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Ancora gli opposti estremismi? PDF Stampa E-mail

7 Gennaio 2017

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Da Comedonchisciotte del 5-1-2017 (n.d.d.)

 

A Capodanno abbiamo avuto due attentati: uno in Turchia, l’altro a Firenze (a dir la verità non escludo che, nel mondo, ce ne siano stati altri, di massacri, ma l’attenzione dei media va dove la porta la sciatteria e la NATO). Mentre il primo assorbiva occhi, orecchie e cuore della platea mondiale, il secondo (una bomba contro un centro culturale di Casapound) ha avuto una distratta e annoiata notazione a pie’ di pagina (e, se l’ha avuta, ciò si deve unicamente al grave ferimento di un artificiere; altri due episodi consimili nel 2016 pare siano passati sotto traccia). L’attentato contro Casapound è da valutarsi con cura. Potrebbe essere nulla o un primo focherello. Appena l’ho saputo mi si sono accesi gli special dell’irrazionalità, come un vecchio flipper complottista. È stata una folgorazione istintuale, prelogica; indipendente da ogni cogitazione; in un secondo mi si è aperto, come un Paolo di Tarso degli anni Settanta, l’antico ventaglio delle possibilità (che sono sempre quelle, dagli anni Settanta, appunto): 1-Sono stati i rossi; 2-Sono stati i neri; 3-Sono stati i servizi.

 

Ipotesi 1. C’è ancora gente, nelle ridotte dell’imbecillità, che gioca a fare il sinistro. Ovvero: l’antifascista. Multinazionali, banche e centri politici occulti hanno il potere di rovinare nazioni, spostare capitali pari al PIL dell’Italia in un secondo, grassare centinaia di miliardi, ordire conflitti sanguinosissimi per procura, eppure qualche mammalucco con lo spinello dietro l’orecchio e il mito del migrante gioca a questo gioco qui. Come se un sindacalista, nell’era di UBER e delle auto che si guidano da sole, scendesse in piazza per difendere le carrozze a cavalli. Deprimente.

 

Ipotesi 2. Il mito dell’autoattentato nero è sempre vivo nell’immaginario di sinistra. Esso raggiunse l’apice nell’aprile 1976, quando i figli del segretario della sezione missina di Primavalle morirono nell’incendio della propria abitazione – incendio appiccato dai minchioni di Potere Operaio. Secondo l’allora controinformazione del PotOp (che scrisse persino un instant book) l’attentato fu un regolamento di conti interno alla destra. Cosa dire oggi? La risposta è semplice: che Casapound, nel 2017, trovi il tempo e la voglia di farsi attentati contro sé stessa lo trovo assolutamente improbabile; che una frangia di destra (magari una frangia dissidente) abbia la forza, il know how e la sfacciataggine di fare questo, mi sembra altrettanto improbabile.

 

Ipotesi 3. L’ipotesi dell’attentato interno alla destra, a onor del vero, mi è stata ventilata da un ex appartenente ai servizi: en passant, tra il serio e il faceto. Quando parlano questi tipi, e soprattutto quando lo fanno a cuor leggero, con la panza piena e fuor di menzogna, è bene drizzare le antenne; anche perché, è notorio, le ipotesi 2. e 3. possono sposarsi splendidamente: una provocazione dei servizi, svolta con manovalanza di destra, contro la destra, onde appiccare il fuoco al cerchio delle vendette (da destra) e controvendette (da sinistra). Nonostante la mia predilezione per l’ipotesi 1., più lineare, la combinazione 2.-3. non è da scartare. Anche la combinazione 1.-3. non è da scartare, anzi mi piace molto di più: infiltrazione in ambienti di sinistra, sobillazione, attentato. Deja vu. Sono trucchi vecchissimi, ma ben oliati, e che funzionano alla grande. Il cuore umano sembra complicato, ma è mosso da rare pulsioni, sempre le stesse. Amore, odio, desiderio, piacere, invidia, vendetta … E l’intelligence conosce la maniera di elettrizzare tali pulsioni, come Galvani con la famigerata ranocchia. Basti compulsare i commenti e le ciance sbocciati a margine di tale episodio apparentemente secondario. Molti ricascano nel tranello. Reazioni basiche, cani di Pavlov, destra-sinistra, okkio al kranio, ti schiaccio punto nero … la solita zuppa riscaldata del ristorante Stay Behind, ma qualcuno sembra ancora gradire. Le antiche fratture ideologiche, cancellate dalle palate di terra dell’edonismo postmoderno, tendono a riaprirsi (è lo stesso trucco, peraltro, usato in Medio Oriente). I destri accusano i sinistri, i sinistri accusano i destri; tutti si danno del venduto. Il problema sono i sinistri sanguinari e intolleranti, no, il problema sono i fascisti perché il fascismo non è mai morto e via cicalando. Qualunque sia la verità (ipotesi 1. ipotesi 2. ipotesi servizi: 3. oppure combinazioni 1.-.3 e 2.-3.) voglio manifestare il mio debol parere. Questo: non cadiamo nel trabocchetto. Per favore. Basta. Caro Iannone, cara Casapound, sono stati i rossi? Bene, restate calmi, fate le denunce che dovete fare e passate ad altro. Cari compagni, sono stati i neri per accusarvi falsamente? Mi sembra un’ipotesi arditissima, e comunque, lasciate perdere, i problemi stanno altrove. Sono stati i servizietti segreti? A maggior ragione lasciamo perdere, non diamo pretesti per la repressione, facciamola finita con queste baruffe chiozzotte, gli strilli da comare, le urla da suburra, le facce truci. Basta, basta, per carità. La trincea si è spostata più avanti di centinaia di chilometri, perdio, la vedete o no? Per favore, vi imploro, deponete quei ridicoli moschetti. Abbiamo già dato. E, inoltre, cari camerati e cari compagni, poiché ci sono battaglie campali da combattere, centinaia, migliaia di chilometri più avanti, vi invito pure a scaricare i compagni e i camerati allo champagne che, in occasioni come queste, ci sguazzano alla grande (nel flûte della divisione ideologica). E sì, perché non esiste solo la gauche caviar alla Boldrini, ma anche la droite allo spritz come quella di Buttafuoco. Ma questi, la Boldrini e Buttafuoco, simboli di legioni ben nutrite e al caldo, sono sostanzialmente apolidi; e, nella guerra civile italiana, schierati con chi ha la grana, non certo con voi. Le loro intemerate vengono dall’alto, cervellotiche, insincere, comodamente meditate in poltrona, e rischiose come i movimenti di chi gioca al Risiko (tanto che gli frega?). Muovono carri armati e truppe per battaglie che loro si guarderanno bene dal combattere e che, ovviamente, non hanno mai combattuto. Battaglie peraltro oggi inutili, controproducenti, stupide, sbagliate. Comprendete? La crisi (durissima) sta arrivando, pesante e cingolata come un panzer; il potere agogna, come sempre, la distrazione e il divide et impera. Quindi cari miei, carissimi miei, fricchettoni sinistri, e destri col busto del duce in anticamera: vi parlo da italiano ad altri italiani: se proprio non volete spogliarvi dei vecchi abiti, vi prego, celebrate il vostro Carnevale su internet, nei club e nelle associazioni, o durante commemorazioni e funerali, o a qualche manifestazione in cui sfilate in cento. State fermi, non cadete nelle provocazioni, non reagite. Non fate il gioco di chi sta sopra. Non riesumate le mummie, le carcasse, i cadaveri. Vi piace giocare ai soldatini, cogli indiani e le giacche azzurre? Fatelo, in silenzio, che qui c’è una guerra in atto, vera. E non rompeteci i coglioni. Se poi volete darci una mano, buttate le pistole a tappo dell’ideologia, i paraocchi e i gagliardetti, e compratevi un bel fucile d’assalto ultimo modello. Alzate lo sguardo e osservate il nuovo panorama, per una volta; vedete com’è immenso? Poi fate un bel respiro; e mirate bene.

 

 Alceste

 

 
Aleppo e Mosul PDF Stampa E-mail

6 Gennaio 2017

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Da Rassegna di Arianna del 3-1-2017 (N.d.d.)

 

Ci avete fatto caso? Ora che potrebbero parlare liberamente, raccontare a tutti i giornali e alle Tv che cos’hanno visto e subito ad Aleppo, sono spariti tutti. Clown, pediatri, ragazze disposte a suicidarsi piuttosto che vivere sotto Assad, elmetti di ogni colore, attivisti fino a qualche giorno fa impegnati a rifornire le Ong di notizie terribili, mamme disperate. Solo la bambina che twittava sotto le bombe è rispuntata per recarsi in Turchia a prendere un premio da Recep Erdogan (lui sì, un modello di umanità). E ha potuto farlo proprio perché ribelli e jihadisti hanno infine sgombrato i quartieri di Aleppo Est. “Così va spesso il mondo” scriveva Alessandro Manzoni a proposito di quella che, nei Promessi Sposi, viene definita “la notte degli imbrogli e dei sotterfugi”. Però la lezione di Aleppo va tenuta ben presente perché sulla devastata città della Siria si è giocata una partita di propaganda che va ben oltre la già drammatica situazione particolare. Nei quartieri per anni occupati da ribelli e jihadisti stanno saltando fuori le solite fosse comuni piene di corpi di civili, torturati prima di essere ammazzati. Dico le “solite” perché il rito atroce si è ripetuto ovunque l’Isis abbia dovuto cedere terreno. Nell’estate scorsa l’Associated Press, studiando immagini satellitari e confrontandole con testimonianze raccolte sul campo, è riuscita a localizzare 72 fosse comuni in zone appena abbandonate dall’Isis. In quelle buche (alcune scavate nei giardini pubblici e nei campi da calcio delle città) erano stati scaraventati tra 5 mila e 15 mila corpi. Al confronto, i civili morti ad Aleppo sotto le bombe russe e siriane sono un’inezia. Questa osservazione va fatta non per cinismo ma, al contrario, per spirito umanitario. Le persone innocenti chiuse in quelle fosse sono cadute per mano dei jihadisti dell’Isis ma anche a causa del fatto che la guerra mossa contro l’Isis in Iraq dalla coalizione guidata da Usa e Arabia Saudita è andata al rallentatore. Anzi: è stata una guerra finta, di soli bombardamenti che misteriosamente colpivano soprattutto il deserto. Nell’evidente speranza che, intanto, l’Isis desse il colpo decisivo ad Assad. Mentre tutti, in Medio Oriente, supplicavano la coalizione di intervenire con maggiore decisione e mettendo, come si dice, “gli stivali sul terreno”. Tutto quel traccheggiare, ovviamente, si è scaricato sulla popolazione civile. Ed ecco le fosse comuni. Piene di morti che sono figli di nessuno, per i quali nessuno si prende la responsabilità, nonostante che siano stati vittime anche di una precisa scelta strategica.

 

Siriani e russi hanno fatto il contrario. Con i raid e le incursioni hanno certamente provocato vittime tra i civili. Ma hanno accorciato la guerra e, così facendo, hanno anche risparmiato molte vite. Per capirlo, senza farsi intortare da clown e pediatri, basta osservare quanto accade a Mosul. A due mesi dall’inizio dell’offensiva per liberare la città, le operazioni militari sono ferme e l’Isis è così poco preoccupato da aver distaccato dal fronte iracheno qualche migliaio di miliziani per mandarli a riconquistare Palmira, in Siria. Questo accade perché anche a Mosul l’alternativa è sempre quella. O attacchi e risolvi in fretta il problema, e così facendo provochi vittime tra i civili come sempre succede in situazioni analoghe (vedi per esempio Gaza, o Fallujah in Iraq nel 2004, o Grozny in Cecenia nel 1994-1995); oppure esiti, e così facendo lasci che i civili restino ancor più a lungo in balia dell’Isis, con le conseguenze ben note. I generali americani e il Governo iracheno lo sanno bene. A Mosul hanno fatto la scelta politica di bloccare l’avanzata e abbandonare i civili al loro destino. È una scelta legittima ma non più nobile o meno cruenta di quella opposta di accelerare le operazioni, com’è stato fatto ad Aleppo. Quando anche a Mosul salteranno fuori le fosse comuni lo capiremo meglio. A dispetto di clown, pediatri, aspiranti suicide e bambine con la mania di twitter.

 

Fulvio Scaglione

 

 
Speranze PDF Stampa E-mail

5 Gennaio 2017

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La Siria è una nazione dove per secoli hanno convissuto fedi e popoli diversi. Un Paese governato da una dittatura; ma che viveva in pace, le condizioni di vita erano dignitose e la libertà religiosa era garantita. Oggi è un Paese devastato da cinque anni di guerra civile che ha fatto oltre 300 mila morti, milioni di profughi e distrutto l’economia nazionale. L’offensiva per la liberazione di Aleppo è iniziata a novembre e si è conclusa a dicembre con la vittoria delle forze lealiste. Ora che la battaglia di Aleppo è finita, le truppe lealiste potranno concentrare i loro attacchi nelle zone ancora occupate dai ribelli: a Idlib roccaforte delle milizie islamiste; e a sud a Raqqa, la capitale del sedicente Califfato. Ad Aleppo si è combattuta una battaglia decisiva per le sorti del conflitto, le forze armate siriane appoggiate dai miliziani di Hezbollah, dalla Guardia Rivoluzionaria Iraniana e dall’aviazione russa hanno conquistato la parte orientale della città, che dal 2012 era in mano ai ribelli. Dichiara Vitaly Churkin, ambasciatore russo all’ONU: «le operazioni anti-terrorismo sono concluse” e “i ribelli e le loro famiglie stanno ora passando attraverso i corridoi umanitari nelle direzioni che hanno scelto volontariamente, inclusi quelli in direzione di Idlib». Idlib è una cittadina sul confine turco controllata dai terroristi di Fateh al sham (ex Fronte Al Nusra - Al Qaeda), qui sono diretti la maggioranza dei ribelli che si sono arresi con le loro famiglie. L’esodo dei civili è stato difficile per il fuoco degli “irriducibili” che sparavano sulla popolazione in fuga e sulle forze lealiste. Si tratta di fanatici terroristi che si ostinano a combattere una battaglia persa. Aleppo è la capitale economica della Siria come Damasco è quella politica. Da Aleppo è possibile controllare il confine turco dal quale passano i volontari e i rifornimenti che alimentano il Califfato e le milizie islamiste. Discorso analogo vale per i traffici illeciti di petrolio e di reperti archeologici, che dal Califfato arrivavano in Turchia per essere destinati al mercato interno o all’esportazione. Alla vendita del petrolio proveniente dal Califfato ci pensavano le navi cisterna delle compagnie di navigazione di Bilal Erdogan (il figlio del presidente turco). L’intervento russo ha inflitto un duro colpo ai traffici della famiglia Erdogan e ai rifornimenti dei ribelli.

 

Da quando le sorti della battaglia di Aleppo sono state favorevoli ad Assad, Europa e Stati Uniti hanno messo in atto la solita commedia, un condensato di cinismo e d’ipocrisia. I mass media ci hanno mostrato le immagini strappalacrime degli effetti dei bombardamenti russo - siriani: le vittime civili (bambini in particolare), ospedali bombardati, quartieri ridotti a cumuli di macerie; la popolazione assediata che sopravvive in condizioni disperate, o che cerca la fuga. Le cancellerie di Stati Uniti ed Europa invocavano la cessazione dei combattimenti per permettere l’evacuazione e il soccorso dei civili assediati nei quartieri est di Aleppo. La verità è diversa. Damasco non ha rifiutato la tregua per impedire l’evacuazione dei civili dalle zone assediate; ma per impedire ai ribelli assediati di ricevere aiuti e di riorganizzarsi in vista di una possibile controffensiva. Le cancellerie occidentali sanno che i ribelli non consentono ai civili la fuga, ma accusano Assad e la Russia di ostacolare la creazione di corridoi umanitari. Ad Aleppo come a Mosul, i ribelli adottano le tattiche della guerra asimmetrica: usano i civili come scudi umani, o come kamikaze in attentati suicidi. In questo modo cercano di impedire alle forze regolari di sfruttare la superiorità militare o infliggono alle stesse pesanti perdite. Il terrorista siriano Abu Nimr usò la figlia di sette anni come kamikaze nell’attentato al commissariato di polizia di Midan (Damasco 16.12.2016). Nella Mosul assediata dalle truppe irakene fu scoperta una fossa comune con 284 vittime (tra queste anche bambini) civili che l’Isis usava come scudi umani. I bombardamenti russo - siriani non hanno lo scopo di terrorizzare la popolazione civile, non è questa la strategia di Damasco. Terrorizzare la popolazione civile per indurre il nemico alla resa era la strategia dei bombardamenti alleati e tedeschi durante la seconda guerra mondiale: Londra (1940) Dresda (1945) e le tante città italiane martoriate dai “liberatori”. La strategia dei bombardamenti russo - siriani è quella di annientare le forze ribelli senza distinzione tra “estremisti” e “moderati”. Il sostegno ai ribelli “moderati” è un pretesto dell’Occidente per abbattere il regime siriano e indebolire l’Iran. Infatti, le forze che si oppongono ad Assad sono in maggioranza islamiste e non “moderate”; inoltre, quelle “moderate” si schierano con le formazioni islamiste quando si tratta di combattere il regime siriano e i suoi alleati (vedi l’E.S.L. nella battaglia di Aleppo). Le milizie islamiste sono inquadrate nel sedicente Califfato e in Jaish al fatah (Esercito della Conquista). Questa coalizione nasce nel febbraio del 2016 per riunire in un unico fronte le forze islamiste non legate al Califfato, tra queste troviamo anche Fateh al sham (ex al Nusra - al Qaida). Alcune di queste milizie sono legate ai Fratelli Mussulmani e hanno il sostegno del Qatar (Felaq al Sham - Legione della Grande Siria) altre sono legate alla Turchia; altre ancora sono sostenute dai Salafiti e hanno il sostegno dall’Arabia Saudita (Ahrar al-Sham - Uomini Liberi della Grande Siria). L’Esercito della Conquista conta circa trenta - quarantamila uomini, si tratta di truppe motivate, bene addestrate e armate (vedi i missili controcarro Tow donati dall’amministrazione Obama). I ribelli “moderati” se esistono sono rappresentati dall’ESL (Esercito Libero Siriano) una formazione militare che non ha la forza per sconfiggere la canaglia islamista e per imporsi in un Paese dilaniato da anni di guerra civile. In Siria a combattere il terrorismo islamico sono: l’esercito siriano, la Russia, le milizie sciite e quelle curde del YPG (Unità di Protezione Popolare). I curdi sono ostili ad Assad ma hanno combattuto le milizie del Califfato che volevano impossessarsi del Royava (la regione del Kurdistan siriano al confine con la Turchia). Per le cancellerie occidentali le vittime civili non sono tutte uguali; alcune sono “carne di porco” e come tali non meritano lacrime o interventi militari a loro protezione. Carne di porco è la popolazione dei quartieri occidentali di Aleppo colpita dall’artiglieria ribelle. Carne di porco sono le vittime degli Stati Uniti e i loro alleati che dai Balcani al Medio Oriente hanno fatto uso di “bombe intelligenti” e di droni. Armi che dovevano colpire obiettivi militari, ma cadono anche su quelli civili: feste di matrimonio, funerali, ospedali, abitazioni, mezzi pubblici e sfortunati cooperanti (come l’italiano Giovanni Lo Porto). Se alle vittime dirette dei bombardamenti aggiungiamo quelle indirette, provocate dai conflitti che gli Stati Uniti e i loro alleati hanno scatenato o alimentato, le vittime superano il milione. Carne di porco sono le vittime della coalizione a guida saudita impegnata nello Yemen a soffocare la rivolta dei ribelli sciiti huthi. Dall’inizio della campagna militare (marzo 2015) 12 mila civili sono stati uccisi. Gli sfollati sono più di 3 milioni (su 27 milioni di abitanti), metà della popolazione vive di aiuti umanitari e solo un bambino su dieci arriva all’età di cinque anni.

 

Per l’Occidente la tragedia di Aleppo è stata un pretesto per criminalizzare il regime siriano e i suoi alleati. Per Hillary Clinton il regime siriano, la Russia e l’Iran sono “l’asse del male”. In verità il vero “asse del male” è rappresentato dai tagliagole del Califfato e dall’eterogenea galassia jihadista. Il terrorismo islamico ha potuto crescere e prosperare grazie agli errori e alle connivenze degli Stati Uniti e dei loro alleati: la Gran Bretagna, la Francia, la Turchia e le ricche monarchie del Golfo. Quest’ultime sono anche il riferimento ideologico del radicalismo mussulmano (l’Islam sunnita wahabita). Questi Stati “canaglia” sostengono il terrorismo ma non subiscono le sanzioni economiche o l’embargo sulle armi; anzi possono contare sulle forniture militari e stipulare importanti contratti con l’Europa e gli Stati Uniti. A 257 milioni di euro ammontano le forniture militari italiane all’Arabia Saudita; a Valles il 13 ottobre 2016, il cialtrone di Hollande vieta il burkini ma firma con l’Arabia Saudita un contratto da 10 miliardi di euro (armi comprese). Il governo siriano combatte il terrorismo ma subisce le sanzioni europee; quest’ultime più che indebolire il regime affamano la popolazione siriana.

 

Gli Stati Uniti e i loro alleati per difendere i loro interessi hanno destabilizzato l’Asia e il Nord Africa; e non hanno combattuto o, peggio, hanno sostenuto l’Islam radicale. Tutto questo ha creato le condizioni per la nascita e per lo sviluppo del terrorismo islamico che ora dilaga in tutto il mondo. In Iraq l’eliminazione di Saddam Hussein (maggio 2003) fece precipitare il Paese nel caos e permetterà la nascita del sedicente Califfato (aprile 2013). Nel settembre del 2015, per contrastare questa minaccia nasce la colazione anti Isis guidata dagli Stati Uniti, i principali sostenitori sono la Francia, la Gran Bretagna e i Paesi del Golfo Persico. La Coalizione finge per un anno di “bombardare” il Califfato, perché il vero nemico della Coalizione sono Assad e i suoi alleati, che l’Isis combatte. Per un anno, gli Stati Uniti colpirono il Califfato con una media giornaliera di 48 bombe; mentre nel lanciarono 1039 sull’Iraq (2003) 364 nel Kosovo (1999) 230 in Afghanistan (2001) e 6123 durante la prima guerra del Golfo (1991). Gli attentati di Parigi (settembre 2015) e l’intervento russo (ottobre 2015) spinsero la Coalizione a colpire con determinazione il Califfato. Questo cambio di strategia ha permesso all’esercito iracheno e alle milizie curde di penetrare a Mosul (Iraq). In Libia, la caduta di Gheddafi (ottobre 2011) fu possibile grazie all’appoggio politico e militare degli Stati Uniti, della Francia e della Gran Bretagna. Con la caduta del tiranno beduino il Paese cadde nel caos e il Califfato poté penetrare in Libia e fare di Sirte la sua roccaforte. Il prezzo del cinismo e dell’idiozia dei nostri governi, lo stanno pagando le popolazioni dell’Asia e dell’Africa; e lo paghiamo anche noi, con gli attentati terroristici e l’invasione di migliaia di profughi che non siamo nelle condizioni di accogliere. Profughi che potrebbero ospitare le ricche monarchie del Golfo: hanno la stessa fede religiosa, lo spazio fisico e le risorse per accoglierli. Profughi utili ad Ankara per ricattare l’Europa estorcendo denaro, sei miliardi di euro da destinare all’accoglienza dei profughi nei campi turchi; oppure imponendo la libera circolazione dei cittadini turchi nell’Unione. Non ha limiti il delirio di arroganza e di stupidità delle cancellerie occidentali: «Assad deve andarsene». «La soluzione alla crisi siriana non può essere militare». È questo il “mantra” che sentiamo ripetere ogni giorno. In realtà la soluzione alla crisi siriana è un problema essenzialmente militare, la sconfitta della canaglia islamista e dei Paesi che la sostengono. Cacciare Assad significherebbe condannare la Siria a una situazione d’instabilità permanente; oppure trasformare la stessa in rifugio e base operativa del terrorismo islamico. Il governo siriano forte dell’appoggio russo e iraniano è l’unica forza politica che può sconfiggere la canaglia islamista e assicurare la stabilità del Paese. Questo non esclude l’uscita di scena di Assad, ma il suo destino deve essere deciso dal popolo siriano e non dalle potenze straniere o da formazioni terroristiche.

 

Il miglioramento delle relazioni tra Russia e Turchia ha influenzato l’esito della battaglia di Aleppo e segnerà anche l’intero conflitto siriano. Ankara sta togliendo il sostegno ai ribelli per il timore delle ritorsioni di Mosca e perché considera gli Stati Uniti un alleato inaffidabile o peggio un potenziale nemico: Washington si rifiutò di consegnare alle autorità turche l’iman Fethullah Gülen, presunto ideatore del golpe del 15 luglio 2016; Washington appoggia la creazione di uno Stato curdo che potrebbe minare l’integrità territoriale della Turchia. Gli Stati Uniti vogliono che la Turchia rimanga un docile strumento della Nato e non divenga una potenza regionale, capace di scelte autonome e divergenti da quelle atlantiche. Questo irrita e spaventa Ankara e la spinge nelle braccia di Mosca. Non si tratta di un “matrimonio d’amore” ma di una scelta obbligata. I successi militari di Damasco e la tregua concordata con i ribelli “moderati” potrebbe portare la pace o almeno ad un congelamento del conflitto. La Russia, l’Iran e la Turchia si stanno accordando sul futuro della Siria: rimarrà intatto l’asse sciita (Iran, Siria e Libano - Hezbollah) e Assad rimarrà al potere; la Russia rafforzerà la sua presenza militare in Siria, quindi in Medio Oriente e nel Mediterraneo; Ankara avrà mano libera nel Royava per impedire la nascita di uno stato curdo ai suoi confini. Ad Astana in Kazakistan si terrà la conferenza di pace.

 

In Siria sono stati sconfitti gli Stati Uniti, l’Europa, i loro “tirapiedi” locali (Arabia Saudita e Qatar) e la canaglia islamista: i primi volevano cacciare Assad e sostituirlo con un loro burattino; i secondi trasformare la Siria in una teocrazia sunnita. L’Occidente potrebbe accreditarsi come interlocutore credibile solo con un radicale cambio di politica estera, quella attuale è stata disastrosa negli effetti e criminale nei metodi. Il 20 gennaio Trump entrerà alla Casa Bianca, le sue aperture verso Mosca potrebbero favorire la soluzione della crisi siriana. Che Dio benedica la Siria e il suo popolo. Buon anno.

 

Giorgio Da Gai

 

 
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4 Gennaio 2017

 

Da Rassegna di Arianna del 31-12-2016 (N.d.d.)

 

I bambini che recentemente, all'auditorium di Roma, hanno sentito, dalla voce del direttore d'orchestra - colui che aveva tenuto insieme e dato forma allo spettacolo cui avevano appena assistito - che Babbo Natale non esiste devono essere rimasti un po' sorpresi, almeno molti di loro. Qualcuno avrà anche pensato fra sé "lo sospettavo", altri non ci avranno nemmeno fatto caso, già presi dal pensiero di ciò che avrebbero voluto appena usciti dalla sala. Chi davvero però è rimasta scandalizzata, pare, è stata una buona parte dei genitori che hanno visto questa inopportuna uscita colpire rovinosamente quella piccola parte del mondo-come-dovrebbe-essere che gli era rimasta, cioè la versione che di esso amano presentare ai propri figli. Immediatamente la direzione dell'auditorium si è dissociata parlando di opinione personale di una singola persona e sottolineando che il responsabile era stato subito allontanato dall'incarico. Alcuni dei genitori minacciano perfino una class-action: non ci si vuol far mancare niente, evidentemente, per punire e censurare un'azione ritenuta così "vergognosa". L'atto del direttore d'orchestra viene trattato, sul piano cultural-psicologico e rispetto ai bambini, quasi si trattasse di un attentato terroristico: un attentato alla serenità dei piccoli e ad un loro presunto "diritto a sognare"; un attentato a quel mondo-come-dovrebbe-essere a cui si pensa abbiano diritto di credere o, forse, a cui i loro genitori credono di avere il diritto che i propri figli credano. Banalità sottaciuta, però, è il fatto che l'informazione che è stata data ai ragazzi.... è vera. Assolutamente vera, come tutti sanno. Ma questo sembra essere, in questo caso, un particolare irrilevante: il punto non è se l'informazione è vera o no, ma che è inopportuno che venga diffusa. In questo caso parliamo di Babbo Natale e dei bambini, ma viene spontaneo, mi pare, un collegamento di questa vicenda con ciò che si sente dire da varie fonti governative, dell'idea di un controllo (evidentemente censorio) sulle cosiddette "bufale" che girano su internet. Indubbiamente di pseudo-informazioni non provate e molto debolmente argomentate ne girano fin troppe ed una accurata selezione critica sarebbe utile se fossimo tutti noi direttamente a farla - anche quando ci può piacere o venir comodo prenderle per buone - anziché qualche agenzia governativa. Ma, nel caso delle "bufale" si tratta di questioni che potrebbero (più o meno probabilmente) essere false e perciò dannose. Mentre in quello di ciò che ha detto il direttore all'auditorium, si tratta di una cosa indubitabilmente vera, ma trattata ugualmente come dannosa e da condannare. Se ragioniamo su come il concetto attualmente sempre più in voga di "post-verità" si vada diffondendo nella mentalità comune e quanto riguardi di fatto anche la nozione di democrazia, la differenza è più sottile di quanto possa sembrare, e lo diventa anche di più se allarghiamo il modo in cui guardiamo alla questione ricordando il trattamento mediatico di quella (maggioritaria) parte della popolazione inglese o americana che ha votato per la Brexit o per Trump (al referendum italiano la maggioranza era troppo schiacciante e le speranze di restare al governo per chi ha perso troppo concrete per potersi permettere lo stesso atteggiamento): si è parlato di gente ignorante, arretrata, vecchia, di campagnoli non al passo con i tempi ecc... e c'è stato più di qualcuno che si è perfino chiesto se abbia ancora senso il voto a suffragio universale esteso anche a chi manifestamente non ha le "competenze necessarie" per.......votare "bene". Un discorso di minorità, in pratica, non così lontano da quello su Babbo Natale per i bambini, i quali hanno diritto a sognare...e lasciamoli sognare, dunque, magari rimpinzandoli di tutto quello che vogliono, così imparano subito ad essere dei bravi cittadini consumatori consumisti devoti al Babbo Natale/Mercato Capitalista e dipendenti dal denaro fonte unica ed assoluta di ogni bene. Ma, per tornare ai bambini che erano all'auditorium, un bel regalo di Natale effettivamente credo l'abbiano avuto, fattogli insieme dal direttore d'orchestra e, loro malgrado, dai genitori e dalla direzione del teatro; un regalo che però potranno spacchettare ed aprire solo tra qualche anno: quando finalmente sapranno, senza ombra di dubbio, che davvero Babbo Natale non esiste: davvero, non è una bufala!! Allora forse si ricorderanno di quel "malvagio" direttore d'orchestra e si accorgeranno che a volte anche coloro che sembrano o sono visti male, come estranei, eccentrici, incompatibili, forse perfino pericolosi, può darsi che dicano la verità. E soprattutto che molto spesso chi dice la verità viene trattato così. Ma anche che, mentre le nostre e le altrui opinioni cambiano e passano, ciò che è vero resta, ed è ancora lì nel momento in cui non è più possibile negarlo, indipendentemente da quando "credibile" o "presentabile" fosse considerato colui che lo aveva riconosciuto prima degli altri.

 

Sergio Cabras

 

 
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3 Gennaio 2017

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Da Rassegna di Arianna dell’1-1-2017 (N.d.d.)

 

L’anno 2016 si chiude con tutti gli avvenimenti luttuosi che lo hanno contraddistinto: terremoti, terrorismo, conflitti nel medio Oriente, ondate migratorie sospinte verso l’Europa, criminalità ed insicurezza dilagante, crisi economica e miseria crescente ma, fra tutti questi problemi, quello che più assilla la sensibilità della Presidente della Camera, Laura Boldrini, è quello delle “bufale” e della disinformazione che dilaga sul web. “Ho concentrato il mio impegno nella battaglia contro il discorso di odio, la disinformazione e le bufale. È ormai evidente che si tratta di problemi da affrontare con urgenza, tanto a livello nazionale che mondiale“. Lo scrive Laura Boldrini in un post su Facebook in cui fa un breve bilancio di fine anno sulla sua attività di Presidente della Camera. La stessa presidente della Camera ricorda, in una dichiarazione rilasciata all’ANSA, di aver istituito una Commissione contro l”’hate speech”, dedicata a Jo Cox e composta da deputati ed esperti, prosegue aggiungendo: “Ho deciso di non soccombere e di denunciare pubblicamente la violenza e le bufale sui social network”. I cittadini italiani non potranno che rimanere favorevolmente impressionati dalla “sensibilità” della Boldrini che “non vuole soccombere” e si sentiranno tranquilli che, una volta istituita la Commissione da lei voluta, non sarà più possibile leggere sul web e sulla stampa nazionale (in rete o cartacea) le frequenti bufale, quali quelle enunciate da molti politici, del tipo : “vediamo la luce in fondo al tunnel” pronunciata da Mario Monti nel 2012 a proposito della crisi economica, mentre migliaia di aziende licenziavano e chiudevano i battenti lasciando per strada migliaia di lavoratori.  Come pure forse non sarà più possibile ascoltare le menzogne pronunciate da Renzi sulla crisi dell’MPS: “«Oggi la banca è risanata, e investire è un affare”.  È noto il dissesto a cui è arrivata pochi mesi dopo questa Banca, tanto da costituire un “caso” nazionale ed europeo.  Sarebbero censurate dalla Commissione anche queste dichiarazioni? Si spera anche che, grazie a questa commissione voluta dalla Boldrini, non dovremo più sentire le bufale come quella enunciata da Bersani quando, nel 2011, disse che “l’intervento della NATO in Libia era diretto a fermare la guerra di Gheddafi contro il suo popolo”.  Si è visto poi quali erano i reali obiettivi dell’intervento della NATO e come è andata a finire in quel paese. Il PD e Napolitano appoggiavano allora l’intervento e manifestavano l’urgenza di “salvare” il popolo libico (30.000 vittime quelle causate dalla NATO con aggiunta di caos e miseria).

 

Si potrebbe fare un elenco delle tante bufale che si sono trovate sul web in questi ultimi anni, ad esempio riguardo la Guerra in Siria quando le grandi testate nazionali ci raccontavano che era in corso una “rivolta dei ribelli democratici” contro Assad, una “primavera araba” scrivevano, omettendo che i rivoltosi erano mercenari della CIA sguinzagliati per attaccare le istituzioni governative e determinare il cambio di regime a Damasco. Una guerra per procura presentata alle opinioni pubbliche come una “rivolta per una svolta democratica”.

 

Queste bufale non le sentiremo forse più da quando entrerà in azione la Commissione voluta dalla Boldrini? Questo il grande interrogativo. Potremmo essere indotti in modo spontaneo a farci solo una risata sulle “farneticazioni” della Boldrini, noto esponente della sinistra mondialista, se non fosse che dietro di queste esiste una manovra molto seria e programmata dalle centrali del potere globaliste. La manovra, quella sì molto seria ed inquietante, è quella che stanno mettendo a punto per imbavagliare il web. A proposito di questa, per giustificare i prossimi provvedimenti di censura preventiva, dichiara Giovanni Pitruzzella: “In politica la post-verità è uno dei motori del populismo e una delle minacce alla nostra democrazia”. Per questo contro la diffusione delle false notizie serve una rete di organismi nazionali indipendenti, ma coordinata da Bruxelles e modellata sul sistema delle autorità per la tutela della concorrenza, capace di identificare le bufale online che danneggiano l’interesse pubblico, rimuoverle dal web e nel caso imporre sanzioni a chi le mette in circolazione. Questa è la proposta rilanciata, in un’intervista al Financial Times, dal presidente dell’Autorità Antitrust Giovanni Pitruzzella per il quale “siamo a un crocevia: dobbiamo scegliere se lasciare internet così com’è, come un selvaggio West, o se ci servono regole adatte al cambiamento subito dalla comunicazione”. “Credo che ci si debba definire tali regole e questo è compito del settore pubblico” aggiunge Pitruzzella che riconosce come non si possa affidare ai soli social media la gestione del problema”. Pitruzzella, a capo dell’antitrust dal 2011, ha detto che “i paesi dell’UE dovrebbero istituire organismi indipendenti— coordinati da Bruxelles e modellati sul sistema delle agenzie antitrust — che potrebbero rapidamente etichettare le notizie false, rimuoverle dalla circolazione e infliggere ammende se necessario.”

 

Al di là delle prevedibili polemiche, anche il Governo Gentiloni, in linea con queste prese di posizione, si sta occupando concretamente di questo tema. Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha proposto «la responsabilizzazione dei social network nel contrasto alla propaganda d’odio», chiedendo la «rimozione di quei contenuti che inneggiano a comportamenti violenti o a forme di discriminazione». Inoltre il governo propone di “portare la questione all’attenzione dell’Europa”. Questo proposito intendiamo bene cosa voglia significare. In sostanza si propone che una oligarchia costituita da burocrati non eletti e che non rendono conto a nessuno, dovrebbe avere la discrezionalità di decidere, a suo insindacabile giudizio, quali sono e quali non sono le “notizie false”, per poi “farle rimuovere dalla rete.” D’altra parte, considerando che, una settimana fa, Obama ha dato all’Europa il via libera ad ogni forma di censura e sospensione della libertà di parola, quando il Presidente uscente degli Stati Uniti ha votato la “Direttiva per contrastare la Disinformazione e la Propaganda“, nessuno dovrebbe sorprendersi che un’Europa, uniformata alle direttive d’oltre Atlantico, ricorra a tali misure agghiaccianti. “La Post-verità in politica è uno dei motori del populismo ed è una delle minacce per le nostre democrazie” ha detto Pitruzzella al Financial Times.  “Penso che abbiamo bisogno di impostare tali regole e questo è il ruolo del settore pubblico”, ha ribadito. In pratica quanto prima sarà a discrezione dell’oligarchia di Bruxelles decidere quali contenuti Internet siano adatti ad essere diffusi sul web per i cittadini utenti europei, questo perché bisogna impedire che le “notizie false” siano diffuse sul web, visto che tali notizie potrebbero suscitare consensi per le formazioni “populiste” o “nazionaliste” che sono considerate non conformi al pensiero unico e politicamente corretto. Anche il Presidente Mattarella ha fatto propria questa esigenza nel suo discorso di fine d’anno: “contrastare e mettere al bando l’odio e la falsificazione sul web”. Naturalmente la “falsificazione” di cui parlano sarebbe solo quella dei “populisti” e “nazionalisti” sul web, mai quelle dei media e dei gruppi di potere, si sa questi ultimi sono “portatori di verità”. I guardiani del “Pensiero Unico” (questa la giusta definizione) sono convinti che, se il sistema politico europeo è scosso da una reazione anti-establishment senza precedenti, questo è dovuto anche in buona parte alla diffusione delle “false informazioni” su internet, ovvero alle forme di dissidenza e controinformazione. Bisogna correre ai ripari e preservare i “valori democratici”. Chi meglio della Boldrini e di Mattarella in Italia potevano fare proprie tali istanze del fronte globalista?

 

Luciano Lago

 

 
I botti di capodanno e l'animalismo PDF Stampa E-mail

2 Gennaio 2017

 

Negli ultimi giorni ha preso piede, sui social network, una petizione partita da ENPA e WWF che chiede al governo di abolire i botti di Capodanno. Le motivazioni? Inquinano l'aria e soprattutto mettono sotto stress gli animali domestici (cani e gatti in primis), nuocendo largamente alla loro salute. Diciamo che delle due motivazioni, quella che va per la maggiore è la seconda. Appoggiandosi stavolta ad un animalismo infantile e paradossalmente irrispettoso per gli animali stessi, in quanto li antropomorfizza e li spoglia della loro natura, la cultura dominante "2.0" compie un nuovo passo avanti nella demolizione dell'uomo stesso, dei suoi riti, tradizioni, in una politica di incredibile "prevenzione del conflitto" che genera a sua volta una moltiplicazione esponenziale, nel lungo termine, del conflitto stesso. Si punta a creare una società di idioti, di castrati, di Farinelli gorgoglianti stronzate, di "ocolinghi"-per usare un termine della Neolingua orwelliana (ocolingo è colui che parla ma in realtà starnazza come le oche).

 

Qualcuno penserà che siamo "ultras del botto". Nulla di più sbagliato. Premesso che lo scrivente quasi mai ha maneggiato botti, ci rendiamo benissimo conto che l'abuso (l'abuso, non l'uso!) di petardi e materiale pirico, unito ad uno scarso senso civico e alla presenza sul "mercato clandestino" di prodotti non conformi e pericolosi sono una vera e propria emergenza sociale, con un bilancio umano non indifferente. Il problema andrebbe affrontato con una giusta dose di prevenzione, informazione, educazione civica e repressione. Essere contro botti e fuochi artificiali di Capodanno solo perché "stressano" i cani di casa è quantomeno assurdo, perché così ragionando dovremmo, allora, per "absurdum" cancellare ogni fonte di rumore: anche le sirene delle autoambulanze e i temporali spaventano i cani. Per le prime, magari in un prossimo futuro sempre più politicamente corretto e "pet friendly" qualcuno potrà trovare una soluzione, per i secondi la vediamo dura, in quanto nessuna politica del "volemose bene" ha la forza di modificare le leggi della fisica atmosferica e della termodinamica. La verità è che, come fece notare l'antropologa Ida Magli, ci stiamo sempre più femminilizzando. Non solo: stiamo distruggendo giorno dopo giorno tutto il lato orgiastico, ludico, bacchico e incanalatore innocuo delle pulsioni umane, che proprio nei riti orgiastici quali, ad esempio, il Carnevale e le festività di Capodanno(solo per citarne un paio) hanno, fin dalla notte dei tempi, e questo le antiche società preindustriali ben lo sapevano, lo scopo di far sfogare entro i giusti binari tutta la rabbia, l'energia, la vitalità esuberante e gli istinti difficilmente controllabili in occasioni predeterminate: una valvola di sfogo salutare, atta ad evitare che le pressioni quotidiane facessero saltare troppi coperchi. I botti di Capodanno sono pericolosi? Qualche innocuo mortaretto maneggiato a distanza con cautela, sicuramente no, altri che sono vere e proprie mezze bombe criminali sì. È che noi, non essendo ormai più abituati a pensare, stiamo perdendo pure la facoltà del discernimento. Curioso che i nipotini dei maestri del Sessantotto, quelli del "proibito proibire", si trovino a vivere in un contesto sociale cento volte più repressivo di quello dei loro padri o nonni. Ormai è proibito tutto: esporre striscioni "offensivi", tamburi e megafoni negli stadi, dare un salutare sculaccione a un bambino indisciplinato e pestifero, persino dire che sì, forse la famiglia naturale è quella composta da uomo e donna. Ora, ciliegina sulla torta, si fanno petizioni per mettere fuorilegge fuochi e petardi il 31 dicembre. Stressano cani e gatti. Avanti così: per qualche psicologo canino che resterà a spasso per mancanza di casi, i loro colleghi degli umani incrementeranno il lavoro. Per qualche irresponsabile che si fa male (con la consapevolezza di essersela cercata...) avremo incrementi di devianza sociale. È la modernità, bellezza!

 

Simone Torresani

 

 
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