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Il mito della concorrenza nell'informazione PDF Stampa E-mail

26 Maggio 2015

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Da Appelloalpopolo del 23-5-2015 (N.d.d.)

 

L’errore di decine di milioni di persone consiste nel credere che la concorrenza tra Corriere della Sera di Bazoli, La Stampa di Agnelli, La Repubblica di De Benedetti, La 7 di Tronchetti Provera, le tre reti di Berlusconi e le reti di Murdoch generi complessivamente una informazione più oggettiva o comunque pluralistica rispetto a quella della PRAVDA in URSS. È il mito idiotizzante della concorrenza. La concorrenza nella informazione tra grandi imprenditori non è concorrenza.

È assurdo soltanto pensarlo. Chi lo pensa è incredibilmente ingenuo.

Quindi… siamo vissuti sotto un REGIME CONFINDUSTRIALE E DEL GRANDE CAPITALE FINANZIARIO.

Tra il 1945 e il 1980 le cose non stavano proprio così. Si leggevano anche L’Unità al posto di La Repubblica, L’Avanti e Il Popolo al posto del Corriere della Sera e persino Il Secolo d’Italia in luogo de Il Giornale o Libero e si vedeva la RAI (quella vera) al posto di RaiMediasetLa7, dove le tribune politiche le dirigeva Jader Jacobelli. E l’iniezione quotidiana della Murdoch-eroina non era ancora consentita.

Stefano D’Andrea 

 
Perché diciamo "migrante" e non "immigrato" PDF Stampa E-mail

25 Maggio 2015

 

Da Rassegna di Arianna del 19-5-2015 (N.d.d.)

 

 “Migrante”, participio presente del verbo “migrare”. Grammaticalmente, la parola indica un’azione che è in corso, che si sta svolgendo in questo momento, senza riguardo al passato o al futuro. Indica quello che stai facendo ora, non ciò che hai fatto o ciò che farai. Non c’è né origine né destinazione in un participio presente. Forse è per questo che il termine è stato scelto come definizione ufficiale delle masse sradicate che muovono il grande business dell’immigrazione.

Finché la lingua italiana ha avuto una sua logica esistevano gli emigrati (chi lasciava una terra per andare altrove) e gli immigrati (chi si era mosso da casa sua e raggiungeva un nuovo luogo), che potevano anche essere le stesse persone ma viste da prospettive differenti. L’emigrato è andato da qui verso altrove, l’immigrato è arrivato qui da altrove. Resta comunque l’idea di un punto di partenza e di arrivo, lo spostamento è una parentesi limitata al fatto di raggiungere un determinato luogo.

Nei primi anni Ottanta, tuttavia, comincia a comparire nei documenti ufficiali della Cee la parola “migrante”. Il giornalismo italiano recepisce la novità a partire dalla fine di quel decennio, ma è in questi ultimi anni che la parola entra nel linguaggio comune, sospinta anche dall’eugenetica linguistica operata dal politicamente corretto.

I motivi del cambio sono spiegati dall’Accademia della Crusca:

“Rispetto a migrante, il termine emigrante pone l’accento sull’abbandono del proprio paese d’origine dal quale appunto si ‘esce’ (composto con il prefisso ex ‘via da’) per necessità e mantenendo un senso profondo di sradicamento su cui proprio quel prefisso ex sembra insistere […]. Migrante sembra invece adattarsi meglio alla condizione maggiormente diffusa oggi di chi transita da un paese all’altro alla ricerca di una stabilizzazione: nei molti transiti, questo è il rischio maggiore, si può perdere il legame con il paese d’origine senza acquisirne un altro altrettanto forte dal punto di vista identitario con il paese ‘d’arrivo’, restare cioè migranti”.

L’emigrante, nel nostro immaginario collettivo, è l’italo-americano o l’italiano che si è stabilito in Belgio o Germania per trovare lavoro. Persone che, per quanto siano riuscite a integrarsi, spesso solo dopo diverse generazioni, per noi restano sempre “italiani all’estero”, con un legame anche solo virtuale che non si spezza. Ma legami e appartenenze non sono visti di buon occhio oggi, potrebbero essere portatrici o suscitatrici di razzismo.

Aggiunge il sito della Treccani:

“Emigrante, come dice l’etimo, sottolinea il distacco dal paese d’origine, calca sull’abbandono da parte di chi ne esce, come segnala anche l’etimologico e- da ex- latino. Ad emigrante, proprio per via di quel prefisso, ma anche a causa del precipitato storico che si è sedimentato nell’uso della parola, si associa l’idea del permanere di un’identità segnata dal disagio del distacco, e dunque l’allusione a una certa difficoltà di inserimento nella nuova realtà di vita […]. In ogni caso, migrante sembra adattarsi meglio alla definizione di una persona che passa da un Paese all’altro (spesso la catena include più tappe) alla ricerca di una sistemazione stabile, che spesso non viene raggiunta. In tal senso, il senso di durata espresso dal participio presente che sta alla base del sostantivo viene sottolineato: il migrante sembra sottoposto a una perpetua migrazione, un continuo spostamento senza requie e senza un approdo definitivo”.

Una “perpetua migrazione”: è questo il concetto chiave. E va interpretato alla luce di un ragionamento illuminante fatto a suo tempo da Laura Boldrini, secondo la quale il migrante è “l’avanguardia dello stile di vita che presto sarà lo stile di vita di moltissimi di noi”. Anzi, secondo la Boldrini gli immigrati “sono molto più contemporanei di noi. Di me ad esempio che sono nata in Italia, sono cresciuta in Italia, ho anche lavorato fuori ma poi continuerò come tanti di noi a vivere in questo Paese”.

Ecco quindi perché dire “migrante” anziché “immigrato”: perché indica una condizione di sradicamento generale, di continuo movimento, di nomadismo spirituale in cui forgiare il nuovo cittadino del mondo, rappresentato dall’immigrato ma al cui modello tutti ci dobbiamo ispirare. L’immigrazione è un esperimento di laboratorio, la creazione di un uomo nuovo a cui tutti prima o poi ci dovremo conformare, eliminando il peccato originale del radicamento per essere anche noi “più contemporanei” e cessare di pensarci come italiani, marocchini, cinesi o romeni. A quel punto, finalmente, nascerà l’homo boldrinicum, senza più origini né radici.

 

Adriano Scianca 

 
Il vero reddito di cittadinanza PDF Stampa E-mail

23 Maggio 2015

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Da Rassegna di Arianna del 19-5-2015 (N.d.d.)

 

 

Tutti parlano del reddito di cittadinanza. Da ultimo, l’aspirante premier Matteo Renzi, che lo ha definito “la negazione dell’Articolo 1 della Costituzione” (allora ben venga, aggiungiamo noi). Dimostrando ancora una volta all’elettorato di sinistra che in lui si riconosce, di non essere altro che berlusconiani pre-outing… si mettano il cuore in pace.

Di Reddito di cittadinanza si parla molto e spesso viene attaccato… ma cos’è e a cosa serve? Va subito chiarito che il reddito di cittadinanza (RdC) non è il reddito minimo garantito (RMG) come molti confondono: il primo è un sussidio universale incondizionato, ricevuto da tutti per un tempo indefinito e a prescindere dalla specifica ricchezza, lo si riceve in relazione al fatto di essere cittadini; il secondo è un tipo di sussidio universale, ha regole valide per tutti ed è destinato solo ad alcuni (vedasi chi perde il lavoro).

Il RdC, come detto sopra, è un sussidio non subordinato alla situazione economica dell’individuo, ogni persona ne ha diritto, l’importo del contributo è uguale per tutti gli individui e il suo finanziamento si realizza chiedendo maggiore contributo a coloro che hanno maggiore disponibilità (il suo finanziamento si ottiene grazie ad un contributo sociale sul reddito da capitale). Il grande vantaggio è che il RdC non influenza la decisione sulla scelta del lavoro come invece si verifica con il reddito minimo garantito. Lo scopo principale è di fornire una somma di denaro che permetta di partecipare alla società in modo dignitoso. I diversi redditi che il cittadino riesce ad ottenere grazie a lavoro, patrimonio, pensione o altro si sommano al RdC.

Da alcuni anni, in tutta Europa, si sta sviluppando la discussione di questa nuova metodologia per dare dignità ai cittadini. Essendo indipendente dal salario, sostituisce tutte le forme di indennizzo derivanti dalla perdita del posto di lavoro (cassa integrazione, sussidi di disoccupazione, prepensionamenti, ecc.). È un’ottima metodologia per garantire una maggiore coesione, prevenendo la povertà e l’esclusione sociale, non essendoci più la garanzia per cui un lavoro possa permettere la partecipazione al benessere economico e sociale. Sempre più persone, anche lavorando, rimangono sotto la soglia di povertà e ciò crea disgregazione e diverse malattie di tipo depressivo. Malattie che poi, ovviamente, si ripercuotono sulla comunità sia sotto forma economica che di sicurezza. Dando a tutti i cittadini una disponibilità di base per garantirsi la sopravvivenza, si sottraggono gli stessi alla necessità di sottomettersi a condizioni lavorative al limite della schiavitù.

Quanto alle forme di finanziamento, si è parlato di azioni su molteplici fronti, se si pensa al risparmio in ambito sanitario e di assistenza sociale che comporterebbe, capiamo come la cosa sia fattibile. Quanto al disincentivo al lavoro, avverrebbe solo nel caso in cui la somma garantita fosse talmente alta da renderne superflua l’integrazione (in Alaska, già dagli anni’80, è stato introdotto con un importo di 2.000 dollari annui, recuperando le risorse dai benefici economici derivati dallo sfruttamento dei giacimenti petroliferi). Inoltre, questo strumento porterebbe benefici in termini di lavoro e di occupazione, aumentando la disponibilità monetaria da parte dei cittadini che fa crescere i consumi, causando a sua volta un aumento della domanda sui beni e quindi anche un aumento di impieghi.

Dunque, uno strumento di ricollocazione e redistribuzione delle ricchezze prodotte, che libera l’uomo dalla schiavitù salariale, combattendo lo sfruttamento del lavoro presente nelle società di stampo capitalista. Restituendo al lavoro il suo significato più ampio e nobile. Restituendo all’uomo la possibilità di scegliere. Ecco perché fa paura ai padroni… e ai loro pupazzi.

Fabrizio Fratus 

 
Kultura italiana PDF Stampa E-mail

22 Maggio 2015

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Da Comedonchisciotte del 21-5-2015 (N.d.d.)

 

Kultura italiana in Italia = ultimo modello di smartphone; ultimo modello di tablet; ultimo modello di app; ultimo modello di televisore; ultimo modello di auto; lavare l’auto col detersivo nel cortile di casa; squadra di calcio, comprensiva di allenatore, presidente e bilancio; TG1; TG5; la cronaca nera; Renzusconi; il Bunga Bunga; l’evasione fiscale; le escort; le veline; la moglie trofeo; la fidanzata trofeo; l’accompagnatrice trofeo; la segretaria trofeo; la presentatrice trofeo; le ministre trofeo; Maria De Filippi; Antonella Clerici; Carlo Conti; il film di Natale; il papa santo; il Presidente della Repubblica santo; tutti i santi metropolitani e regionali; la messa della domenica mattina; le bestemmie; il Presidente del Consiglio cantastorie; Matteo Salvini; le brave persone che seguono Matteo Salvini; il famoso presentatore televisivo scrittore; il famoso politico scrittore; il famoso attore scrittore; il famoso calciatore scrittore; il famoso cuoco scrittore; il famoso giornalista scrittore; il famoso scrittore scrittore; Dolce & Gabbana; la parrucchiera; l’estetista; fare footing parlando ad alta voce; i TQ; il festival di Sanremo; Sky; i giochi on-line; i telequiz; Luciano Ligabue; Laura Pausini; Andrea Bocelli; Giovanni Allevi; Fabio Volo; Il Volo; l’aperitivo; tutto ciò che è mangereccio, preferibilmente a base di salumi, vino bianco e fritti; Carlo Cracco; il nouveau ragu à l’italienne: col cioccolato, il cotechino fritto nell’Amaretto di Saronno, la marmellata fritta nello strutto, la salsiccia fritta nel miele, l’aglio fritto nel patchouli; la Confindustria; la Confcommercio; la Confagricoltura; l’Asppi; l’Uppi; l’Abi; la Confapi; gli affitti in nero; il lavoro nero; il commercio in nero; la Mafia; i tatuaggi; i telefilm americani; i film americani; gli attori americani; i cantanti americani; gli atleti americani; i poliziotti americani; i soldati americani; i serial killer americani; gli adolescenti americani; i wasp americani; i negri americani; i bambini canterini in televisione; i bambini in pubblicità; i bambini nei telefilm; i bambini nella fame nel mondo; i pianti in televisione; gli abbandoni in televisione; le confessioni in televisione; gli amori in televisione; i giuramenti in televisione; i contratti in televisione; gli insulti in televisione; gli insulti alle donne; gli insulti; i gesti osceni mentre si guida l’auto; la polizia; i carabinieri; i due marò; parcheggiare sulle strisce pedonali; parcheggiare sul marciapiede; parcheggiare sulla pista ciclabile; andare con la moto sulla pista ciclabile; andare con la moto nel parco pubblico; gli abusi edilizi; gli abusi finanziari; le discariche abusive di rifiuti; i condoni; le deroghe; l’emergenza; la crisi; la crescita; che cazzo menefregaammé; la Spending Rewiew.

Kultura italiana in Italia 2 = gli annunci patacca. È costume consolidato da parte dei centri di potere lanciare annunci forti, spettacolari, e reiterarli per un tempo sufficiente a farli entrare a forza nell’Archetipo dell’inconscio collettivo. In questo, il “Presidente del Consiglio” attuale è un maestro assoluto, e ha fatto scuola. Gli annunci vanno ripetuti, con scansioni variabili a seconda delle dinamiche (variabili) a cui si riferiscono. Se sono diretti, cioè recitati dal “ministro” di turno, o addirittura dal “Presidente del Consiglio” in persona, vanno accompagnati da una mimica al contempo rassicurante e autorevole, di chi non è sfiorato dal dubbio, e devono sottendere un agire positivo, “giovane”, energico, e soprattutto liberista, che è una delle grandi passioni della kultura italiana in Italia.

Uno degli ultimi, e uno dei più patacca di tutti i pataccari, è stato quello secondo il quale le variazioni catastali conseguenti a interventi edilizi di unità immobiliari siano “tempestivamente inoltrate” direttamente dai comuni all’Agenzia del Territorio (cioè il Catasto), con la fine lavori della pratica edilizia. È uno degli articoli del cosiddetto Decreto Sblocca Italia (133/2014), sul quale il “governo” ha puntato molte carte mediatiche: “semplificazione”, lotta alla burocrazia, il fare, il non pagare ecc. Così, i Comuni sono stati inondati da tecnici e da cittadini che chiedevano l’applicazione di questa norma. L’avevano sentito e visto in TV e in radio, santo cielo! Non si paga, ed è tutto più semplice! “Ci pensa il Comune”. È stata una bufala, una norma inapplicabile e inapplicata. A parte problemi molto seri di personale, che i Comuni scontano in seguito ai tagli delle risorse, tra i due enti non esiste un linguaggio informatico condivisibile: l’Agenzia del Territorio usa una piattaforma e una banca dati indisponibili ai comuni. È un linguaggio che va costruito, con un grande investimento di tempo e di denaro. Ma cosa interessa ai professionisti degli annunci? Nulla! L’importante è sostituire la realtà con l’annuncio, nutrire certi rancori della popolazione, reiterarlo fino a che è possibile, poi abbandonarlo e sostituirlo con un altro, altrettanto “forte”, enfatico, “giovane” e positivo. Funziona. Il cittadino si accorge che quello precedente si è rivelato una patacca, ma c’è già quello nuovo a riempire gli spazi, a stimolare aspettative. Così lo dimentica presto, mentre resta quel brivido liberista, come traccia, come “segno mondano”, come l’avrebbe definito Deleuze, il segno del vuoto, del nulla, dell’ingannevole, dell’effimero, il segno che passa e va, mentre quello nuovo si fa strada e genera altro vuoto, altri inganni.

Così si tira avanti con questa straordinaria complicità tra ingannatori e ingannati, che si basa sul complesso e al tempo stesso primordiale sistema dei segni mondani, il codice non tanto segreto che costituisce il vero, solido e palpitante organo vitale della kultura italiana in Italia.

 

Mauro Baldrati 

 
Il senso del neopaganesimo PDF Stampa E-mail

21 Maggio 2015

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Da Rassegna di Arianna del 19-5-2015 (N.d.d.)

 

«Crediamo non di aver bisogno di qualcosa di nuovo, bensì di far rivivere qualcosa di molto antico, di far rivivere la nostra comprensione della saggezza della terra». Bill Devall e George Sessions.

La paura e la gioia, le grida ed il silenzio, come un grande coro di voci si mescolano in un’estasi sonora, armoniosa ed assordante allo stesso tempo. Un inno all’Eros che parla il linguaggio dei boschi. Questo è Pan, un Dio mezzo uomo e mezzo bestia, generoso e bonario ma capace di incutere negli uomini un turbine di emozioni contrastanti, con il solo suono della voce. In uno tra i testi più significativi sulla morte del mondo antico, Il tramonto degli oracoli, Plutarco suggella l’inquietudine per l’imbrunire del mondo greco con l’annuncio della morte del Dio Pan. «[…] Il vento scemò, e la nave andando qua e là con direzione incerta, venne ad avvicinarsi a Paxos. […] All’improvviso fu sentita una voce uscire dall’isola di Paxos che a gran voce chiamava: ‘Tamo’: di che la meraviglia fu grande. Questo Tamo, egiziano di patria, era il timoniere, ma non conosciuto di nome dalla maggior parte di quelli che erano sulla nave. Chiamato una seconda volta, non rispose; finalmente alla terza prestò ascolto. Allora colui che chiamava, con voce tonante disse: ‘Quando sarai giunto alla Palude, annuncia che il gran dio Pan è morto’. Raccontava Epiterse che tutti, udito questo, si spaventarono». Una notizia che sembra riecheggiare negli scritti di Nietzsche. Nel celebre aforisma 125 de La Gaia Scienza, un folle annuncia la morte di Dio in un mercato: «Siamo stati noi ad ucciderlo: voi ed io! Siamo noi tutti i suoi assassini!». Una morte certamente non fisica, ma morale. Sebbene queste due divinità possano sembrare lontanissime tra loro, il loro rapporto è strettamente legato da un filo che li pone in una posizione antitetica l’uno dall’altro. James Hillman, nel suo Saggio su Pan, scrive: «Pan morì quando Cristo divenne Sovrano assoluto, cosicché, il diavolo non è altro che Pan visto attraverso l’immaginario cristiano. La morte dell’uno significò la vita per l’altro». Il Cristianesimo, come da tradizione giudaica, si è distinto per la sua condanna del culto della Natura. Una condanna che sembra viaggiare di pari passo con la demonizzazione della figura di Pan, ridotto all’immagine del Male. Allo stesso modo, però, la dipartita del culto di Pan e l’affermarsi della religione cristiana hanno modificato radicalmente la concezione del ruolo dell’uomo nella Natura.

Il Paganesimo è una forma di religiosità il cui paradigma rimane quello naturale, è una religione che parla di nascita e di morte, rinviando questi due momenti in una dimensione ciclica, rivedendo nella Natura stessa una realtà vivente in cui gli stessi dèi si confondono. Il termine pan, dal greco “tutto”, sembra quasi sottolineare questa dimensione totalizzante della Natura, in cui l’uomo è parte organica di un Tutto e non semplicemente un essere estraneo. In quest’ottica la Natura non è semplicemente un organismo vivente, ma anche un limite invalicabile. Curioso, a tal proposito, quanto due termini dalla sfumatura semantica ben differente siano divenuti sinonimi: “ambiente” e “natura”. Il primo termine, infatti, sembra quasi conferire a tutto ciò che non è umano una condizione di “sfondo” per l’uomo. Come se il vivente sia un enorme scenario su cui mettere in scena il progresso. Una condizione che può essere riletta nella Genesi: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra». Un passo che è stato più volte posto in analisi da alcuni ecologisti cattolici, i quali hanno cercato di dare una nuova lettura a queste parole, sottolineando quanto il termine “soggiogare” nel suo significato originale significhi “rendere più bello”; mentre “dominare” riferito agli animali voglia intendere “pascolarli, averne cura”. Un’esegesi che sembra riportare il dibattito in una dimensione più ecologista, in cui l’uomo è custode della Natura e non despota di essa, rimanendo, però, in una dimensione pur sempre antropocentrica. In questa nuova lettura la Natura sembra quasi un dono fatto da Dio all’uomo, una bomboniera da mantenere intatta e non più un argine contro la βϱις, la tracotanza. In conclusione, Ritornare a Pan non può significare cadere nella tendenza, prettamente post-moderna, del neo-spiritualismo, piuttosto rileggere in Pan una diga contro la protervia umana.

 «Il paganesimo, oggi, non consiste nell’innalzare altari ad Apollo o nel resuscitare il culto di Odino. Implica [...] il considerare gli dèi come dei “centri di valori”, e le credenze di cui essi sono oggetto come dei sistemi di valori: gli dèi e le credenze passano, ma i valori permangono». Alain De Benoist, Come si può essere pagani?

 

Mattia Biancucci 

 
Cosa succede in Macedonia? PDF Stampa E-mail

20 Maggio 2015

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 Da Rassegna di Arianna del 12-5-2015 (N.d.d.)

 

Gli incidenti di Kumanovo (cinque morti tra le guardie di frontiera macedoni) e quelli, precedenti, dell'attacco alla stazione di polizia di Goshince, dodici giorni fa, indicano una seria svolta nella inquieta situazione politica macedone.

Il confine della tensione è quello con il Kosovo. E non sembra esserci dubbio che l'offensiva è condotta dalle forze kosovare dell'UCK. Il che - tenuto conto che il Kosovo è, di fatto, una colonia americana - indica che i servizi segreti statunitensi sono implicati.

Ma l'offensiva è anche interna. Il partito di opposizione SDSM, guidato da Zoran Zaev, ha organizzato quasi simultaneamente una protesta di piazza, che ha condotto a scontri violenti a Skopje […] il preludio di una nuova "rivoluzione colorata" in Macedonia. Perché là e perché ora?

Per cercare di capire è utile tenere conto che sia il presidente macedone, Gjorge Ivanov, che il primo ministro Nikola Gruevski, erano il 9 maggio sulla Piazza Rossa. Gesto più che simbolico di differenziazione rispetto alla posizione europea e occidentale. La Macedonia non è entrata nella Nato, nonostante molteplici e micidiali pressioni esercitate nei confronti del precedente presidente macedone Kiro Gligorov. L'ambasciata americana a Skopje è piuttosto simile, per dimensioni, a un gigantesco ministero. E, infatti, è da quell'avamposto - collocato proprio sulla linea di faglia che divide l'ovest dall'est - che viene diretta tutta la politica statunitense dell'area balcanica. Non senza l'aiuto attivo e potente della "Open Society" di George Soros che, dal lontano 1993, mise gli occhi sulla Macedonia, reclutando con successo non pochi quadri della ex Gioventù Comunista macedone per farne i suoi propagandisti.

Naturalmente si cominciò con le televisioni e i giornali, che vennero comprati velocemente. L'uomo di punta dell'operazione conquista della Macedonia fu, ed è tuttora, il regista cinematografico Vladimir Milcin (anche lui brillante ex comunista), che è dietro la nascita di diversi complessi musicali e artistici - lautamente sovvenzionati da Soros, appunto - come l'"Archi Brigade", "Singing Skopjans", and "Square Freedom". Tutti sintomi di preparazione della rivoluzione colorata, direttamente rivolti verso la gioventù occidentalizzante, da tempo preparata dai media occupati in precedenza. Nel frattempo la stazione Radio/Tv B92 invita alla rivolta contro il governo "filo russo" di Nikola Gruevski.

Ma Soros e Milcin hanno lavorato anche sulla minoranza musulmana (albanese), circa il 25% dei due milioni circa di macedoni. Per loro sono state create "organizzazioni non governative" come "Razbudi se" (Svegliati) e "Civil"; portali web, stazioni radio e televisive.

Così ben si comprende la "dualità" dell'offensiva in atto: una interna, l'altra etnica. Manifestazioni del tipo "rivoluzione colorata" e, simultaneamente, attacchi alla frontiera. Del resto il tutto è a carte scoperte. Il presidente albanese Edi Rama ha recentemente dichiarato che, se la Macedonia non intende diventare membro della Nato, allora non resta che costruire una nuova entità statale pan-albanese, cioè musulmana, pronta a divenire membro dell'Alleanza Atlantica.

Del resto i macedoni, slavi e ortodossi, hanno rifiutato fino ad ora l'avvertimento non amichevole che, nel 1998 l'ambasciatore americano del tempo, Christopher Hill, inviò loro alla vigilia delle elezioni di quell'anno: "Il Popolo macedone - disse pubblicamente - è messo alla prova e ora potremo vedere se è divenuto sufficientemente maturo, o se dovrà tornare indietro all'asilo nido". A quanto pare è quello che Washington, Tirana e Bruxelles vogliono fargli fare. Tanto più che la Macedonia potrebbe diventare ora il transito del segmento di gasdotto cosiddetto "Turkish Stream" (quello che si appresta a sostituire il defunto Southstream). Con la successione di passaggi di frontiera Turchia-Grecia-Macedonia-Serbia.

Washington mostra che non intende permetterlo.

 

Giulietto Chiesa

 
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