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Milan cinese PDF Stampa E-mail

12 Agosto 2016

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Da Clarissa del 7-8-2016 (N.d.d.)

 

Il calcio di norma non è un settore di cui siamo in grado di occuparci, anche per il fatto che se ne parla già troppo sui mass-media. Tuttavia non possiamo proprio fare a meno di scrivere qualche breve riga a proposito della cessione del Milan alla Sino-Europe Sports Investment Management Changxin Co., da parte del fondatore del movimento politico Forza Italia.  Proprio chi, oggi sul viale del tramonto, scese venti anni fa “in campo” per farsi alfiere del capitalismo italiano e difenderne i valori, non ha saputo far di meglio che vendere un pezzo della storia sportiva del nostro Paese per 740 milioni di euro alla Cina, che tutto è meno che una forza economica liberista: nella compagine della finanziaria cinese, infatti, è anche presente un importante fondo governativo cinese, la State Development & Investment Corporation. È davvero un sintomo di quello che è accaduto negli ultimi vent’anni all’Italia e all’Europa: una progressiva de-industrializzazione che si attua a favore del gigante cinese, forte della sua enorme liquidità e della conseguente enorme capacità di investimento, entrambe governate da un’oligarchia che, dichiarandosi ancora maoista, non è altro che l’espressione di un inedito incontro tra il “modo di produzione orientale” ed il più sfrenato capitalismo occidentale, il tutto condito con un pugno di morale confuciana, che bene si sostituisce all’occidentale “etica protestante”, di cui noi abbiamo probabilmente perso memoria da tempo.

 

La cessione del Milan alla finanziaria cinese da parte del leader di Forza Italia suona dunque davvero ironica, soprattutto se si pensa che proprio il 12 maggio scorso il Parlamento europeo ha votato a larghissima maggioranza (546 voti a favore, 28 contrari e 77 astenuti) una risoluzione che chiede alla Commissione europea di negare alla Cina lo status di economia di mercato (Market Economy Status, in acronimo MES). Questo avviene perché, dopo l’iniziale speranza di trovare nella Cina l’enorme mercato che gli occidentali speravano di poter conquistare, come notano qualificati osservatori, invece “le imprese europee vedono nella Cina oggi più una minaccia che un’opportunità. Alle preoccupazioni che potremmo definire storiche, legate alla scarsa qualità dei prodotti cinesi, al non rispetto delle regole a tutela del lavoro e dell’ambiente, alle falsificazioni dei prodotti, si è aggiunto il timore che i mercati europei (ma anche i mercati dove le imprese europee esportano) siano utilizzati come valvola di sfogo per gli eccessi di capacità produttiva di molte industrie cinesi”. L’acquisto cinese della squadra di Berlusconi è dunque il sintomo dell’incapacità dell’Europa di trovare una strategia per difendere la propria economia dalla nuova potenza economico-finanziaria sorta in oriente dopo poco più di due secoli di assenza. Anche in questo caso, al capitalismo occidentale mancano idee nuove per fronteggiare questa nuova minaccia, e l’unica cosa che rimane da fare ai nostri imprenditori pare sia incassare i soldi dei cinesi, dimenticando i posti di lavoro che in questo modo sono destinati gradualmente a passare sotto il controllo dello Stato maoista cinese. Altro che “Forza Italia”!

 

G.Tuscin

 

 
Voci per l'estinzione PDF Stampa E-mail

11 Agosto 2016

 

Da Il Ribelle, quotidiano on line, del 9-8-2016 (N.d.d.)

 

“La società non ha alcuna convenienza a permettere ai degenerati di riprodurre la loro specie”. Theodore Roosevelt, presidente USA (1901-1909), conquistatore di Cuba e delle Filippine, e perciò premio Nobel per la pace. “Malthus è stato vendicato; la realtà finalmente conferma Malthus. Il Terzo Mondo è sovrappopolato, è un disastro economico, e non c’è nessuna probabilità che possano uscirne con una popolazione in così veloce crescita. La nostra filosofia è: tornare al villaggio”.  Arne Schiotz, direttore del World Wildlife Found, 1984. “Una popolazione totale mondiale di 250-300 milioni, un calo del 95% degli attuali livelli, sarebbe l’ideale “. Ted Turner, fondatore di CNN, miliardario, alla rivista Audubon. “C’è un solo motivo dietro tutta la nostra opera: dobbiamo ridurre i livelli di popolazione. O il governi la fanno a modo nostro, con metodi gentili e puliti, oppure si troveranno nel disastro che abbiamo in Salvador, in Iran o in Beirut. La popolazione è un problema politico. Quando la popolazione va fuori controllo, richiede un governo autoritario, anche fascismo, per ridurla. […] Per ridurre davvero la popolazione, rapidamente, devi spingere tutti i maschi a combattersi e devi ammazzare un numero significativo di femmine in età fertile. (…) Il modo più rapido di ridurre la popolazione è con la carestia, come in Africa, o tramite epidemie come la Peste Nera”.  Thomas Ferguson, Dipartimento di Stato, Ufficio di Affari Demografici. Tale ufficio fu creato nel 1975 da Henry Kissinger, allora segretario di Stato.

 

“Nella ricerca di un nuovo nemico comune che ci unisse, ci venne l’idea che poteva servire a tale compito l’inquinamento, la minaccia del riscaldamento globale, la scarsità d’acqua, la carestia e simili ….Ma designando queste cose come il nemico, cadiamo nella trappola di scambiare i sintomi per le cause. Tutti questi pericoli sono causati dall’intervento umano […] Il vero nemico, quindi, è il genere umano in sé”. Alexander King e Bertrand Schneider, rispettivamente fondatore e segretario del Club di Roma (The First Global Revolution, 1991, pagine 104-105). “Il cancro è moltiplicazione incontrollata di cellule; l’esplosione demografica è incontrollata moltiplicazione di gente […] Dobbiamo trasferire i nostri sforzi dal trattamento dei sintomi all’asportazione del cancro. Questa operazione esigerà decisioni apparentemente brutali”. Paul Ehrlich, entomologo specialista in lepidotteri, Stanford University. È noto per la sua previsione dettata nel 1968: “La battaglia per alimentare tutta l’umanità è persa. Negli anni 1970 il mondo subirà carestie – centinaia di milioni di persone stanno per morire di fame» “Per stabilizzare la popolazione mondiale, dobbiamo eliminare 350 mila persone al giorno. È cosa orribile a dirsi, ma è altrettanto orribile non dirlo”. Jacques Cousteau, subacqueo e allora (1991) “ambasciatore” dell’UNESCO. “Noi umani siamo diventati una malattia, un uman-vaiolo”.  Dave Foreman, Sierra Club, fondatore di Earth First.

 

[…] “Taglia la popolazione del 90%, non resterà più abbastanza gente per fare un grave danno ecologico”.  Mikhail Gorbacev (la Russia è un paese depopolato da 70 di giudeo-bolscevismo; ma allora il Segretario del PCUS voleva farsi accettare come mondialista). […] “Oggi, l’America sarebbe indignata se truppe ONU entrassero a Los Angeles per riportare l’ordine. Domani ne sarà grata! Questo è specialmente vero se viene loro detto che esiste un pericolo esterno, oscuro, reale oppure pubblicizzato, che minacciasse la nostra stessa esistenza.  Allora tutti i popoli del mondo imploreranno che li si liberi da quel male.  La sola cosa che l’uomo teme è l’ignoto. Quando gli sarà presentato questo scenario, rinuncerà volontariamente ai diritti per la garanzia del benessere che sarà donato loro dal Governo Mondiale”. Henry Kissinger alla conferenza Bilderberg di Evian, Francia, 1991. “Lo spopolamento deve essere avere la più alta priorità nella nostra politica estera verso il Terzo Mondo, perché l’economia Usa richiederà grandi e crescenti quantità di minerali dall’estero, specie dai paesi sottosviluppati.  […]  La popolazione mondiale deve essere ridotta del 50%”.  Henry Kissinger. “Siamo sul limite di una trasformazione globale. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è la giusta ‘grande crisi’ e le nazioni accetteranno il Nuovo Ordine Mondiale”. David Rockefeller. “In Sudamerica, il governo del Perù   gira porta a porta a far pressione sulle donne perché si facciano sterilizzare, ed è finanziato dalle tasse dei contribuenti americani per farlo”.  Mark Earley, del Christian Post (27 ottobre 2008). “Guerra e carestia non   fanno il lavoro.  Invece, un’epidemia fornisce il modo più efficiente e veloce   per uccidere i miliardi che devono morire se si vuol risolvere la crisi demografica. L’Aids non è un assassino efficiente, è troppo lento. Il mio candidato preferito per l’eliminazione del 90% della popolazione mondiale è l’Ebola diffuso per via aerea, che è insieme altamente letale e uccide in giorni, non in anni. Sapete, anche l’influenza aviaria è buona. Per ogni sopravvissuto, ne seppelliremo nove”. Professor Eric Pianka, ecologista evolutivo (sic) dell’università del Texas, esperto di lucertole, a margine di una conferenza sul controllo demografico, 2-4 marzo 2006. “L’attuale vasta sovrappopolazione, oggi molto superiore alla capacità del mondo di sopportarla, non può essere affrontata con future riduzioni della natalità attraverso contraccezione, aborto, sterilizzazione, ma deve essere affrontata oggi con la riduzione del numero di persone oggi esistenti. Questo va fatto con qualunque mezzo necessario”.   ECO-92 EARTH CHARTER, iniziativa per le Nazioni Unite.

 

“Al Regime Planetario   si dovrà assegnare la responsabilità di determinare l’optimum di popolazione per il mondo e per ogni sua regione, e di arbitrare la quota delle varie nazioni nei loro limiti regionali. Il controllo della popolazione può rimanere compito di ogni governo, ma il Regime dovrà avere il potere di far rispettare coattivamente i limiti accordati”.  John P. Holdren, tecnologo del MIT, nominato da Obama suo consigliere speciale per scienza e tecnologia (2009). “Nessuno entrerà nel Nuovo Ordine Mondiale se non s’impegnerà a venerare Lucifero. Nessuno entrerà nella Nuova Era se non chi prenderà una iniziazione Luciferina”.  David Spangler, chiaroveggente spiritista, uno dei fondatori del New Age, direttore del Planetary Institute sotto l’egida delle Nazioni Unite.

 

“La specie umana si va evolvendo verso un modello unico, le differenze tra uomo e donna si attenuano, gli organi di riproduzione si atrofizzano.  Questo, unito al fatto che tra fecondazione artificiale e clonazione, il sesso non è più l’unica via per procreare, finirà col privare del tutto l’atto sessuale del suo fine riproduttivo. Il sesso resterà solo come gesto d’affetto, dunque non sarà più così importante se sceglieremo di praticarlo con un partner del nostro stesso sesso”. Umberto Veronesi, “Il Riformatore”, 18 agosto 2007.

 

“Confetti arcobaleno per tutti!”. Monica Cirinnà, 21 luglio 2016.

 

Maurizio Blondet

 

 
Vediamo quello che vogliono farci vedere PDF Stampa E-mail

10 Agosto 2016

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Da Comedonchisciotte del 7-8-2016 (N.d.d.)

Fra tutte le bugie che ci vengono sistematicamente raccontate su questa guerra, una delle più false è che sia cominciata l’undici settembre 2001. In realtà, quando le torri gemelle sono crollate lo Scontro di Civiltà andava già in onda da quasi undici anni. Io l’ho visto.

Il cielo verde di Baghdad. Emilio Fede che esulta per il primo bombardamento, e poi durante la diretta notturna, mentre si rifà il trucco, molla una battutaccia sulle cosce della D’Amico come un generico in pausa sul set. Il sosia di Saddam del Tg iracheno. Bellini e Cocciolone che leggono il gobbo. L’inviato della CNN che si mette la maschera antigas soltanto durante il collegamento. Il cormorano incatramato che in realtà viene dall’incidente con una petroliera. La scia di automobili carbonizzate delle vittime d’una bomba USA Daisy Cutter. I soldati iracheni che si arrendono alla troupe del Tg3.

Nel 2001 la guerra non è cominciata, ha solo avuto il primo reboot. Le stesse immagini già viste centinaia di volte nei Disaster movies, Arrmageddon, Deep Impact, Godzilla, Indipendence Day, che improvvisamente invadono tutto il palinsesto. George W. Bush che avvertito dell’attacco continua a leggere favole ai bambini. Le voci su un quinto aereo. Un sesto aereo. Una bomba atomica portatile. Suore kamikaze in Vaticano. Bruno Vespa che legge male “defilati” e commenta “I sospetti terroristi si sono depilati? Dev’essere un rituale islamico”. L’esperto di strategia militare che s’impapera, e chiama le regole d’ingaggio delle truppe “regole d’inganno”. La fialetta d’antrace mostrata all’ONU dal generale Powell, che in realtà contiene zucchero.

 I video di Bin Laden dalla grotta del presepe. Paolo Liguori che si vanta ”La notizia era falsa, ma noi siamo stati i primi a darvela!” George W. Bush che complimenta l’inglese di Berlusconi, che effettivamente è migliore del suo. Saddam Hussein pescato da un tombino. I selfie dei torturatori di Abu Grahib. Gli effetti del fosforo bianco su Falluja. Lo striscione “Mission Accomplished”. Obama che assiste via satellite al blitz contro Osama, e il cadavere di Bin Laden che sparisce. Un caso di lupara bianca.

Col secondo reboot, l’ISIS prende il posto di Al Qaeda, e agli effetti speciali da blockbuster si sostituisce l’orrore quotidiano stile Bowling a Columbine. I censori di Guzzanti e Luttazzi che twittano Je Suis Charlie. Gli snuff dell’ISIS su YouTube. Papa Bergoglio che promette un cazzotto in bocca a chi parlasse male di sua madre. L’Aria Che Tira che usa i funerali di Valeria Solesin come promo. I soldati USA nel deserto che cantano Call Me Maybe. I profughi sotto la pioggia ammassati dietro il filo spinato. I media che ormai di default fino a prova contraria attribuiscono qualsiasi fatto di cronaca all’ISIS. Renzi in jeans e mimetica.

La guerra durerà 30 giorni, promette il governo, che s’appresta a partecipare all’ennesimo bombardamento. Questa guerra è cominciata nel 1990. Fra 4 anni potremo chiamarla la nuova Guerra dei Trent’anni. Una Magdeburg grande come un sub-continente. Che cosa abbiamo visto? Perlopiù quello che volevano farci vedere. E qualche volta quello che non sono riusciti a impedirci di vedere. I film post-apocalittici si aprono spesso con un montaggio rapido d’immagini da telegiornale che riassume le circostanze del crollo della civiltà umana. Nel nostro caso, sarà una puntata di Blob.

Alessandra Daniele

 
La NATO annette l'UE PDF Stampa E-mail

9 Agosto 2016

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Da Rassegna di Arianna del 7-8-2016 (N.d.d.)

 

L’Unione europea non nasce soltanto dal “sogno” di Aldo Spinelli e di Jean Monnet, di Schuman e di Spaak come ci viene sempre raccontato… Perché se la componente ideologica fondata sulla mitica solidarietà tra i popoli europei ha avuto un ruolo politico nel motivare attivisti federalisti e nel restituire alle grandi masse la speranza di un futuro finalmente di pace e di riscossa sociale è anche vero che la costruzione materiale, amministrativa, con un progetto non evasivo ma concreto da realizzarsi ponendo pietra su pietra, a passi lenti ma decisi, non è certo opera di democratici che aspiravano a costruire strumenti di partecipazione popolare dal basso verso l’alto ma di alti rappresentanti della politica liberale dipendenti direttamente dal dipartimento di stato americano. Già nel 1997 erano stati resi pubblici dei documenti che avallano le tesi di Evans-Prichard (e di altri) che la costruzione per tappe intermedie a partire dal 1948 dell’Unione europea è opera dell’Office of strategic studies e poi della CIA sotto la regia della Presidenza degli Stati Uniti e del Dipartimento di Stato. A togliere dubbi agli scettici, almeno in Inghilterra, ci penserà l’importante ricostruzione dei documenti CIA effettuata da Cristopher Brooks e da Richard North ”The great deception. A secret history of the European Union”. L’unificazione europea, voluta dagli Stati Uniti (che ovviamente si avvaleva del mito europeista), con una valanga di dollari necessari per le questioni organizzative e per le buste paga per i politici fedeli, era indispensabile affinché gli ordini arrivassero ad un centro da cui potessero dipartire per arrivare alle periferie (cioè gli stati nazionali) puntualmente ed affrontare così con maggior compattezza il pericolo sovietico all’esterno e la minaccia comunista all’interno presente nella società, nei luoghi di lavoro, nelle fabbriche, nel sindacato, nella cultura e nell’arte (Andreotti ad esempio fu particolarmente ostile al ”neorealismo” di Rossellini, De Sica, Zavattini…)

 

L’8 luglio di quest’anno al summit NATO di Varsavia abbiamo assistito alla completa capitolazione dell’Unione Europea. “Di fronte alle sfide senza precedenti provenienti da est e da sud, è giunta l’ora di dare nuovo impeto e nuova sostanza alla partnership strategica Nato-UE”. Unione europea che rimette dunque la sua “prudente” politica imperialista nelle spire di una strategia di dominio planetario e di scontro con le superpotenze russa e cinese. La politica estera europea non sarà più portata avanti (almeno formalmente) da lady Pesc ma sarà direttamente espressa dalla Nato (e cioè dagli States) che deciderà non solo sugli obiettivi e sulle alleanze militati e su quelli che di volta in volta assurgeranno al ruolo di nemici ma anche sugli accordi economico-commerciali ad est e a sud ed eventualmente sulle sanzioni da imporre ai Paesi ostili o nemici. Il colpo di stato in Ucraina è stato fortemente voluto dagli USA (oltre che dall’intermarium, l’asse europeo antirusso) per contrapporre e separare la Federazione russa dall’Europa e creare inimicizia paventando un’aggressione ad oriente, date le presunte mire imperialiste della Russia. Sabotati i progetti di gasdotti (vedi South stream) per impedire che l’Europa potesse usufruire di rifornimenti energetici direttamente dall’Orso russo. L’impresa di annettere l’Unione europea è riuscita così bene alla CIA e al Dipartimento di Stato che non solo è stato imposto un aumento vertiginoso delle spese militari perché tutti gli stati aderenti possano rispondere prontamente ai diktat strategici NATO ma è stato anche progettato un “Centro per le comunicazioni strategiche” che rafforzi le preesistenti iniziative europee, per manipolare dati, notizie da fornire a tutti i media europei per screditare la Russia ed i suoi alleati, l’Iran, la Siria, il Libano. Paul Craig Roberts ci racconta che negli anni ’70 il suo relatore alla tesi di dottorato, poi funzionario di alto livello nella sicurezza nazionale, alla sua domanda ”Come fa Washington a far sì che Paesi stranieri facciano ciò che Washington vuole?” “Soldi” ha risposto “Diamo ai loro capi vagonate di soldi. Ci appartengono”.

 

Antonello Boassa

 

 

 

 
Spappolamento generale PDF Stampa E-mail

8 Agosto 2016

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L’uomo occidentale sembra aver perso "un centro di gravità permanente" (e forse anche istantaneo). È una sorta di spappolamento generale. Gli individui hanno smarrito qualsiasi punto di riferimento che non sia la loro frustrazione e la ricerca di compensarla in un modo o nell'altro, in qualsiasi modo. In Occidente avvengono stragi, singoli omicidi, suicidi che non trovano altra giustificazione che in uno stato di depressione profonda e generalizzata. Penso ai massacri che con sempre maggior frequenza avvengono nei college americani o nelle feste di adolescenti, penso al pilota tedesco Andreas Lubitz che, per motivi personali, si è suicidato in grande stile portando con sé centinaia di morti. Ma penso pure, e forse soprattutto, alla serie di omicidi famigliari, accompagnati spesso dal suicidio di chi li compie (mariti o fidanzati che ammazzano le loro compagne, i figli e poi si tolgono la vita, ma avviene anche il contrario sia pur in percentuale minore) che costellano ogni giorno le cronache, non solo italiane ma europee, o agli omicidi per banali liti condominiali commessi da persone all’apparenza normalissime. C'è qualcosa di marcio nel regno di Danimarca ed è tanto più inquietante perché sembra legato al totem della modernità: quel benessere sempre inseguito, tanto agognato, spesso raggiunto. I paesi più ricchi, più regolati, con i migliori welfare, cioè i paesi scandinavi, hanno il più alto tasso di suicidi in Europa, così come il Giappone, che ha ripreso in pieno il modello occidentale, ha in questo campo il primato assoluto, mentre nella Cina del boom il suicidio è la prima causa di morte fra i giovani e la terza tra gli adulti. La globalizzazione occidentale non globalizza solo economia, socialità, modelli e stili di vita ma depressioni, nevrosi, frustrazioni, anche in culture che fino a poco tempo fa c'erano lontane ed estranee.

 

Suicidi, omicidi, stragi che non sembrano avere alcuno scopo, è questa la vera epidemia in Occidente che ci dovrebbe far riflettere e che dovremmo combattere, più dell’Isis, e invece, in fuga perenne dalla realtà, cerchiamo di rimuovere, come tutto il resto, rifugiandoci nella frenesia collettiva di Pokemon Go. La malattia che ci ha colpito è una profonda mancanza di senso. Nella jihad questo senso c’è, per sbagliato che sia, noi lo abbiamo perduto. Il nostro è un uccidere e morire, e spesso un vivere, per il nulla, per il niente. Anche al di fuori degli straordinari giochi che ci siamo inventati la nostra sembra sempre più un’esistenza vissuta nel virtuale e fuori dalla realtà. Non è la presenza di conflitti anche feroci il problema, questa è la vita ("gli uomini non sanno come ciò che è discorde è d'accordo con sé" dice Eraclito) ma la loro assenza in quello che noi chiamiamo Occidente. Per quanto possa sembrare paradossale il dirlo, e dirlo proprio in questo momento, a noi occidentali occorrerebbe una guerra, ma una vera guerra non macchine contro uomini come quelle che stiamo conducendo, per restituirci una gerarchia delle priorità e il senso del valore della vita propria e altrui.

 

Massimo Fini

 

 
I piccoli Renzi crescono (in scuole americane) PDF Stampa E-mail

7 Agosto 2016

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Da Rassegna di Arianna del 4-8-2016 (N.d.d.)

 

Here, in Italy, every day better and better! Mr. Renzi’ s three sons  enrolled in the American school of Florence.  Libera traduzione da un pessimo inglese: qui in Italia va sempre meglio ogni giorno che Dio manda. I tre figli di Matteo Renzi sono stati iscritti alla scuola americana di Firenze. Una splendida notizia: l’autore della riforma chiamata buona scuola (l’ignoranza è forza, neo lingua e bipensiero) ritira i suoi ragazzi dalle scuole pubbliche della natia Pontassieve per iscriverli in un istituto privato internazionale americano di Firenze. La decadenza di un popolo si osserva dal comportamento delle sue classi dirigenti, che in passato avremmo chiamato élite. Il capo del governo italiano rifiuta di affidare l’istruzione dei suoi figli alla scuola pubblica, dove lavora la moglie Agnese Landini, insegnante ex precaria immessa in ruolo proprio a seguito delle leggi promulgate dal governo del coniuge. Non è il primo, anzi è tutta l’Italia che conta a preferire gli istituti privati, in particolare stranieri, a quelli pubblici. Nel caso del primo ministro, la questione è più grave, non solo per la professione della madre dei suoi figli e la clamorosa sconfessione della “buona scuola”.  Il capo del governo dovrebbe essere infatti il primo ambasciatore della sua Patria, pardon, del suo paese, promuoverne le istituzioni (il sistema educativo è una delle più importanti), amarne la cultura e lavorare per trasmetterla e diffonderla. Tutto il contrario: i piccoli Renzi cresceranno imparando la lingua inglese nella versione tecno-americana meglio dell’italiano, ma soprattutto verranno educati secondo la mentalità, il modo di essere, i valori della società di un paese straniero. Non saranno gli unici: studia in un’università estera il figlio dell’onorevole Daniela Garnero, che ha talmente capito la politica come spettacolo da avere un cognome d’arte, Santanché, retaggio del primo matrimonio, più “cool” e mediatico del banale Garnero. I figli di un altro insigne patriota, Silvio Berlusconi, si sono formati negli Stati Uniti, come i rampolli di tanti altri italiani che contano, a partire dalla famiglia Agnelli.

 

La scelta di costoro è chiara: meno Italia, rifiuto della civiltà di cui sono figli, disinteresse per la lingua nazionale, disprezzo per un sistema educativo che ha un sacco di difetti, ma possiede anche indubbie eccellenze. E comunque, spetta a loro, ceto dirigente, correggere le criticità, innalzare il livello educativo, migliorare quei settori che risultano carenti. No, scelgono la strada più facile per chi ha quattrini, abbandonare la scuola statale, che a parole difendono a spada tratta, e sistemare i figli presso istituti privati, meglio se stranieri. Sono gli stessi che preferiscono la sanità privata o estera quando la malattia bussa alla loro porta.  I topi fuggono dalla nave prevedendo il naufragio, i ricchi ed i potenti fanno nascere i loro figli in cliniche sfavillanti di nazioni ricche anche per assicurare loro una cittadinanza ambita, acquisibile per il folle ius soli che vogliono importare da noi, a beneficio di stranieri incolti, interessati esclusivamente alle provvidenze legate alla cittadinanza.

 

Chi fugge è un traditore. La classe dirigente italiana è formata da traditori, che disprezzano in cuor loro il paese che abitano e sfruttano. Ce lo dicono con le azioni pubbliche, ma lo confermano con quelle private: i figli di Renzi, di fatto, diventano amerikani, e come loro tanta parte di chi ha le redini dell’economia, della finanza, della politica, della cultura. Come possono dirigere l’Italia, e trasmettere il potere alla generazione successiva, se capiscono così poco la nazione, se la loro formazione è lontana dallo spirito del popolo, se neanche più si esprimono nella lingua che è nostra, se il loro sistema di riferimenti o valori (valori…) è estraneo a quello dei cittadini/sudditi? Soprattutto, come possono fingere fiducia nel futuro italiano quando, per sé e per i propri figli, investono in scuole e culture straniere? L’Italia sta finendo, quantomeno sta rapidamente diventando altro da sé per colpa di tutti, ma essenzialmente per quella ribellione delle élite, che aveva individuato già Christopher Lasch nelle classi alte americane. Il problema specificamente italiano è che qui non c’è una semplice ribellione delle élite, bensì una vera e propria defezione civile, l’abbandono doloso del proprio ruolo, la diserzione o fuga in un 8 settembre permanente, la scelta deliberata di essere qualcosa d’altro o nulla. I figli di Matthew Renzi studieranno alla scuola americana, prendendo le distanze dall’Italia governata dal padre. Auguriamoci che il livello dei loro studi sia diverso da quello della maggioranza delle scuole degli Usa, che  ha fatto scrivere al grande critico letterario Allan Bloom, docente universitario, il famoso saggio “La chiusura della mente americana”. Il sistema educativo a stelle e strisce che accoglierà i giovani Renzi è dominato dal sapere strumentale, pratico-tecnico, al servizio dell’apparato industriale, dall’utilitarismo e dal mito del successo economico: la chiusura della mente, appunto.  Al vertice, un cinque per cento degli studenti riceve, a carissimo prezzo, una vera cultura, quella necessaria a dirigere una nazione ed il mondo, e che comprende anche storia, filosofia, retorica (!!!) e tutte le altre materie del grande sapere umano ed umanistico. La vera amarezza è riscontrare per l’ennesima volta l’incoerenza e la menzogna di chi predica bene  e razzola male, ma soprattutto riconoscere un altro triste segnale della fine della nostra cultura nazionale, rosa all’interno dall’indifferenza di un popolo (dis)educato da gruppi di potere ignoranti, tendenzialmente anti italiani, fino al punto da rifiutare la cultura del proprio paese dopo aver attivamente operato per disperderne  i valori, smembrato il sistema e i programmi scolastici, svilito ruolo e prestigio dei docenti. Loro, i figli loro, vivono e studiano altrove. Altrove, il nuovo indirizzo dell’Italia. Almeno, emigrino presto e definitivamente, con le loro valigie di Prada, le carte American Express ed i camerieri filippini di servizio al seguito. Sono loro, la upper class, i veri stranieri.

 

Roberto Pecchioli

 

 
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