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L' "universalismo morale" č in frantumi PDF Stampa E-mail

7 Luglio 2019

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Da Rassegna di Arianna del 5-7-2019 (N.d.d.)

 

Quanto segue è semplicemente un'opinione, un'opinione che mi sentirei di sostenere con una messe di indizi, ma non pretendo che sia niente di più che un'opinione. Guardando la storia corrente dall'alto, nella modesta misura in cui ciò può essere tentato, quello che mi par di scorgere e su cui scommetterei tutto, è un processo, appena iniziato e di lungo periodo, in cui assisteremo al collasso dei capisaldi istituzionali forgiati dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il processo invero è già avviato da tempo, almeno a partire dall'uscita americana dagli accordi di Bretton Woods, ma dopo la crisi del 2008 ha subito una repentina accelerazione. Siamo di fronte ad un periodo storico in cui molte delle fragili convenzioni che si sono costruite come 'diritto internazionale' e come pretese di internazionalizzazione della giustizia nella forma degli apparati delle Nazioni Unite andranno esplicitamente in frantumi.

 

Il sistema di ciò che è stato fatto passare per 'diritto internazionale' dopo il 1945, e che di fatto era semplicemente la registrazione dei rapporti di forza vigenti, è da tempo in crisi, e palesemente non è in grado di riformarsi (basta vedere la struttura del Consiglio di Sicurezza dell'ONU). Al tempo stesso ci sono due processi in corso a livello planetario, che non permettono allo status quo di sopravvivere semplicemente nella propria inerzia. In primo luogo abbiamo un gran numero di processi di erosione o compromissione delle risorse disponibili dovuta ai processi di crescita economica continuativa e compulsiva.  Questo processo ha aspetti di 'depauperamento' e aspetti di 'intossicazione': risorse vengono distrutte con rapidità maggiore di quanto possano essere rimpiazzate, e simultaneamente gli scarti della produzione nelle loro varie forme producono danni collaterali sempre più sistematici in termini ambientali. In secondo luogo, abbiamo un processo di crescita demografica esplosivo e lasciato ai soli meccanismi di tipo malthusiano, meccanismi che in un mondo iperconnesso difficilmente possono avere gli esiti previsti dai modelli malthusiani ortodossi (ridimensionamento locale della popolazione su numeri compatibili con le risorse a causa di decessi in loco).  Le attuali pressioni migratorie sono dunque solo un timido inizio.

 

L'insieme di questi meccanismi manderà in frantumi in tempi credo alquanto rapidi, tutte le residue fragili pretese di 'universalismo morale'. (Quando le autorità americane, ripetutamente, asseriscono che "in ogni caso gli standard di vita della popolazione americana non sono negoziabili", è già stato detto tutto l'essenziale, sia pure in una forma inesplicita). Il mondo che ci aspetta è un mondo con pochissimo spazio per cortesie e riguardi, un mondo senza paracadute, un mondo in verità storicamente del tutto consueto, ma desueto per chi ha vissuto l'illusione 'diritto-universalista' dell'ordine mondiale a guida USA. In questo mondo, non l'unico, ma sicuramente l'imprescindibile baluardo al divenire mezzi sacrificabili delle ambizioni altrui sono e saranno sempre di più quelle recenti costruzioni storiche che chiamiamo 'stati-nazione', costruzioni istituzionali che uniscono, in un ambizioso e geniale progetto sociale, l'affezione e la forza astratta (lo spirito della 'famiglia' e della 'società civile', direbbe Hegel). In questo mondo, che sta già bussando alle nostre porte, continueranno a vivere con dignità solo coloro i quali riusciranno a far funzionare al meglio delle loro possibilità gli stati nazione.  Tutte le fantasie istituzionali intarsiate di auspici, tutti i sogni irenici, tutti i vagheggiamenti ideali privi di radicamento storico e antropologico andranno (stanno già andando) in frantumi. Chi sarà capace di stringersi in vincoli di lealtà nel nome di un progetto nazionale comune, quelli potranno poi, forse, anche pervenire ad alleanze tra pari con altre nazioni, per mutuo beneficio, tenendo così la testa al di sopra dell'onda in arrivo. Tutti gli altri saranno solo naufraghi alla deriva.

 

Andrea Zhok

 

 
La fine del liberalismo? PDF Stampa E-mail

6 Luglio 2019

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Da Rassegna di Arianna del 3-7-2019 (N.d.d.)

 

In un’intervista già definita “storica” rilasciata al Financial Times, alla vigilia del summit del G20 ad Osaka, il presidente russo Vladimir Putin ha analizzato la crisi del liberalismo occidentale. Il leader del Cremlino ha spiegato che “l’idea liberale” è “sopravvissuta al suo scopo”, almeno fino a quando è entrata in conflitto con gli interessi della maggior parte delle persone. I liberali, ha sottolineato Putin, “non possono più permettersi di dettare le regole come hanno fatto negli ultimi decenni”. Il Motivo? Secondo il presidente russo, “l’ideologia liberale non è più di moda perché la maggior parte delle persone si è rivoltata contro l’immigrazione, contro l’apertura dei confini e il multiculturalismo”. Putin ha marchiato la decisione della cancelliera tedesca Angela Merkel di far entrare oltre un milione di rifugiati in Germania – soprattutto provenienti dalla Siria – come un “errore”. Al contrario, ha lodato Donald Trump per il suo tentativo di bloccare il flusso di migranti e droga provenienti dal Messico. “Questa idea liberale presuppone il fatto che non sia necessario fare nulla. Che gli immigrati possano uccidere, saccheggiare e violentare restando impuniti, perché i loro diritti in qualità di migranti debbono essere protetti”. Ha poi sottolineato: “Ogni crimine deve contemplare la propria punizione. L’idea liberale è divenuta obsoleta. Essa è venuta in conflitto con gli interessi della travolgente maggioranza della popolazione”.

 

Innanzitutto, il “liberalismo” a cui fa riferimento Putin non ha nulla a che fare con il liberalismo “realista” di Raymond Aron o con il liberalismo conservatore di Benedetto Croce, tanto per citare due mostri sacri del pensiero novecentesco. Il presidente della Federazione russa si riferisce più che altro al progressive liberalism affermatosi con l’esplosione della New Left americana della fine degli anni ’60 e così definito dal politologo americano John J. Mearsheimer nel suo ultimo saggio The Great Delusion. Liberal dreams and International Realities (Yale, 2018). Quando Putin spiega che i “liberali” non possono più “permettersi di dettare le regole”, evidenzia una caratteristica del liberalismo descritta proprio da Mearsheimer: “La maggior parte dei liberali considera il liberalismo superiore ad altri tipi di ordine politico e crede che il mondo sarebbe un posto migliore se fosse popolato esclusivamente da regimi liberali” osserva il professore. “C’è un sentimento di vulnerabilità e superiorità collegato al liberalismo che favorisce l’intolleranza” verso altri sistemi politici, “nonostante l’enfasi posta dalla teoria sulla tolleranza nel mantenere l’armonia domestica”.

 

Per quanto concerne il fronte interno, il liberalismo occidentale ha decantato le sorti progressive del multiculturalismo, dell’immigrazione di massa e della finanza globalizzata. “Sul fronte economico – spiega Mearsheimer in un’intervista – gli Stati Uniti e i loro alleati hanno spinto molto per creare un sistema iper globalizzato a partire dalla fine degli anni ’80 e negli anni ’90. L’idea era quella di trasferire capitali con poche restrizioni per sottolineare l’importanza delle istituzioni internazionali e dar loro molta autorità. Il risultato è che abbiamo avuto un’enorme quantità di ricchezza che è andata al 5% delle persone mentre le classi medie e lavoratrici sono state dimenticate”. Un altro problema significativo con l’ordine internazionale liberale, sottolinea, “è quello che riguarda i confini non ben definiti. L’Europa ha adottato una politica molto tollerante nei confronti dei rifugiati. Questo è molto ammirevole, ma il problema è che viviamo in un mondo di stati nazione che hanno culture diverse. E le persone in questi stati nazionali si arrabbiano molto quando arriva un gran numero di rifugiati”. I liberals, infatti, hanno commesso il gravissimo errore di valutazione sottovalutando la potenza del nazionalismo; ciò ha prodotto l’avanzata dei cosiddetti “sovranisti” negli Stati Uniti e in Europa contro l’ideologia no-border dell’immigrazione di massa. I lavoratori e classe media, traditi dalle promesse di una globalizzazione spericolata, si sono rifugiati nei partiti che promettono di recuperare la sovranità e contrastano l’immigrazione sfrenata che minaccia tradizioni e culture. Come spiega su InsideOver Patrick J. Deneen, anche se il liberalismo è stato creato per garantire spazio e rispetto a una varietà di culture, “ai principi formativi della religione e alla centralità della famiglia – il tutto garantito dal potere della nazione nel proteggere i diritti di tali istituzioni – oggi la logica disintegrante del liberalismo si rivolge direttamente contro queste stesse usanze e istituzioni: cultura, religione, famiglia e nazione”.

 

Sul piano della politica estera, il liberalismo è stato la base ideologica nell’ordine liberale internazionale, ora in declino. Alla fine della Guerra Fredda, infatti, il famoso politologo Francis Fukuyama pubblicò il celebre saggio The End of History?: il liberalismo, sostenne, sconfisse il fascismo nella prima metà del XX secolo e il comunismo nella seconda metà, e ora non rimane alcuna valida alternativa. Il mondo, secondo il parere del politologo, sarebbe stato interamente popolato da democrazie liberali e nessuna nazione avrebbe avuto alcuna controversia significativa. “In un mondo in cui la libertà, non la tirannia, è in marcia”, proclamò Bill Clinton durante la campagna per la Casa Bianca nel 1992, “il cinico calcolo delle politiche del potere semplicemente non funziona più. Non è adatto a una nuova era in cui le idee e le informazioni vengono trasmesse in tutto il mondo prima che gli ambasciatori possano leggere i loro cables”. Questo diffuso ottimismo e universalismo imperniato sulla leadership degli Stati Uniti attraverso le cinque istituzioni internazionali (Nazioni Unite, Fondo monetario internazionale, Banca mondiale, Accordo generale sulle tariffe e sul commercio, la Nato), ha portato molti studiosi e politici a credere che l’epoca “realista” della cinica logica di potenza fra stati sarebbe finita. Si sbagliavano. Vladimir Putin probabilmente spera che l’Europa e gli Usa tornino a praticare il realismo, soprattutto negli affari internazionali, e dimentichino definitivamente l’egemonia liberale e l’ambiziosa vocazione missionaria di modellare il mondo a propria immagine e somiglianza. Un’intervista che contiene anche un messaggio diretto agli avversari: la Russia è una nazione troppo patriottica e fiera della propria storia e delle sue tradizioni per poter essere minacciata dal liberalismo progressista e dal partito No Border.

 

Roberto Vivaldelli

 

 
Vi hanno fatto credere PDF Stampa E-mail

5 Luglio 2019

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Vi hanno fatto credere che la Patria sia una cosa da fascisti, mentre vi trasformavano in fanatici nazionalisti di un macrostato di nome Unione europea. Vi hanno fatto credere che per essere “veramente di sinistra” la vostra patria “è il mondo intero”, come cantavano gli anarchici. Facendovi dimenticare che quel Che che ostentate su magliette made in Bangladesh, gridava “Patria o morte”. Vi hanno fatto credere che solidarietà internazionale non significa solidarietà “tra le nazioni”, ma senza le nazioni.  E mentre smantellavano quelle più forti e soggiogavano ancor più le più deboli, vi trasformavano in apolidi, cittadini di un mondo che tutto depreda e privatizza. Vi hanno fatto credere che i confini non esistono, mentre vi trasformavano nei paladini della terra di nessuno, dove non esistendo un territorio non può esserci esercizio di sovranità popolare, e quindi democrazia. Vi hanno fatto credere che il primo problema di un migrante sia farsi accogliere e non vivere dignitosamente a casa sua. Trasformandovi nei difensori della nuova tratta degli schiavi del modello neo coloniale. Vi hanno fatto credere che la libera circolazione sia fare l’Erasmus, mentre vi trasformavano in mendicanti errabondi che non possono spostarsi liberamente, ma solo a seconda delle opportunità, del lavoro e del salario. Manodopera al servizio del padrone. Vi hanno fatto credere che la vera libertà coincide con il libero mercato che tutto può comprare, compresi i bambini. Mentre trasformavano voi stessi e i vostri figli in nient’altro che merce. Vi hanno fatto credere che i diritti civili siano la quintessenza della moderna civiltà. Mentre vi trasformavano in precari con salari da fame, senza casa, senza lavoro, senza futuro. Vi hanno fatto credere che il socialismo e la rivoluzione siano fossili del Novecento, che l’individuo venga prima dello Stato e della comunità. Trasformandovi in atomi incapaci di formare una massa e quindi di essere popolo.

 

“Non mi avrete mai come volete voi” cantavate orgogliosi nelle manifestazioni. E invece vi hanno avuto esattamente come volevano.  Soldatini del pensiero unico con indosso la stessa non-divisa, quella degli omologati nella categoria degli apparentemente diversi.  Esotici e ammaestrati animali da circo la cui unica prospettiva è un tendone colorato. Lo stesso del domatore.

 

Antonio Di Siena

 

 
Il pių osceno business italiano PDF Stampa E-mail

4 Luglio 2019

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Da Rassegna di Arianna del 2-7-2019 (N.d.d.)

 

[…] Il pentolone scoperchiato dalla Procura di Reggio Emilia, con l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di politici, medici, assistenti sociali e liberi professionisti che, da diversi anni, avevano messo in piedi un raccapricciante ma redditizio sistema di “gestione minori”, non è meritevole delle prime pagine dei quotidiani e delle prime serate televisive. E non manca chi (come il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, e i gazzettieri di riferimento) ha addirittura trovato la forza di uscire dal mutismo selettivo che lo sta affliggendo solo per bollare come patetici “i tentativi di strumentalizzare politicamente questo dramma”. Sono più interessanti le corna rumorose di un “Temptation Island” che le lacrime mute di decine di bambini innocenti strappati dalle braccia dei genitori da una dirigente del servizio di assistenza sociale dell’Unione Comuni Val D’Enza, omosessuale e già legata ad alcune donne affidatarie di minorenni, della quale il giudice scrive che sono “la sua stessa condizione personale e le sue profonde convinzioni a renderla portata a sostenere con erinnica perseveranza la ‘causa’ dell’abuso da dimostrarsi ad ogni costo”. Un macabro teatro della sopraffazione e del sadismo spacciato per modello istituzionale da emulare sul tema della tutela dei minori abusati, su cui è evidente il tentativo di far calare in anticipo il sipario. Uno schifo immondo fatto di false relazioni e disegni artefatti per allontanare i bambini dalle famiglie e collocarli in affido retribuito anche ad amici e conoscenti (titolari di sexy shop, con problematiche psichiche e con figli suicidi) e addirittura di impulsi elettrici utilizzati sui minori durante le sedute di psicoterapia, per alterare lo stato dei loro ricordi in prossimità dei colloqui giudiziari. Due i casi accertati di stupro presso le famiglie affidatarie ed in comunità. I destinatari della misura cautelare, tra cui spicca il sindaco del Pd di Bibbiano, Andrea Carletti, sono accusati, a vario titolo, di frode processuale, depistaggio, abuso d’ufficio, maltrattamenti su minori, lesioni gravissime, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione, peculato d’uso.

 

Ad emergere con evidenza dalle intercettazioni con cui la Procura di Reggio Emilia ha inchiodato Daniela Bedogni e Fadia Bassmaji, la coppia omosessuale coinvolta nell’agghiacciante inchiesta che avrebbe dovuto scuotere l’Italia e far entrare in azione centinaia di penne strapagate, è anche lo squilibrio mentale di una delle due donne. Si legge infatti nell’ordinanza che Danila Bedogni, in più occasioni, e mentre si trovava da sola nella sua auto, “instaurava lunghe conversazioni con soggetti immaginari”. E tra le urla di totale delirio la donna alternava bestemmie, canti eucaristici e forti liti in cui si immaginava di sgridare bambini. Ed è proprio a lei che è stata data in affido una minore. I servizi sociali l’avevano infatti considerata idonea. A quanto pare con l’aiuto di Federica Anghinolfi, definita la zarina dei servizi sociali, precedentemente legata alla Bassmaji. Negli atti si legge infatti che Fadia e la Anghinolfi “risultano aver avuto in passato tra loro una relazione sentimentale, dato acclamato anche in ragione di fotografie presenti sui social network”. Giorno dopo giorno diventa sempre più nitido un altro aspetto inquietante di questa vicenda: dietro la “selezione” degli affidatari potrebbe esserci anche un movente ideologico. Dall’ordinanza del tribunale salta agli occhi un altro indizio importante: sui nove minori affidati illecitamente, più di uno è stato affidato a coppie gay. Ad individuare le coppie idonee alla presa in carico temporanea del minore era sempre lei: Federica Anghinolfi. Era stata ancora lei, per esempio, ad affidare una delle bambine a Cinzia Prudente, sua ex compagna e comproprietaria di un appartamento dove le due hanno convissuto per ben quattro anni. Durante gli incontri pubblici a cui prendeva parte, la Anghinolfi non mancava di evidenziare l’importanza di “andare oltre il tema dell’identità di genere nella relazione genitoriale”.

 

E non finisce qui, purtroppo. Almeno 5 professionisti all’interno del centro di Val d’Enza hanno scampato i domiciliari perché risultano traumatizzati da violenze sessuali in tenera età. Per il gip “sono troppo disturbati per arrestarli”. Una constatazione che rivela in quali mani siano finiti decine di bambini. Francesco Morcavallo, dal settembre 2009 al maggio 2013 giudice presso il Tribunale dei minorenni di Bologna, da anni lancia allarmi su quello che definisce “il più osceno business italiano”: il troppo facile affidamento di decine di migliaia di bambini e bambine all’implacabile macchina della giustizia. Un percorso che inizia con la sottrazione alle famiglie e finisce con l’internamento (questo il termine che il giudice utilizza) negli istituti e nelle comunità governati dai servizi sociali. In Italia sono almeno 50 mila i minori affidati, con un costo di circa 1,5 miliardi l’anno. E non esiste nemmeno un registro degli affidati, come accade in quasi tutti i paesi occidentali. Sul volume di affari del “sistema”, si è espresso anche il presidente dell’Ami (Associazione avvocati matrimonialisti italiani). “Non avevo mai sentito un caso grave come questo. I fatti di Reggio Emilia, se verificati in sede processuale, confermano quelli che sono sempre stati i sospetti di una parte dell’avvocatura e della magistratura circa la strumentalizzazione e il mercimonio che si fa di certi bambini per farli entrare nelle case famiglia”, spiega Gian Ettore Gassani. “Sappiamo che i bambini possono rendere tantissimo, un business pazzesco che oscilla tra i 100 e i 200 euro al giorno”, prosegue Gassani .

 

Meccanismi e nomi noti a Pablo Trincia, autore con Alessia Rafanelli dell’inchiesta “Veleno”, il podcast che ricostruiva le vicende di una presunta banda di pedofili (i cosiddetti “Diavoli della bassa modenese”) che alla fine degli anni Novanta portò all’allontanamento di 16 bambini dalle loro famiglie. Molti di quei genitori non hanno più rivisto i loro figli. Alcuni si sono suicidati, altri sono espatriati. Tanti, troppi hanno sofferto. Una storia terribile sotto ogni punto di vista. Nelle sette puntate pubblicate da Repubblica.it dall’autunno 2017, Trincia e Rafanelli ricostruivano i fatti, mettendo in luce i molti dubbi sul ruolo svolto da assistenti sociali, psicologi e ginecologi durante le indagini. Quegli stessi professionisti sono finiti in manette nell’inchiesta “Angeli e Demoni”.

 

Chiudiamo questo editoriale con alcuni stralci della lettera aperta indirizzata al vicepremier Luigi Di Maio dall’avvocato modenese Francesco Miraglia, che da oltre dieci anni denuncia casi eclatanti di affidamenti “facili”. Facciamo nostre le domande dell’avvocato: “Chi risarcirà questi genitori? Chi restituirà loro i figli? Ma soprattutto, a questi bambini, alcuni ancora piccoli, in altri casi adolescenti, chi dirà la verità? Chi dirà loro che vivono da anni insieme ad estranei, lontani dai genitori, dai nonni, dagli amichetti di scuola perché qualcuno ha voluto guadagnare sulla loro pelle? Chi lo farà? E con che metodo, poi?”. “Possiamo solo immaginare quanto devastante potrà essere per un ragazzo apprendere di essere vittima di un sistema. Di essere stato allontanato da casa per mero lucro, per mero guadagno”. La conclusione di Francesco Miraglia è amarissima: “Esiste un numero enorme di genitori che sta piangendo per i figli strappati dalle loro amorevoli braccia, esiste un numero enorme di bambini che piange per non avere più l’abbraccio della propria mamma. E non solo per colpa di assistenti sociali inette o, peggio, criminali, ma anche per i provvedimenti finali emanati dai Tribunali dei minori, perché per ogni relazione e richiesta di allontanamento presentata da un’assistente sociale, c’è comunque un giudice a pronunciare la parola affido”.

 

Non si spenga la luce su questo “inferno ovattato”. Non si abbassi la voce nel chiedere giustizia e verità. Vogliono il silenzio: è necessario urlare più forte.

 

Ernesto Ferrante

 

 
6 tesi sui porti aperti PDF Stampa E-mail

3 Luglio 2019

 

Da Rassegna di Arianna dell’1-7-2019 (N.d.d.)

 

Vorrei dire sei cose oltre la vicenda Sea Watch, la retorica, gli odi e gli slogan. La prima: se si stabilisce il principio che ogni uomo ha diritto di decidere unilateralmente quando, come e dove vivere senza considerare norme, confini, stati e popolazioni, salta ogni ordinamento giuridico, si polverizza ogni sovranità nazionale e statale, si cancella ogni limite e frontiera, ogni tutela e ogni garanzia per i cittadini regolari di quei paesi che hanno diritti e doveri, lavorano e pagano le tasse. Il sottinteso di quella pretesa è che non va applicata una procedura eccezionale per dare asilo a profughi che fuggono da guerre e da acclarate situazioni d’emergenza ma va accolto chiunque decida di mettersi in viaggio, in navigazione. E nemmeno “una tantum” ma ogni volta che accade. La seconda. È assurdo riconoscere a un’organizzazione privata, a una Ong, come la Sea Watch, il privilegio extraterritoriale e sovrastatale di decidere verso quale paese dirigersi per far sbarcare i migranti raccolti e di assegnarli così ai paesi con decisione autonoma, unilaterale, in virtù di un imperativo umanitario, assumendo di propria iniziativa e senza alcun titolo per farlo, il ruolo di tutori e mediatori dei migranti. Anche in questo caso non si tratta di una situazione eccezionale, di un’emergenza fortuita da fronteggiare, ma di una prassi ormai consolidata, programmata e reiterata. Non è un imprevisto capitato sulla rotta ma è il “mestiere” che alcune imbarcazioni hanno deciso di ingaggiare, a prescindere dagli stati, dai popoli e dai territori. La terza: non c’è nessun potere legittimato democraticamente, consolidato dall’esperienza storica e dalla vita dei popoli, che risponde direttamente alla cittadinanza, la rappresenta e la tutela, oltre lo Stato nazionale libero e sovrano. Ed è giusto che sia lo Stato nazionale sovrano a decidere in ultima istanza, sulla base dei suoi ordinamenti, come ha coerentemente fatto il governo italiano, a partire dal ministro dell’interno fino al presidente del consiglio; e a negare nella fattispecie che una nave battente bandiera olandese, diretta da una comandante di nazionalità tedesca, possa attraccare non nel primo porto incontrato sulla rotta, che era poi in Tunisia, ma decida di far rotta sull’Italia e imponga di fatto al nostro Paese l’obbligo di accoglierli, trasformando un già discutibile diritto d’accoglienza in un inderogabile dovere d’accoglienza, ovunque e comunque. Chi mina gli stati e li scavalca, nel nome dell’ideologia no border, lavora per il caos e la fine del diritto internazionale. La quarta. Siamo stati abituati da una propaganda ideologica, moralistica ed emozionale a non sottrarci ad accogliere il singolo caso pietoso, il bambino denutrito e senza adulti, il malato da curare, la donna incinta in balia delle onde o della miseria. Ma dietro il singolo caso, su cui inevitabilmente ci si appella alla nostra umanità, si vuol far passare un flusso ben più massiccio e duraturo. Ovvero si vuol usare il singolo caso come cavallo di Troia per legittimare in realtà la trasmigrazione di popoli e di chiunque voglia lasciare il proprio paese e venire a vivere da noi. In un mondo in cui i benestanti si contano in milioni e i poveri in miliardi, non si può pensare che gli uni possano caricarsi degli altri, che la piccola Italia si debba caricare sulle sue fragili spalle la grande Africa, che la piccola Europa si carichi i flussi di popolazioni venute dal sud o dall’est del pianeta. Certo, il fenomeno per ora ha numeri non impressionanti; però col passare del tempo e col lasciapassare che si vorrebbe imporre, il fenomeno rischia di ingrossarsi fino a raggiungere dimensioni insostenibili. La quinta. Dietro il principio d’accoglienza umanitaria, si nasconde un gigantesco business a due facce: da un verso riguarda gli impresari politici dei flussi migratori per gestirne poi l’assistenza e gli effetti politici; e dall’altro verso interessa quanti usano manovalanza sottopagata da sfruttare, senza tutele (salvo dare agli speculatori di cui sopra ulteriore motivo di rappresentanza degli interessi sindacali e lavorativi dei migranti). Sinistra e padronato soci in affare, sotto copertura umanitaria. È un business immenso e vergognoso che si nasconde dietro la carità e sfrutta, strumentalizza e schiavizza i migranti. A tale proposito è stato penoso lo spirito demagogico e illegale, anti-italiano e anti-europeo della sinistra e del suo circo di “anime belle”. Infine, la sesta. Non ci sono nel mondo d’oggi situazioni aggravate rispetto a qualche anno fa – guerre, genocidi, carestie – da costringere ad aprire le frontiere e i porti. Se vogliamo, era molto peggio dieci anni fa. E in ogni caso chi se la passa peggio non è chi riesce a partire, chi riesce a procurarsi i soldi per pagare la fuga o gli scafisti, chi ha la forza, i contatti, i mezzi per poter andar via; ma la vera miseria, la vera priorità è di quelli che non hanno la forza e le risorse per poter partire e restano a casa. E vedono i loro paesi impoverirsi di energie giovanili che migrano altrove, abbandonando donne, vecchi e bambini. Se davvero dovessimo dare la precedenza agli ultimi, come dice il Papa, gli ultimi non sono quelli che vengono da noi ma quelli condannati a restare a casa loro in condizioni di vera miseria. Ma la vera finalità di chi sostiene le migrazioni è lo sradicamento dei popoli dalle loro terre e noi dalle nostre.

 

Marcello Veneziani

 

 
Mani legate PDF Stampa E-mail

1 Luglio 2019

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Da Appelloalpopolo del 15-6-2019 (N.d.d.)

 

Di Maio blocca i fondi statali a Whirpool, ma quest’ultima può legittimamente abbandonare il nostro Paese, vigendo, per via del TFUE, la libertà di circolazione e stabilimento. Quindi, anche ipotetiche norme che restringessero la possibilità di delocalizzare per le imprese che hanno usufruito di denaro pubblico (di cui M5S parla da anni), sarebbero disapplicate in sede giudiziale perché confliggenti con l’art. 117 Cost. (riformato nel 2001: “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”).

 

Di Maio, se fosse onesto fino in fondo, dichiarerebbe apertamente che, rebus sic stantibus, il legislatore ha le mani legate e non può garantire l’interesse nazionale e i diritti dei lavoratori. L’Unione Europea glielo impedisce.

 

Gerarda Monaco

 

 
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