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Contro il sinistrismo PDF Stampa E-mail

21 Aprile 2016

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Da Appelloalpopolo del 19-4-2016 (N.d.d.)

 

Cosmopolitica era il titolo dell’assemblea con cui ha preso avvio Sinistra Italiana, Cosmopolitica è un nome, un programma, un’ideologia: il sinistrismo, che è una delle malattie della politica italiana. La sinistra, infatti, non è la soluzione ma un problema. Prima dell' ’89 il termine sinistra veniva usato in modo generico per indicare i partiti dai socialisti alla sinistra rivoluzionaria, dopo l’89, con la nascita del PDS/DS, il termine nomina un partito. Il PD di Veltroni va oltre, ma sinistra resta come nome e peso allo tempo stesso, e con la scissione dal PRC, Vendola si aggiunge al treno: Sinistra Ecologia, Libertà. Solo Berlusconi, su indicazione dei sondaggisti, usava il termine comunista. I sistemi elettorali maggioritari polarizzando gli schieramenti hanno favorito questo lessico, e questi passaggi comportano la cooptazione della sinistra nel sistema. Pds/DS, prima, Vendola poi, nascono anticomunisti e anticlassisti, portando ad una visione liberale, con un po’ di ecologia e tanti diritti individuali.

 

Michéa chiama quest’area liberal-libertaria, in cui i diritti individuali sono un pezzo forte, la vera ideologia del sinistrismo. Non il diritto individuale sacrosanto, ma anche il diritto individuale egocentrico di poter fare tutto, e ogni limite ad esso è fascismo. Se, ad esempio, si fa rilevare che l’utero in affitto può comportare un problema di classe, l’accusa di nazismo è sempre dietro l’angolo. Cosa sarà mai questa anticaglia della questione di classe!?Dall’immaginazione al potere, al potere dell’ipertrofia e dell’io desiderante e consumista. Elettoralismo e leaderismo ne sono i corollari con il seguito di primarie, ogni progetto forte è abrogato. Così il marxismo e la lettura di classe che avevano imperato per oltre un secolo svaniscono come neve al sole. In questo frullatore sono attratte anche culture comuniste, e ci riferiamo alla decadenza della galassia operaista (Negri, Revelli ecc) e dell’ingraismo (Bertinotti, Vendola ecc ecc ). Il sinistrismo, non a caso, trova terreno fertile negli eventi degli ultimi decenni, e il movimento no-global ne è apoteosi e apparente conferma. Ma, alla fine, l’unico movimento global rimasto è quello del capitale, accompagnato dall’Unione Europea. L’Unione finanziaria è coperta dallo spinellismo diffuso: gli Stati Uniti d’Europa e il superamento degli Stati vengono visti come un fatto positivo, quasi si trattasse dell’estinzione di marxiana memoria. Ciò senza comprendere che, a differenza della lunga fase storica precedente, è lo stesso capitalismo a demolire una parte delle prerogative statali per avere meno inciampi alla sua libertà totale. Dall’altra lo stato, ancor di più di prima, diventa un comitato d’affari che tutela i loro interessi.

 

Che l’Unione metta in mora sostanziale e formale le Costituzioni post belliche appare secondario. E se gli Stati Uniti d’Europa, una volta realizzati, relegano le costituzioni nazionali a statuti regionali non importa, così il cosmopolitismo sinistrese diventa funzionale. Contro gli stati nazionali si alimenta il superstato europeo, contro il pubblico si inventa il bene comune e l’euro diventa uno strumento di unione dei popoli: l’internazionalismo monetario. Se si propone la riconquista della sovranità politica economica e monetaria nazionale, allora si è etichettati come fascisti, reazionari, leghisti. A nulla serve ricordare che il comunismo è sostenitore di tutte le lotte di liberazione nazionali, che Marx, Lenin, Gramsci hanno, in modi e tempi diversi, teorizzato il radicamento nazionale, l’autodeterminazione nazionale, e che dunque l’internazionalismo non è un sottoprodotto del cosmopolitismo borghese ma il rapporto fra proletariati nazionali. Per queste anime belle la nazione è un tabù. Il sinistrismo non ha senso critico, e come il capitalismo è una religione. I dogmi non si discutono, si ripetono come mantra, e anche coloro che condividono la secessione dall’Unione hanno paura a usare il termine nazionale, è un tabù. Così si usa il termine sovranità popolare anche se in realtà non significa nulla al di fuori della riconquista dell’indipendenza. Tanto per non farsi mancare nulla, infatti, abbiamo anche il sinistrismo di sinistra. Questo è movimentista, “conflittista”, formalmente classista, capace di pensare che la soluzione a tutti i problemi sia un allargamento dei conflitti, e che con l’espandersi di questi ci sia la possibilità di creare un’altra società, mentre il capitalismo deperisce. Così non ha senso più di tanto interrogarsi sull’alternativa, ma basta enunciarlo verbalmente: un altro mondo è possibile o un altro generico socialismo o comunismo sono possibili. Così non ha nemmeno senso interrogarsi sulla strategia, sulla presa del potere dello stato e la loro trasformazione. Questi due sinistrismi hanno in comune la mancanza di un progetto politico strategico, un percorso con le sue tappe, la transizione, i blocchi sociali. Anche sul tema immigrazione il sinistrismo cosmopolita dà degna prova di sé. Il problema non sta più nella rimozione delle cause di questo fenomeno epocale, ovvero le enormi disparità, la rapina economica, le guerre, la fame, l’attrattiva del consumismo, ora si affronta invece tutto dal punto di vista umanitario ed emotivo. Che poi gli sfollati vadano a ingrossare le periferie, siano utilizzati come esercito di riserva per guerre fra poveri, non tange nessuno. Che questo porti anche a conflitti culturali, religiosi, comportamentali è un aspetto secondario: la nostra patria è il mondo intero, e la soluzione è il buonismo.

 

C’è anche un aspetto cinico. Siccome le nostre società hanno bisogno di mano d’opera, di figli, di giovani, non importa che siano proprio le società di origine ad aver ancor più bisogno di loro, o che tutti costoro abbiano diritto di vivere in pace a casa loro. Così i confini, i limiti, che servono per costruire le identità, le sole che poi permettono di confrontarsi con l’Altro, sono sostituiti dalle frontiere aperte. Del resto, a questo tipo di sinistra sembra oramai assurdo anche il solo pensare di mettere i confini per imbrigliare i movimenti di capitali e di merci. Viva il liberoscambismo capitalista, viva il mercato dei capitali, delle merci, dei lavoratori. Come si può ben vedere il sinistrismo culturale ed ideologico è l’altra faccia di quel liberismo economico che ha bisogno di individui senza limiti e senza freni. La sinistra non è opposizione, non è alternativa, ma ciò che impedisce opposizione ed alternativa. È una sinistra che, strutturalmente, non sarà mai popolare. L’incapacità di chiamare le cose col proprio nome ha portato ad una visione fantastica della realtà: auto-illusione, produzione di parole a mezzo di parole. È tempo di rimettere le cose in piedi, i piedi per terra e dare alle parole il loro senso.

 

Ugo Boghetta

 

 
Sul caso Regeni PDF Stampa E-mail

20 Aprile 2016

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Da Rassegna di Arianna del 18-4-2016 (N.d.d.)

 

Purtroppo bisogna sempre ripetere le stesse cose, perché effettivamente accadono sempre le stesse cose. Prendiamo il “caso Regeni”. Tutti, e sottolineiamo tutti i cosiddetti “media nazionali”, oggidì 18 aprile, hanno seguitato a dare spago a chi – Inghilterra in testa – pretende di sapere “la verità”. Nobile faccenda, “la verità”, mai onorata in decenni di stragi e “segreti di Stato” sempre utili per coprire qualche potente Intoccabile. E se a ciò aggiungiamo che di prezzolati e “idealisti” disposti a vendersi e ad esaltarsi per le “campagne” di Amnesty International, in Italia se ne trovano quanti se ne vuole, il resto viene da sé. Per cui non sorprende affatto che i notiziari italiani abbiano fatto vedere il presidente francese Hollande in visita al Cairo “preoccupatissimo” per i “diritti umani” all’ombra delle piramidi, e lo stesso abbiano fatto con la delegazione d’affari tedesca guidata dal vice-cancelliere ed in visita nel paese del Nilo insieme ad una nutrita delegazione di imprenditori.

 

Non una parola una sui motivi di queste visite ufficiali, al centro delle quali i “nostri” giornalisti vorrebbero farci credere esservi il “caso Regeni” e lo stato dei cosiddetti “diritti dell’uomo” nell’Egitto governato dal generale al-Sisi defenestratore dei Fratelli Musulmani. Roba da stracciarsi le vesti, tanta è l’incompetenza, se non la vera e propria malafede, di questo cancro incistato nella nostra nazione che sono questi pappagalli ammaestrati a ripetere solo e sempre le veline del Badrone (occhio alla “B”, perché questi scattano sull’attenti come lo Zio Tom). Lo capisce infatti anche il mio gatto – il quale, intendiamoci, è assai più perspicace del giornalista medio italiano – che Francia e Germania, dopo la stessa Inghilterra delle “borse di studio” ai “ricercatori” che svolgono per essa un utile lavoro, sono andate in Egitto a colmare il vuoto creatosi con la fuga precipitosa della delegazione italiana d’imprese guidata – ma guarda un po’ – da quello stesso ministro Guidi costretto alle dimissioni in fretta e furia alle viste del referendum sulle trivelle. A noi qui non interessa stabilire se questo o quello siano dei maneggioni e dei profittatori, ché anche di questa genìa l’Italia è strapiena, bensì cogliere il nesso di causa-effetto – evidente, come dicevamo, anche al gatto – tra la rovina degli affari italiani in Egitto (sotto il pretesto del “rispetto dei diritti umani”) e la concomitante presa al balzo della classica palla, piena di miliardi, da parte delle imprese, statali e private, d’Inghilterra, Francia e Germania. Lo stesso ‘cinema’ andato in scena in Libia, dove alla débacle delle nostre posizioni è corrisposta l’immediata impennata di quelle dei medesimi soggetti che avevano voluto la fine della Jamahiriyya e che, in questo caso, non digerendo la piega presa in Egitto ed i rapporti privilegiati tra Roma e Il Cairo, hanno individuato nel “caso Regeni” – sia che l’abbiano creato appositamente, sia che l’abbiano strumentalizzato – un’occasione imperdibile per farci le scarpe definitivamente nel Nord Africa. Un Nord Africa dove per il momento “tiene” la sola Algeria, nel mirino dei noti paladini della “libertà” alleati col “fondamentalismo islamico”, mentre anche in Tunisia i nostri “alleati” sono riusciti ad assicurarsi, per “combattere il terrorismo” (da essi sponsorizzato anche grazie all’intermediazione di noti campioni dei “diritti umani” come i sauditi), posizioni strategiche impensabili ai tempi della presidenza di Ben ‘Ali (altro personaggio di non specchiata moralità, ma che almeno stava dalla nostra parte).

 

In tutto questo gioco al massacro è evidente che mentre c’è qualcuno, negli apparati dello Stato italiano, che cerca di resistere (per esempio tergiversando ‘all’italiana’ su un coinvolgimento militare in Libia), c’è anche chi – e si tratta di un’accozzaglia composita di quelle che un famoso “megadirettore” avrebbe definito “merdacce” – rema sistematicamente contro, inventandosi di continuo, dietro imbeccata di questa o quella ambasciata “alleata” o di certa “autorevole stampa internazionale”, motivi per far girare a vuoto l’Italia ed impantanarla in qualche “problema”. Come se l’Italia non fosse la loro Patria, e nemmeno il cosiddetto loro “Paese”, a tanto è giunta la loro immedesimazione con gl’interessi stranieri delle pretese “grandi democrazie” che tanto potere hanno nel cooptare, con denari e propaganda, certi “italiani” con tanto di virgolette. Perché ammesso e non concesso che nella fine del “ricercatore” italiano ci sia una responsabilità di qualche apparato o individuo riconducibile allo Stato egiziano, non si capisce come mai la stessa canea non viene sollevata ogni volta che un connazionale viene ammazzato in circostanze assai strane in qualsiasi parte del mondo, oppure messo in galera, senza alcun rispetto per i “diritti umani”, sulla base di fantasiosi ed indimostrabili teoremi. In America, per esempio, è accaduto un sacco di volte, da Sacco e Vanzetti in poi. E per citare solo uno tra i molti “casi” che potrebbero alimentare illazioni ed incidenti diplomatici con sviluppi “pericolosi”, come mai per Vittorio Arrigoni non è stato messo su tutto questo casino da parte della Farnesina? Non vogliamo entrare poi nella questione dei marò, perché quella è una vicenda nella quale l’India accusa i due fucilieri di Marina di aver assassinato dei pescatori indiani (“scambiati” per pirati, affermano da parte italiana), tuttavia non ci risulta che l’Italia abbia mandato a ramengo le relazioni con Nuova Delhi così come sembra intenzionata a fare con l’Egitto. Stendiamo infine un velo pietoso sul Cermis o sul “caso Calipari”, ché sarebbe solo un’inutile e penosa autoflagellazione. E non osiamo addentrarci nei meandri della sequela interminabile di giovani soldati italiani morti atrocemente a causa dello spargimento di sostanze altamente tossiche nella ex Jugoslavia da parte della Nato: il problema praticamente non sussiste! Perché a prenderlo di petto ci sarebbe invece da capire quali sono i vantaggi per l’Italia nello stare sotto l’ombrello (“protettivo”!) della Nato.

 

Sono tutti “misteri”, questi, che non possono avere soluzione, in attesa di capirci qualcosa se e quando l’Italia gusterà di nuovo, un giorno, il sapore della libertà, della sovranità e  dell’indipendenza. Ma sì, prendiamocela con l’Egitto, tanto altro non si può fare.

 

Enrico Galoppini

 

 
Privilegio tedesco PDF Stampa E-mail

19 Aprile 2016

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Da Il Ribelle, quotidiano on line, del 15-4-2016 (Nd.d.)

 

È notizia che la Germania sta emettendo monete bi-metalliche da 5 euro di valore facciale. Di per sé la cosa non sarebbe più di tanto interessante se non che per la prima volta, oltre che ad una emissione riservata esclusivamente ai collezionisti, le monete potranno liberamente circolare anche a corso legale almeno sul solo territorio nazionale tedesco. Infatti sin dall’inizio dell’introduzione dell’euro tutti gli stati membri si sono sbizzarriti ad emettere coni di monete riservate ai collezionisti con valori nominali anche stravaganti in occasione di eventi o anniversari: 1,5, 3, 5, 10, 20,25, 50, 100 euro, utilizzando anche materiali pregiati come argento e oro e in versione proof (fondo specchio). Ma questa volta la vera novità è che la Germania è la prima ed unica nazione eurodotata che conierà una moneta metallica da 5 euro liberamente circolabile a corso legale. Infatti oltre ad una limitata serie riservata ai collezionisti (tiratura 250.000 pezzi) con finitura fondo specchio acquistabile a 15,50 euro cadauna, la Banca Centrale tedesca (BUBA) metterà in circolazione 2,5 ml. di pezzi da 5 euro normalmente spendibili come qualsiasi altro taglio di moneta dell’euro, con il solo limite di poter essere utilizzata esclusivamente nel territorio nazionale, in quanto gli accordi di circolazione monetaria fra i paesi euro non prevedono anche questo valore fra le monete in circolazione comunitaria.

 

La novità inoltre è che la Germania percepirà tutto il signoraggio sull’emissione di questa moneta in quanto gli accordi prevedono che sulle banconote cartacee sia esclusivamente la Banca Centrale Europea ad incassarlo mentre gli Stati sulle monete metalliche. A questo punto ritorna in mente come ad iniziare dal 1966 e fino al 1979 il Tesoro italiano, per sopperire alla carenza di banconote da 500 lire non stampate più dalla Banca d’Italia, provvide all’emissione di Biglietti di Stato con l’indicazione di Repubblica Italiana e non dell’Istituto di emissione e firmate dal Direttore Generale del Tesoro e non dal Governatore della Banca d’Italia. Praticamente si emisero biglietti di Stato a corso legale senza creare debito e ne furono messe in circolazione per un importo totale di circa 500 Mld di lire. Se ne occuparono Saragat, Leone e Moro… Ora sulla scia dell’iniziativa dei nostri cari amici tedeschi a cui è permesso tutto, perché non emettiamo anche noi biglietti a corso legale da 1 e 2 euro e magari anche monete bi-metalliche da 5 euro come i tedeschi (sicuramente molto più belle del solito pollo ad ali aperte!)? Oppure Mattarella, Renzi e Padoan hanno paura di fare la stessa fine dei loro predecessori?

 

Antonio M. Rinaldi

 

 

 

 

 

 
Una libertą irresponsabile PDF Stampa E-mail

18 Aprile 2016

 

 

Da Appelloalpopolo del 14-4-2016 (N.d.d.)

 

La cultura libertaria discende esattamente dalla stessa fonte ideologica della cultura liberale. È la ragione per la quale, come ha detto Jean-Claude Michéa, il liberalismo economico (di destra) e il liberalismo culturale e sociale (di sinistra) sono destinati a ricongiungersi. Bisogna del resto farla finita col il mito del ’68! Non è dal ’68 ma dal capitalismo liberale che proviene l’idea di una libertà irresponsabile e senza limiti. Il capitalismo è legato dalle sue origini a un modello antropologico, quello dell’homo œconomicus, che si crede cerchi sempre di massimizzare il suo miglior interesse materiale. Da qui la legittimazione dell’egoismo. Il capitalismo si struttura d’altronde sull’idea dell’illimitato, di affrancamento da ogni frontiera, da ogni limite. La sua sola parola d’ordine è “sempre di più!” (sempre più mercato, scambi, profitti…). Da qui la legittimazione della dismisura, che i greci chiamavano hybris. Già presso Adam Smith, l’economia sembrava essere guidata dal desiderio molto più che dal bisogno. Ora, il desiderio è per natura illimitato (Epicuro faceva già del desiderio illimitato il principale ostacolo alla felicità). La pulsione economica oscura così la questione dei fini. Se oggi l’immaginario simbolico è sempre più colonizzato dai soli valori mercantili non è per colpa dei gauchistes, ma del capitalismo liberale che, per estendersi, ha bisogno di distruggere metodicamente tutto ciò che può fungere da ostacolo all’egoismo, alla libertà del commercio e al regno dell’interesse.

 

Karl Marx non aveva torto a dire che la borghesia ha affogato l’ordine antico “nelle acque gelide del calcolo egoistico”. La cultura libertaria si situa di diritto nel prolungamento di questa tendenza. Come ha scritto il filosofo Jean Vioulac, “l’avvento della società dei consumi implicava la dissoluzione di tutto ciò che era suscettibile di frenare l’acquisto sui mercati, e dunque l’abolizione di ogni legge morale che reprimesse la soddisfazione immediata del desiderio. Il liberalismo, nella misura in cui si definisce tramite l’esigenza della deregulation e della de-istituzionalizzazione di ogni attività umana, è il progetto politico di smantellamento completo dell’ordine della legge, e in questo è uno dei più potenti motori del nichilismo”.

 

Alain de Benoist

 

 
Tutto o niente PDF Stampa E-mail

17 Aprile 2016

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Da Libero Pensare del 14-4-2016 (N.d.d.)

 

Che il potere usi la menzogna e l’inganno per conseguire i suoi scopi non è certo una novità. Ma che lo faccia premeditatamente e sistematicamente è qualcosa che la gran parte della gente si rifiuta di credere. La propaganda è servita esattamente a questo; attraverso la scuola, la chiesa, i giornali e la televisione si è sapientemente instillato un dogma virale nei popoli: chi comanda è più capace di te e agisce per il tuo bene.

 

Prendiamo ad esempio l’11 settembre. Anche di fronte alle palesi incongruenze – spiegazioni scientificamente e tecnicamente insostenibili – della versione ufficiale la maggior parte dei benpensanti si rifiuta di credere che si sia trattato di un inside job. Gran parte delle persone è convinta che il governo non sacrificherebbe mai migliaia di propri cittadini per delle finalità geopolitiche come quelle della programmata invasione di Afghanistan e Iraq e della creazione ad arte di una war on terror programmata a tavolino. E ciò nonostante sia accaduto proprio questo innumerevoli volte nella storia mondiale in generale e americana in particolare. Solo alcuni esempi:

 

Nei libri di storia si parla di un attacco a sorpresa giapponese a Pearl Harbor con 2471 vittime americane. Ma nel 2000 il lavoro di Robert B.Stinett, Il giorno dell’inganno, ha dimostrato, documenti alla mano, che il presidente Roosvelt sapeva perfettamente dell’attacco, che doveva servire a trascinare gli USA nel secondo conflitto mondiale. Questa oggi è storia, non fantasie di complottisti. Facciamo un passo indietro, torniamo alla prima guerra mondiale, ed esattamente al 7 Maggio 1915. Quel giorno venne affondato da un sommergibile tedesco il piroscafo americano Lusitania, evento – l’America non era ancora belligerante - che ancora una volta servì a trascinare gli USA nel conflitto. Nei libri di storia è sempre stato affermato che fu un attacco a sorpresa a una nave disarmata. Ma nel 1982, ed esattamente il 30 luglio, il governo inglese ha messo in guardia le imprese che intendevano scendere nel relitto del Lusitania, ammettendo che esso era pieno di materiale bellico inesploso. Anche questa oggi è storia, non fantasie di complottisti. Facciamo un salto più indietro nel tempo, esattamente nel 1898. Il 15 Febbraio di quell’anno avviene un’esplosione nella stiva del Maine, una nave da guerra USA che si trova al largo di Cuba. Gli Stati Uniti attribuiscono la responsabilità alla Spagna e gli dichiarano guerra, per poter sottrarre agli spagnoli i possedimenti d’oltremare, Portorico, Cuba e le Filippine. Ma nel 1976 una commissione d’inchiesta USA ha stabilito che la Spagna non aveva alcuna responsabilità nell’affondamento del Maine. Anche questa oggi è storia, non fantasie di complottisti. Parliamo di un’altra guerra in cui gli USA volevano entrare, quella del Vietnam. Nei libri di storia leggiamo che il 2 e il 4 Agosto 1964 il cacciatorpediniere USS Maddox fu attaccato in acque internazionali da unità nordvietnamite, permettendo al presidente L.Johnson di entrare a pieno titolo in guerra. Ma nel 2010 la stessa NSA ammise che si trattò di un falso; in realtà furono le navi americane ad aprire il fuoco. Anche questa oggi è storia, non fantasie di complottisti. E ancora, tutti noi ricordiamo la provetta esibita da Colin Powell davanti alle telecamere come prova irrefutabile delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. Fu il pretesto per aggredire l’Iraq, guerra che causò oltre un milione e mezzo di morti e l’instabilità di tutto il quadrante mediorientale. Ma oggi sappiamo per stessa ammissione di alcuni dei protagonisti che quella fu una menzogna che doveva servire a trascinare ancora una volta gli USA in una guerra di aggressione. Anche questa oggi è storia, non fantasie di complottisti.

 

Potremmo tranquillamente estendere questo stesso discorso agli eventi italiani, dalla strategia della tensione ai misteri irrisolti che costellano la storia recente del nostro Paese, o a quelli di altri Paesi, ma penso che questi elementi possano bastare come prove delle menzogne e della intrinseca criminalità delle élite che hanno pianificato e realizzato tali inganni. Pertanto se tutto questo è vero – e abbiamo visto che è vero – oggi sappiamo che il potere non solo mente sistematicamente al popolo ma, per propri fini occulti, massacra (o lascia massacrare) intenzionalmente – e impunemente - un gran numero di propri cittadini che hanno la sfortuna di trovarsi nel luogo sbagliato al momento sbagliato. Così, tra qualche decina di anni, non prima che tutti i protagonisti della vicenda delle Twin Towers saranno usciti di scena, da qualche parte verrà l’ammissione che tutta la storia dei dirottamenti e del crollo delle Torri non era altro che una false flag, come il Lusitania, la USS Maddox, il Maine, Pearl Harbor e via dicendo. E questa è logica, non fantasie di complottisti.

 

Rifiutarsi di vedere questo, rifiutarsi di ammetterlo, equivale ad essere in minima parte corresponsabili di tali crimini. E non solo da un punto di vista politico-sociale, ma anche spirituale. “Gli uomini, in un certo senso, hanno perso la buona volontà di guardare se ciò che esiste nella realtà affonda le sue radici nel vero. Ma ci si deve appropriare di questo sentimento per la verità nella vita quotidiana, altrimenti non lo si potrà portare con sé nella comprensione dei mondi spirituali. In modo che vediate cosa intendo, vorrei farvi un esempio: sulle onde della civiltà presente galleggia non solo la mistificazione delle frasi fatte, ma la menzogna vera e propria. Si riversa nella vita – e, come menzogna, intacca la vita”. (R.Steiner, Riscatto dai poteri forti)

 

Non è un complottista qualunque a scrivere queste parole, ma Rudolf Steiner, che dichiara espressamente che la menzogna e l’inganno sono la regola da parte dei poteri forti.  Più volte nelle sue conferenze ha esortato i ricercatori spirituali a tenere gli occhi aperti di fronte agli inganni delle élite.  Parlando della prima guerra mondiale afferma espressamente: “Sono convinto che uno dei motivi principali per cui una tragedia come quella che accade oggi può abbattersi sul mondo, sta nel chiudere gli occhi davanti a queste realtà e nel parlare di quello che accade su basi del tutto inadeguate. Infatti anche di fronte ad eventi così grandi ognuno dovrebbe iniziare dalla conoscenza di sé”. (ibid.) Spesso infatti certe verità non vengono rifiutate – o semplicemente evitate – solo da parte di persone che non hanno voglia di approfondire le cose o sono troppo condizionate dalla propaganda mediatica, ma anche da chi, come ricercatore spirituale, avrebbe le capacità ed il dovere di utilizzare un pensiero libero per indagare gli eventi del mondo che gli sta intorno. A questi ultimi si rivolge Steiner con queste parole: “E un frammento di conoscenza di sé è anche sapere che, nel momento in cui si dice: ‘Cose simili non ci riguardano, vogliamo solo sentir parlare di fenomeni occulti’, in questo momento si rafforzano, anche se in piccolo, quelle forze che, articolandosi in tutte le loro diramazioni e assommandosi, portano a catastrofi come quella che viviamo oggi”. (ibid.)

 

Dunque anche il fatto di girare la testa, di guardare agli eventi del mondo esteriore con disdegno o malinteso senso di superiorità – io penso solo allo spirito, non mi interessano i fatti esteriori, la politica, la società – si rivela un atto di corresponsabilità con quanto di negativo accade intorno a noi. Che fare dunque? Pensare a fondo la realtà che ci circonda – in modo spregiudicato e libero – è allora un dovere di ogni libero pensatore e di ogni ricercatore spirituale. La ricerca della verità ‘occulta’, nascosta, non è un obiettivo da perseguire solo nei confronti del mondo spirituale, ma anche del mondo fisico in cui viviamo. Ancora Steiner: “Occulto, miei cari amici, non è solo ciò che riguarda i mondi superiori – inizialmente questi sono certo nascosti, occulti per tutti gli uomini. Ma per molti uomini è già occulto anche quello che avviene nel mondo fisico! E vogliamo augurarci che molto di ciò che è nascosto qui da noi diventi visibile! Che così tanti fatti rimangano nascosti a così tanta gente, costituisce una delle fonti della miseria in cui viviamo”. (ibid.) Alla luce delle premesse e di queste linee-guida, è pertanto doveroso indagare con questo atteggiamento interiore anche gli eventi geopolitici più recenti. Naturalmente il grado di disvelamento che riusciamo a realizzare è direttamente proporzionale al nostro livello evolutivo, all’impegno che profondiamo nella ricerca e alle nostre capacità di applicare il pensiero alla realtà. Il disvelamento, poi, è per sua natura progressivo, il che significa che passare dall’essere vittime della manipolazione e della propaganda – come siamo tutti all’inizio del percorso – all’alétheia non è cosa che può avvenire d’un colpo. Le illuminazioni sulla via di Damasco accadono, ma non sono poi così frequenti. Ci vogliono spesso anni di studio e soprattutto una ferrea volontà d’indipendenza dalle verità dominanti, dal pensiero unico che domina incontrastato la vita della maggior parte delle persone, dalla culla alla tomba. Per questo motivo, anche se siamo giunti a livelli abbastanza avanzati di disvelamento degli eventi del mondo sensibile – tanto da farci chiamare complottisti dai nostri amici, che magari ci tolgono l’amicizia su Facebook o addirittura il saluto - abbiamo tuttavia la responsabilità di essere tolleranti nei confronti di chi ancora crede parzialmente alle verità dominanti. Per farlo, un aiuto pratico: basta pensare a come eravamo noi stessi prima di iniziare questo percorso. Un percorso che a volte abbiamo vissuto come una vera e propria discesa agli inferi, tanto è stato l’orrore che ci ha afferrato quando – dopo aver smantellato i dogmi del pensiero unico – abbiamo iniziato a renderci conto di “che lacrime grondi e di che sangue” il reale volto del potere. Insomma, dobbiamo imparare a non pretendere dagli altri - come non l'abbiamo preteso da noi stessi - il ‘tutto o niente’. È vero, a livello dei poteri forti la cospirazione, il complotto, non sono l’eccezione, bensì la regola e spesso chi li ridicolizza ne è complice, ma dobbiamo anche imparare a non fare di ogni erba un fascio, tacciando di correità con il sistema tutti coloro cui ancora non si sono disvelati alcuni scenari.

 

Creare e alimentare opposizioni all’interno di chi si sta destando dal sopore del neo-pensiero, fa il gioco delle Entità – occulte e manifeste – che vogliono l’asservimento e la rovina dell’uomo. Ricordiamocene sempre.

 

Piero Cammerinesi

 

 
Non ci lascia ereditą PDF Stampa E-mail

16 Aprile 2016

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La prematura scomparsa di Gianroberto Casaleggio, oltre alle normali ed umane manifestazioni di cordoglio, deve indurre tutti quanti noi dell' area antisistemica a farci alcune domande e riflessioni, in particolar modo le due seguenti: riusciranno i pentastellati, dopo la morte della loro mente, a tenere saldo ed unito il movimento continuando la loro storia politica e soprattutto (domanda principale) quali pensieri, idee, travagli intellettuali, lascia il defunto ideologo dei Cinque Stelle a tutti quanti noi che siamo "contro" questo status quo di cose? Possiamo, in una parola, ricevere anche noi una parte di eredità e usarla a nostro vantaggio?

 

Alla prima domanda, possiamo rispondere con alcune tendenze, congetture, ipotesi, da non prendere troppo sul serio, perché nessuno ovviamente ha il potere di leggere il futuro, ma siamo propensi a credere che il timone del Movimento verrà a trovarsi nelle mani o di Di Maio oppure in quelle di Di Battista, che sono d' altronde le due figure ascendenti dell'area pentastellata: se riusciranno a tenere saldo il Movimento, il pericolo di eventuali scismi, scissioni, correnti destabilizzanti potrà dirsi allora superato. Teniamo conto che come tutti i movimenti e partiti fortemente eterodiretti e personalistici -e l' M5s lo era e lo è, chi non è d' accordo se ne faccia una ragione- la morte del leader carismatico o della testa pensante lascia un vuoto immenso. Tocca alla giovane generazione, adesso, colmarlo.

 

Circa la risposta alla seconda domanda possiamo essere netti e trancianti: Casaleggio non lascia a noi nessuna eredità né intellettuale, né politica, né ideologica, né spirituale. Siamo pronti a riconoscere in lui le doti di un grande imprenditore del Web, di chi ha avuto la vista lunga ed ha saputo sfruttare tutte le potenzialità della rivoluzione digitale, quando tale rivoluzione era ancora agli albori: in questo, Casaleggio è stato almeno dieci passi dinnanzi alla politica, sapendo anticipare i tempi e d'altronde per creare un blog che come fatturato è tra i primi dieci del mondo e un Movimento che nel febbraio 2013, alle ultime urne, per un lungo, interminabile momento fece venire i sorci verdi alla ammuffita classe politica italiana, per far tutto ciò insomma, serve avere doti non comuni: in questo, siamo i primi a dire "giù il cappello". La cosa, però, finisce qui: per il resto, le idee diffuse dal suo movimento e blog sono confuse, poco chiare, sterili, alcune che sfociano in inutili utopie -il tempo dei sogni belli è finito da un pezzo. La democrazia diretta -concetto che esisteva in piccole comunità locali quando la gente neppure sapeva dargli un nome, non da ultimo nel tanto vituperato Ancien Regime (leggetevi gli statuti locali dei "contadi" del Ducato di Milano...) è del tutto assurda e impraticabile in uno spazio virtuale come Internet in quanto abbisogna di comunità reali e di una dimensione territoriale, generalmente piccola, non il "mare magnum" della Rete in cui tutto si amalgama e si dissolve. Fare politica, prendere decisioni, è qualcosa di vivo e deve essere esercitato nel mondo reale, nel faccia a faccia tra la gente, non nel chiuso della propria stanza. Oltre che alla paresi decisionale, tale concetto così esplicato porta solo diritto di voto a masse di incompetenti, troppo spesso travestiti da esperti. La crociata contro la Casta? Ma sono scoperte dell'acqua calda, sono cose vecchie come il mondo e poi diciamolo, che all' apogeo dell'epopea craxiana, quando forse le cose erano ancor peggio, faceva comodo chiudere un occhio e vivere al di sopra dei propri mezzi nell' economia del debito, al massimo ci pensavano i comunisti a fare i Catoni dei costumi pubblici… Reddito di cittadinanza? E con che soldi? Li fabbrica Internet, i quattrini? Manca inoltre una ampia visione della geostrategia e dello scacchiere internazionale, della politica estera, della critica ragionata al paradigma economico-finanziario e al modello di sviluppo che ormai ci pervade da due secoli e mezzo, delle teorie della moneta, la sovranità monetaria, l'Europa, gli USA, la NATO, ultra-ambigua la politica sulle epocali immigrazioni, ondivaga. Manca qualsiasi riflessione sul rapporto tra l'uomo e la tecnologia, anzi ci pare che questi vogliano ancora più tecnologia, vista come la panacea di tutti i mali, quando invece avremmo bisogno di un nuovo umanesimo, rimettendo la tecnologia nel ruolo secondario in cui sempre è stata. e Non si cambia il mondo con più wi-fi, banda ultralarga, mandando a calci a casa la "Casta" pestando le dita su Internet per decidere se la vernice dei barattoli deve essere atossica per poi magari ritrovarsi sempre coinvolti nelle politiche dell'Impero, strozzati dalle politiche monetarie europee, immersi nella solita melma etica, economica, morale.

 

Per provarci, serve rimettere in discussione la struttura, non la sovrastruttura. Per questo e per altri motivi, noi riconosciamo il genio imprenditoriale e il fiuto di Casaleggio, ma rifiutiamo in blocco o quasi il pensiero uscito dal suo blog o "MoVimento".

 

Simone Torresani

 

 
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