ritmo adeguato e a costi sostenibili, che sono (pare) circa un decimo, o meno, di quelli occidentali. La Cina, dal canto suo, negli ultimi 40 anni, mentre l'Occidente, e soprattutto l'Europa, e ancora di più l'area comunitaria, hanno percorso un cammino di stagnazione, indebitamento, demolizione dell’industria primaria (l’automotive), perdita di posizioni nella dimensione mondiale - la Cina, dicevo, è balzata da paese sotto sviluppato a potenza leader dello sviluppo mondiale, con gigantesche realizzazioni infrastrutturali e militari, e diventando la manifattura del mondo occidentale. È riuscita a far ciò perché ha stampato soldi e li ha investiti nell’economia reale, aumentando la produzione e la produttività e la domanda interna, mentre la FED, la BCE etc. stampano moneta e la mettono nei mercati speculativi e improduttivi togliendola dagli investimenti e dai redditi per prevenire un’esplosione inflativa. E l’India? L'India., dal 2008 al 2024, ha avuto un incremento medio del PIL del 6,4.

Ma, se tutto questo è vero, allora la dottrina economica che ci viene propinata in Occidente come giustificazione e legittimazione di tutte le scelte recessive di fondo, con la sua virtuosità di bilancio e i suoi vincoli, è tutta una balla, è distruttiva, i nostri statisti e governanti, i nostri banchieri centrali, sono un branco di ciarlatani, di imbroglioni, di sabotatori al servizio di soggetti che non si assumono le responsabilità. Allora è un imbroglio anche la loro narrazione in materia di tutela ecologica. E di minaccia russa e cinese.

Di fronte a tale conclusione, l’attuale maccarthysmo russofobo è pertanto una inevitabile reazione difensiva della cricca di potere che governa l'Occidente imponendogli un modello economico-finanziario costruito esclusivamente a tutela delle rendite e del mantenimento del controllo di questa medesima cricca, con sacrificio dell'economia reale, dello sviluppo, degli investimenti, dei servizi, dell'occupazione, sostanzialmente della popolazione generale, di tutti coloro che non beneficiano direttamente della macchina stampa soldi, e che vedono il loro redditi e patrimoni taglieggiati da inflazione e da una crescente tassazione che rincorre, e a cui si prescrive di prepararsi a un mutamento profondo del tenor di vita per salvare l’ecosistema. Mutamento che si annuncia con la recessione e le chiusure aziendali (Green Transition, Net Zero, C40 etc.). Le nazioni occidentali sono sottoposte a stati, ad apparati pubblici, tanto indebitati, da obbedire ciecamente ai loro finanziatori e da non lasciare alcuno spazio alla tutela degli interessi della popolazione né alla rappresentanza della medesima negli organi istituzionali, né a uno spazio di autonomia decisionale rispetto ai Diktat del rating, dei mercati, dei banchieri centrali. Praticamente, è la fine del settore pubblico, dello spazio per una politica pubblica. I mass media interamente controllati e strategicamente sovvenzionati dalla cricca non propongono alcuna critica a questo sistema, al massimo ne contestano isolate applicazioni e alcune conseguenze, di cui però non individuano le radici eziologiche profonde. Plutocrazia totale, democrazia zero. Non si tratta di essere filorussi o filocinesi o filoindiani – Russia, Cina e India curano i loro interessi, non i nostri – ma di individuare il nostro nemico interno e i suoi kapò. La trasformazione socio- economica che la cricca porta avanti è chiaramente verso un sistema di proletarizzazione generale e livellamento al basso del corpo sociale, e sua sottoposizione a un controllo totale e univoco, senza possibilità di resistenza, da parte di essa, grazie anche ai mezzi tecnologici di cui dispone. Sul piano della realtà tangibile, l'Europa occidentale è in recessione Se togliamo l’1,5% circa di PIL dovuto ai soldi a debito del PNRR, è una recessione grave.

La narrazione ideologica e moralistica di amicizia e unità atlantica, fondamentale pilastro dello storytelling occidentale, è clamorosamente sbugiardata dal sabotaggio del gasdotto Nordstream eseguito per volontà della NATO, dall'approfittamento energetico di Washington ai danni dell’economia europea, e, adesso, dai dazi punitivi contro gli alleati subalterni e dal fatto che Washington si prende i tesori minerari dell’Ucraina lasciando all’Europa il costo della sua difesa. E pure gli USA sono in grave crisi economica e sociale, con una povertà dilagante.

Logico quindi, anzi inevitabile, che la cricca di potere occidentale reagisca in modo rabbioso, attraverso i suoi fantocci istituzionali ai vertici dell'Unione Europea, della NATO, dei singoli paesi, chiamando a una corsa agli armamenti contro la Russia, scatenando una campagna russofoba, bandendo persino compositori, poeti e novellisti del passato, colpevoli di appartenere a quella nazione. Il concorrente che ha successo sul piano pratico e che quindi minaccia di smascherare gli scellerati e antisociali intenti della cricca occidentale, deve essere demonizzato sul piano morale e oscurato su quello culturale. La questione va spostata dal piano della realtà socio-economica, in cui la cricca rimane inevitabilmente sputtanata, al piano ideologico e moralistico, sul quale la cricca si difende bene perché controlla completamente il clero mediatico e intellettuale, clero che dipende interamente dai soldi che essa elargisce.

Marco Della Luna


 
La caduta delle maschere PDF Stampa E-mail

20 Febbraio 2025

 Da Rassegna di Arianna del 18-2-2025 (N.d.d.)

Ritorno sul recente discorso di Mattarella, nel quale egli sostiene in buona sostanza che non ci possono essere trattative con la Russia, costringendoci di conseguenza a dedurre – per amor della logica - che al Quirinale non si contempla altro piano che la guerra totale contro una potenza nucleare da debellare a ogni costo umano, politico e materiale. Come ho già avuto modo di dire, siccome Mattarella non improvvisa mai e concorda sempre i propri passi con Macron e altri di pari grado, la sua posizione preludeva a quella che poi andavano a mettere a punto gli attuali maggiorenti europei, con una vertiginosa accelerazione innescata dal radicale riposizionamento degli Stati Uniti di Trump.

Tutti i politici, dirigenti, giornalisti e intellettuali organici all’europeismo di questi anni sono stati messi in ginocchio in neanche tre settimane dalla rivoluzione trumpiana. La Casa Bianca persegue i suoi disegni di potere dirompenti con una gigantesca “glasnost” che denuda il terrificante marciume della cosca che ora Trump vuole sconfiggere fino in fondo. Intanto, mentre per inerzia nei giornali e nelle reti sociali perdurano patetici tentativi di vedere ancora possibilità di vittoria per la giunta ucraina di militari corrotti e asserviti alle correnti guerrafondaie dell’Occidente, la sua sconfitta sul campo si sta trasformando al galoppo in un presagio di sconfitta dell’intera Europa occidentale in crisi totale d’identità. Nel giro di pochi giorni tutto il costrutto dell’Unione Europea ha dimostrato la sua radicale inutilità, al punto da metterne definitivamente in crisi il ruolo e la legittimità. Tanto è vero che il vertice convocato da Macron a Parigi in fretta e furia neanche istituzionalmente ha nulla a che fare con la UE, ormai inservibile. È una sorta di “coalizione dei volenterosi” con solo un punto all’ordine del giorno: “far uscire il gatto dal sacco” (parole di Baerbock, ministra degli esteri tedesca agli sgoccioli). E cos’è questo gatto? 700 miliardi di euro da dedicare a un rapidissimo riarmo per scontrarsi con Mosca. Tutte le regole dell’austerità usate dai nordeuropei e dai loro maggiordomi sudeuropei per assassinare interi sistemi economici, nazioni, classi sociali, sistemi di protezione sociale, ora devono cedere il passo a una folle corsa verso la Terza Guerra Mondiale. Il deficit era il diavolo, ora è il santo dei produttori d’armi. Un affarone.

I dirigenti europei in modalità Salò non vogliono lasciare spazio a posizioni neutre: la polarizzazione dello scontro deve portare al riarmo, alla guerra, al disconoscimento di qualsiasi funzione storica, politica e militare della Russia nel momento in cui le due massime potenze militari (USA e Russia) si accorderanno invece senza gli inetti chihuahua delle cancellerie europee. Kallas è inconsolabile, i dirigenti tedeschi piangono pubblicamente. 

I chihuahua italiani intanto abbaiano contro le autorità russe che hanno attaccato gli spunti asinini del discorso dell’attempato studente di Storia. Roboanti le dichiarazioni di Schlein e Fratoianni a difesa di Mattarella, e contro i nuovi magnati digitali. Quelli che c’erano potevano censurare quanto volevano, e loro zitti. Di fatto si schierano per il terzo tentativo di suicidio dell’Europa in poco più di un secolo. Cadono le maschere, e dobbiamo far vedere i veri volti di chi oggi vuole ucrainizzare l’Europa: finta indipendenza, repressione, censura, isterismi russofobi come religione civile, carne da cannone da mandare al fronte. Dobbiamo diventare sovrani, senza più questi sovrani nudi, così brutti da vedere.

Pino Cabras


 
Guerra civile occidentale PDF Stampa E-mail

19 Febbraio 2025 

 Da Rassegna di Arianna del 10-2-2025 (N.d.d.)

Le prime settimane della presidenza Trump hanno ben delineato gli obiettivi geopolitici della "nuova" amministrazione. 1) L'esclusione dell'Europa dalle rotte artiche; 2) scaricare sulla stessa Europa il peso e la distruzione provocata dal conflitto in Ucraina; 3) acquisire una posizione di forza nel Mediterraneo orientale, a Gaza (in prossimità di importanti bacini gassiferi e del Canale di Suez, in modo da poter controllare direttamente i flussi energetici verso l'Europa); 4) disarticolare totalmente l'esistenza del Messico come Nazione e pieno controllo su Golfo del Messico e Mar dei Caraibi (soluzione finale dei "problemi" Venezuela e Cuba); 5) riappropriazione totale del controllo sul continente iberoamericano.

In riferimento al punto 5 mi sembra importante tenere in considerazione i concetti di "sincronia" e "asincronia" tra Argentina e Brasile. È chiaro che l'obiettivo USA, in questo caso, è quello di fare in modo che non vi sia in alcun modo "sincronia" geopolitica tra i due Paesi. Una loro eccessiva vicinanza è infatti considerata assai rischiosa per l'egemonia nordamericana nell'area (Alberto Burla docet). Di conseguenza, paradossalmente, è sempre preferibile per Washington che i due Stati siano governati da governi reciprocamente ostili (Lula contro Milei, Bolsonaro contro Fernandez prima). Tale sistema, tra l'altro, era evidente anche all'epoca delle dittatura militari (da non dimenticare che la dittatura "anticomunista" argentina venne sostenuta da URSS, Cuba, Perù, Libia e Angola nel corso della guerra contro il Regno Unito per le Malvinas - avamposto fondamentale per il controllo dello spazio marittimo del Sudamerica).

Altrettanto interessante, il fatto che il periodico rinnovo dell'interesse USA per l'Iberoamerica venga sempre accompagnato da una crescita dell'influenza israeliana nell'area (i casi Bolsonaro, sostenuto dalla mafia ebraica in Brasile, e Milei, in questo senso sono evidenti). Da tenere a mente, inoltre, il fatto che Israele punti alla regione come nuovo bacino demografico. Di conseguenza, la sua destabilizzazione è gradita (sostegno a gruppi paramilitari colombiani, ad esempio, utile a generare flussi migratori verso Israele). Importante anche il fatto che l'espansione USA sia sempre accompagnata dal rilevante ruolo delle sètte evangeliche giudaico-protestanti.

Curioso il fatto che Trump sia stato indicato come "il primo Presidente ebreo degli Stati Uniti". In questo caso, l'obiettivo è limitare il ruolo della Chiesa cattolica in Iberoamerica e il rischio che questa eserciti influenza sulla popolazione latina (crescente) degli stessi USA. Come insegna Carl Schmitt, l'anticattolicesimo è caratteristica primaria dell'insediamento coloniale anglosassone in Nord America. Per tutto il XVIII, infatti, vennero promulgate leggi anticattoliche. E nell'Ottocento, l'essere cattolici era considerato alla stregua di etichetta infamante. D'altronde, larga parte dei migranti italiani arrivati nel "Nuovo Mondo" finirono per sostituire la manodopera schiavistica. Ad ogni modo, appare sempre più evidente l'alleanza tra il fondamentalismo evangelico e quello ebraico. Laddove, il primo cerca di ritrovare una "perduta" volontà di potenza attingendo a piene mani alle fondamenta religiose degli Stati Uniti (si pensi ai fenomeni dei ricorrenti "grandi risvegli" che contraddistinguono la storia USA ed all'idea di un contatto diretto tra Dio e primi coloni); mentre il secondo cerca di controllare e indirizzare a proprio vantaggio l'enorme capacità economica e militare nordamericana.

Va da sé che l'obiettivo del "fondamentalismo", in tutte le sue forme, è sempre quello di eliminare in primo luogo i "nemici interni". Così, il trumpismo si manifesta come prima fase di una "guerra civile occidentale" che fa da preludio a un successivo e più ampio "conflitto globale tra civiltà".

Daniele Perra


 
Potente cambio di marcia PDF Stampa E-mail
Da Rassegna di Arianna del 15-2-2025 (N.d.d.)
Hai  voglia a strillare che serve un sussulto d’orgoglio, hai voglia a mandare lancia in resta l’imperituro Mattarella a pronunciare oscenità storiche, con l’arco parlamentare a esprimergli solidarietà. (Poteva mancare l’immarcescibile buffone di corte Benigni a tesserne le lodi in prima serata a Sanremo?). Hai voglia a dire, più per convincere se stessa che altri, che l’Ue deve spostare le montagne e mantenere la promessa duratura di pace, come recita nella sua lingua di legno la baronessa von der Leyen.
Il parlamentare ucraino Honcharenko (presente alla conferenza di Monaco) definisce il discorso di J.D. Vance l’umiliazione totale di tutti i leader europei e riferisce che in sala le persone erano scioccate, che durante il discorso del vicepresidente Usa i leader e i funzionari europei «si sono guardati l’un l’altro e non ci sono stati quasi applausi». Con la Picierno a sbavare e a ripetere che l’Ue deve armarsi, che l’Ucraina deve vincere e Vincerà! (Soddisfatta per la chiusura del c/c di VisioneTv da parte di Banca Intesa?). Un’Ue a pezzi, che non si dà pace che la Russia abbia vinto nonostante la Nato gli avesse scagliato contro la forza militare e finanziaria dei suoi 30 paesi, che cinicamente hanno usato la popolazione ucraina come carne da cannone. Il travolgente cambio di passo degli Usa costringe l’eurocrazia a balbettare, sepolcro imbiancato destinato a precipitare nell’abisso dell’irrilevanza storica. L’umanità farà a meno della sua arroganza, della sua levigata ipocrisia, del suo suprematismo mascherato di virtuosismo.
Facilmente Vance affonda il coltello nelle purulenti carni Ue, lei che si ritiene la patria universale dei diritti, lei che ancora sorregge un governo (Zelensky) che utilizza stemmi e linguaggi di banderiana memoria, lei che sostiene un conformismo totalitario politicamente corrotto funzionale alle distopie disegnate in quel di Davos, lei che sbandiera il vessillo dell’uomo nuovo transgender, lei che punta sull’immigrazione per indebolire e sbandare i propri popoli, lei che annulla le votazioni romene perché il vincente Georgescu non è gradito a Bruxelles, lei che impone una transizione verde con le bollette che salgono a ritmo di tip tap. Facilmente Vance irride a questa Europa che si straccia le vesti per Musk, dopo averlo per anni osannato insieme agli altri grandi oligarchi turbocapitalisti: «Se la democrazia americana può sopravvivere a dieci anni di critiche da parte dell’attivista Greta Thunberg, l’Europa può sopravvivere a qualche mese di Elon Musk». Sulla censura: «La censura in Europa è una minaccia più grave di Vladimir Putin». Sull’annullamento delle elezioni romene in base al pretesto di condizionamenti social di hacker russi o di Tik Tok: «Se la vostra società democratica può essere distrutta da qualche migliaio di dollari di pubblicità sui social media, dovreste riflettere su quanto sia debole la vostra comprensione della volontà popolare».
E non mi si venga a ricordare che l’America è sempre l’America, che Trump è un miliardario, che Musk è un pericoloso tecno-capitalista eccetera eccetera eccetera. Come, finora andava bene? Proprio non ci riuscite a capire che non si tratta di tifare per l’uno o per l’altro, che Trump non è il bene e neanche il meno peggio? Che è semplicemente l’espressione di un moto materiale, determinato dall’accumulo delle mille contraddizioni non più contenibile nell’involucro globalista come disegnato dagli anni ’90 in poi?
Questo potente cambio di marcia apre nuovi orizzonti, e il cielo finalmente si libera da quella cappa opprimente sotto la quale non si poteva che respirare affannosamente. Storia, en marche!
Antonio Catalano

 
Sarebbe bastata una telefonata PDF Stampa E-mail

16 Febbraio 2025

 Da Rassegna di Arianna del 13-2-2025 (N.d.d.)

Ognuno di noi è dotato di mente privata. È caratteristica del genere Homo avere una mente che è la funzione di un cervello riflessivo e intenzionale, un cervello incorporato o sociale. Tuttavia, nelle nostre società, la mente pubblica e collettiva non ha alcuna analogia con le funzioni della mente privata e individuale. La mente pubblica soffre di parecchie distorsioni. Non ha memoria o ha memorie parziali e distorte, non ha percezioni adeguate se non quelle che vengono filtrate da chi dirige il potere selle società, ha conoscenze parziali, frazionate, fortemente distorte da ideologie non del tutto razionali, non elabora collettivamente intenzioni, non cumula esperienze per “prova ed errore”, non è autocosciente. Quindi non è una mente in senso umano.

Su questo stato di primitività mentale tenuto a forza a livelli di elementarità voluta attraverso processi di formazione sempre più specializzati e finalizzati a creare macchine di lavoro, attraverso dosi massicce di propaganda, private di tempo ed energia per tentare una propria scoperta del mondo reale, si abbatterà sempre più la strutturazione algoritmica del comportamento, del comportamento non del pensiero che dovrebbe precedere la decisione di comportamento.

1. La mente pubblica europea si sveglia intorpidita una mattina di tardo febbraio di tre anni fa, scoprendo che il vicino russo ha superato i confini con l’Ucraina in più punti come atto di guerra. 2. Alla domanda del “perché?” viene data una risposta surreale che racconta di un autocrate impazzito che sogna di reincarnare le vestigia degli antichi zar. 3. Alla domanda del “allora”? viene data una risposta che prevede che gli europei taglino ogni rapporto (economico, commerciale, energetico, politico e geopolitico, financo culturale) col vicino russo che geo-storicamente è pur sempre europeo per quanto “orientale”. 4. Alla domanda del “con quale obiettivo?” viene data una risposta che proclama la vittoria in un conflitto che conta 150 milioni di russi con 5000 testate atomiche da una parte e 35 milioni di ucraini in quello che fino al giorno prima era ritenuto uno stato non pienamente democratico, semi-fallito in mano a oligarchie delinquenziali. 5. Per tre anni tra televisioni, giornali, conferenze, libri e quant’altro che alimentano il discorso pubblico si narra, a dispetto dei fatti pur evidenti, che il “nemico” è in via di fallimento, in bancarotta, in disgregazione logistico-militare. La vittoria è a portata di mano, basta superare le piccole linee rosse che pur all’inizio ci si era dati per evitare di confliggere con la prima o seconda (poco importa a quei livelli determinare questa improbabile classifica) potenza atomica. Addirittura, si va verso l’ultima linea rossa quella che davvero porterebbe a piogge di missili atomici: l’entrata dell’Ucraina nella NATO. L’Ucraina gestita da un manipolo di improbabili comandati da un attore comico eroe di una commedia televisiva di un canale finanziato da un oligarca fascio-nazista, viene irrorata di armi e capitali a perdere. In Europa, chi obietta o manifesta perplessità è messo al pubblico indice, impossibile qualsiasi appello moderato alla riflessione e all’utilizzo della ragione. 6. A un certo punto, negli USA cambia l’élite di comando. 7. Il capo di questa nuova élite segue la dottrina storica e tradizionale delle Relazioni Internazionali (il realismo) che prevede che l’avversario strategico degli USA è la Cina non certo la Russia. Il capo della nuova élite americana fa la prima cosa ovvia da fare ovvero chiama direttamente il capo dei russi. Decisione ovvia poiché solo masse di imbecilli impreparati nel campo della geopolitica e delle relazioni internazionali hanno creduto che la base del conflitto riguardasse i pruriti russi sul Donbass (che c’erano da ben otto anni ed erano facilmente risolvibili applicando sul serio il secondo protocollo di Minsk) e non la ben più seria e fondamentale questione dei rapporti di sicurezza tra le due macro-potenze atomiche. Come io stesso scrissi la prima settimana del conflitto, bastava questo riconoscimento, una telefonata, un “vediamoci e parliamoci” da parte di Biden per interrompere l’assurda vicenda. Ma gli americani volevano la guerra e quindi dopo anni di provocazioni che hanno portato i russi all’estrema mossa, niente telefonata. 8. Gli europei a questo punto si dividono. Coloro che sono andati appresso a questa tragedia prendendo decisioni contrarie a ogni elementare interesse geopolitico dell’Europa, si sentono traditi, non capiscono bene ancora in che senso e da parte di chi. Coloro che hanno parteggiato per il “nemico” russo hanno sdegnatamente (anche qui) escluso che si sarebbe arrivati lì dove era ovvio andare ovvero a un conflitto congelato, una sospensione di una vicenda ormai molto intricata da sbrogliare, che non ha e non ha mai avuto senso strategico. Ridendo di chi, io tra questi, avvertivano che la forza di interposizione ipotizzata per congelare la questione dovesse ovviamente esser terza ovvero Onu con cinesi, indiani, turchi e chi più ne ha più ne metta, scoprono oggi sui giornali che così ovviamente sarà. 

La mente pubblica europea non esiste, non è razionale, non è autocosciente. Indìce un summit per una improbabile e tardiva rincorsa alla nuova frontiera dell’AI sempre più affare USA-Cina, invitando per finanziamenti Deutsche Bank, Orange Group, Axa, Lufthansa, Mercedes-Benz, Oreal. Oreal? Chissà forse vogliono fare una AI “libera e bella”?

Nessuno si ricorderà dell’esercito di pagliacci urlanti che hanno invaso ogni canale pubblico di comunicazione in questi tre anni raccontando favole scadenti, nessuno chiederà loro conto, nessuno si domanderà come si è potuto affibbiare loro lo statuto di “esperti” che debbono spiegarci il mondo, nessuno rifletterà su quale totale “inconsapevolezza del mondo” si base la nostra cultura e informazione. Così andiamo incontro all’Era complessa.

Ormai tutto il mondo sa che non si può far affidamento strategico sugli USA dove un cambio di presidente ti porta dall’orlo della Terza guerra mondiale a tutt’altro assetto strategico, solo gli europei ancora vanno appresso alla “potenza sbandata”, senza una propria strategia.

E dire che sarebbe bastata una telefonata.

Pierluigi Fagan


 
Lo spauracchio dell'intelligenza artificiale PDF Stampa E-mail

15 Febbraio 2025

 Da Comedonchisciotte del 13-2-2025 (N.d.d.)

“Intelligenza artificiale” è uno dei termini più scomodi e sfuggevoli in voga di questi tempi. Sfuggevole nonostante sia oramai sulla bocca di tutti e “sempre più parte integrante del nostro quotidiano” (così si sente dire in giro), poiché se non si è studiosi o addetti ai lavori è difficile darne una definizione. Prima di spargerlo a destra e a manca come il prezzemolo, infatti, sarebbe opportuno cominciare a fare alcune distinzioni: fra intelligenza artificiale generativa e non, ad esempio, oppure fra effettive innovazioni e “potenziamenti” di processi e strumenti già esistenti.

“Scomodo”, invece, poiché a livello di connotazione rappresenterebbe in verità una truffa semantica bell’e buona. “L’intelligence artificielle n’existe pas” (tradotto: L’intelligenza Artificiale non esiste), è il titolo di un libro di Luc Julia, uno dei creatori dell’assistente vocale Siri. E d’altronde, fintantoché non esisterà una comprensione scientifica completa di un concetto come la “coscienza” (la cui natura profonda sfugge ancora ai riduzionisti che paragonano il cervello umano a una macchina), sarà impossibile replicarne i meccanismi all’interno di una macchina o di un programma informatico. La preoccupazione apocalittica più diffusa – quello di “macchine intelligenti” che prendono decisioni autonome o che sanno replicare i meccanismi della coscienza umana -, dunque, non è che uno spauracchio adatto solo per i titoli clickbait sulle pagine di giornali poco seri.

Né bisogna cascare nel tranello – molto caro ai vari “transumani” – di sentirci superati e inferiori come specie umana quando ci viene mostrato quanto sia “bravo” ChatGPT a scriverci un testo poetico su nostra richiesta in pochi secondi, oppure quando apprendiamo che la nuova versione del Programma X ha battuto negli scacchi o in altri giochi di strategia questo o quell’altro supercampione. Si tratta di informatica altamente potenziata, in fin dei conti: non è un confronto ad armi pari. Ci sentiamo forse delle nullità constatando la differenza fra la nostra velocità massima in corsa e quella di un’automobile? Si è mai fatto gareggiare Jesse Owens contro uno dei primi modelli di Mercedes-Benz per portare all’attenzione di tutti il superamento del fisico dell’uomo dinanzi alla potenza del motore?

Nondimeno, secondo chi scrive, la cosiddetta intelligenza artificiale generativa rappresenta un silenzioso rischio per determinate facoltà e concezioni del vissuto umano, il cui deteriorarsi non porterebbe né bene né progresso. Un esempio molto semplice: a chi si occupa di scrittura, capita ormai non di rado di sentirsi suggerire di usare ChatGPT o altri strumenti del genere come “aiuto”. Suggerimenti che vanno dal suo uso nella traduzione di testi, alla ricerca di informazioni, dal suggerimento di incipit, titoli e sottotitoli fino addirittura ad arrivare alla scrittura testuale stessa. E d’altro canto non manca affatto chi, essendosi reso conto della potenza di tali strumenti, li usa come “aiuto” in altri compiti che richiederebbero di far girare da sé i propri ingranaggi mentali o creativi: la propria tesi di laurea, un esercizio scolastico, una email di lavoro, l’idea per un messaggio pubblicitario e si potrebbe continuare all’infinito.

Ciò, in realtà, non sembra avere un gran carattere di novità, se si pensa a quante tecnologie hanno sostituito negli ultimi secoli il “vecchio” modo di lavorare con soluzioni che permettono di “risparmiare tempo ed energia”. Eppure, un discorso è rendere automatico il processo “meccanico” di un calcolo a sei o sette cifre come fa una calcolatrice; ben altro è invece digitare un po’ di numeri e parole e attendere che un maggiordomo informatico ti fornisca, oltre al risultato del calcolo, anche lo svolgimento, la soluzione finale e l’intuizione necessaria a risolvere l’intero problema di cui esso fa parte. Un conto è pensare e scrivere da sé un testo di qualsiasi genere e sottoporlo a un software (per esempio il semplice “controllo ortografico” di Word) per una revisione finale, ben altra cosa è limitarsi solo a quest’ultimo passo e far fare il resto – ossia il grosso del lavoro, quello che più richiede sforzo creativo e cognitivo – al maggiordomo informatico. Insomma, se l’automazione e l’informatizzazione di processi “analogici” non è certo cosa nuova, inedito è certamente il livello di compiutezza dell’IA generativa, la sua capacità di produrre e “sostituire” (a prescindere dalla qualità dei risultati) quasi interamente il soggetto agente in un compito inventivo. Ed è di questo che sarebbe opportuno preoccuparsi ed occuparsi al più presto.

La mente, infatti, va allenata e tenuta in esercizio al pari di qualsiasi altra facoltà della persona. Cedere alla tentazione di delegare tale esercizio a un’intelligenza artificiale generativa, alla lunga, non farà altro che atrofizzare le nostre capacità mentali e prosciugare la nostra vena creativo-intuitiva, con esiti generalizzati e ripercussioni nell’intero tessuto sociale che chiunque può facilmente immaginare. Già oggi si legge o si sente proferire la cinica considerazione che le intelligenze artificiali saprebbero fare di meglio di molti “professionisti” umani: è in questa direzione che si intende andare, oppure è cosa buona e giusta battersi per una necessaria difesa e rivalorizzazione dell’intelligenza umana? A causa di diversi fattori, non certo da ultime le nuove tecnologie e i modelli di “contenuto” in voga nei social media, la soglia dell’attenzione dei più giovani è drasticamente compromessa, così come lo sono la capacità espressiva, il bagaglio di conoscenze e il corretto uso della lingua italiana: è preferibile cercare di invertire questa tendenza con l’auspicio di risollevare questa danneggiata società? Oppure è meglio acconsentire felici al “progresso” e fornirle anche la stampella dell’IA generativa per aiutarla a zoppicare più rapidamente verso il baratro?

Oltre all’atrofizzarsi delle capacità cognitivo-creative, la questione dell’IA generativa va ad intaccare il vissuto sociale su un piano ancora più sottile, ovvero quello della serietà dei ruoli e della loro definizione. È in nome dello stesso significato primario di termini come “studente”, “giornalista” o “scrittore” (ovvero: colui che compie l’atto di studiare/colui che compie l’atto di scrivere) che una società seria non dovrebbe parlare di “affrontare le sfide poste dall’intelligenza artificiale” o “trovare compromessi”, bensì relegare a tempo indeterminato nel cesto della pattumiera del progresso tutte le sue applicazioni fin qui criticate. Colui che usa la bici elettrica in modalità di pedalata assistita è ancora definibile ciclista o è piuttosto un semplice amante dei giri in bici ben lontano dalla serietà e dai connotati atletici intrinseci al termine? Si è mai visto partecipare a gare o a semplici allenamenti un canottiere che voga a bordo di un mezzo a motore acceso?

Evidentemente nel nostro modo di pensare permane un forte dualismo mente-corpo che ci fa percepire come accettabile e non distorta l’idea di affrontare con la pedalata assistita il percorso necessario a portare a termine un compito mentale; evidentemente, parlando di lavoro intellettuale, la differenza gerarchica di serietà fra chi “suda” e “si allena con fatica” e chi invece adotta comode scorciatoie non è ritenuta determinante. Questo, naturalmente, a detrimento di un corretto inquadramento dei ruoli, delle capacità e della professionalità che essi richiedono. Mi si potrà obiettare, pensando alla scrittura, che esiste già da tempo immemore il fenomeno del ghostwriting, certo, ma la domanda fondamentale a mio avviso resta questa: abbiamo proprio bisogno di “abbracciare” o piegarci al nuovo? Oltre al ghostwriting umano, dobbiamo anche preoccuparci di quello digitale cercando di mantenere un atteggiamento aperto e edulcorato per non urtare la sensibilità degli entusiasti del progresso tecnico?

Vi sembrano forse considerazioni reazionarie, tecnofobe, luddiste? Le questioni di principio sollevate da questi ragionamenti vi suonano frutto di una visione bigotta della tecnologia? Beh, allora vi lancio una sfida: provate a presentarvi a una competizione di ciclismo con un mezzo a pedalata assistita e mettetevi a dare del “luddista” in tono spregiativo a chi vi criticherà. “Basta con i polpacci di ferro e con tutto questo sudore – dite ai colleghi in sella – sono cose da vecchi bigotti, il vero futuro dello sport è la bici elettrica!” Nel nuovo mondo smart l’importante è tagliare il traguardo, non importa chi o che cosa compie la fatica di arrivare a fine percorso.

Provateci, se ne avete il coraggio. Poi fatemi sapere quanti ciclisti in sella siete riusciti a convincere, mi raccomando.

Federico Degg


 
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