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Esiste una sola Siria PDF Stampa E-mail

15 Ottobre 2019

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Da Rassegna di Arianna del 12-10-2019 (N.d.d.)

La Siria è in guerra da quasi un decennio e in tutto questo tempo è stata il teatro di qualcosa che somiglia molto ad una guerra mondiale. Ha iniziato la CIA provando a destabilizzare il paese dall’interno, finita questa fase è arrivato dall’Iraq il califfato , belve wahabite feroci che hanno devastato e occupato il 70% del suolo siriano, poi sono arrivati gli americani che si sono illegalmente insediati sia al sud sia al confine con l’Iraq, controllando illegalmente le risorse petrolifere siriane; in questa opera nefasta sono stati aiutati dai curdi, questi in cambio di promesse territoriali hanno portato alla canna del gas Damasco, già provata da anni di sanzioni, costretta a comprare da loro , a prezzi esorbitanti, il proprio petrolio. La Siria in tutti questi anni è stata invasa dall’Isis, dagli americani, dalla Francia, dalla Turchia tre volte (ma le altre due vi sono sfuggite perché il tg non ve l’ha detto), da tutte le sigle terroristiche salafite esistenti sulla terra, è bombardata regolarmente da Israele ed è stata bombardata dall’Europa (sì la stessa Europa che oggi si straccia le vesti), la Siria ha pagato la sua resistenza eroica con almeno duecentomila morti e quasi 2 milioni di profughi. Mentre scrivo l’esercito siriano sta sradicando Al Qaida (sì quella delle torri gemelle che vi fecero tanta tenerezza) dalla provincia di Idlib, sta combattendo la battaglia della vita caricata di sanzioni internazionali. Seguo le vicende siriane da anni, da quando di siriano era rimasta solo la fascia costiera di Damasco, non posso non provare un senso di fastidio verso quello che leggo in questi giorni, i soliti post strappalacrime, frasi fatte e una colossale mancanza di conoscenza dei fatti. Non esistono dieci Siria, lo spezzatino che America e Israele avevano in mente non si realizzerà, l’Islam integralista di matrice saudita non passerà, la Siria resterà il paese più laico del medio oriente e alla fine tutti gli invasori se ne andranno.  A proposito: anche nell’esercito siriano ci sono migliaia di donne coraggiose e bellissime e muoiono come le donne curde, ma di loro non gliene è mai fregato un cazzo a nessuno.

 

Giuseppe Caracciolo

 

 
Il disagio di chi indossa una divisa PDF Stampa E-mail

!4 Ottobre 2019

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È notizia fresca che nel foggiano un agente di polizia penitenziaria ha ucciso moglie e figli, quindi ha chiamato i carabinieri e si è suicidato. Soltanto pochissime ore prima, nel piacentino, un altro uomo in divisa la ha fatta finita: stavolta in silenzio, senza coinvolgere nessuno, sparandosi con l'arma di servizio. Gli ultimi dati di "Cerchio Blu", una associazione che studia e cerca di prevenire il fenomeno, risalgono a maggio scorso e sono allarmanti: in poco più di un lustro contiamo 252 suicidi tra i vari rami delle forze dell'ordine con un tasso suicidario pari a 9,8 per 100.000. Nella popolazione civile il tasso è la metà: 5 ogni 100.000. Inseriamo pure altri numeri impietosi: sempre nel 2019 sono ormai fuori controllo le aggressioni, i ferimenti, gli agguati contro agenti, carabinieri, finanzieri e pure vigili del fuoco: in media otto casi al giorno, numeri che fanno impallidire quelli avvenuti quarant' anni fa durante gli "anni di piombo". Se impressiona che il 47% di tali atti sono commessi da stranieri, non assolve gli italiani il rimanente 53% degli episodi. Da sempre contrario alla politica del "tutti dentro", da sempre favorevole a politiche migratorie molto severe, debbo dire che non sono costoro l'unica causa del degrado in corso.

Concludiamo la prima parte di questa riflessione dicendo che neppure nel resto d' Europa se la passano bene: in Francia siamo (ultimi dati: 27 luglio) a 46 suicidi (circa mille nell' ultimo ventennio!), in Svezia gli agenti non si ammazzano ma semplicemente se la squagliano -i casi di dimissioni sono in aumento esponenziale- in Spagna addirittura si scopre che sono le Canarie(!!) la regione col numero di suicidi maggiori per chi indossa la divisa e in Inghilterra non siamo a questa emergenza, ma il malcontento è profondo.

Le analisi del fenomeno sono le solite: lavoro stressante, faticoso, pericoloso, cui si aggiungono le normali preoccupazioni della vita quotidiana e alla fine il coperchio salta. Servirebbero più sportelli di psicologi, centri d' ascolto, eccetera. Non dico non sia vero, ma a mio avviso è un quadro generico e largamente incompleto. Mancano tasselli importanti. Quasi nessuno dice che i continui, incessanti, stravolgimenti e mutamenti sociali e antropologici che hanno rivoltato la società negli ultimi decenni, il nostro modo di vivere, si sono riverberati logicamente pure su chi è preposto a tutelare l' ordine e quasi nessuno fa notare che, stante le politiche neoliberiste, turbocapitaliste, le "austerità", i tagli, le forbici sociali in continuo allargamento, lo screditamento di una politica asservita alle élites tecnocratiche e finanziarie hanno portato lo Stato ad essere percepito come alieno, ostile ed estraneo a una larghissima fetta delle classi sociali.

Le divise sono rimaste le uniche a rappresentare uno Stato che a sua volta non rappresenta più nessuno. Sono ormai tra due fuochi, tra uno Stato che li tutela solo a parole ma in realtà li abbandona e una società ormai esacerbata, mutata, stravolta, rancorosa, ostile, insofferente, che si sente non protetta, non sicura, non tutelata in nessun settore, che deve fare i conti con degrado e tagli, con disoccupazione e aumento di microcriminalità, con tasse e salari ormai insufficienti e che vede -purtroppo, ma va detto- nella divisa un difensore di uno status quo ormai intollerabile e nello Stato un nemico, l'agente delle tasse e delle imposte. Per dirla in soldoni: vi è ormai non una separazione, ma un divorzio aspro tra lo "stato reale" e lo "stato legale" del Paese e le polizie ne pagano il conto salato. Uniamoci le cause dette in precedenza, i tagli al servizio, la mancanza di un adeguato turn over, le frustrazioni professionali, forse anche rapporti meno umani tra inferiori e superiori: un tempo vi era la figura del burbero ma paterno maresciallo, che ai rimproveri dispensava consigli di vita e davvero teneva ai "suoi" uomini, elemento vitale e insostituibile, oggi è tutto più tecnico, asettico, gerarchizzato, freddo, distante. Uomini e donne chiamati ormai a fare tutto: l'infermiere per un individuo destinato a TSO, lo psicologo per chi vuole gettarsi dal terzo piano, uomini e donne alle prese con una delinquenza e un degrado al cui confronto i "briganti" tardo-ottocenteschi e i "balordi" degli anni Cinquanta e Sessanta erano fior di galantuomini. Una società irriconoscibile e mutata antropologicamente che si riverbera nei rapporti familiari: anche l' agente ha moglie e figlio a carico e sono finiti i tempi in cui i familiari del Cesare in divisa erano al di sopra d' ogni sospetto. Il poliziotto e la poliziotta debbono fare i conti anch' essi con figli senza arte né parte, che magari si sballano, che chiedono soldi e maturano solo problemi, aggiungendo nuove ambasce oltre a quelle di un sistema che li abbandona, di una società sempre più ostile (tre mesi fa a Roma una donna ha picchiato un agente che la aveva fermata per essere passata col rosso!) e di nuove forme di micro e macro delinquenza sempre più aggressive e sempre meno intimidite da un agente. Ve n' è a sufficienza per comprendere i gesti insani che ogni due per tre vedono queste persone come protagonisti.

A mio avviso, in conclusione, sono due le considerazioni. La prima è che aumentare gli "sportelli di ascolto" non servirebbe a nulla, perché dopo i dieci minuti di sfogo la merda rimane comunque. Alla prevenzione, in medicina come nel suicidio, credo ben poco: credo più nella cura. La seconda conclusione è che purtroppo tali fattacci tenderanno ad aumentare, non a diminuire, quel che vediamo è solo la punta dell'iceberg. Le soluzioni occuperebbero troppe pagine per essere scritte, ma in un riassunto estremo: lo Stato dovrebbe riprendere a fare il vero Stato, tanto per iniziare e poi andando giù e giù a cascata sugli aspetti economici, sociali, sulle politiche migratorie e quant'altro. Nell' attesa di riscontri che non arrivano, continuiamo a seguire, impotenti, queste tragedie.

Simone Torresani

 

 
Generazioni di narcisi PDF Stampa E-mail

12 Ottobre 2019

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Da Appelloalpopolo del 10-10-2019 (N.d.d.)

 

 

 

Non c’è DESTRA contro SINISTRA, né (come pur pensava qualcuno) ALTO contro BASSO. Ormai ci sono solo QUELLI CHE CREDONO nell’importanza della POLITICA e quindi delle istituzioni democratiche, nella partecipazione popolare e nella effettività della rappresentanza parlamentare quali unici strumenti per poter aspirare alla giustizia sociale… e QUELLI CHE NO. Nella prima categoria siamo rimasti in pochi… e si vede. L’altro giorno in Portogallo, alle elezioni legislative, è andato a votare 1 elettore su 2: HANNO VINTO LORO.

Tante cose mi passano nella testa in questo che è uno dei momenti più amari della nostra storia repubblicana, e tante ne vorrei dire, ma sarebbero perlopiù insulti, quindi è meglio tacere e pensare a moltiplicare gli sforzi, pur nella consapevolezza che non stiamo lavorando per noi, e nemmeno per i “nostri” figli (per chi ne ha), ma per quelli che verranno ancora dopo. Tutto ciò che facciamo ogni giorno è una semina su un terreno reso sempre più arido da un trentennio votato all’individualismo e alla “furbizia”, che sta lasciando macerie, tutt’altro che metaforiche, nelle istituzioni, nelle nostre città, nelle formazioni sociali dove dovrebbe svolgersi la nostra personalità, nel nostro quotidiano… in cui tutto è ormai competizione fine a se stessa, senza un reale punto d’approdo che non sia la depressione: stiamo lasciando generazioni di narcisi collerici e depressi, o potenziali tali, incapaci anche solo di immaginare una reazione e di dare il proprio contributo a una riscossa sociale che appare sempre più un miraggio. Eppure la Storia, quella che non vorrebbero farci più studiare, ci insegna che i periodi bui sono stati tutto fuorché un’eccezione, ma che anche i peggiori hanno rappresentato tappe di un percorso evolutivo, anche nello spirito. Questo secolo stupido sta lasciando invece solo idiozia, nello spirito prima che in ogni altra umana manifestazione. Finirà, sarà lunga ma finirà e arriverà il tempo di ricostruire.

 

Lorenzo D’Onofrio

 

 
Helicopter money PDF Stampa E-mail

11 Ottobre 2019

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Da Rassegna di Arianna dell’8-10-2019 (N.d.d.)

 

È recentemente tornata di attualità l'idea dell'Helicopter money, nel contesto delle strategie di politica monetaria straordinaria resesi necessarie a far fronte agli effetti della recessione economica incombente, messe in atto al fine di far risalire il tasso di inflazione all'obiettivo prefissato del 2%. Questa idea è stata recentemente riproposta come misura straordinaria dal vice – direttore della Fed Stanley Fischer e dall' ex presidente della banca centrale svizzera Boivin. Originariamente l'Helicopter money era stato ideato da Milton Friedman, come estrema misura di finanza straordinaria, qualora l'immissione di liquidità da parte delle banche centrali nell'economia in crisi si rivelasse inefficace per la ripresa. Essa consiste nella elargizione di prestiti gratuiti ai privati cittadini, attuata allo scopo di incrementare i consumi e, in tal modo, contribuire alla crescita e all'incremento dell'inflazione. Tale teoria è suggestivamente riassunta nell'immagine di un elicottero che distribuisce a pioggia banconote ai cittadini. Occorre premettere che l'Helicopter money non ha nulla a che vedere con il reddito di cittadinanza ideato da Giacinto Auriti e riproposto in versione assai diversa dal M5S. Secondo Auriti infatti, la moneta emessa dagli stati andrebbe accreditata ai cittadini, in quanto la proprietà della moneta appartiene al popolo. Se il popolo è sovrano, tale sovranità comporta anche la sovranità monetaria, che invece è stata sottratta agli stati e devoluta alle banche centrali, quali istituti a cui compete esclusivamente l'emissione monetaria. Le banche centrali, detenute da capitali privati, creano da nulla la moneta, che viene trasferita agli stati stessi sotto forma di titoli di debito. Così si espresse Giacinto Auriti a tal riguardo: “In un regime monetario conforme alla persona umana, l’ente di emissione NON può essere privato, la moneta deve essere accreditata ad ognuno come “REDDITO di CITTADINANZA“. La proprietà dovrà essere del portatore, infatti su ogni banconota ci sarà apposta scritta – Proprietà del portatore –“ L'inefficacia della politica monetaria messa in atto dalla BCE e dalle altre banche centrali mediante strumenti di finanza straordinaria, quali il QE (il bazooka di Draghi), e il L-TRO, si è già resa evidente dopo la crisi del 2008. Tali misure anticicliche, non si sono rivelate efficaci negli stessi USA, ove la disoccupazione è scesa ai livelli record del 5%, ma il tasso di crescita, seppur marcatamente superiore che in Europa, è tuttora inferiore ai livelli pre - crisi e l'inflazione è bassa, anche a causa dell'assai limitato incremento dei salari. I tassi di interesse nelle ultime 5 crisi sono diminuiti negli USA di 200 punti base nel breve termine e di 80 nel lungo; in Germania 110 nel breve, di 40 nel lungo. Con il varo del nuovo QE, i tassi a breve potrebbero entrare nel territorio negativo del - 2%. È evidente che i margini di manovra sui tassi di interesse, già ai minimi, sono estremamente ristretti e quindi l'efficacia della leva monetaria si rivelerà assai limitata per fronteggiare la crisi. Anche se il nuovo QE prevede che gli acquisti di titoli da parte della BCE si estendano, oltre che ai titoli bancari, anche ad azioni e obbligazioni di società private.

Torna quindi di attualità l'Helicopter money, in una situazione in cui i tassi di interesse non possono essere più abbassati. Fischer ha progettato una strategia fiscale di emergenza denominata “Staff”, secondo cui le banche centrali dovrebbero immettere liquidità, oltre che nei confronti di banche ed imprese a tasso zero, anche di cittadini, nella quantità necessaria per raggiungere il tasso di inflazione programmato. Anche Draghi ha ipotizzato per l'Europa una alternativa strategica al QE, che potrebbe consentire di trasferire liquidità dalla BCE direttamente ai cittadini. Draghi ha tuttavia precisato che “mettere i soldi nelle tasche dei cittadini è compito della politica fiscale, non della politica monetaria“. Ma Draghi si è scontrato inevitabilmente con il rigore finanziario tedesco ed europeo. Infatti, Draghi è ben conscio dell'effetto limitato della politica monetaria della BCE e pertanto ha affermato: “I governi con spazio nei bilanci, che affrontano un rallentamento, dovrebbero agire con tempestività, e allo stesso tempo i governi con alti debiti dovrebbero perseguire politiche prudenti e rispettare gli obiettivi”. Tale strategia ha incontrato una ostilità aperta da parte della Germania, che in ossequio al dogma del pareggio di bilancio non implementerà politiche fiscali espansive della spesa. Tra l'altro dalle affermazioni di Draghi si evince che per i paesi in difficoltà verrebbe prescritta una politica di sostanziale austerità con il risultato di rendere assai improbabile una qualsiasi ripresa. Secondo il Financial Times, un intervento di erogazione di liquidità accreditata direttamente ai cittadini, per l'ammontare di 200 euro mensili per il periodo di 36 mesi, darebbe luogo ad un aumento del Pil dell'1% e l'inflazione raggiungerebbe prima del termine il tasso del 2%. Si è anche ipotizzata l'idea di erogare finanziamenti T – LTRO a tempo indeterminato a tasso zero.

L'efficacia dell'Helicopter money, riguardo alla ripresa della crescita economica, si rivela tuttavia limitata, perché è solo teorica e quindi tutta da dimostrare. È evidente che la crescita della domanda interna entro i parametri previsti è del tutto ipotetica. Infatti la teoria di Milton Friedman prevede che il denaro accreditato ai cittadini dovrebbe convertirsi automaticamente e completamente in aumento dei consumi. In una situazione permeata dalla incertezza e dalla instabilità economica come quella attuale, è assai elevata la prudenza dei cittadini, che potrebbero destinare una rilevante quota del denaro loro erogato al risparmio. Oppure potrebbero utilizzarlo per risanare le proprie situazioni debitorie. Oppure potrebbero impiegarlo per l'acquisto di beni importati, come ad esempio gli smartphone e i tablet, contribuendo in tal modo a finanziare la crescita dei paesi produttori / esportatori di tali beni, a discapito di quella del proprio paese. Occorre inoltre rilevare che l'Helicopter money è una misura straordinaria e a termine. Pertanto, la prevedibile riduzione del reddito dei cittadini alla scadenza del termine, indurrebbe le masse alla propensione al risparmio, anziché al consumo.

L'Helicopter money è un'idea del tutto estranea alle teorie keynesiane riguardanti lo stimolo della domanda attraverso la leva della spesa pubblica in deficit. […] Trattasi infatti, secondo Keynes di attivare la ripresa produttiva mediante investimenti pubblici con conseguente aumento dell'occupazione e dei consumi. Mentre l'Helicopter money è una misura di carattere esclusivamente monetario e contingente, l'immissione di liquidità nell'economia, secondo la teoria keynesiana, avrebbe l'effetto di sviluppare l'economia produttiva e quindi di incrementare la realizzazione di necessarie infrastrutture pubbliche, oltre che di stimolare i consumi. L'Helicopter money avrebbe effetti solo parziali e momentanei, mentre una politica economica improntata a principi keynesiani produrrebbe invece risultati durevoli nel tempo, considerando anche l'effetto del meccanismo di moltiplicazione dei redditi conseguente alla immissione di liquidità nell'economia, generato dalla spesa pubblica per investimenti.

Riguardo alla eventuale messa in atto di tali strumenti di finanza straordinaria, non ha tardato a manifestarsi la reazione avversa dei liberisti dogmatici delle élites della UE. È ben nota la rigidità finanziaria tedesca, contraria a qualsiasi forma di politica espansiva della liquidità effettuata tramite la spesa pubblica in deficit. Si rileva inoltre la più radicale contrarietà da parte dei seguaci della ortodossia finanziaria liberista, per principio contrari a misure di erogazione di liquidità ai cittadini, in quanto tali provvedimenti genererebbero, al pari di una droga, un effetto di dipendenza nei cittadini. Si può obiettare che i popoli europei sono afflitti da ben più grave dipendenza: quella derivante dal livello esorbitante dei consumi indotti, atto a produrre gli enormi profitti del capitalismo assoluto. Ma, per sostenere tali livelli di consumi, sproporzionati in realtà, rispetto ai redditi dei cittadini, si è sviluppata l'industria finanziaria del prestito al consumo. L'espandersi del finanziamento ai consumi, si è rivelato un fattore generatore di crescita dell'indebitamento di massa, che ha dato luogo alla insolvenza diffusa. L'abnorme sviluppo del prestito al consumo ha quindi contribuito ad incrementare la povertà per masse di lavoratori già percettori di redditi ai limiti della sopravvivenza. L'Helicopter money è dunque una misura meramente monetaria atta a sostenere i consumi in una economia liberista afflitta da perenne carenza di domanda e da deflazione. Si vogliono introdurre tali misure estreme, nel contesto di una economia capitalista che versa in una crisi strutturale e che può sopravvivere alle sue crisi ricorrenti solo mediante il ricorso ormai reiterato da decenni, a strategie di finanza straordinaria, quali il continuo ribasso dei tassi ed il sostegno finanziario dei consumi. È evidente che il futuro del capitalismo finanziario globale si presenta assai incerto ed oscuro.   

Luigi Tedeschi

 

 
Corrispondenze simboliche in una data PDF Stampa E-mail

9 Ottobre 2019

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Il 7 ottobre 1571 la flotta ispano-veneziano-pontificia affrontava e batteva il Turco in quel di Lepanto, conquistando una vittoria sicuramente non decisiva nel lungo scontro tra la Croce e la Mezzaluna (ben più letali furono, per i sultani, le disfatte di fine XVII e inizio XVIII secolo da parte degli austriaci condotti da Eugenio di Savoia) ma strategicamente importantissima nel contesto dell'epoca, arginando le espansioni ottomane e alleviando la pressione sul Mediterraneo. Dell'importanza di quello scontro fu consapevole papa Pio V il quale, appena informato, decise seduta stante di dedicare la data del 7 ottobre alla Madonna del Rosario.

Oggi, 7 ottobre 2019, assistiamo ad un'altra data storica: la liquidazione irreversibile della dottrina cristiana. Tra sabato ed oggi Bergoglio ha fatto tre mosse fondamentali, che hanno scardinato totalmente il "depositum fidei" e hanno spinto la Chiesa oltre la linea rossa. Ossia la linea di non ritorno. Irreversibile, appunto.

I tre atti sono stati: 1) Apertura del Sinodo amazzonico con cerimonia animista, in cui si parlerà della nuova Chiesa ambientalista e terzomondista stracciona in salsa 2.0. I documenti programmatici del Sinodo sono stati definiti "allucinanti" da chi li ha letti. È panteismo puro, si gettano a mare due millenni di teologia cattolica-cristiana 2) La nomina di tredici cardinali ultramodernisti, filoimmigrazionisti, quasi sorosiani come mentalità, tra cui l'arcivescovo di Bologna Zuppi. Uno di cui Landini della FIOM disse queste testuali parole: "Non ho nulla da dire se parla Zuppi. Lui è più a sinistra di me". In questo modo Bergoglio ha blindato il futuro conclave: ormai nel Collegio elettorale i due terzi dei porporati sono bergogliani di ferro. Il prossimo papa sarà come questo, se non peggiore 3) Ciliegina sulla torta, oggi il Nostro è tornato a battere il chiodo su un summit di economia alternativa -naturalmente tutta in salsa terzomondista, ambientalista stracciona e chi sa quant' altro- che si terrà a marzo 2020 ad Assisi. Batte il chiodo, perché ad oggi si sono toccate 500 adesioni. Un numero notevole. Il fatto è che Bergoglio ha pure annunciato la futura missione della Chiesa post-summit di Assisi: ambientalismo ed uguaglianza socioeconomica. Dimenticavo: sempre oggi si è scoperto che l'arcivescovo di Firenze ha pagato gli studi universitari ad uno yemenita, laureatosi in teologia. Lo yemenita non è convertito. Si è laureato per poter insegnare religione cattolica nelle scuole, per avere uno stipendio. Ha già la cattedra assicurata. Insegnanti di religione cattolica ma islamici praticanti. Stiamo vivendo in un quadro allegorico di Bruegel il Vecchio o il mondo è impazzito?

Pur agnostico, vedo o meglio vedevo la Chiesa e il cattolicesimo come l'ultimo dei "katechon" in grado di trattenere il disastro finale. Dopo le notizie delle ultime 72 ore, credo che il katechon abbia ceduto in pieno. Dando per scontato che da oggi la Chiesa è veramente defunta (sino a ieri era in agonia) anche se in pochi ne sono consapevoli, che fare? Vedo con interesse un certo fermento, chiamiamolo scontento di base, torbido, qualcosa che si muove e si agita ma ancora senza forma. Quasi nessuno lo ha detto ma ieri centinaia di cattolici hanno manifestato a Roma in piazza contro il papa attuale e un mese fa cinquanta teologi hanno firmato una petizione chiedendo le dimissioni di Bergoglio. Sono fermenti, torbidi, agitazioni appunto, ma non per questo non sono interessanti. Specialmente se dovessero prendere una forma qualsiasi. Io vedrei bene, da parte degli scontenti, uno scisma.  Sarebbe il momento adatto. Date le condizioni ormai miserrime in cui versa la Chiesa, uno scisma sarebbe quasi fatale ma contemporaneamente e paradossalmente salverebbe il poco ancora salvabile. Perché da uno scisma nascerebbe una nuova Chiesa con percentuali e numeri ridicoli, ma autentica. La qualità (e che qualità!) verrebbe messa innanzi alla quantità.

Credo inoltre che ne vedremo delle belle, sempre in Vaticano e dintorni, perché Bergoglio ha messo in moto ormai un meccanismo infernale e quasi impossibile da bloccare. Potremmo addirittura assistere ad uno scisma opposto, fatto dai progressisti radicali: la chiesa tedesca è ormai sul piede di guerra, vuole accelerare i tempi su riforme estreme, ha scavalcato il papa stesso. Oppure potrebbero esserci entrambi gli scismi in breve lasso di tempo. Sbaglierò, ma dopo questo papa la Chiesa rischia di polverizzarsi e atomizzarsi. Che sia Francesco il "Pietro Romano" ultimo papa della profezia di Malachia? Secondo me, sì. Pur da miscredente irrecuperabile questo spettacolo è per me difficile da digerire.

Simone Torresani

 

 
Siamo alla fine della civiltà industriale PDF Stampa E-mail

6 Ottobre 2019 

 

Da Rassegna di Arianna del 4-10-2019 (N.d.d.)

 

Il movimento FridaysForFuture si sta fortunatamente estendendo e ha un discreto séguito anche in Italia. La sua nascita, ad opera della giovanissima svedese Greta Thunberg, è strettamente legata alla richiesta di azioni per attenuare e poi far cessare i cambiamenti climatici causati dai prodotti di rifiuto (e dal consumo di risorse) della civiltà industriale, che hanno alterato i cicli fondamentali su cui si regge la Vita macroscopica del nostro Pianeta, come ad esempio il ciclo respirazione-fotosintesi e la composizione dell’atmosfera stessa. È piuttosto chiaro che non si tratta soltanto dei cambiamenti climatici, ormai evidenti e certamente dovuti alle attività industriali umane: questi sono soltanto un effetto, la causa prima è la civiltà industriale stessa, che ha come caratteristiche il mostruoso aumento della popolazione umana, la crescita economica e l’aspirazione apparente a rendere minima la fatica fisica.  Il Movimento nato con Greta chiede a gran voce interventi per arrestare i cambiamenti climatici, cioè in sostanza chiede di far progressivamente cessare le emissioni di CO2 in atmosfera, cioè di chiudere le centrali a carbone, petrolio e metano sostituendole con fonti energetiche rinnovabili.   Mediamente, il rapporto quantitativo fra una produzione da fossili e una da rinnovabili è di mille volte, cioè una fonte concentrata di produzione da rinnovabili è mille volte più piccola (energeticamente) di una centrale da fonti fossili. Dobbiamo quindi consumare molto, ma molto di meno, ridurre drasticamente gli spostamenti di persone, alimenti e merci, mangiare pochissima carne e, caso mai, riservare l’energia per il riscaldamento invernale. Ciò significa buttare definitivamente alle ortiche la crescita economica e tutti gli indicatori tanto cari a multinazionali, politicanti, economisti, industriali e sindacati.

 

È evidente che tutto questo vuol dire la fine del modello culturale umano denominato civiltà industriale, nato circa due secoli fa e diffuso recentemente in tutto il mondo. Le conseguenze di cui si vedono ora i primi segnali erano inevitabili già dall’inizio del processo, dato che il modo di funzionare di questa civiltà è incompatibile con il funzionamento (o la Vita) del sistema molto più grande di cui fa comunque parte, cioè il sistema biologico terrestre, o meglio, la Terra stessa. Quindi la civiltà industriale ne ha per poco: il modo di funzionare delle industrie, o la loro stessa esistenza, durerà ancora pochi anni, o decenni. Il sistema cerca di difendersi come può da queste evidenze, per esempio inventando espressioni palesemente contraddittorie come sviluppo sostenibile, green economy, crescita verde, economia circolare e simili amenità, inventate per continuare tutto come prima, anche se questo, in realtà, è impossibile.

 

Gli studenti del movimento FridaysForFuture si rendono conto di quanto sopra detto? Come accennato, ben presto si renderà comunque evidente che la civiltà industriale, oltre che essere immorale e fonte di infelicità, è prima di tutto un fenomeno impossibile, e quindi sta per terminare. Cosa verrà dopo? Qui sta il punto: dobbiamo gestire la transizione verso modelli possibili, che possano anche dare più serenità mentale e consentire una vita degna a tutti gli esseri senzienti (altri animali, piante, esseri collettivi, ecosistemi). Temo che questo non possa avvenire con una popolazione umana mondiale che si avvicina agli otto miliardi e cresce inesorabilmente di quasi cento milioni di unità ogni anno. Ma possiamo sempre sperare nell’azione dei giovanissimi e in un meraviglioso imprevisto.

 

Guido Dalla Casa

 

 
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