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Evitiamo di farci del male PDF Stampa E-mail

14 Maggio 2019

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Da Rassegna di Arianna del 12-5-2019 (N.d.d.)

 

È difficile sapere cosa accadrà dopo le elezioni europee. Personalmente, con specifico riferimento alle Politiche Europee, non mi sento rappresentato da nessuna tra le forze disponibili e capaci di superare la soglia del 4%. Dunque non ci provo neanche a fornire qualche 'consiglio per gli acquisti' positivo. Tuttavia, pur astenendomi da proposte positive, credo che tutti debbano avere ben chiaro in mente il quadro che ci aspetta se dovessero avere la meglio forze 'europeiste'.

 

La situazione europea attuale è una situazione di non belligeranza, di guerra fredda con semplice disseminazione di minacce e reprimende (tipo le 'stime di crescita' elaborate ad hoc dai camerieri di Juncker).  Tuttavia tutte le agende decisive, a partire dalla competizione per la poltrona di Draghi, sono congelate in attesa dei risultati del 26 maggio. Siccome in tutti i paesi le politiche UE stanno generando da tempo aree crescenti di scontento e protesta, la prudenza detta agli eurocrati in campagna elettorale di tenere un profilo basso, e di non tentare la sorte lanciandosi in proclami pubblici sui 'benefici dell'Unione', con il concreto timore di essere sommersi dagli ortaggi. Questo profilo basso serve a far dimenticare all'elettorato la sostanza dell'Unione Europea, una sostanza fatta di alleanze di alcuni stati contro altri, di ricatti finanziari, di politiche mirate a tutelare il capitale a detrimento del lavoro.  Invece, approfittando di questa fase di tregua si possono far circolare un po' di cartoline sulle meravigliose capitali europee, fischiettando l'inno alla gioia, e facendo balenare spot su di un'Europa amichevole, ottimistica, primaverile. Però 24 ore dopo le elezioni, soprattutto se le forze cosiddette 'europeiste' dovessero avere un buon risultato, partirà a tappe forzate l'attacco alle 'periferie riottose' dell'impero, a partire naturalmente dal bersaglio più grosso, ovvero l'Italia. E tutte le questioni che sono state lasciate in sospeso, dal fiscal compact alla riduzione forzosa del debito sono pronte a ripartire con virulenza. Conosciamo tutti la nobile e ricca tradizione di autolesionismo e masochismo compulsivo che caratterizza la sinistra; ma per una volta sarebbe il caso di fare un'eccezione. Così, per tutti coloro i quali non aspirino ad una nuova campagna di austerità come se non ci fosse un domani, un suggerimento mi sento di darlo: votate chi volete (o non votate), ma evitate di farvi e farci del male votando quelli che tifano spread e pargoleggiano di "più Europa". Di tutto abbiamo bisogno meno che di rafforzare le truppe di quelli che da Bruxelles ci spareranno addosso nei prossimi mesi.

 

Andrea Zhok

 

 
Siamo sempre nella seconda Repubblica PDF Stampa E-mail

13 Maggio 2019

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Da Appelloalpopolo del 10-5-2019 (N.d.d.)

 

La scelta di Salvini di pubblicare il suo ultimo libro presso una casa editrice neofascista fa parte del fenomeno vistosamente pianificato di polarizzazione che ha accompagnato e costruito l’ascesa della Lega di Salvini. Quella Lega che i media chiamano sovranista e che sarebbe invece appropriato definire nazionalista ma in modo ancor più pregnante opportunista, poi approdata insieme al M5S al governo battezzato “del cambiamento”. Tuttavia la discontinuità fra il governo attuale e quelli precedenti non è sostanziale: nonostante certi toni elettorali che hanno fatto sperare molti, come era facile prevedere governa sempre il vincolo esterno, governa il Trattato di Maastricht. Il deficit pubblico, i cordoni della borsa, li tiene ancora la Commissione Europea. Chi parla di Terza Repubblica vende fumo, siamo ancora e sempre nella Seconda Repubblica, e vi rimarremo fino a che aderiremo al Trattato di Maastricht.

 

Dunque la polarizzazione che caratterizza questa fase della politica italiana, diversa ma non nuova, è di natura prettamente simbolica ed emotiva, seguendo l’essenza narrativa, mimetica e cosmetica tipica dei partiti della Seconda Repubblica. Tuttavia Il suo esito politico è tutt’altro che superficiale. La polarizzazione fra neo-fascisti (veri come Casa Pound o presunti come la Lega) e liberali taglia infatti fuori i socialisti dal quadro interpretativo della politica italiana. Essendo al di fuori dell’inquadratura, nella società dell’immagine i socialisti semplicemente non esistono. Tale polarizzazione fra neo-fascisti e liberali funziona perfettamente come diverso ma non nuovo gioco delle parti, dopo che quello fra post-comunisti e liberali aveva retto perfettamente per tutta la prima parte della Seconda Repubblica, contrassegnata dalla falsa alternativa fra PD e PdL. Nel frattempo i liberali nominali sono passati da destra a sinistra, e questo ha spostato definitivamente fuori dal campo di gioco mentale il socialismo come spazio ideologico. In sostanza i responsabili del marketing politico di Salvini sono evidentemente gente che si merita la pagnotta, e quelli del PD giocano molto volentieri di rimessa, confermando puntualmente l’intelaiatura cognitiva proposta dal teorico nemico politico. Fissando l’attenzione del pubblico e forzando l’adesione emotiva ad una delle due parti in commedia, la polarizzazione consolida -pur istericamente- il consenso intorno a soggetti politici che altrimenti mai potrebbero guadagnare o mantenere una tale popolarità. Così si spiega la presa della Lega in un meridione fino a ieri oltraggiato oltre ogni possibile decenza, e ancor di più si spiega la tenuta del PD che in quanto partito “di sinistra” ha perso ormai qualsiasi credibilità. In tutto questo, il problema per la democrazia italiana dipende dal fatto che gli interessi strutturali legati al lavoro e allo stato sociale non si distribuiscono affatto lungo il fronte simbolico fra fascisti (antidemocratici per antonomasia, nonostante lo storico e ricorrente blaterare di interessi popolari) e liberali (antidemocratici quanto e più dei fascisti stessi). Gli interessi che dividono popolo italiano ed élite finanziarie si distribuiscono lungo il fronte sostanziale fra socialisti (che la lettura comparata fra Costituzione e Trattati colloca necessariamente fra i sovranisti) e liberali (europeisti per definizione, stante la relazione originaria fra fine e strumento). Dunque esiste una sola via d’uscita dall’incastro a cui conduce la narrazione interna allo spazio liberale: riconoscere la natura teatralizzata e posticcia della polarizzazione costruita a quattro mani tanto dalla Lega quanto dal PD intorno all’immagine mediatica di Salvini. Salvini non è fascista, è liberale. Così come D’Alema non era comunista, era liberale. Così come Berlusconi non era immorale, era liberale.

 

Non facciamoci scegliere il nemico dal sistema mediatico. Il nemico non è quello che i liberali si costruiscono di volta in volta, scegliendolo all’interno delle loro stesse fila per distrarre l’attenzione dalla sostanza di cui è fatta la Seconda Repubblica: il liberalismo obbligatorio imposto dal Trattato di Maastricht.  Il nemico sono i liberali, denominati direttamente come tali, post-comunisti, neo-fascisti o altrimenti etichettati che siano. Il nemico è il Trattato di Maastricht. Il fronte su cui combattere la battaglia per la democrazia è dunque uno solo, l’unico anti-liberale. Il fronte per il Recesso.

 

Rossano Ferrazzano

 

 
Astenersi per decenza PDF Stampa E-mail

11 Maggio 2019

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I sondaggi in vista delle elezioni del parlamento europeo segnalano l’inversione del rapporto numerico fra M5s e Lega, a vantaggio della seconda, ma con un netto aumento di suffragi per il complesso dei partiti governativi rispetto alle elezioni politiche di un anno fa. Allora complessivamente raggiunsero una percentuale del 50%, ora sarebbero ben oltre.

 

La cosa è degna di nota per due motivi. Il primo è l’aumento di consensi nonostante la scarsità dei risultati. I provvedimenti legislativi e le manovre economiche hanno prodotto ben poco, la litigiosità fra i due partiti della maggioranza è crescente, il livello qualitativo della compagine governativa è evidentemente scadente. Il “sovranista” Salvini è andato a genuflettersi davanti a Netanyahu e avrebbe voluto riconoscere come legittimo presidente del Venezuela il fantoccio degli americani; nonostante il suo “populismo” vuole abbassare le tasse ai ricchi e promuovere le grandi opere inutili. M5s, messo alla prova del governo, ha manifestato tutte le sue incongruenze e i limiti di un gruppo dirigente mal selezionato. Eppure i consensi sono in crescita.

 

Il secondo è il fuoco di sbarramento di tutti i poteri compatti contro il governo. Non si era mai vista in Italia una simile potenza di fuoco contro un governo regolarmente eletto. Le istituzioni europee, il potere finanziario con i suoi ricatti e le sue agenzie di rating mobilitate contro i giallo-verdi, il fenomeno mai visto prima di sindacati confederali e Confindustria che indicono proteste antigovernative nella stessa giornata, in una solidarietà di intenti senza precedenti, la Chiesa che assume apertamente posizioni antigovernative, tutti i media schierati massicciamente contro il governo, dai giornali a tiratura nazionale fino ai vari TG e ai tanti talk-show: conduttori e conduttrici letteralmente scatenati contro gli esponenti governativi, interviste che sono aggressioni. Fra i giornali della carta stampata, solo Il Fatto assume posizioni più benevoli, ma solo verso uno dei partiti della maggioranza, M5s.  Eppure i consensi sono in crescita.

 

Le conclusioni sono obbligatorie: l’elettorato non si fa più condizionare in modo decisivo dalla grande stampa e dalle emittenti televisive, avendo capito che la loro è soltanto propaganda di regime; inoltre c’è un diffuso terrore che possano tornare quelli di prima, i Berlusconi, i Prodi, i Monti, i Renzi, i Letta, i Gentiloni, ora con le fattezze di una totale nullità come Zingaretti o di un “competente” come Draghi.

 

Un simile imponente schieramento di poteri contro il governo dovrebbe suggerire di votare per i partiti della maggioranza. Infatti il voto è sì inutile ai fini del cambiamento delle politiche europee, dato che il parlamento di Strasburgo ha poteri limitati e i Trattati istitutivi dell’UE sono una gabbia di acciaio, essendo modificabili solo con voto unanime, ovviamente impensabile, ma può avere un impatto sugli equilibri politici nazionali. Purtroppo il livello generale del confronto è talmente basso, anche da parte governativa, che chi è ancora sensibile ai richiami della decenza fatica a schierarsi.

 

Uno degli aspetti più incresciosi, se non addirittura angosciosi, della temperie culturale odierna, è l’annullamento della memoria storica. Perfino i fatti di pochi anni fa sono completamente rimossi, in un modo tale da lasciare allibiti. Pensiamo alla polemica rovente sulla chiusura dei porti all’immigrazione senza regole. Soltanto una ventina di anni fa un governo di centro-sinistra, presieduto da Prodi e con Napolitano ministro degli interni, decise la chiusura dei porti per bloccare l’afflusso continuo di albanesi. La misura fu approvata da tutti. Si trattava di stroncare un traffico di esseri umani su cui speculavano mafie e scafisti senza scrupolo. Si trattava di esercitare il più elementare dei compiti di chi governa: difendere i confini, dato che gli statisti non sono tenuti a caricarsi dei mali dell’umanità ma sono tenuti a proteggere la propria nazione. In quel contesto accadde persino che una nave della marina militare italiana speronasse e affondasse un barcone carico di migranti. Cosa si direbbe se succedesse oggi? Ebbene, nessuno ricorda quel precedente. Se a sinistra lo si ricordasse, ci sarebbero imbarazzo e pudore che impedirebbero di blaterare di razzismo e fascismo. Se a destra lo si ricordasse, Salvini e i suoi consiglieri avrebbero buon gioco a far tacere gli oppositori. Se vescovi e cardinali lo ricordassero e consigliassero il papa, gli eviterebbero figuracce. La realtà è che anche quei fatti recentissimi sono stati cancellati nell’azzeramento di tutto ciò che abbia un qualche spessore storico e ideologico.

 

L’accordo con la Cina per la Via della Seta, una delle poche cose buone decise dal governo giallo-verde, quasi tutte per iniziativa di M5s, ha fatto scoprire l’inusitato patriottismo dei tanti preoccupati di finire catturati dall’imperialismo cinese. Fra i grandi media e i capi dei maggiori partiti, nessuno che abbia rilevato che la potenza che tiene centinaia di basi militari all’estero non è la Cina; nessuno che abbia rilevato che l’unico Paese invaso dalla Cina è stato il Tibet, che per secoli fu provincia cinese; nessuno che abbia rilevato che la Cina non ha mai sottoposto a sanzioni alcuno Stato, praticando coerentemente la politica della non ingerenza negli affari interni degli altri Paesi. C’è stato un coro di esternazioni indignate per il rischio che i cinesi possano spiarci attraverso il sistema 5G. Nessuno che abbia ricordato che pochi anni fa fu svelato che il sistema Echelon, gestito da GB e USA, spiava il mondo intero, perfino il cellulare privato di Angela Merkel.

 

Se si è dimenticato qualcosa di tanto recente, figuriamoci se qualcuno sarà in grado di riproporre quello che dicevano negli anni ’50, all’inizio del processo di unificazione europea, Togliatti e Di Vittorio, il capo indiscusso dei comunisti italiani e il leader sindacale più prestigioso. Chiamavano il popolo alla lotta contro l’europeismo, perché l’Europa che si voleva fondare sarebbe stata dominata dalla finanza e dal grande capitale, che avrebbero approfittato delle istituzioni sovrannazionali per svuotare di contenuto le Costituzioni nazionali e le conquiste dei lavoratori. Questo sostenevano i capi della sinistra quando la sinistra era ancora una cosa seria e non un’emanazione dei Pannella e delle Bonino. Sarebbe vano illudersi che quelle parole, profetiche, abbiano oggi una qualche risonanza. Altrettanto vano sarebbe illudersi che qualcuno metta all’ordine del giorno quella che è la vera emergenza: il processo di estinzione della nazione italiana, e non solo per motivi demografici.

 

Visto il livello delle formazioni politiche e culturali, governative e dell’opposizione, decenza vuole che ci si astenga dal voto, finché la forza delle cose non faccia delineare un partito all’altezza dei tempi. Noi che siamo stati attratti dal “destro” Alain de Benoist, dai marxisti Jean Claude Michéa e Costanzo Preve, dall’anti-moderno Massimo Fini, abbiamo sognato un’Europa delle regioni, autonoma, ben armata e largamente autarchica. Ammettiamo pure che non è una prospettiva praticabile, nemmeno nel medio termine. Allora non ci resta che aspettare che la forza delle cose renda consistente una formazione politica sovranista e statalista. Sovranismo da intendere non come il nazionalismo che si esalta coi miti del sangue e del suolo ma come recupero della piena indipendenza. Statalismo non come collettivismo e centralizzazione burocratica ma come controllo e regolamentazione dei poteri pubblici su economia e finanza, ai fini di una più giusta distribuzione dei beni e di una razionalizzazione dei processi produttivi. Il nemico non è un fantomatico fascismo ma il ben più presente e opprimente liberalismo.

 

Fino a quando quest’attesa non sarà soddisfatta, astenersi dal voto resta l’opzione da prendere a malincuore ma pressoché obbligata.

 

Luciano Fuschini

 

 

 

 
Decisore esterno PDF Stampa E-mail

10 Maggio 2019

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Da Appelloalpopolo del 7-5-2019 (N.d.d.)

 

Si sente dire spesso che in Italia “non c’è lavoro”. Questa espressione induce sconforto più che ribellione. Quindi ha l’effetto di addormentare le coscienze, ma è un modo impreciso di rappresentare la realtà.

 

1) La collettività ha molti bisogni che necessitano della produzione di beni e servizi, cioè di attività lavorative. Basta guardare in che stato sono le infrastrutture o quante persone in difficoltà, come gli anziani, necessitano di cure ecc. 2) Molte attività lavorative sono svolte, ma gratuitamente.  Questo riguarda soprattutto i giovani, attratti da false promesse di future assunzioni o dall’esigenza di rimpinguare il curriculum. 3) Il contratto di lavoro a tempo determinato consente alle aziende una gestione brutale dei propri dipendenti con creazione di disoccupati. Alcune aziende infatti sfruttano i lavoratori con turni di lavoro massacranti (questo limita l’occupazione perché uno solo svolge un lavoro che dovrebbe essere diviso tra più persone) e, dopo un certo numero di anni, quando l’attività svolta li ha logorati fino ad aver provocato danni fisici, li sostituisce. Questo genera disoccupati che a causa delle condizioni di salute avranno un’accentuata difficoltà a ricollocarsi. La loro situazione economica sarà peggiore se i lavoratori stessi sfiniti e logorati nel fisico e nella psiche lasceranno anzitempo spontaneamente il lavoro. Questi sono solo esempi: ricordiamo che in generale la difficoltà ad accedere ad un posto di lavoro è una conseguenza di scelte politiche che impediscono di immettere risorse monetarie adeguate nell’economia reale. Quindi l’espressione “non c’è lavoro” è integrata e sorretta da un’altra espressione anche essa falsa: “non ci sono i soldi”.

 

Le due espressioni insieme danno vita ad una miscela pericolosa che tiene a bada le masse mantenendole in uno stato di apatica rassegnazione. Infatti chi si accorge di quante attività lavorative utili per la collettività potrebbero essere messe in moto data la disponibilità di risorse materiali (strutture produttive, mano d’opera ecc.) si rassegna ad una finta evidenza: l’impossibilità di farlo per mancanza di soldi. È lungo spiegare perché “non ci sono i soldi” sia un’espressione che dà una rappresentazione falsata della realtà. Facciamo solo un cenno: i soldi non possono finire TECNICAMENTE, come ha ammesso Draghi. Quindi se finiscono è per volontà politica. Immaginiamo di far parte di un nutrito gruppo di naufraghi su un’isola deserta e di avere competenze differenziate e risorse materiali sufficienti per costruire alloggi, cucire vestiti, curare malattie. Nessuno di noi però ha con sé il portafoglio con i soldi. Nessuno può pagare il lavoro agli altri. Il lavoro quindi non c’è! Immagino che chi leggesse questa storiella troverebbe il finale molto stupido e inizierebbe a pensare soluzioni per ovviare al finto problema. Eppure nel nostro paese viviamo così, con risorse materiali che non vengono utilizzate perché non ci sarebbero i soldi. Il popolo italiano non è stato avvertito, ma ad un certo punto è stato deciso che l’Italia dovesse affidare ad un “decisore esterno” il potere di immettere risorse monetarie, decidere quante immetterne e quindi poter anche minacciare di “chiudere i rubinetti” e dunque non immetterne (è accaduto). Evidentemente il “decisore esterno” ha deciso che dobbiamo vivere con risorse monetarie SCARSE rispetto alle nostre esigenze e alle nostre possibilità.  Ecco perché i sovranisti considerano necessario (anche se non sufficiente per migliorare in modo determinante le condizioni del paese) che lo Stato recuperi la sovranità monetaria, anziché dover operare in conformità con i diktat del “decisore esterno”.

 

Claudia Vergella

 

 
I rischi del 5G PDF Stampa E-mail

8 Maggio 2019

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Da Comedonchisciotte del 6-5-2019 (N.d.d.)

 

Negli ultimi mesi si parla molto del 5G, la prossima generazione di tecnologia wireless. Ci viene propagandato come un necessario passo verso “l’internet delle cose”: un mondo in cui i nostri frigoriferi ci avvisano quando siamo a corto di latte, i pannolini del nostro bambino ci dicono quando devono essere cambiati e Netflix è disponibile ovunque e sempre. Ciò a cui non stiamo prestando attenzione sono però gli studi effettuati sul tema: questi hanno chiaramente dimostrato gli effetti nocivi che ha sull’uomo l’esposizione alle radiazioni di radiofrequenza ad impulso di ripetitori, telefoni cellulari ed altri dispositivi. Il 5G renderà il problema esponenzialmente più grave. L’individuo comune potrebbe pensare che la Federal Communications Commission (FCC), prima di approvare tali tecnologie, ne valuti attentamente le conseguenze sulla salute. Nella testimonianza del senatore del Connecticut Blumenthal, la FCC ha però ammesso di non aver condotto alcuno studio sulla sicurezza del 5G. I lobbisti delle telecomunicazioni ci assicurano che le linee guida sulla sicurezza già in vigore sono adeguate per proteggere il pubblico. Queste, tuttavia, hanno come fondamento uno studio del 1996, che aveva come oggetto quanto un cellulare potesse riscaldare la testa di un manichino di plastica delle dimensioni di un adulto. I risultati appaiono dunque poco indicativi, per almeno tre ordini di motivi:

 

+ gli organismi viventi sono costituiti da cellule e tessuti altamente complessi ed interdipendenti, non sono fatti di mera plastica. + alle radiazioni a radiofrequenza sono esposti anche animali selvatici, bambini, feti e piante – non solo esseri umani adulti. + le frequenze utilizzate erano di gran lunga inferiori rispetto alle esposizioni associate al 5G.

 

Le radiazioni a radiofrequenza (RF) 5G utilizzano un “cocktail” di tre tipi di radiazioni: si parte da onde radio ad energia relativamente bassa, si passa per radiazioni a microonde con ancor più energia ed infine si giunge ad onde millimetriche con molta più energia. Le frequenze estremamente alte connesse al 5G sono il pericolo maggiore. Mentre le frequenze 4G arrivano fino ai 6 GHz, il 5G espone la vita biologica a segnali di impulsi che si trovano in un intervallo che va dai 30 GHz ai 100 GHz. Mai prima nella storia si è verificato che l’uomo venisse bombardato da frequenze così elevate per così estesi periodi di tempo. Il problema è grosso. Si è scoperto che i nostri occhi e le nostre ghiandole sudoripare agiscono come antenne per l’assorbimento delle onde 5G a più alta frequenza. E, poiché le distanze che queste onde sono in grado di percorrere sono relativamente brevi, saranno necessari più trasmettitori, quindi ancor più prossimi a case e scuole rispetto alle precedenti tecnologie wireless: in pratica, si arriverà ad avere l’equivalente di un ripetitore ogni 2-10 case. L’ex presidente della FCC Tom Wheeler ha chiarito che la propria commissione, egemonizzata dalle corporation telco, non mette al primo posto la salute: “Non intralciate lo sviluppo”, ha sentenziato. “A differenza di altri paesi, non crediamo che dovremmo passare i prossimi anni a studiare… Lasciare carta bianca agli innovatori è di gran lunga preferibile al lasciare che comitati e legislatori decidano il futuro. Non aspetteremo che loro definiscano gli standard”. In risposta alle domande sulle conseguenze per la salute, Wheeler ha dichiarato: “Rivolgetevi ai medici”.

 

Buona idea. I “medici” in tutto il mondo hanno condotto oltre 2.000 studi. Tutti dimostrano che le radiazioni ad impulso promananti da ripetitori, router, tablet, telefoni cellulari ed altri dispositivi wireless causano seri danni alla salute. Le radiazioni RF sono dannose anche ad esposizioni basse e brevi, e colpiscono bambini e feti ancor più rapidamente rispetto agli adulti. Danneggiano il sistema endocrino, provocano danni al DNA, riducono la fertilità, e semplicemente sono cancerogene. È stato anche dimostrato che le frequenze elettromagnetiche ad impulso causano numerosi disturbi neurologici: acufene, ansia, deficit di attenzione, depressione, dolori muscolari, formicolio, insonnia, mal di testa, nausea, perdita di appetito, vertigini. Il governo degli Stati Uniti è a conoscenza di questi rischi da almeno il 1971. In quell’anno, il Naval Medical Research and Development Command pubblicò una bibliografia con 3.700 citazioni, le quali riportavano 100 effetti biologici e clinici attribuiti a radiazioni di microonde e di radiofrequenza. Negli anni, sono state condotte varie ricerche sul cancro a cuore e cervello di persone con minimo 10 anni di esposizione alle summenzionate radiazioni. La più recente, lo studio da $30 milioni dello US National Toxicology Program (NTP), condotto nel 2018, conferma tutte le precedenti: le radiazioni RF provocano il cancro. Qual è stata la risposta a questi risultati? Gli scienziati stanno sollecitando l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ad aggiornare la propria classificazione dell’RF: vogliono che passi dall’essere considerato un cancerogeno di gruppo 2B ad uno di classe 1 – ossia che si equipari 5G ed RF ad amianto ed arsenico. Annie Sasco, ex direttrice all’OMS dell’Unità di Epidemiologia per la Prevenzione del Cancro, afferma: “Basta, quante altre morti sono necessarie prima che vengano intraprese azioni serie? Le prove continuano ad accumularsi”. Ronald Melnick, l’ideatore dello studio NTP, afferma che il risultato “mostra chiare prove di un nesso causale tra cancro ed esposizione a segnali wireless di telefoni cellulari”. Aggiunge che “oramai non possiamo più presumere che qualsiasi tecnologia wireless, attuale o futura, incluso il 5G, sia sicura senza aver prima effettuato adeguati test”.  Nel frattempo, 231 scienziati di 42 nazioni hanno firmato l’Appello 5G, che richiede urgentemente una moratoria su questo tipo di tecnologia. Sono stati presi provvedimenti per rallentarne il dispiegamento in Belgio, Israele, Italia, Paesi Bassi e Svizzera, e negli Stati di California, Massachusetts, New Hampshire ed Oregon. Al momento, tuttavia, non abbastanza leader politici hanno prestato ascolto agli avvertimenti. O forse stanno rimettendo il compito a Trump, il quale ha dichiarato che le antenne “dovranno coprire ogni comunità ed essere schierate il prima possibile… Non importa dove tu sia, avrai il 5G, e sarà una vita diversa. Non so dire se sarà migliore… ma posso dire con certezza che tecnologicamente sarà tutta un’altra cosa”. La tecnologia wireless è diventata talmente onnipresente che molti non si fanno neanche venire il dubbio se sia sicura. Ora, i pericoli ad essa associati stanno per aumentare drasticamente. È necessario che molti più cittadini e legislatori si uniscano a coloro che già si sono attivati per tentare di bloccare la spericolata spinta a favore del 5G.

 

Iishana Artra (tradotto da HMG)

 

 
Lettera a un ragazzo del Duemila PDF Stampa E-mail

7 Maggio 2019

 

Da Rassegna di Arianna del 5-5-2019 (N.d.d.)

 

Caro Ragazzo nato nel Duemila, pensavo a te nel Novecento come a una figura mitologica, una specie di marziano che avrebbe abitato altri mondi, si sarebbe alimentato in altri modi, avrebbe viaggiato per altre galassie. Era questa la promessa euforica che circolava negli anni Sessanta del secolo scorso, a cavallo delle conquiste spaziali e non solo. Era il sogno di fuggire dal Novecento ideologico e bellicoso per entrare in un millennio né rosso né nero, ma latteo come la via omonima, e vitreo, come si addice al video trasparente. Padre di due figli nati nel millennio scorso, sognavo di avere un terzo figlio nel terzo millennio e, per scherzare con l’immortalità, promettevo anche un quarto figlio nel quarto millennio… Ma poi la vita ha preso un’altra piega.

 

Ora ti incontro in giro, ti sfioro per strada, ti incrocio mentre esci da scuola o vai all’università, e ti vedo fin troppo uguale a me, a noi, brontosauri del millennio passato. Ma sotto la buccia di una somiglianza, se poi mi affaccio nella tua vita, nel tuo lessico, nel tuo immaginario, nel tuo sapere, trovo un abisso di differenze. Alcune sono decisamente a tuo vantaggio: la capacità di abitare la tecnica e il globo, con una padronanza che noi non avevamo, la capacità di navigare nell’universo matematico, la tua refrattarietà ai sogni collettivi, salvo fiammate ambientaliste nel nome di Gretology, la nuova setta planetaria. Ma la sensazione che poi mi coglie è esattamente rovesciata rispetto a quella che ti fanno percepire media, scuola & agenzie globali: ti hanno fatto credere di avere una visuale più lunga, più larga, globale, rispetto alle generazioni precedenti. Ma se ci pensi bene il tuo mondo è assai più piccolo dei provinciali di una volta, e provo a spiegartelo. Tu abiti su una fettina così sottile e così ristretta che si chiama Io, che si chiama Presente, che si chiama Display. Il paesano non conosceva il globo e non viaggiava né con Erasmus né con Ryanair né con lo smartphone. Però conosceva più mondi, più persone, più natura, più vita, più storia. Scendeva di casa, salutava cento persone e si fermava a parlare con dieci, conosceva la campagna, i suoi frutti e i suoi animali, non solo quelli domestici e umanizzati; leggeva libri di storia, conosceva più generazioni oltre la sua, frequentava i nonni e ci parlava pure, li lasciava raccontare, anche per rispetto dell’età grave. Aveva più dimestichezza con la morte, con l’aldilà, con la religione. Insomma, abitava più mondi. A te hanno sottratto il passato, l’avvenire, la trascendenza e una fetta d’interiorità che noi primitivi chiamavamo anima. E tutto questo accade non solo a livello psicologico ma anche a livello di formazione, di studi, di conoscenze. In principio fu la morte di Dio e la conseguente fine della religione. Seguì a sorpresa non lo sviluppo del pensiero e della filosofia, come avevano annunciato gli illuminati avversari delle fedi oscurantiste, ma la sconfitta del pensiero, la fine della stessa filosofia e la sua rinascita marginale nelle vesti micragnose di “scienze umane” anzi di humanities. E non solo. Da tempo nella vita corrente, nella scuola e nell’università è in atto una progressiva scomparsa della storia, sia come memoria che come studio e storiografia. È una forma di oblio collettivo che fa rima con la rimozione del passato, dei ricordi nella sfera personale. Una specie di lobotomia. Potrei proseguire e dirti del tramonto della politica; o la fine delle nazioni, delle famiglie naturali o tradizionali, e altro ancora.

 

Allora torno a te, ragazzo nato nel 2000, e ti vedo solo e sperduto nell’oceano del web e della tecnologia, sulla tua zattera in forma di display, disormeggiato da tutto e mi accorgo che non vivi – come mi avevano fatto pensare le fabbriche mediatiche di opinioni- in un mondo sconfinato e ricco; non sei un navigatore globale, ma al più naufraghi su un’isola deserta, interconnessa al mondo ma disabitata di vita reale, di storia, di natura, di pensiero, di fede, di cultura. E allora ti vedo più provinciale dei provinciali di una volta, chiuso in un mondo minuscolo, assai più piccolo del Mondo piccolo, vivace e magico di Guareschi, Peppone e don Camillo. E capisco le tue fragilità e le tue insofferenze, il timore di perderti nella fluttuazione di un vagare senza meta, senza punti fermi, eredità e prospettive, senza memoria né avvenire, perso nel presente, annegato nel momento. Ma di questo non te ne faccio una colpa, anzi ti considero una vittima; tu non hai termini di paragone, vivi nell’assoluto presente, ti dissero che la tua superiorità sulle generazioni precedenti era fondata proprio sulla tua estraneità al passato e alla tradizione, sulla liberazione da ogni radice e da ogni confine. La responsabilità semmai è nostra, di chi ti ha fatto trovare questo abitacolo globale, resettando ogni eredità o provenienza. Ma non per questo ti compiango e ti considero perduto; anzi questa tua assoluta verginità di storia, di pensiero, di fede, di comunità può diventare a rovescio l’occasione per straordinarie scoperte. Scopri quei mondi negati, il coraggio di ricordare e di sperare, coltiva la nostalgia dell’avvenire, avvicinati con lo stupore di un bambino appena nato a quei continenti interdetti, proibiti, che si chiamano storia, filosofia, fede, arte, pensiero, politica. Farai una scoperta sensazionale. Capirai che il mondo non è nato con te e non finisce con te e non si risolve qui e ora. È fantastico, ragazzo, e per giunta è reale. Prova a cercare quel che noi non abbiamo saputo darti. Dacci questo smacco o questa soddisfazione. Arrivaci per conto tuo. Noi sognammo la conquista della luna e dei pianeti. Tu prova la conquista della terra, del cielo e della vita.

 

Marcello Veneziani

 

 
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