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Un'occhiata oltralpe PDF Stampa E-mail

21 Gennaio 2015

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Da Appelloalpopolo del 18-1-2015 (N.d.d.)

La Svizzera abolisce il cambio fisso con l’Euro e scoppia una bomba finanziaria. Tirando un’occhiata oltralpe la situazione appare critica per diversi motivi: la reazione dei mercati finanziari non si è fatta attendere e la Svizzera perde fino al 10% per poi recuperare chiudendo a -9%. Subito si fanno sentire le previsioni negative di questo, a prima vista, autogol della Banca Nazionale svizzera (SNB): -5% delle esportazioni, perdite nel settore turistico, crisi nera delle agenzie di cambio, calo del Pil dei cantoni del 3%, senza contare che i 10 miliardi detenuti nelle casse e provenienti dalle evasioni fiscali italiane saranno incentivati al rimpatrio dall’apprezzamento del 15% che hanno ottenuto in un solo giorno (gli evasori aderendo al “volountary disclosure” potranno farli rientrare in Italia in guadagno, con buona pace di Renzi che se ne prenderà il merito).

Questa ‘bomba’ porterà la Polonia e l’Ungheria a dover affrontare una crisi bancaria non indifferente a causa dei mutui che sono stati stipulati in franchi svizzeri (solo in Polonia il 50% dei mutui per acquisto di immobili sono in franchi, quindi oltre 35 miliardi) perché vedranno le rate schizzare alle stelle con aumento dei crediti insoluti. Anche la Deutsche Bank e Barclays hanno registrato perdite per oltre 100 milioni di dollari. Insomma un terremoto scatenato da un piccolo paese che fino a ieri era considerato il paradiso dei capitali. Perché quindi? Analizzando il motivo per il quale la Svizzera per tre anni ha mantenuto il floor all’1,20 sul cambio euro emerge l’esigenza di evitare un apprezzamento del franco, che avrebbe penalizzato le esportazioni; nello stesso tempo però ha reso necessaria la diminuzione del costo del denaro a livelli negativi (ad oggi -0,75). In realtà la SNB era consapevole che questa strategia poteva essere mantenuta per un tempo limitato; la Svizzera infatti ha continuato in questi tre anni a comprare euro e dollari e vendere franchi di conseguenza, mettendosi in pancia una pseudomoneta cioè l’euro, che svaluta da almeno sei mesi. Il surplus di euro e dollari li ha potuti acquistare stampando franchi ma a fronte di questo le banche si riempivano di moneta pericolosa e svalutata. Ad un certo punto ha detto stop!!! E lo ha potuto fare in piena autonomia.

Un aspetto da non sottovalutare è che sottoscrivendo l’accordo fiscale con l’Italia, nonostante la possibile futura fuoriuscita dei capitali, ha ottenuto anche l’autorizzazione per le banche elvetiche di operare nel nostro paese. Avrà sicuramente una diminuzione delle esportazioni ma solo in area euro perché in realtà con il dollaro non ci saranno diminuzioni sostanziali e non riguarderanno i beni di lusso. Greenwood massimo economista di Invesco, definisce la Svizzera riferendosi a questa decisione di sganciarsi dal cambio fisso: “un piccolo stato caratterizzato da un’economia aperta che ha riaffermato la sua indipendenza”. È una dichiarazione che ha il sapore amaro per chi quell’indipendenza monetaria l’ha persa da tempo…… Ha confermato (semmai ce ne fosse bisogno) quanto sia importante per una nazione avere il controllo delle politiche monetarie per evitare il collasso economico. Lo stesso Greenwood spiega che mantenere il cambio fisso, finché è servito, non ha comportato nessun costo per il paese perché la Svizzera ha potuto stampare i franchi necessari per acquistare gli eccessi di euro e dollari. Un esempio di come un paese pur essendo piccolo possa essere determinante grazie alla sua indipendenza, verso altri paesi molto più grandi anche economicamente, ma ingabbiati in un sistema sovranazionale che adesso sarà costretto, suo malgrado, ad attuare manovre diverse in vista del Qe (quantitative easing): secondo una versione riferita dal settimanale tedesco “Der Spiegel” la banca centrale di ogni singolo Paese dovrà acquistare solo i titoli del proprio Paese con il limite del 20% del debito pubblico,  proposto da Draghi, per non ridistribuire i rischi finanziari. Questa è un’ implicita accettazione della frammentazione dell’unione monetaria, proprio quello che la Bce ha cercato di ridurre negli ultimi due anni. “Sarebbe di fatto una dichiarazione – scrive Guntram Wolff, direttore della think tank di Bruxelles, Bruegel – che la Bce non può agire ed acquistare titoli di Stato come istituzione dell’area euro nell’interesse, e per conto, dell’intera area. Minerebbe gravemente la credibilità della Bce” (Il Sole 24 Ore ).

Ivana Viazzi

  

 
Complottismo ed esoterismo PDF Stampa E-mail

19 Gennaio 2015

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Tutte le citazioni sono da Rudolf Steiner (N.d.d.)

 

Di fronte ad avvenimenti come l’11 settembre o l’abbattimento dell’aereo civile in Ucraina o le recenti vicende parigine, di regola le persone reagiscono in tre differenti modi.

Il primo – quello della maggioranza – consiste nel prendere per buono tutto quello che raccontano i media, avallando le spiegazioni ufficiali e reagendo, razionalmente ed emotivamente, esattamente come si aspettano la stampa, la televisione e i governanti. Questa modalità è sovente del tutto acritica, dando per scontato che chi ci governa non ci possa ingannare oltre un certo limite in quanto è, di fatto, “dalla nostra parte” contro il “nemico” di turno, sia esso il bolscevismo, il nazismo, il fascismo, il terrorismo islamico.

Il secondo – condiviso da una minoranza, comunque in aumento, di persone – consiste nel non credere assolutamente nulla di quanto i media riportano, ritenendo che si tratti esclusivamente di propaganda funzionale al conseguimento degli obiettivi delle élite che pilotano le sorti del mondo. Questo secondo approccio può essere definito “complottista” in quanto presuppone una cospirazione dietro ogni evento storico esteriore, che – per definizione - non è mai come appare, dato che la funzione della propaganda è dichiaratamente quella di mentire sui fatti – o di alterarne il senso – onde pilotare l’opinione pubblica nella direzione voluta. Chi ha questa visione delle cose, in genere ha inizialmente sviluppato una maggiore capacità di giudizio per poter “uscire dal gregge” ma poi, sovente, tende a subire nuovamente un certo grado di dipendenza, avallando acriticamente le teorie “complottiste”, senza metterle costantemente al vaglio dei fatti. Anche questa seconda categoria di persone diviene, pertanto, in qualche modo manovrabile da chi ha interesse a condizionare le opposizioni politiche o di dissenso per i propri fini.

Il terzo approccio – numericamente il più esiguo – è quello di chi cerca di apprendere dalla storia il senso di determinati eventi esteriori, rivolgendo la propria attenzione anche agli aspetti meno evidenti dei fatti esteriori. Di questa ristretta schiera di persone fanno parte tutti coloro che oggi si sentono disorientati e sconcertati da avvenimenti sanguinosi e disumani come quelli con cui ci stiamo confrontando in questi ultimi tempi. Costoro cercano di barcamenarsi tra le opposte fazioni di chi crede solo alle spiegazioni ufficiali e di chi dà per scontato che esse siano sempre e comunque false, ipotizzando una direzione malvagia dietro ad ogni accadimento esteriore. Visto che i primi due modi di vedere presuppongono delle convinzioni o addirittura dei teoremi precostituiti difficilmente intaccabili, le presenti considerazioni si rivolgono al terzo gruppo di persone, a chi è oggi disorientato e sconcertato.

Personalmente ritengo che sia del tutto comprensibile sentirsi oggi disorientati e sconcertati, in quanto gli eventi cui stiamo assistendo mettono a dura prova l’intelligenza e la sensibilità di ciascuno. Il cinico giocare con vite umane innocenti – sia che ciò sia attribuibile a terroristi esaltati o a servizi deviati al soldo di potenze egemoni – è un elemento in qualche modo “fuori tempo”, vale a dire qualcosa che, fino a pochi decenni or sono, si riteneva di aver superato per sempre. Dopo due catastrofi belliche mondiali, la Shoah, il rischio di guerra nucleare tra i blocchi contrapposti, buona parte dell’umanità aveva ingenuamente accarezzato l’idea che un certo tipo di efferatezza, di dispregio della vita umana, fosse qualcosa che riguardasse un passato ormai seppellito per sempre.

Il benessere che ha, in certo qual modo, “intorpidito” le coscienze - prima dell’Occidente e, successivamente, dell’Oriente russo-indo-cinese – e la fiducia nelle “magnifiche sorti e progressive” che hanno contagiato gran parte dell’umanità, hanno di fatto “oscurato” la visione di quanto non ha, tuttavia, mai smesso di agire nel mondo reale. In effetti nel “mondo reale” le cose non sono mai andate come ci si aspettava che andassero e di questo chi ha una minima dimestichezza con una visione più ampia della storia non ha mai avuto dubbi. La dinamica del potere dominante – sia esso romano, spagnolo, britannico o americano – non è mai cambiata, da secoli a questa parte; si sono solo modificati i metodi e le strategie, rendendo per converso più complesso e difficoltoso per i popoli comprenderne i disegni.

“Viviamo in un mondo che non considera ciò che è giusto o ciò che è ingiusto, ma che decide in base al potere”. Ora, il potere come tale ha sempre usato la propaganda per indirizzare la pubblica opinione verso i propri obiettivi.

“Tutti i mezzi di comunicazione di massa sono utilizzati come veicolo per la propaganda. E possono essere divisi in due categorie: quelli parlati e quelli scritti... La propaganda occulta parlata comprende voci false, i contatti personali, le agitazioni e le dimostrazioni, l’uso dell’istruzione, della cultura e della religione, la radio, il teatro e il cinema. La propaganda occulta scritta comprende i volantini, i manifesti, i libri e i saggi, i quotidiani e le agenzie di stampa, i documenti contraffatti, le lettere e le petizioni…” La propaganda ha come obiettivo non solo quello di asservire le opinioni e il comportamento della gente agli obiettivi del potere, ma anche di falsificare il passato, in modo da poter riscrivere la storia. La storia re-interpretata costituisce pertanto la base di partenza per la manipolazione delle coscienze di un popolo. Basti pensare al fatto che quelle che misero fine all’Impero Romano, e che noi chiamiamo “invasioni barbariche” in Germania vengono chiamate Völkerwanderungen, vale a dire “migrazioni di popoli”, o a come ci viene raccontato il Risorgimento italiano, o alla favola del Sud povero e sottosviluppato all’atto della conquista sabauda, o, ancora, alle invincibile armate italiche all’epoca del fascismo o, infine, ai trionfali successi dei piani quinquennali ai tempi dell’Unione Sovietica.

Fin qui la propaganda come strumento di manipolazione delle coscienze. A volte, tuttavia, essa non è sufficiente a convogliare le coscienze collettive verso i fini che i poteri forti hanno stabilito; si rendono allora necessari altri mezzi, di regola estremamente energici, tali da impartire una decisa sterzata all’opinione pubblica. “Vedete, nel mondo ci sono mezzi con cui si possono generare suggestioni di massa. Quando si vogliono creare suggestioni su larga scala bisogna immettere nel mondo qualcosa di sensazionalistico. Alla stessa maniera in cui si può suggestionare una singola persona (…) si possono condizionare interi gruppi, basta impiegare i mezzi adatti, e soprattutto conoscere quello che lega concretamente le persone di questi gruppi le une alle altre. Esiste un modo con cui si può pilotare la forza che risiede in un singolo uomo verso una precisa direzione. Questi può essere convinto del proprio profondo amore per la pace, ma compie le sue azioni sotto effetto della suggestione. Egli è tutt’altro da quello che fa. Si può fare la stessa cosa anche con i sentimenti d’interi gruppi, se si hanno le conoscenze adatte. Bisogna solo scegliere i mezzi appropriati. Serve solo spingere in una determinata direzione, attraverso una specie d’impostura in grande stile, una forza che è sì vitale, ma non ha una particolare direzione (…). Una tale suggestione collettiva esiste, essa ha agito, agisce e agirà in modo estremamente efficace”. Uno di questi mezzi “d’impostura in grande stile” è costituito delle cosiddette false flag, ormai ampiamente documentate, utilizzate da sempre per convincere l’opinione pubblica a muovere guerra al nemico di turno – per citarne alcune da cent’anni a questa parte - vanno dall’affondamento del Maine come pretesto per la guerra ispano-americana del 1898 al naufragio del Lusitania nel 1915, che giustificò l’intervento USA nella prima Guerra mondiale; da Pearl Harbor come innesco dell’intervento nella seconda all’incidente del Golfo del Tonchino, che fu la scusa per l’intervento in Vietnam nel 1964; dalle finte lacrime di Naiyrah nel 1991, che resero accettabile al popolo americano la prima Guerra del Golfo alle armi di distruzione di massa spavaldamente esibite da Colin Powell, che presentarono, nel 2003, come giusta e sacrosanta la seconda Guerra del Golfo agli occhi dell’opinione pubblica. Tutte operazioni false, “imposture in grande stile”, progettate a tavolino da centri di potere e amplificate dai media a tali poteri asserviti, che, lì per lì, servirono a far accettare alla gente decisioni già prese dai poteri forti e che poi, anche se smascherate, vennero ben presto dimenticate dall’opinione pubblica. Come ebbe ad affermare David Rockefeller: "Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è una grande crisi e le nazioni accetteranno il Nuovo Ordine Mondiale".

E cosa sono le “crisi” di cui parla questo mefitico sostenitore del mondialismo più bieco? Esse vanno dagli attentati terroristici ai disastri "naturali", dagli assassini di leader politici agli "incidenti" industriali, dai crash economici alle aggressioni da parte di altre nazioni. Una volta avvenuta l’azione false flag entra nuovamente in azione la propaganda, che amplifica l’evento e alimenta lo sdegno, la rabbia e l’odio della popolazione nei confronti degli autori dell’attacco o della strage o dell’attentato. Naturalmente quest’atmosfera di paura, di angoscia e di odio permette di far ingoiare ai cittadini restrizioni sempre maggiori, erodendo – con il loro beneplacito – porzioni sempre maggiori di libertà.

“Non c’è peggior schiavo di colui che è falsamente convinto di essere libero” come ben sintetizzò Goethe. Infatti, anche se ci saranno più difficoltà nel viaggiare o se la polizia avrà un potere quasi illimitato o se sarò spiato in ogni mio movimento e azione e persino se il reato d’opinione mi impedirà di manifestare liberamente i miei pensieri, l’importante è che io mi senta protetto dal “nemico”. La paura e l’ansia operano quindi un abbassamento del livello di coscienza delle persone facendo leva sul naturale istinto di conservazione e sull’aspettativa di sopravvivenza “…per chi abbia seguito gli ultimi decenni consapevolmente a livello spirituale - affermava Steiner all’indomani della Prima Guerra Mondiale - uno dei motivi principali dei dolorosi avvenimenti attuali è la paura di cui è imbevuto il mondo intero; la paura che hanno avuto singoli uomini l’uno dell’altro, ma che prima d’ogni altra cosa hanno avuto le nazioni una dell’altra, anche se non ne erano consapevoli. E se si fosse potuta seguire questa fonte di paura con attenzione, non si direbbero tante insensatezze sulla causa della guerra, come invece si fa oggi”. Seguire con attenzione la fonte della paura è un insegnamento prezioso che possiamo trarre da queste parole. Qual è la fonte della paura oggi, chi alimenta i nostri timori? Chi evoca orde di terroristi pronti a sgozzarci, chi parla di prossimi attentati nelle nostre città? I media, la propaganda. La propaganda manipola in profondità l’opinione pubblica che crede – invariabilmente – di trovarsi “dalla parte giusta”. Ecco che, allora, la morte violenta di pochi fornisce l’alibi per stragi belliche di ben più ampie proporzioni. Il dolore e l’indignazione per un numero limitato di vittime forniscono, paradossalmente, la giustificazione per eccidi di magnitudo esponenzialmente superiore.

Ora, l’uso sistematico di agenti sotto copertura – agent provocateur dietro le file nemiche o “risvegliati” all’interno della popolazione civile - ha almeno due secoli di storia nefasta; eppure si prova sempre un certo sgomento nel vedere come le popolazioni continuino a non trarre dal passato le inevitabili lezioni. Si fa davvero fatica a comprendere come si possa ritenere che quegli stessi poteri che hanno sistematicamente mentito per secoli oggi possano trasformarsi, come per incanto, in paladini della verità. Un evento quantomeno improbabile, o no?

Naturalmente anche all’interno delle idee o delle interpretazioni dei fatti proposte dai politici o dagli organi di stampa vi possono essere degli elementi di verità, ma si tratta sovente solo di verità parziali, dunque ancora più pericolose. “L’insieme delle conoscenze serve sempre all’umanità intera. Elementi isolati dall’insieme servono sempre all’egoismo di gruppi singoli. Questa è la cosa significativa e importante che si deve aver presente, perché moltissime idee che diventano di dominio pubblico per mano occulta non sono false, ma sono mezze verità o anche un quarto o un ottavo di verità. Proprio perché recano in sé una parte di vero possono essere strumentalizzate per questo o quello scopo in modo unilaterale”.

Chi si occupa di esoterismo sa bene che il piano esteriore – quello della storia ufficiale per intenderci – è a sua volta l’espressione di un piano meno evidente – occulto per l’appunto – dal quale partono gli impulsi che muovono gli eventi esteriori. Uno dei primi a parlarne con chiarezza fu proprio Rudolf Steiner, il quale dichiarò senza mezzi termini che “ogni cosa che accade esteriormente nel mondo fisico dipende dalle forze e dalle potenze spirituali che ne stanno alla base. Naturalmente non è facile comprendere appieno come tali forze e potenze spirituali agiscano, e accorgersene è, nella maggior parte dei casi, evidentemente complesso. All’occultista è noto che vi sono connessioni che dal mondo esteriore portano alle confraternite occulte, così come esistono collegamenti tra queste ultime e il mondo spirituale. Quando vi sono persone che operano utilizzando forze a livello invisibile – sia positive che negative - ciò di regola si manifesta in ampi ambiti temporali; al tempo stesso queste persone, che lavorano occultamente senza scrupoli, mostrano di avere una visione particolarmente ampia di quanto accade negli avvenimenti storici. Essi, in genere, utilizzano movimenti spirituali esistenti, per conseguire i loro obiettivi. Sovente si tratta di uomini che non si palesano sul piano esteriore, servendosi di intermediari per mezzo dei quali conseguire i risultati voluti. “Si tratta di cose – prosegue Steiner nella stessa conferenza - che devono svolgersi in modo da non essere notate dalle altre persone. Abbiamo già avuto modo di osservare come gli uomini siano in una certa misura disattenti, distratti, non guardino volentieri a ciò che accade. Questo però viene strumentalizzato dai molti che si servono di determinate connessioni occulte per agire nel mondo. Chi osserva il mondo, non nel modo in cui la gente lo guarda abitualmente, bensì con uno sguardo spregiudicato, saprà che ci sono uomini che si lasciano influenzare da quanti vogliono servirsi di simili mezzi. E se qualche occultista non particolarmente coscienzioso si prefigge di influenzare altri uomini, riuscirà a esercitare un influsso ben determinato”.

Non solo dal punto di vista del “complottista”, ma anche da quello dell’occultista, dunque, gli eventi della storia esteriore rappresentano un inganno voluto da chi intende asservire le popolazioni ai propri fini: “…nel modo in cui si scrive solitamente la storia, la gente viene completamente ingannata, fuorviata. Invece anche nella storiografia bisogna andare più a fondo”.

Le azioni elaborate e studiate da chi manipola le coscienze collettive sono, tuttavia, evidentemente molto complesse e non facilmente riconducibili a una sola sorgente. Ad esempio, la creazione o l’infiltrazione di false opposizioni fa apparire la dialettica democratica maggioranza-opposizione come qualcosa di reale, mentre, molto spesso, si tratta di un semplice teatrino ad uso e consumo delle masse, del tutto ignare di quanto realmente accade dietro le quinte del potere. “Ogni volta che si vuole operare attraverso cose simili non si deve innescare una corrente sola, ma si deve farla incrociare sempre con un’altra, in modo che entrambe si influenzino a vicenda. Infatti non si ottiene molto tirando semplicemente diritto in una sola direzione: talvolta occorre gettare una luce lateralmente sulla corrente con cui si opera, per confondere, per cancellare le tracce, e disperdere certe cose in un folto sottobosco. Questo è molto importante. Ne deriva che certe correnti occulte, che si prefiggono uno scopo, talvolta si pongano compiti del tutto opposti, con l’effetto di confondere tutte le tracce”. Questi sistemi di manipolazione e di controllo delle masse, noti sia allo studioso di storia che all’occultista – denunciati da Rudolf Steiner un secolo fa – sono oggi ampiamente utilizzati da chi sta cercando di incanalare il cammino dell’umanità in una direzione non conforme alla crescita delle coscienze. Ora chi oggi è – giustamente - spaesato, disorientato, sconcertato e oscilla tra una posizione di totale accettazione delle versioni ufficiali e una di rigetto viscerale delle stesse deve far tesoro di quello che la storia gli indica e approfondire personalmente il senso di ogni singolo evento. “Solo la sete di conoscere e la volontà di apprendere rendono un uomo capace di vedere chiaro negli eventi del mondo”

Dunque non cieca adesione all’una o all’altra versione dei fatti, ma attenta elaborazione degli elementi che, negli eventi storici, fanno trasparire le linee-guida immesse da determinate personalità o correnti. “È necessario farsi compenetrare almeno una volta dall’esigenza – questa esigenza deve essere portata almeno una volta nella vita dei giorni nostri – di non sviluppare l’entusiasmo della distrazione, ma l’entusiasmo dell’attenzione”. 

A tal proposito, un argomento controverso è, ad esempio, quello che riguarda gli USA. Vi sono – e giustamente - persone che trovano unilaterale e scorretto gettare addosso al popolo americano la croce di ogni male del mondo, pur se la politica degli Stati Uniti è oggi la punta di diamante del devastante progetto denominato New World Order. Dico giustamente in quanto vi sono delle qualità e delle forze della popolazione americana che non hanno assolutamente nulla a che fare con le dinamiche del potere mondialista che sta cercando di prendere il controllo dell’umanità. Vivendo da anni in questo Paese e conoscendone la storia – e le grandi qualità di coraggio e di civiltà della gente – ritengo che la principale responsabilità attribuibile al popolo americano sia quella di non essere stato in grado di contrastare la deriva autoritaria e antidemocratica degli ultimi decenni. Ma incolpare il popolo americano di tutti i mali del mondo sarebbe come considerare tutti gli italiani mafiosi o tutti i tedeschi nazisti, il che è, evidentemente, un nonsenso. Personaggi come Benjamin Franklin, Thomas Jefferson, Thomas Paine e altri sono stati dei leader capaci e integri che hanno contribuito a gettare le fondamenta di un Paese partito – nelle intenzioni dei padri fondatori – dalla profonda attenzione per il bene dei cittadini. Purtroppo, come in molti altri casi, le lodevoli intenzioni iniziali sono state soppiantate da progetti di dominio globale e il primo a essere stato tradito è stato proprio il popolo americano, che ha subìto – e oggi subisce – un condizionamento orwelliano. La dottrina dell’eccezionalità della missione degli Stati Uniti – l’aver raccolto l’eredità dell’Impero Romano - ha invero una radice reale, in quanto questa nazione oggi avrebbe il compito di guidare il mondo, ma dovrebbe farlo in modo ben diverso da come lo sta facendo. “Un insegnamento fondamentale a orientamento occulto di questo tipo, che affiora in certe fratellanze, è che per il quinto periodo postatlantico le persone di lingua inglese sono l’equivalente del popolo romano per il quarto”.

“L’esperienza di lunghi anni e l’osservazione attenta del corso della storia mondiale mi hanno portato a constatare che, soprattutto nel popolo anglosassone, e in particolare in certi suoi gruppi, c’è una visione della politica in un qualche senso grandiosa. Certi burattinai, se si può chiamarli così, hanno una visione della politica, della politica anglosassone, che potrei riassumere sostanzialmente come segue. In primo luogo, dietro ai politici che agiscono pubblicamente – e che a volte sono solo uomini di paglia – c’è un buon numero di personaggi imbevuti dell’idea che la ‘razza anglosassone’, per via di certe forze evolutive, abbia la missione di esercitare un vero e proprio dominio sul mondo, nel presente e nel futuro, per molti secoli ancora. Questa convinzione è profondamente radicata nelle personalità che guidano la razza anglosassone, come lo è una certa concezione materialistica della strategia da adottare nel mondo”.

Ora, sulla base di quanto abbiamo visto, quale deve essere il nostro giusto atteggiamento nei confronti di situazioni come quelle che stiamo vivendo ai nostri giorni? Sappiamo che “la storia dell’umanità, compresi gli avvenimenti più dolorosi, viene diretta da forze spirituali”. Sappiamo altresì che “queste forze spirituali operano anche in contrasto fra loro, gli uomini stanno in mezzo a forze che si ostacolano a vicenda in molti modi”. La tentazione di molti è allora affermare “Beh, io non capisco cosa stia realmente accadendo quindi me ne disinteresso e lascio tutto nelle mani di Dio”. Ma così non si va da nessuna parte: “Chi si limita a pensare che il saggio ordinamento del mondo provvederà a tutto, se la prende troppo comoda. Se fosse così, non esisterebbe in nessun luogo dell’intero mondo fisico quello che invece esiste: la libertà umana”.

Ecco, la libertà umana. La libertà di voler studiare, approfondire, capire, anche gli eventi del mondo esteriore, anche le vicende più inquietanti e drammatiche. “Se si volge lo sguardo solo sullo spirito – l’ho già detto più volte – che pervade ciò che ci circonda, non si hanno i presupposti necessari per porre le domande giuste. Non si sa come si rifletta giù nel mondo fisico quello che accade spiritualmente”. Il non dedicarsi in modo adeguato agli avvenimenti esteriori – magari con il pretesto che “noi non possiamo farci niente”di fatto consente al peggio di accadere, lascia alle forze dell’ostacolo mano libera nelle vicende umane. “Sono convinto che uno dei motivi principali per cui una tragedia come quella che accade oggi può abbattersi sul mondo, sta nel chiudere gli occhi davanti a queste realtà e nel parlare di quello che accade su basi del tutto inadeguate. Infatti anche di fronte ad eventi così grandi ognuno dovrebbe iniziare dalla conoscenza di sé. E un frammento di conoscenza di sé è anche sapere che, nel momento in cui si dice: ‘Cose simili non ci riguardano, vogliamo solo sentir parlare di fenomeni occulti’, in questo momento si rafforzano, anche se in piccolo, quelle forze che, articolandosi in tutte le loro diramazioni e assommandosi, portano a catastrofi come quella che viviamo oggi. ‘Occulto’, miei cari amici, non è solo ciò che riguarda i mondi superiori – inizialmente questi sono certo nascosti, occulti per tutti gli uomini. Ma per molti uomini è già occulto anche quello che avviene nel mondo fisico! E vogliamo augurarci che molto di ciò che è nascosto qui da noi diventi visibile! Che così tanti fatti rimangano nascosti a così tanta gente, costituisce una delle fonti della miseria in cui viviamo”.

Quale soluzione dunque, perché la pace finalmente trionfi? Quella di muovere guerra all’Isis, o alla Russia, o alla Siria? Nulla di tutto questo. “No, l’ideale di una pace eterna non sarà mai realizzato per mezzo di una sola goccia di sangue versata da uno strumento di guerra. Questo ideale si realizza in tutt’altro modo. E chi dice di combattere per la pace e di dovere perciò far la guerra, guerra fino all’annientamento dell’avversario, costui, chiunque sia, mente, anche se non se ne rende conto”. Più chiaro di così…

Piero Cammerinesi 

 
Chi ci guadagna dal terrorismo PDF Stampa E-mail

18 Gennaio 2015

 

Mi rendo conto che quello che vado a scrivere è a forte rischio di complottismo e dietrologia, e vorrei premettere che le mie intenzioni sono ben lontane da questo. Trovo però inevitabile, se si vuole sollevarsi appena al di sopra degli eventi francesi di questi giorni e guadagnare una debole possibilità di comprensione, analizzare i fatti sul piano degli effetti.

Il primo effetto del terrorismo, che è anche la sua ragion d’essere, è la produzione d’insicurezza. Il terrorismo è una fabbrica d’insicurezza che spinge e i cittadini fra le braccia di chi si è assunto il compito storico di garantire la pubblica sicurezza: lo Stato. In un momento di grave crisi della forma Stato, soprattutto in Europa, sintagmi come “unità nazionale” o addirittura europea (impronunciabili fino a pochi giorni fa) riacquistano terreno, rendendo possibile l’insperato: la diminuzione del conflitto sociale e del malcontento verso la classe dirigente.

La paura e il disorientamento spingono le persone ad abbandonare eccessivi desideri di libertà, persino dal giogo fiscale, e legittimano maggiori controlli, maggiori restrizioni della privacy individuale. Sull’onda dell’assunto che l’uomo onesto nulla ha da temere, la vita sociale e civile di un Paese viene disseminata di nuovi strumenti di controllo e di drenaggio d’informazioni strategiche su ogni singolo membro.

Detto chiaramente: un atto terroristico sferrato da un nemico della nazione, è un’ottima notizia per uno Stato e il suo apparato di governo. Come per una casa farmaceutica una nuova malattia. O per un affamato un chiosco di hot dog. Non nasce forse, lo Stato moderno, per rispondere al bisogno di pubblica sicurezza?

Perché l’azione dello Stato trovi e giustificazione, le persone devono percepire una sensazione d’insicurezza che le convinca sia ad accettare che qualcuno detenga il Monopolio della Forza sia a sostenerne le politiche di controllo sociale, prelievo fiscale e intervento repressivo.

Un altro punto di vista decisivo è quello del complesso militare-industriale: ad esso giova certamente il “terrorismo”, non solo direttamente grazie a maggiori commesse, ma anche indirettamente: è attraverso la guerra – sia essa tradizionale, fredda o nella più recente forma della guerra al terrore – che la tecnologia progredisce. È ora nelle sale il meraviglioso film su Alan Turing, l’inglese inventore del primo prototipo di computer, nato per scardinare il prodigioso “Enigma” e decriptare i messaggi tedeschi. Internet stesso nasce come tecnologia militare prima di essere impiegato per usi civili e diventare motore dell’attuale società dei consumi. È corretto, quindi, sostenere che la guerra o la minaccia di una guerra produce sviluppo e crescita? Assolutamente Si: la così detta spesa militare è uno dei migliori incentivi alla crescita economica brutalmente intesa.

Poiché, come premesso, non intendo fare dietrologia e sposare questa o quella teoria del complotto, non voglio assolutamente minimizzare le responsabilità morali dei terroristi (che si sono consegnati liberamente alla mostruosità dei propri gesti) e neanche ignorare come l’Islam sia un terreno particolarmente fertile per la diffusione del fondamentalismo e un elemento fortemente sollecitante per una società de-sacralizzata come la nostra.

Sul piano degli effetti, però, la verità è che un atto terroristico (o meglio un atto di guerra all’ Occidente in quanto civiltà costruita sull’idea di una società umana come soggetto in perpetuo Sviluppo), è uno straordinario motore di ri-organizzazione delle masse, di crescita e di progresso materiale.

La verità è che la Storia Umana in quanto Storia dell’Occidente è una macchina il cui principale carburante è il sangue umano. E questo da prima che nascesse il fondamentalismo islamico, che è solo la nuova (efficiente) fabbrica di questo prezioso distillato.

Gian Maria Bavestrello 

 
Una piccola strage PDF Stampa E-mail

17 Gennaio 2015

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Da Appelloalpopolo del 14-1-2015 (N.d.d.)

A Parigi è accaduto un “episodiuccio” rispetto a quelli che qua e là capitano in tante parti del mondo e che, molto spesso, o sono provocati da noi (bombardamenti, missili, stragi con armi automatiche potentissime all’uranio impoverito) o sono provocati da eserciti o miliziani finanziati e armati da noi, o sono stati resi possibili perché noi abbiamo distrutto Stati che impedivano o limitavano episodi del genere.

Se voi foste un abitante di uno di quei tanti paesi nei quali gli Stati Occidentali sono autori o responsabili di episodi simili o più gravi di quello di Parigi e che si verificano quotidianamente (per esempio, da quando Baghad è stata invasa nel 2003 ed è stato distrutto lo Stato baathista, si contano un centinaio di rapimenti di persone al giorno!), che pensereste delle reazioni isteriche, degli odi religiosi diffusi dalla stampa mainstream, delle (pseudo) marce dei potenti della terra, della manifestazione di un milione di persone, e delle diffuse dichiarazioni di solidarietà? Avreste disprezzo? Odiereste?

A Parigi non è successo niente, fondamentalmente non è accaduto niente. In un paese serio, governato da una classe dirigente seria, un telegiornale serio avrebbe dato la notizia alle 20,00, l’avrebbe ripetuta il giorno dopo alle 13,00 e tutto sarebbe finito là.

Il vero evento criminale, in realtà, consiste proprio nella presenza totalitaria di quell’episodiuccio in TV e nei giornali, nello scatenamento dell’odio, dell’ignoranza, nell’oscuramento delle menti e nell’iniezione di gelo nei cuori dei cittadini occidentali.

Siete voi le vittime dell’attentato di Parigi. Parlo di quello vero, o meglio quello importante, ossia di quello compiuto ai vostri danni dai potenti della terra, quello che vi ha predisposti alla guerra e alla violenza barbarica. Al cospetto di questo delitto, la piccola strage compiuta dai due fratelli islamisti è assolutamente insignificante.

Stefano d’Andrea 

 
Ooh oui PDF Stampa E-mail

15 Gennaio 2015

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Ooh oui, Je Suis Charlie Hebdo.

Ma...Avremmo a che fare con la paura di essere trucidati in qualunque momento da qualche cosiddetto terrorista, grossolanamente rappresentato in qualche vignetta da un mujahiddin tajiko, se non avessimo sfruttato le terre dei suoi avi, se non li avessimo resi schiavi, se non avessimo praticato su di loro il diritto di vita e di morte, se non avessimo provato a tenerli a bada con embarghi, signoraggio e interessi bancari, se avessimo rinunciato alla loro condiscendenza soltanto perché avevano ciò che ci serviva, se avessimo preso coscienza di cosa significhi occupare territori e utilizzarli come fossero nostri, come fece il colonialismo, se riconoscessimo cosa possa aver significato averli invasi con lingua, usi e costumi importati e imposti, se volessimo riconoscere la portata dell’annichilimento delle tradizioni locali, dello sfruttamento della società, anche schiavistico, per l’arricchimento personale, per l’invadenza di merci e mercati che ne hanno condizionato e controllato l’economia, per la cultura locale fagocitata dalla comunicazione globale, se non li minacciassimo permanentemente con le armi e altri mezzi, se avessimo le consapevolezze che la nostra biografia non è la sola, vera e unica biografia umana, se avessimo anche quella che è così anche per l’etica, le abitudini, le verità, se cioè fossimo in grado di accettare che altre forme sociali non fondate sui diritti umani possano e debbano poter esistere, se ci fosse chiaro che essere passati dall’illuminismo ci ha portati a dimenticare dimensioni umane che altri non hanno dimenticato, se avessimo preso coscienza che l’esportazione della democrazia è vignetta ben più drammatica e provocante di quella con il cappello tajiko, se gli avessimo lanciato qualche messaggio di assunzione di responsabilità (papa san Wojtyla a parte) per ciò che abbiamo compiuto nel passato, se su quella imperterrita volontà di dominio e dichiarato senso di superiorità avessimo accennato ad un mea culpa, se invece di considerarli inferiori li considerassimo alla pari, se ci fossimo chiesti che considerare inferiore l’altro comporta la legittimazione di chi a sua volta percorre la stessa sopraffacente traccia, questa volta contro noi?

Vorrebbero questi signori agire per conquistare il mondo se godessero del nostro rispetto? Compirebbero efferate gesta se avessero gli eserciti e la forza subdola dei servizi segreti, nonché denari per corrompere e tecnologia per controllare e agire, come invece abbiamo avuto ed ampiamente e deliberatamente impiegato noi per dominarlo davvero questo mondo? Per averne il mercato, per allargare la forbice tra miserabili e oligarchie finanziarie?

In tutto lo sgomento, legittimo, doveroso, necessario, di tanta intelligencijia convocata ad esprimere la propria opinione sentita in tutte le emittenti da ieri dopo i fatti di Parigi, non ho sentito alcuna battuta dedicata alle origini della storia. Nessuna battuta seria che implicasse l’assunzione di responsabilità e quindi l’apertura verso la sola linea di pacificazione possibile.

A parte lo sgomento umano per il quale anche io sono Charlie, si è assistito alla ripetizioni della ricetta utile alla frittata finale. Perché chi ha fede non si cura di sé come è invece tipico del soldato occidentale. Chi ha fede vive oltre la storia, non si cruccia della sofferenza né del progresso. Questi sono argomenti di chi l’ha persa, la fede. Noi combattiamo strenuamente contro la morte fino a proibirne l’eutanasia, contro la vecchiaia fino alle mostruosità della chirurgia e della clonazione. È solo alla nostra parte del mondo che interessa identificarsi con il progresso tecnologico, convinto che avere e potere di più sia la via della soddisfazione e della libertà.

Non c’è paragone tra le forze che le parti possono esprimere. O li annientiamo o il loro cuore sparpagliato nei corpi musulmani del mondo sarà sempre più forte di qualunque ufficio dal quale controllare droni-bombardieri. Torneranno negli uffici, uccideranno ancora, avranno il massimo dell’audience mondiale e soprattutto, non si fermeranno. Non lo faranno perché non hanno un comandante con il quale noi cercheremmo di scendere a patti, disponibile a laute corruzioni. Hanno se stessi e in se stessi la loro fede. Loro non ripetono e perpetrano la parola del profeta, loro sono la parola del profeta.

E una parola, è vero, che non dice di uccidere, ma dice la verità che quei corpi cor-aggiosi condividono integralisticamente. Quella verità che i valori occidentali stanno mietendo come mondine a settembre. La contaminazione opulenta di quei valori sta corrompendo e inficiando la loro umma identitaria. È per loro quindi una questione di sopravvivenza. E come tutti noi reagiscono con i mezzi che hanno.

Così, come la nostra medicina cura gli effetti ma non è capace di riconoscere le cause, così come vede la malattia ma non il malato, anche in faccende di politica internazionale la nostra visione è analitica, pungente, parcellizzante, apparentemente acuta, sostanzialmente di ottusa arroganza, sostanzialmente lontana dall’angolo circolare dove risiede il Tutto. E via con la bomba atomica… che lanciata da noi, è giusta.

 

Lorenzo Merlo 

 
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14 Gennaio 2015

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E così ci siamo lasciati alle spalle anche il 2014, chiuso in bellezza con il consueto discorso di fine anno del Presidente della Repubblica, nella fattispecie Re Giorgio Napolitano, il quale, fra le varie cose dette, ha comunicato l’imminente decisione di porre termine al suo settennato presidenziale che, solo per lui, si è protratto sino ad una durata di nove anni.

Inoltre, come di consueto anche negli anni passiti, ha sparso fiducia a piene mani per l’anno 2015, attingendo l’ottimismo nel passato Risorgimentale, nel Secondo Dopoguerra e nella consueta retorica patriottarda legata alla cultura e al genio italiano. Che può anche essere vero, ma è difficile trarre positività per il futuro da aspetti pressoché aleatori, dal sapore fideistico, quando la realtà presenta una rudezza, una viltà e un marciume senza precedenti. La solita retorica sparsa per ammansire e addolcire il popolo bue, di più, i sudditi.

Ma non è tutto, infatti il giorno precedente, il 30 dicembre, si è svolta la conferenza stampa di fine anno del Premier Matteo Renzi il quale, da fuoriclasse della “supercazzola”, ha millantato risultati politici inesistenti (crescita? occupazione? fisco? burocrazia? riforme istituzionali? giustizia sociale?) e distribuito ai fedeli il suo verbo, un mix di pubblicità regresso e “New Deal” in salsa toscana, riassumibile nell’assoluto primato delle chiacchiere sulla politica.

L’incontro di questi due personaggi, Napolitano e Renzi, ha fatto del 2014 un anno difficile da dimenticare per l’inarrivabile bassezza della qualità della politica e della democrazia in Italia. L’incontro tra il “monitismo” interventista di Napolitano e l’”annuncite” renziana ha avuto effetti detonanti sul già precario equilibrio delle istituzioni democratiche italiane, con il completo annullamento del Parlamento piegato ai loro voleri e ai loro diktat, e un’informazione politica prona a veicolare tweet e slide come leggi e azioni politiche già fatte, finite e operative.

L’annuncite renziana ha persino partorito il nuovo slogan per il 2015: ritmo! E si spera che con ciò non si faccia riferimento all’utilitaria FIAT degli anni ’70-’80! Va bene risollevare il morale degli italiani pescando nel glorioso passato italico tanto invocato da Napolitano, ma c’è sicuramente di meglio.

Tornando a Giorgio Napolitano, giova ricordare che è in politica dal 1953, che nel 1956 non prese le distanze dall’invasione di Budapest da parte dei carri armati sovietici, che si oppose alla politica della “questione morale” di Berlinguer per non guastare i rapporti col PSI e che, da Presidente della Repubblica dal 2006, rieletto nel 2013 (caso unico nella storia della Repubblica italiana!), non invocò altro che una politica delle grandi intese tra le forze politiche, in spregio a quella dell’alternanza che con il sistema maggioritario gli italiani decisero di volere dopo consultazione referendaria nel periodo post-tangentopoli.

Tante sono le vicende che lo hanno riguardato, la sua ingerenza in merito all’inchiesta sulla “trattativa Stato-Mafia” è solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso, portando i media a definire il suo ruolo e il suo agire non più quello di Presidente di una Repubblica parlamentare con prerogative ben definite dalla Costituzione, bensì quello di un Re, un monarca investito talvolta di poteri assoluti, tanto da ricercare e decidere coalizioni di governo, composizione del Consiglio dei Ministri, e bacchettare duramente a suon di moniti i suoi ignoranti e immondi detrattori.

Ora che il settennato di nove anni giunge al desìo, rimaniamo smarriti, increduli e angosciati all’idea di non poterci abbeverare alla saggezza e alla sapienza del “monito quotidiano”, e non resta che dolerci di questo tristo destino asciugando le copiose lacrime che ci solcano il viso.

Sono lacrime benedette, sono “lacreme napulitane”, sgorgate spontanee dopo il discorso di fine danno (…non è un errore di battitura!).

 

Roberto Locatelli 

 
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