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Nulla sarà più come prima PDF Stampa E-mail

27 Giugno 2018

 

Da Rassegna di Arianna del 25-6-2018 (N.d.d.)

 

Se la vittoria di Trump nel novembre 2016 ha segnato la crisi del capitalismo neoliberale deterritorializzato e deterritorializzante (con tutte le contraddizioni che ne conseguono) e l'inizio di un nuovo corso politico sul piano internazionale - sempre più caratterizzato dal ruolo di nuovi attori geopolitici, sia a livello globale che a livello regionale-  anche la vittoria dei populisti in Italia segna la fine di un ciclo storico cominciato con il crollo del Muro e l'implosione dell'Unione Sovietica e che in Italia si suole definire il periodo della II Repubblica. Come sarà il nuovo corso storico non lo sa nessuno, ma è certo che non si potrà comprendere con categorie politiche obsolete. La sinistra europea si è autodistrutta non solo per il fatto di essersi trasformata nella guardia bianca dei "mercati", ma anche a causa del suo "ritardo intellettuale" e della convinzione che la politica fosse ormai solo pubblica amministrazione ossia un "affare" di competenza di tecnocrati.

 

È proprio l'intellighenzia di sinistra che ha clamorosamente fallito in questi anni, dimostrandosi incapace di saper leggere correttamente la realtà, confondendo le parole con le cose e rifiutando di mettersi in discussione quando già era chiaro che la storia non era affatto finita. Augurarsi che i populisti falliscano o addirittura definirli i nuovi fascisti, come se si fosse negli anni Trenta del secolo scorso e il fallimento dei populisti potesse cancellare la storia di questi anni, è la migliore conferma che la sinistra europea è ormai defunta, perlomeno sotto il profilo politico-culturale. Questo non significa che il futuro sia ormai dei populisti (peraltro assai diversi tra di loro) ma che solo se si saprà (dis)torcere il populismo in senso socialista e comunitario, si potrà costruire una valida alternativa all'oligarchia neoliberale.  Pochi esponenti della sinistra, con antenne più sensibili di altri, lo hanno compreso ma sono stati subito accusati di essere "rossobruni" da parte di coloro che assomigliano a quegli ufficiali di cavalleria che erano convinti che nulla fosse cambiato, dato che la potenza dei motori si continuava a misurare in base al numero di cavalli. Invero nulla sarà più come prima. E prima lo si capirà meglio sarà. Questo vale non solo per la sinistra ma per tutti coloro che scambiano le chimere per la realtà, ignorando le dure repliche della storia.

 

Fabio Falchi

 

 
Psicopatia e potere PDF Stampa E-mail

26 Giugno 2018

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Da Rassegna di Arianna del 6-6-2018 (N.d.d.)

 

“Lo psicopatico è colui che è capace di compiere gesti anche terribili senza che il suo sentimento registri il minimo sussulto emotivo. Il cuore non è in sintonia con il pensiero e il pensiero con il gesto” (U. Galimberti, L’ospite inquietante)

 

Se pensate che gli psicopatici siano necessariamente i serial killer ben presenti nell’immaginario collettivo, vi sbagliate di grosso. Lo psicopatico non per forza è un assassino; in moltissimi casi, si tratta al contrario di un individuo ben inserito all’interno della società, all’apparenza dotato di carisma, fascino e savoir faire, maschera che utilizza con efficacia nei contesti sociali al fine di nascondere la totale assenza di coscienza ed empatia. Chi è affetto da psicopatia, manipola insistentemente chiunque gli stia attorno per raggiungere i propri fini egoistici. Le persone di cui lo psicopatico fa uso, sono dunque semplici strumenti nelle sue mani, vittime per le quali non proverà mai senso di colpa, vergogna o rimorso. Per questo predatore naturale, il fine giustifica sempre i mezzi e, quasi si trattasse di un computer piuttosto che di un essere umano, ogni sua azione è frutto del mero calcolo in funzione del raggiungimento di un unico obiettivo: l’interesse personale (soldi, sesso, fama e autogratificazione in genere…). Lo psicopatico è un individuo pressoché amorale: a livello cognitivo, riconosce benissimo ciò che è giusto e sbagliato, il bene e il male, ma senza che ciò comporti alcuna partecipazione emotiva. Capisce benissimo cosa siano le emozioni come l’amore, il dolore, la tristezza e persino l’empatia, ma non riesce a provarle.

 

Laddove l’elemento emotivo venga trascurato a beneficio di quello esclusivamente razionale, si sa, non può esservi alcuna buona etica, poiché ragione e sentimento insieme contribuiscono allo sviluppo del giudizio morale. Si stima che gli psicopatici costituiscano l’1% della popolazione mondiale. Si tratterebbe di una notizia rassicurante, se non fosse per la loro grande capacità di salire rapidamente ai vertici della piramide sociale, utilizzando le loro doti manipolatorie. Essendo totalmente privi di empatia, infatti, questi soggetti non si faranno alcuno scrupolo a comportarsi in maniera scorretta nei confronti dei loro simili, pur di arrivare a posizioni di potere. Li ritroveremo dunque spesso a capo di grandi aziende, ma non in virtù del loro operato, bensì esclusivamente grazie alla loro natura predatoria e parassitaria. Il termine “Corporate Psychopath” viene utilizzato dagli studiosi proprio per delineare il profilo dello psicopatico aziendale che si destreggia all’interno dell’ambiente lavorativo, suscitando ammirazione intorno a sé, semplicemente perché travestito da abile uomo d’affari. Per mascherarsi socialmente, lo psicopatico mima gli stati emotivi delle persone normali acquisendone e riproducendone le espressioni facciali e il linguaggio corporeo. Recita, perché non può fare altrimenti. Ma quali sono le cause della personalità psicopatica? Ricerche nel campo della neuropsicopatologia hanno evidenziato come la psicopatia sia determinata da una vera e propria anomalia cerebrale: le aree predisposte all’elaborazione del materiale emotivo (parti della regione limbica, l’ippocampo e l’amigdala) non funzionerebbero in modo adeguato nel cervello psicopatico. Esperti nel campo della psicologia criminologica come Hare, Babiak, Cleckley e Ronson ritengono che oltre alla mancanza di empatia e alla tendenza a manipolare, vi siano altri tratti distintivi della psicopatia quali la menzogna patologica, la noia, il narcisismo, l’irresponsabilità ed il bisogno ossessivo di esercitare il potere e il controllo sugli altri. La visione del mondo dello psicopatico è darwinista: da una parte, ci sono le prede, coloro che non sono in grado di dominare gli altri e meritano per natura di essere sottomessi; dall’altra, ci sono loro, i predatori che, assetati di potere, sentono quasi di avere il diritto “divino” di continuare a predare, proprio come fece intendere John D. Rockefeller quando disse “il mio denaro me l’ha dato Dio”. Non è un tema nuovo questo; anche nel saggio L’etica protestante e lo spirito del capitalismo di Max Weber, viene descritta la tendenza psicologica – che diviene religione – a considerare il profitto come un segno della grazia divina. Ci si potrebbe allora chiedere: e se quell’1% di psicopatici all’interno della popolazione mondiale corrispondesse al famoso 1% di individui che possiede una ricchezza pari a quella del restante 99%? Se l’attuale capitalismo finanziario fosse psicopatico nel vero senso del termine? Infondo, credo che in molti ci abbiano già pensato.

 

Espressioni come “società malata” e “follia del libero mercato” rivelano la consapevolezza che vi sia effettivamente qualcosa che non funziona nei cervelli dei grandi manager planetari, e che stiamo già facendo i conti con un dato di fatto innegabile: gli psicopatici al potere non faranno mai gli interessi del popolo, perché sono individui neuroatipici, senza coscienza e incapaci quindi di mettersi nei panni degli altri. Questo silenzio emotivo li rende inadatti a gestire la cosa pubblica, rischiando di condurre al collasso la società nella quale viviamo. Possono essere socialmente utili in qualità di soldati, vigili del fuoco, chirurghi, e in tutte quelle professioni in cui è necessario avere sangue freddo ed una certa dose di cinismo, ma, come afferma lo stesso Hare, «ai vertici dell’economia e della politica rovinano intere società». I processi di mondializzazione attuati dalle élite neoliberali, ben lungi dall’essere l’espressione del desiderio di una qualche forma di giustizia sociale, sono in realtà il sintomo di un’assenza di empatia, della mancanza di quel sentimento morale che, parafrasando Adam Smith, ha del resto per sua stessa natura un campo d’azione limitato a coloro che sono a noi più prossimi (noi stessi, la nostra famiglia, la nostra Nazione). Sarà forse anche per questa ragione che gli psicopatici dell’alta finanza odiano i “populisti”?

 

Flavia Corso

 

 
Le ragioni della rabbia PDF Stampa E-mail

25 Giugno 2018 

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Da Appelloalpopolo del 21-6-2018 (N.d.d.)

 

Negli ultimi giorni ho letto, o ascoltato, decine di considerazioni che stigmatizzavano la rinnovata ‘cattiveria’ degli italiani, il loro ‘eterno fascismo’ oppure la loro stupidità, la stupidità di chi si fa dettare le opinioni politiche dalla paura. Non dunque critiche ai comportamenti, ma giudizi sulla sostanza (verrebbe quasi da dire sulla ‘razza’…): gli italiani sarebbero cattivi, o intrinsecamente fascisti, o stupidamente paurosi. Questa sarebbe la ragione per cui danno retta alle peggiori salvinate. Questa diagnosi, nella sua forma e nei suoi contenuti riesce ad essere al tempo stesso perdente, sciocca e controproducente. Che sia perdente non ha bisogno di molte argomentazioni. L’ultimo sondaggio dice che le posizioni di Salvini su immigrazione e rom sono apprezzate dal 72% della popolazione, inclusa circa la metà dell’elettorato PD. Che sia sciocca, merita invece qualche notazione in più. Per comprenderne appieno l’irritante sciocchezza bisogna seguire 3 passaggi.

 

In primo luogo è necessario ricordare che le situazioni che Salvini affronta a colpi di urticanti provocazioni rappresentano comunque problemi reali. L’esistenza di una subcultura ‘nomade’ concentrata in campi alla periferia di molti centri urbani ha creato e continua a creare significative tensioni in termini di convivenza. Questo non ha niente a che fare col razzismo, ma ha molto a che fare con una tradizione culturale endogamica che tende a considerare i ‘gadji’ (non-nomadi) dei balenghi da sfruttare e che alimenta, di conseguenza, varie forme di illegalità, dalla microcriminalità degli scippi in Metro, alla macrocriminalità dei clan Casamonica e Spada. Similmente, tensioni si sono create e continuano a crearsi in dipendenza dalla disponibilità dei migranti (clandestini in particolare) per lavori legali o illegali di varia natura: se legali come concorrenza al massimo ribasso, se illegali spesso come manodopera criminale (in alcuni casi non più mera manodopera). Naturalmente, e va sottolineato visto il sovraccarico di odio e malafede che circola in rete, tutto ciò non ha niente a che fare con questioni di etnia o razza. Si tratta di problemi di carattere sociologico, peraltro piuttosto noti e serenamente ammessi, quando si riesce a parlarne evitando la tenzone politica. (Chi però vuole sostenere che si tratta di mere illusioni, falsità o maldicenze è invitato a informarsi meglio.) Una volta tenuto fermo che i problemi in questione non sono finzioni, bisogna capire che l’apprensione, la paura e la rabbia nei confronti di possibili danni tende a crescere quanto minore è la sicurezza (economica e lavorativa) delle possibili vittime. Le persone meno abbienti e quelle che temono di cadere in povertà sono maggiormente suscettibili al timore di piccoli furti, aggressioni, effrazioni, danneggiamenti; e negli ultimi dieci anni la platea di questi soggetti si è ampliata enormemente. Va inoltre sottolineato che i gruppi che suscitano apprensione sono facilmente identificabili e ciò gioca sempre un ruolo determinante nel permettere ai timori di incarnarsi in modo mirato (il ladro italiano che abita nel tuo condominio, o il colletto bianco che ti imbroglia in banca, sono non meno, e forse più, dannosi, ma non sono esteriormente identificabili). L’unica strategia di risposta equilibrata, capace di disinnescare la rabbia e di restituire fiducia nello Stato sarebbe (sarebbe stata) ammettere il problema, cercando di affrontarlo con decisione, senza prestare il fianco né al razzismo né ai processi collettivi, e senza considerare le persone in oggetto né capri espiatori, né povere vittime, agendo con umanità e fermezza nei limiti del rispetto delle leggi e della Costituzione.

 

Sciaguratamente una parte cospicua della sedicente intellighentsia italiana, forse perché ha avuto sempre il pane facile, forse perché non si è mai sentita minacciata, forse semplicemente perché vive in un pallone aerostatico, tende a riservare le proprie scorte di compassione tutte a chi si presenta come un ‘Altro’ da manuale, meglio se esotico. Nascono così gli improvvidi giudizi di cui sopra: bisogna essere cattivi dentro, o geneticamente fascisti, o semplicemente stupidi per non voler cedere compassionevolmente un po’ del proprio privilegio e della propria sicurezza, no? In questi casi aiuterebbe forse comprendere come a parte i ‘poveri’ in senso stretto, una parte vastissima della popolazione riesce a tenere la testa sopra la linea di galleggiamento solo al costo di tantissima fatica, tanto logoramento, rischi, stress, malattie professionali, ecc. Ricordare che il pane è facile solo per esigue minoranze aiuterebbe ad adottare atteggiamenti meno supponenti e a comprendere un po’ meglio le diffuse ragioni della rabbia. Invece i riflessi condizionati e lo scandalo facile di una parte dell’intellighentsia, mediaticamente sovrarappresentata, tende a creare un muro, un muro in cui semplicemente da una parte starebbe l’umanità e dall’altra l’incomprensibile abiezione. Arriviamo così al lato controproduttivo di questo atteggiamento, che ottiene come unico risultato quello di spingere milioni di persone normali, magari non culturalmente raffinate, ma di buon senso, nelle braccia di demagoghi ed estremisti, gente che tra i tanti difetti ha però almeno il pregio di mettersi non solo nelle scarpe dell’Altro, ma anche del Prossimo.

 

Andrea Zhok

 

 
Censimenti e Costituzione PDF Stampa E-mail

24 Giugno 2018

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Da Rassegna di Arianna del 22-6-2018 (N.d.d.)

 

Nel 2008 Maroni volle “schedare” i rom, ma Soros si contrappose soprattutto agendo da lobbista e “ispiratore” delle norme dell’UE. Lo scrissi in un articolo del 2008. Adesso si fa un gran parlare ovunque della presunta incostituzionalità del censimento rom avanzato da Salvini (il quale ha già corretto le sue dichiarazioni dopo le proteste del premier Conte e di Di Maio). Mi sono chiesta: incostituzionale in base a quale articolo della Costituzione? Apparentemente in base a nessun articolo, sebbene l’articolo citato sia il terzo, ad esempio su questo articolo del Sole24Ore, dal titolo completamente FAKE in quanto recita: “Rom, perché il censimento è incostituzionale”. L’articolo infatti passa in rassegna l’incostituzionalità in base alla legge fondamentale TEDESCA dei censimenti “etnici” o “rom”, e cita solo alla fine, di sfuggita, senza approfondire l’articolo 3 della Costituzione italiana, come se la legge fondamentale tedesca fosse più importante di quella italiana, sul nostro territorio. E la cosa tanto più paradossale – si potrebbe dire orwelliana – è che l’articolo 3 sfuggevolmente citato dice esattamente il contrario di quanto al momento si sente dire in giro, persino dal presidente Conte, che per la verità è sembrato più esasperato dalla coincidenza delle esternazioni di Salvini con i suoi incontri istituzionali, poiché per il contenuto ha semplicemente ripetuto che il “censimento etnico” è incostituzionale, senza argomentare. E dice il contrario del testo del Sole24Ore perché l’articolo 3 dice che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Quindi l’articolo 3 dice esattamente che se tutti i cittadini – Italiani residenti e o semplicemente residenti – vengono censiti, come vengono censiti, sarebbe incostituzionale proprio che in base alla “razza” i sinti non lo fossero o non lo dovessero essere, e questo a prescindere dalla loro cittadinanza. E se l’articolo 3 conclude che “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”, allora perché i bambini sinti devono rischiare di crescere tra i topi e i loro genitori possono non mandarli a scuola senza rischiare di perdere la patria potestà, mentre viceversa il genitore se è italiano e/o residente non sinti, nella stessa situazione, rischia la perdita della patria potestà, oppure non può accedere alla casa popolare perché ha punti in meno per il fatto di non essere “rom” o “extracomunitario” o “profugo”? E poi, se “i nomadi” (les gens du voyage) devono godere di leggi etniche, grazie alle pressioni di Soros, in virtù non dell’etnia ma della loro qualità di essere nomadi, allora come mai a questi “nomadi” si applicano regole diverse dai cittadini italiani e residenti normali, pur essendo stanziali? Non è forse questa una plateale violazione della Costituzione, art. 3?

 

Forse bisognava semplicemente dire: “censimento dei cittadini che abitano in accampamenti”, penso che ciò rientri nelle prerogative del nostro Stato anche ai sensi dell’articolo 3, in particolare la seconda parte. La verità è che il censimento è la base stessa della cittadinanza, e in assenza di cittadinanza vien meno la ragione stessa d’essere della Carta costituzionale e pertanto vien meno l’utilità di citarla per giustificare il mancato censimento… E visto che siamo ancora in un legame tra popolo e territorio (e Stato), che è il fondamento della nostra Repubblica parlamentare, la domanda è: chi è che ci tiene tanto ad accelerarne o a provocarne la dissoluzione? E a vantaggio di quale modello? Alla prima domanda ho già risposto. Per la seconda ci vuole un altro scritto.

 

Nicoletta Forcheri

 

 
I veri colpevoli PDF Stampa E-mail

23 Giugno 2018

 

...Ad avermi buttato in mezzo a una strada, a 50 anni, non è stato uno zingaro e nemmeno un africano. È stato De Benedetti. A far di me un peso morto è stata la Fornero. A fingere di proteggermi intanto che si facevano i cazzi loro, non sono stati gli extracomunitari, ma i sindacati. A prendermi per il culo dicendo una cosa e facendo l'opposto, è Renzi, non i rumeni. A stravolgere la nostra Costituzione anziché imporne il rispetto, è il parlamento italiano, non quello tunisino. A distruggere sanità e istruzione, sono stati i governi italiani eletti da italiani, non i rom. A vessare con metodi medioevali chiunque provi a campare con il poco che racimola, sono funzionari italiani, non libici. A vendere o spostare verso altre nazioni tutte le principali aziende italiane, non sono stati i marocchini, ma Marchionne, Tronchetti Provera e quelli come loro. A spingere al suicidio qualche centinaio di poveri cristi, sono stati i governanti italiani, non i profughi. A sfruttare ogni disgrazia per guadagnarci milionate e distribuendo briciole, sono le grandi cooperative italiane, non quelle serbe.

 

Quando mi avanzerà abbastanza odio per persone provenienti da altre parti del mondo, forse sposterò il tiro. Per ora mi accontento di riversarlo interamente ai personaggi di cui sopra, miei connazionali e, piuttosto che altri, preferirei fossero loro a trovarsi finalmente nella condizione di dover salire su dei barconi per scappare. Scappare da qui!

 

Michele Monteleone

 

 
Eurobond PDF Stampa E-mail

22 Giugno 2018

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Da Appelloalpopolo del 15-6-2018 (N.d.d.)

 

1) Draghi torna a tuonare: «L’euro è irreversibile». Mi dispiace deludere qualcuno, ma gli architetti dell’Unione Europea l’euro non lo molleranno. Ogni apparente passo indietro nasconde una rincorsa per un balzo in avanti. Le possibili evoluzioni sono da tempo sul tavolo. 2) Su quel tavolo (quello sul quale qualcuno ancora si illude di sbattere i pugni) gli EUROBOND si trovano almeno dal 2010. Agli albori di questa interminabile “crisi” tutti dichiaravano di volerli. Fortemente sponsorizzati da Tremonti (già allora in area Lega), sostenuto da Juncker, gli Eurobond non erano indigesti ai vari Ciampi, Prodi, Monti. Ovviamente la Germania disse di no: eravamo nel pieno della narrazione per cui la crisi sarebbe stata causata dalle oziose “cicale” del Sud Europa, abituate a vivere al di sopra dei propri mezzi sulle spalle delle “formiche” tedesche. Una soluzione che avesse dato anche solo l’impressione di una solidarietà tedesca verso i “cialtroni” del Sud sarebbe stata politicamente improponibile. 3) Ma la Storia ci dice che i passi avanti del percorso europeo sono già stati avversati dalla Germania, che li ha poi accettati solo quando ha avuto la certezza di poterli sfruttare a proprio vantaggio: fu così per la moneta unica, accettata solo con la garanzia di poter imbrigliare l’economia italiana; fu così per il MES, che infatti i tedeschi utilizzarono per salvare il proprio sistema bancario. 4) Certo, nel 2010 al vertice della BCE non c’era ancora Draghi che, diciamocelo senza mezzi termini, HA SALVATO L’EURO (e solo quello), dimostrando che la BCE può fare tutto quello che vuole e che i risultati vanno valutati solo sulla base dei fini perseguiti. 5) Venendo a noi: il governo giallo-verde vuole gli Eurobond? Sarebbero apparentemente comodi per far respirare il Paese con un po’ di deficit controllato, certamente aiuterebbero a mantenere qualche promessa elettorale. […] 6) E il “temutissimo euroscettico” Savona? Con lui, re delle privatizzazioni anni ’90, si sfondano porte spalancate, da sempre. A settembre 2017 proponeva due soluzioni:

 

«1. una europea che consenta alla BCE di far confluire in un Fondo appositamente costituito gli eccessi di debito rispetto al parametro del 60% rispetto al PIL, previa rinegoziazione dei termini di rimborso (con tassi ufficiali senza spread e date di scadenza lunghe) e impegno da parte dei paesi di rispettare il pareggio di bilancio; questa soluzione non impedirebbe la crescita della spesa pubblica – spero per investimenti, ma è un altro problema – purché essa resti nei limiti dei maggiori incassi e, quindi, della crescita nominale del PIL; 2. una nazionale che attui una conversione del debito in essere entro i limiti dell’eccesso esistente allungando le scadenze e offrendo rendimenti pari all’inflazione, dando in contropartita una GARANZIA su TUTTI i BENI dello STATO mobili e immobili, anche artistici e ambientali, escutibili con procedure rapide da stabilire anticipatamente nel caso di insolvenza». Sì, avete letto bene: rientrare sotto il tetto di Maastricht (60% debito/PIL), pareggio di bilancio, GARANZIA su TUTTI i BENI dello STATO. (7) E qui arriviamo al dunque, cos’altro c’è su quel tavolo, da diversi anni? Ricordate l’ERF, il Fondo Europeo di REDENZIONE? Se non lo ricordate eccolo qui, un’idea tutta teutonica, a partire dal nome. Già il Fiscal Compact prevedeva, oltre al pareggio di bilancio, anche l’abbattimento dell’eccedenza del debito sopra il 60% del Pil. Gli Stati che aderiranno all’ERF conferirebbero in un fondo unico europeo una quota del proprio debito corrispondente alla parte di esso eccedente il 60% del Pil. Il fondo, a sua volta, trasformerebbe i titoli nazionali in TITOLI EUROPEI, emettendo sul mercato nuove obbligazioni. In cambio i paesi contraenti dovrebbero dare “in pegno” al nuovo fondo i propri asset nazionali, le loro riserve auree e valutarie, perfino una quota del proprio gettito fiscale, la cui esazione avverrebbe direttamente ad opera del fondo. 8) Ora, l’ERF è sul tavolo dal 2012 e ogni tanto qualcuno, sia all’estero che in Italia, torna alla carica. […]  9) Chiudiamo allora il cerchio: il neo Ministro dell’Economia TRIA… che ne pensa? Ce l’ha spiegato pochi giorni fa:

 

1. «…ogni Stato membro dovrebbe cercare di prevedere il proprio investimento pubblico alla luce del mercato europeo, o addirittura globale, cercando di attirare significativi finanziamenti privati a livello globale attraverso la garanzia di rendimenti più sicuri a lungo termine. In questi termini, e per questi scopi, anche un temporaneo aumento del deficit destinato a far partire questi programmi dovrebbe essere considerato accettabile». 2. «Come osservato in precedenza, un vasto programma di investimenti pubblici infrastrutturali potrebbe essere attuato e finanziato in deficit senza creare un problema di sostenibilità dei debiti pubblici attraverso un finanziamento monetario palesemente CONDIZIONATO A LIVELLO EUROPEO. Condizionato in quanto temporaneo e soggetto a SOLIDI COMPORTAMENTI FISCALI da parte degli Stati membri dell’eurozona volti a perseguire la riduzione del debito. Questo obiettivo sarà più facilmente raggiunto grazie all’aumento del PIL nominale, che è lo scopo specifico del programma. Molti dettagli tecnici del programma, e le sue esigenze condizionali, possono essere progettati in modo adeguato con il concorso degli altri governi e delle istituzioni europee». Il linguaggio tecnico e la supercazzola della riduzione del debito attraverso l’aumento del PIL, non riescono a nascondere la realtà: sta parlando di EUROBOND. 10) Cosa farà la Germania? Vedremo, intanto a fine anno terminerà il QE, una imponente operazione di acquisto di titoli di Stato sul mercato secondario (quindi già emessi dagli Stati e detenuti dalle banche che li avevano acquistati sul mercato primario) i cui benefici sono rimasti ben lontani dall’economia reale, che ci lascerà con oltre 300 miliardi di titoli italiani in pancia alla BCE. La BCE sarà sempre più arbitro monopolista dei nostri destini, finché resteremo nella gabbia dell’Unione Europea. Ma l’idea per cui la Germania non sarebbe disposta ad accettare soluzioni che un tempo ha avversato mi pare davvero stupida. Del resto la Storia dell’Unione Europea ci testimonia che ben poche cose sono rimaste sul famoso tavolo e che, presa una decisione, si è sempre andati avanti fino al punto di non ritorno. 11) Cosa farà il nostro Governo? Anche questo è tutto da vedere, ma probabilmente cercherà di accontentare ampi settori del proprio elettorato con mosse non dissimili, se non nello stile, dai famosi “80 euro renziani”, cercando di fare un po’ di deficit con le soluzioni che saranno concordate a livello europeo, Eurobond in primis. Il consenso crescerà, ma entro fine legislatura si arriverà alla resa dei conti. 12) Mala tempora…

 

Lorenzo D’Onofrio

 

 
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