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Diritti e doveri PDF Stampa E-mail

6 Luglio 2014

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Riportiamo un brevissimo articolo di Stefano D’Andrea, da Appelloalpopolo del 2 luglio scorso, ma soprattutto, nel dibattito che vi ha fatto seguito, la replica dello stesso Autore a Mirko. Quella replica è un autentico capolavoro che tutti i lettori di questo blog sono invitati a meditare (N.d.d.)

L'ultimo gruppo "di sinistra" si chiama "Libertà e diritti", nome che conferma che oggi "di sinistra" significa liberale. Se sinistra significasse ancora "socialista", il gruppo sarebbe stato chiamato "giustizia e doveri". Peraltro, mancando completamente la coerenza del vero liberalismo, siamo in realtà in presenza di un sinistro liberalismo: "vogliamo essere libertari con il reddito di cittadinanza" è lo slogan che sembra raccogliere il pensiero di questo nuovo gruppo. Un pensiero immaturo di gente immatura.

 

Stefano D’Andrea

1.                         Mirko's GravatarMirko

Chi prende 800/1000/1200 euro al mese , o  chi non ha un lavoro , o non ha una casa ecc. ha bisogno di più diritti , non di più doveri . Chi viene rinchiuso in una prigione a cielo aperto o finisce in carcere solo perchè nel suo passaporto c'è scritto "palestinese" , "messicano" o "marocchino" , ha bisogno di più diritti , non di più doveri . L'omosessuale che vuole mettere in comune i propri beni con il proprio compagno , invece che lasciarli ad una famiglia d'origine che magari l'ha emarginato per la sua omosessualità , ha bisogno di più diritti , non di più doveri . La ragazza israeliana di famiglia ebraica ortodossa che vuol stare con un ragazzo palestinese di famiglia sunnita , ha bisogno di più diritti , non di più doveri . Sinistra vuol dire "diritti" . Ovviamente diritti per la maggioranza che sta in basso , e doveri per chi sta in alto . E quindi Sinistra vuol dire anche "libertà" : libertà da chi ti sfrutta per vivere ,  da chi ti vuole gerarchizzare secondo la tradizione e altre menate destrorse simili . In sintesi : sinistra vuol dire essere antiliberisti in economia ( contro la libertà del capitale ) e libertari sui diritti personali . Poi questo nuova formazione , "Diritti e Libertà" , è nata per dar man forte al governo Renzi . E su questo siamo d'accordo .

o                                                   stefano.dandrea's Gravatarstefano.dandrea

"Chi prende 800/1000/1200 euro al mese , o a chi non ha un lavoro , o non ha una casa ecc. ha bisogno di più diritti , non di più doveri".

Ovviamente sono d'accordo con la prima parte della proposizione, non con la seconda. Per aumentare i salari e i bassi redditi da lavoro autonomo (la sinistra dimentica sempre questi ultimi, salvo che si tratti di "falsa partite iva", ossia di falsi autonomi), serve la piena occupazione che fa bene a tutte e due le categorie, e discipline particolari per i lavori autonomi. Ma come si raggiunge la piena occupazione in Italia? Come si persegue questo obiettivo della Costituzione della REPUBBLICA ITALIANA? Serve una politica economica e, quindi, partiti che la perseguano. Ed ecco il punto: art.49 della Costituzione: "Tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale". La norma reagiva al fascismo e fissava un "diritto". Ma è ovvio che la partecipazione politica è anche un dovere o almeno un onere. Se la gente disoccupata o sottoccupata o con basso salario o reddito autonomo non milita, mi dici chi mai potrà attuare quella politica economica? C'è dunque il dovere di militare e l'onere di farlo bene e con intelligenza, altrimenti anche se militi non conti nulla. È da quel dovere e dall'onere di militare con intelligenza che bisogna partire, se vuoi tornare ad avere i sacrosanti diritti ai quali alludi. Perciò, ciò che giuridicamente è un diritto (di militare), moralmente è un dovere e realisticamente un onere.

" Chi viene rinchiuso in una prigione a cielo aperto o finisce in carcere solo perchè nel suo passaporto c'è scritto "palestinese" , "messicano" o "marocchino" , ha bisogno di più diritti , non di più doveri".

La materia dell'immigrazione è molto complessa e certamente mal disciplinata. Personalmente sono per una accoglienza molto più generosa e ospitale rispetto a quella che riserviamo a chi arriva ma per un trattamento molto più severo nei confronti di molte categorie di stranieri: hanno il dovere di non delinquere, come tutti noi ma se delinquono, in base a trattati stipulati con gli stati di provenienza devono passare gli anni di carcere nei loro paesi; messi in regola hanno il diritto di lavorare ma se accettano paghe inferiori al minimo sindacale o condizioni inaccettabili per i nostri lavoratori o svolgono professioni autonome a prezzi stracciati perché riescono a vivere in sei in una stanza e non hanno quasi spese, così concorrendo alla deflazione salariale (hai notato che sul Sole 24 Ore non è stato mai pubblicato un solo articolo che proponesse di far entrare meno stranieri?) vanno trattati per quello che sono: crumiri. Ed esiste il dovere di non essere crumiri. Sicché hanno il diritto di lavorare e mangiare se non fanno i crumiri. Se fanno i crumiri e qualcuno gli rompe le gambe o la schiena a me non dispiace (ovviamente vale anche per gli italiani), sai io forse non sono di sinistra ma sono socialista. Non capisco perché negli anni Settanta era logico aggredire l'italiano che non scioperava e ora si debbano accettare bassi redditi anche perché a qualcuno si deve attribuire il diritto ad essere crumiro. Questo modo di pensare è immondizia morale.

"L'omosessuale che vuole mettere in comune i propri beni con il proprio compagno , invece che lasciarli ad una famiglia d'origine che magari l'ha emarginato per la sua omosessualità , ha bisogno di più diritti , non di più doveri"

Questa è davvero clamorosa e testimonia quella immaturità di pensiero alla quale alludo nel post. Intanto, i legittimari, ossia coloro ai quali l'ordinamento riserva una parte del patrimonio in caso di morte, sono figli, coniuge e ascendenti legittimi. Ora, se l'omosessuale non ha figli e coniuge, la quota riservata agli ascendenti legittimi è di 1/3 (art. 538, I co., cod.civ.). Quindi oggi l'omosessuale è liberissimo di lasciare i 2/3 del suo patrimonio al suo compagno, esattamente come ogni eterosessuale non sposato senza figli ma con ascendenti legittimi. Vuole avere la libertà di diseredare gli ascendenti? E perché l'ordinamento dovrebbe consentirgli la soddisfazione di questo capriccio, se non lo consente nemmeno agli eterosessuali sposati? Infatti, quando chi muore lascia ascendenti legittimi e coniuge, al coniuge è riservata la metà e agli ascendenti legittimi un quarto (art. 544 cod.civ.). Quindi l'eterosessuale sposato ma senza figli, che premuoia ai genitori e che abbia 100 mila euro non può disporre (a tutela degli ascendenti legittimi) di 25.000 euro, mentre un omosessuale non unito civilmente, che abbia un compagno e degli ascendenti legittimi non può disporre di 33.333 euro.

Perciò le cose non stanno come dici tu, che eri poco informato (scusami ma insegno diritto privato) e il preteso diritto si rivela poco più che un capriccio. Ti sembra una battaglia importante? Tuttavia, si può anche essere disposti a soddisfare un capriccio, che, in fondo, economicamente risponde ad un giusto criterio di uguaglianza. L'obiezione più grave è pretendere l'unione civile degli omosessuali sostenendo che si ha "diritto ad avere un diritto". Lo squallore morale e l'irrealismo – nel senso di non conoscenza della realtà — quindi l'ipocrisia che si annidano in tale concezione sono stratosferici. Infatti, non ho mai conosciuto una sola persona che dopo sposata abbia pensato di aver acquistato diritti. Tu l'hai conosciuta? Chi si sposa "contrae un vincolo" e diventa titolare di innumerevoli doveri e soggezioni. Dovere di coabitare, dovere di avere la medesima residenza, dovere di fedeltà, dovere di aiutare materialmente e spiritualmente; conseguente (anche se non automatico) addebito della separazione in caso di violazione di quei doveri; dovere di corrispondere l'assegno di separazione; indisponibilità per testamento di una parte rilevante del patrimonio al momento della morte anche se ha scoperto il coniuge (o l'unito) a letto con 10 persone, e anche se ha scoperto che lo tradiva da tempo e anche se il giorno prima il coniuge o l'unito lo ha picchiato a sangue; obbligo di pagare gli alimenti (anche nei confronti del coniuge separato comunque si sia comportato nel rapporto matrimoniale o durante l'unione); obbligo del padre e della madre del coniuge (o dell'unito) di pagare gli alimenti all'altro coniuge (o unito), sebbene quest'ultimo si sia comportato malissimo nei confronti degli obbligati; obbligo del coniuge o dell'unito di pagare gli alimenti al suocero o alla suocera anche se si sono comportati malissimo con loro. Il matrimonio, come rapporto giuridico, ossia dal punto di vista giuridico, è l'insieme di questi doveri, vincoli e soggezioni. Se dunque gli omosessuali reclamano il potere di legarsi giuridicamente al compagno per contrarre i doveri, i vincoli e le situazioni di soggezione che caratterizzano il rapporto matrimoniale tra coniugi, dunque se vogliono assumere vincoli, allora la pretesa può essere presa in considerazione. Se invece si lamentano perché vogliono un diritto che già hanno (sia pure in misura leggermente minore all'eterosessuale sposato senza figli e con ascendenti legittimi) o addirittura per avere un diritto di diseredare i genitori che li hanno ripudiati, diritto che non hanno nemmeno gli eterosessuali e se muovono da una concezione alterata, falsa immorale del matrimonio come regno dei diritti, quando il matrimonio è il regno dei doveri, questi omosessuali vanno denunciati come portatori di idee spregevoli, squallide, schifose, che strumentalizzano un nobile, antico e sacro istituto. Mi dici cosa ha a che vedere essere di sinistra con tali concezioni spregevoli? Quanto alla "ragazza israeliana di famiglia ebraica ortodossa che vuol stare con un ragazzo palestinese di famiglia sunnita", essa nel nostro ordinamento ha tutti i diritti che hanno gli altri cittadini e residenti. Cosa preveda, in proposito, l'ordinamento israeliano o saudita o marocchino nemmeno mi interessa. Abbiamo tanti diritti da conquistare o da riconquistare e tanti doveri da riaffermare, strumentali o finali, qui sulla nostra terra e nella nostra Repubblica, che davvero non ho la presunzione di interessarmi a diritti pretesi in altri Stati.

Come vedi la teorica dei diritti è monca, perché lascia fuori i doveri, preferisce interessarsi a diritti da affermare in ordinamenti stranieri anziché a interessi da tutelare nella nostra Repubblica (è una teorica globalista), immorale o rischia di essere immorale, perché strumentalizza nobili istituti e spesso falsa, scambiando privilegi, capricci, diritti e doveri.

Perché credi che la "sinistra" abbia finito per essere composta soltanto dal 3% dei votanti? Perché sono stupidi gli italiani? Perché sono stupidi i cittadini di tante altre nazioni? No, perché è immatura, buonista, giunge a falsificare la verità e soprattutto rimuove i doveri. Il fondamento dei diritti sono i doveri. Da un lato, se noi adempiamo i nostri doveri abbiamo titolo per rivendicare i diritti, dall'altro ogni comunità, piccola o grande che sia, è fondata sui doveri, sicché alla resa dei conti la teorica dei diritti è manifestazione di individualismo. 

 
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4 Luglio 2014

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Nell'orgia di retorica seguita alla scomunica dei mafiosi, del tutto priva di significato nella sua genericità, è passata inosservata una frase di Papa Bergoglio: «Chi non adora Dio di conseguenza adora il Male». Frase di una gravità inaudita che non può essere «voce dal sen fuggita» perché detta da uno che sa, o dovrebbe sapere, quel che dice. Io non adoro Dio, semplicemente non credo alla sua esistenza. Ma se mai ci credessi penserei che è un sadico perché ha creato l'uomo, l'unico essere vivente ad avere una lucida consapevolezza della propria fine. Un essere tragico. «La sola scusante di Dio è di non esistere» ha scritto Baudelaire. Ed è la cosa più misericordiosa che si possa dire nei confronti di questo Soggetto.

A me questi adoratori di Dio, soprattutto del Dio monoteista, sia esso ebreo, cristiano o musulmano, cominciano a stare profondamente sulle palle. Dimenticano con troppa disinvoltura le infamie di cui si sono coperti. Gli ebrei con la pretesa di essere «il popolo eletto da Dio» hanno fondato quel razzismo di cui in seguito diverranno tragicamente vittime. Ma almeno non hanno mai avuto mire espansive. In quanto agli altri due 'adoratori del Dio unico' hanno distrutto, al seguito dei propri eserciti, intere popolazioni e culture, più miti, da quelle dell'America precolombiana a quelle dell'Africa centrale. Prima che, nel 1789, entrasse in campo un altro Dio, questa volta laico, anzi una Dea, la Dea Ragione, le guerre di religione sono state le più spietate. Il Medioevo europeo era cristiano ma essendo la grande maggioranza della popolazione contadina, oserei dire che, nella gente comune, era un cristianesimo che tendeva al pagano, all'animismo, un po' come per le popolazioni dell'Africa nera. Le guerre le facevano i professionisti, i cavalieri. Ma furono guerre ridicole. A parte casi limite, come la battaglia di Anghiari (1440), resa famosa da un abbozzo di Leonardo, dove su undicimila combattenti si sarebbe avuto, a detta di Machiavelli, un solo morto (le stime, più attendibili, di Flavio Biondo parlano di sessanta caduti) o come quella di Bremule (1119) dove i morti furono tre o come quella guerra che, a leggere le cronache, «imperversò un anno in Fiandra» dopo l'assassinio di 'Carlo il Buono' (1127), ma in cui caddero sette cavalieri dei quali uno solo in combattimento, è assodato che il bilancio di quasi tutti i conflitti medioevali si riduce a poche centinaia di morti. C'è però un'eccezione, il 1500, il 'secolo di ferro' caratterizzato dalle guerre di religione. Nella sola 'notte di San Bartolomeo' (1572) furono uccisi 20 mila ugonotti. E ce ne vuole di ferocia per fare un tale massacro all'arma bianca. Ma è solo un esempio, fra i tanti.

Adesso ci sono guerre, mezzo di religione e mezzo di potere, fra sunniti e sciiti in Iraq, causate dall'intervento militare del 2003 dei pii protestanti americani («Dio protegga l'America», e perché non il Burkina Faso?) e guerre di religione in Nigeria fra gli estremisti islamici di Boko Haram e altri islamici il cui obbiettivo finale è però l'Occidente (Boko Haram significa letteralmente «L'educazione occidentale è peccato»). In queste guerre ci vanno spesso di mezzo anche i cristiani. La cosa non mi commuove. Non dovevano andare, loro o i loro predecessori, animati da spirito missionario, dallo spirito del Bene, in luoghi che non li riguardavano affatto.

Io temo il Bene perché, rovesciando la famosa frase di Ghoete, «operando eternamente per il Bene realizza eternamente il Male». Preferisco il Male che si presenta come tale. Io sto col Male.

Massimo Fini 

 
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2 Luglio 2014

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Da Rassegna di Arianna del 17-6-2014

Da tempo ormai nell’agenda politica di un numero crescente di Paesi, incluso il nostro, si va facendo sempre più martellante, se non ossessiva, l’urgenza del riconoscimento del matrimonio delle coppie omosessuali, con tutto il corollario di diritti e di priorità conseguenti, in primis il diritto ad “avere” dei figli.

Il libro “UniSex. La creazione dell’uomo ‘senza identità’” (Enrica Perucchietti e Gianluca Marletta, Arianna Editrice, Bologna 2014, pp. 120, euro 9,80) entra in profondità nei meandri della questione, inquadrandola sia sotto il profilo politico ed economico, sia sotto quello culturale, antropologico e filosofico.

I poteri forti e le istituzioni sono diventati all’improvviso così filantropi da dare l’esclusività, in un mondo travagliato da problemi ben più drammatici ed urgenti, ad una battaglia in fondo periferica in difesa di una minoranza i cui fondamentali diritti nessuno nega? Da dove nasce tanta insistenza, tanta importanza, tanta urgenza? Quale vero interesse, o molteplicità di interessi, muove gli organismi del potere politico ed economico a battersi tanto strenuamente perché alle coppie omosessuali venga riconosciuto il diritto di sposarsi e allevare dei figli?

Ma quali diritti negati?

Il problema non è semplicemente quello di prevenire ed eliminare ogni forma di violenza e di razzismo —a questo già provvede l’articolo 3 della Costituzione che esplicitamente dichiara «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Il vero obiettivo è riconoscere legittimità a qualcosa che semplicemente non esiste e che il comune buonsenso basta a riconoscere come improponibile e inaccettabile. La famiglia è composta, per legge di natura, da un uomo e una donna e solo da quest’unione possono nascere dei figli. Da due persone dello stesso sesso non può nascere nulla. È il diritto naturale a proclamarlo, non certo un’ideologia costruita dall’uomo.

La giustificazione della difesa dei diritti negati è dunque solo un pretesto. E se il fine dichiarato, e giustamente più che legittimo, è quello di evitare ogni forma di razzismo, non si capisce perché per eliminare il razzismo sia anche necessario che gli omosessuali si sposino. Se mai c’è il rischio, con questi presupposti, di creare una nuova minoranza da perseguitare se su questi temi la pensa diversamente. Aveva ragione Gilbert Keith Chesterton quando scriveva che sarebbe venuto il giorno in cui, per chiamare “pietre” le pietre, si sarebbe dovuta sguainare la spada...

La costruzione ideologica

Tra i molti strati sottostanti l’intera questione, il primo è quello dell’ideologia del gender, secondo la quale il nostro sesso non è altro che un prodotto culturale, determinato da stereotipi ormai obsoleti. Non si nasce più con un sesso biologicamente determinato, ma si è liberi nel corso della propria evoluzione di scegliere liberamente il sesso a cui appartenere.

Il padre ufficiale di questa ideologia è lo psichiatra della John Hopkins University, John Money, che coniò per primo l’espressione “identità di genere”. A lui si devono anche le prime operazioni di cambio di sesso, o meglio gli “esperimenti” di chirurgia da lui compiuti su bambini nati con qualche anomalia dei tratti sessuali. Una delle sue operazioni più note e devastanti è quella fatta a David/Brenda, il bambino nato maschio e da lui operato dopo qualche mese per un’infezione genitale. L’operazione, per un errore, si trasformò in un cambio di sesso e obbligò i genitori a crescere il piccolo con il nuovo nome di Brenda, trattandolo in tutto come se fosse un bambina. Le conseguenze furono terribili, innescando in David/Brenda un processo di dissociazione psico-fisica che lo condusse al suicidio ancora in giovane età.

Partorita da Money, questa ideologia lentamente è penetrata nel tessuto sociale e nella cultura, registrando un momento particolarmente significativo con la derubricazione dell’omosessualità come malattia dal DSM, il Manuale Diagnostico e Scientifico più utilizzato al mondo. Passo successivo la creazione del termine “omofobia”, una nuova malattia da inserire nel Manuale e da curare con psicofarmaci e percorsi di psicoterapia (specie in America).

I megafoni del gender

A far penetrare in modo capillare nella società l’ideologia del gender da anni ci pensano i media, con film, Serie Tv, divi dello spettacolo, musicisti e cantanti tra i più amati dal pubblico, specie quello giovane. Più i beniamini del piccolo e grande schermo si propongono con i tratti dell’ambiguità, favorevoli a relazioni di ogni genere, omo o bisessuali, rispecchiando anche nell’aspetto fisico il carattere androgino della loro personalità, più hanno presa sull’immaginazione inquieta e malleabile dei giovani.

Sui giornali si dà grande risalto alle loro dichiarazioni, la moda a sua volta diffonde un modello di bellezza femminile sempre più asessuato, sul piccolo schermo nei vari programmi pomeridiani di intrattenimento il bacio sulla bocca tra persone dello stesso sesso viene usato come espediente per fare audience.

Si tratta solo di una moda? Che come tutte le mode farà il suo tempo e finirà nel dimenticatoio? O vi è qualcosa che ci sfugge, qualcosa che va oltre la semplice motivazione economica – negli Stati Uniti si addita nella difesa dei diritti degli omosessuali un potente volano dell’economia, essendo questi un gruppo forte e numeroso sotto il profilo produttivo (spiegazione che non tiene, visto che si tratta solo di un’esigua minoranza) —, il calcolo politico – attirare dalla propria parte il maggior numero possibile di elettori — ma quanti, se, come scritto sopra, sono comunque una minoranza gli omosessuali e ancora più in minoranza quelli che ambiscono al matrimonio, ai figli e alla famiglia —, la pura e semplice filantropia — possibile che i più grandi miliardari americani, le più potenti multinazionali che macinano vite ogni giorno schiacciandole nei ritmi di un capitalismo selvaggio siano diventati tutti filantropi e per una questione così marginale?

L’anello che non tiene

È su tutti questi punti smagliati della rete dell’ideologia del gender e delle relative politiche a sua difesa e sostegno che l’indagine di “Unisex” si concentra con particolare attenzione.

L’uomo moderno ha vissuto a partire dall’Illuminismo e vive ancora oggi, in forme spesso estreme come la teoria del gender, una progressiva spogliazione di ogni identità: culturale, psicologica, antropologica, religiosa e ora anche fisica. Questo è l’ultimo paradossale passo di quest’opera di annientamento dell’uomo in quanto uomo, dotato di una natura con sue leggi proprie, inscritte nello spirito ma anche nel corpo. Dopo aver cercato di lavare via con la spugna corrosiva del dubbio e dello scetticismo ogni segno identificativo dal volto umano così come Dio l’ha pensato e creato, ora si cerca di cancellare anche il corpo con la sue leggi indisponibili, la sua identità sessuale: maschio e femmina, maschile e femminile, rischiano di non significare più nulla. Il processo è ancora all’inizio, ma il traguardo è quello: creare un uomo senza più alcuna identità, e come tale debole, fluttuante, incerto, manipolabile come cera.

Questo progetto iniziato due secoli fa ora cerca di valicare anche il confine delle più elementari leggi di natura che la semplice ragione riconosce: la distinzione tra l’uomo e la donna, la coppia originaria legata da una polarità naturale prima che intellettiva, emozionale e psicologica. I due che diventano Uno, e l’Uno che si fa luogo in cui i contrari si incontrano e si conciliano: luce e ombra, sole e luna, cedevolezza e forza, arretramento e avanzamento. Da questo grembo in cui tutti i valori legati al femminile e maschile si incrociano e si armonizzano nasce la vita. E questa vita lungo tutto l’arco del suo svolgersi ha bisogno a sua volta di confrontarsi con essi, continuamente. E lo può fare solo con una madre e un padre, femmina e maschio che, dispensando ciascuno secondo la sua natura i nutrimenti fisici, affettivi, psicologici e spirituali necessari ad un armonico sviluppo della persona, contribuiscano alla buona riuscita della sua vita.

Il volto della madre, femmina, e del padre, maschio, sono e rimangono il primo specchio in cui il bambino si riflette e si guarda. La prima carezza, il primo assaggio di vita.

 

 

Alessandra Scarino

 

 

 




 

 

 
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29 Giugno 2014

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Da qualche giorno è stato dato un volto e un nome a colui che avrebbe commesso nel novembre 2010 l'efferato omicidio della tredicenne Yara Gambirasio, trattasi del muratore quarantaquattrenne Bossetti Massimo Giuseppe. E subito i media si sono avventati su quest'uomo, al momento in stato di fermo, e sulla sua famiglia, scavando nel passato suo e della madre, alla ricerca di chissà quali segreti e chissà quali indizi, magari premonitori del drammatico delitto poi perpetrato.

Ma tutto il can-can mediatico è stato attivato da un twit del ministro degli Interni, Angelino Alfano, il quale, in barba al riserbo con il quale la Procura di Bergamo aveva condotto le indagini negli ultimi mesi e alla prudenza con la quale avrebbe (giustamente) voluto gestire il fermo dell'indiziato, ha comunicato l'arresto del presunto omicida. E da qui si è scatenata la bulimia mediatica della caccia prima all’identità del "mostro", poi della sua famiglia (moglie e tre figli), nonchè della madre, rea di aver dato alla luce un futuro omicida frutto di una relazione forse extraconiugale.

Tra le tante considerazioni amare che la vicenda mi suggerisce, una riguarda proprio il Ministro Alfano, purtroppo in un Paese oltre l'orlo del tracollo come l'Italia lui è tra i più degni rappresentanti della mediocrità e dell'incapacità italica.

Oramai, puntuale come l'arrivo della bella stagione, arrivano anche le gaffe e le certificazioni di inadeguatezza politica di quest'individuo. Dal caso del rapimento di Alma Shalabayeva e di sua figlia a quello della cattura del presunto omicida di Yara, Alfano si erge a emblema dell'incapace di successo, del miracolato dalla sua stessa inadeguatezza, del dannoso a sua insaputa. Ma non voglio dilungarmi oltre per non dedicare ulteriore attenzione a questo improbabile uomo politico divenuto senza meriti un ancor più improbabile Ministro dell'Interno.

L'altra considerazione è che, qualsiasi evoluzione e dinamica avrà questa vicenda, non ci sarà nessun lieto fine. Arrivati a questo punto della vicenda, che Bossetti sia o meno l'omicida di Yara, rimarrà sempre una ferita non rimarginabile in coloro che direttamente o indirettamente sono coinvolti.

Se non fosse colpevole, nessuno potrà comunque ridare Yara ai propri genitori e ai propri fratelli, e l'angoscia sarebbe vita natural durante. Allo stesso tempo se Bossetti fosse colpevole la propria famiglia sarebbe rovinata per sempre dalla vicenda, la madre, che avrebbe avuto un figlio futuro omicida a seguito di una relazione extraconiugale, il padre, che ha scoperto in questa drammatica vicenda di non essere il padre biologico di suo figlio, la moglie e i tre figli minorenni che si troverebbero a convivere per il resto della loro vita con il marchio d'infamia di essere stati moglie e figli di un efferato omicida.

È una tragedia greca, non c'è un barlume di luce, solo tenebre, solo dolore.

L'ultima considerazione è quasi sociologica, e si lega non solo all'arresto del presunto (io mi ostino, per prudenza visti i precedenti, a chiamarlo così) omicida di Yara, ma anche ai numerosi efferati delitti, quasi tutti nella cerchia familiare, che sono assurti agli onori della cronaca nera negli ultimi anni.

Mi chiedo come sia possibile che in una società dove regna ancora un relativo e diffuso benessere, dove il livello di scolarizzazione e di cultura è più alto rispetto al passato, dove le realtà familiari svolgono le proprie vite in case e ambiti di relativo benessere materiale, si moltiplichino episodi di efferata violenza.

Io credo che ciò accada proprio per i motivi con i quali interrogavo poco sopra.

Nella nostra società si sono persi tutti i codici d'onore che tenevano assieme una comunità, che non sono le somme dei singoli beni materiali individuali, bensì i codici d'onore che un tempo venivano rispettati anche se non vi erano una cultura e una scolarizzazione diffusa, ed erano la lealtà, la parola data, l'onore, il rispetto.

Di più, oggi gli individui sono ingabbiati in una società fatta per robot, non per persone, dove il vizio viene bandito come un peccato, di  più, come un reato; invece il vizio è da sempre una utile valvola di sfogo alle frustrazioni, alle difficoltà e alle amarezze della vita quotidiana, lavorativa e familiare. Vizi che negli anni del dopoguerra avevano aiutato le persone a sfogare le difficoltà, quali il fumo, il vino e persino i bordelli, erano compagni insostituibili e necessari ad abbassare il grado di aggressività sociale in periodi nei quali fame, fatica e patimenti erano sicuramente più presenti di oggi.

Tuttavia ora si stanno trasformando le persone in macchine, robot, in qualcosa che non sono mai stati, c'è una tensione sociale, favorita dai media, volta alla perfezione, il genitore perfetto e sempre presente in famiglia, che porta i figli a scuola e li va a riprendere, a catechismo e li va a riprendere, alle innumerevoli lezioni di sport, danza, musica, recitazione e chissà cos'altro e li riporta a casa, agli incontri con i catechisti e i professori, in parrocchia e nelle associazioni più disparate, insomma una continua tensione verso la perfezione che fa lievitare sotterranei sentimenti di rabbia che sedimentandosi nel tempo non possono che sfociare in un gesto, anche uno solo, inconsulto, ma fatale per la vita del carnefice e, naturalmente, della vittima.

Come un torrente i cui argini vengono continuamente ristretti per far spazio al cemento, prima o poi si vendica riversandosi fuori dalle anguste e artificiose mura, così la nostra società comprime sempre più la personalità degli individui, avvicina il vizio al peccato, e questo al reato. Bere, fumare, andare a donne, non sono tollerabili nella società della perfezione e del perbenismo, ed ecco che la natura dell'uomo, che è più simile a quella di un lupo (homo homini lupus) che a quella di un angelo asessuato o di un freddo robot, prima o poi prende il sopravvento, e quando lo fa, avviene in modo violento, tale da travolgere vite umane e sconvolgere le coscienze di intere comunità.

Ma non è tutto, chissà perchè ogniqualvolta si verifica un delitto efferato i media riferendosi all'omicida parlano di "orco", "mostro", "rifiuto umano" e via di questo grado. Non sono d'accordo, gli autori di questi omicidi sono da classificare per quello che hanno commesso, ossia degli assassini.

La nostra società, per fortuna, da diverse generazioni non vive i drammi della guerra, e il nostro rapporto con la violenza e il dolore è da ricondurre o alla visione di film e videogiochi a ciò funzionali, oppure alla perdita di una persona cara per malattia o fatto traumatico, come l’incidente d’auto. Manca nella nostra esperienza collettiva un dramma unificante come quello della guerra che porta con sé quello della morte, del dolore, e del male! Se ne è persa la memoria, se ne è persa l’esperienza, non sappiamo più catalogare in maniera lucida e obiettiva un evento che sconvolge l’esperienza collettiva di più individui, di una comunità, ed ecco che si rispolverano figure inesistenti quali mostri e orchi. Ma non è così. Apriamo gli occhi. Coloro che si sono macchiati di efferati delitti, perlopiù nella cerchia familiare, sono persone, in carne e ossa! Piaccia o meno sentirselo dire, sono persone, non orchi o mostri!

Ed è proprio questo al quale non vogliamo credere, che il male non è patrimonio genetico di pazzi, squilibrati, orchi e mostri, ma dell’individuo, di ogni singolo individuo, perché come ben sapevano i latini “homo homini lupus”, l’uomo è lupo per l’uomo. Non vogliamo accettare che il male, o meglio, la capacità di produrre il male, sia insita nella natura umana, e che non c’è scampo alla nostra natura.

Pensiamo di vivere nel migliore dei mondi possibili perché abbiamo “cose”, negli armadi, nel frigorifero, in salotto, in garage, possiamo permetterci tante e sole “cose”, ma l’animo umano non si nutre di “averi”, ma di esperienze, e quando ci lasciamo travolgere nella spirale del vortice di un mondo più virtuale che reale, fatto di continui, ripetuti e noiosissimi doveri, di cura e culto dell’immagine, estetica e sociale, sempre tesi alla perfezione senza tuttavia poterla mai raggiungere, ecco che qualcosa in noi si rompe, e il lupo che alberga in ogni individuo prende il sopravvento sull’artificioso perbenismo di questa società a misura di robot, che odia l’individuo.

Riposa in pace piccola Yara.

 

Roberto Locatelli

http://locatelliroberto.blogspot.it/

 

 

  

 
Cent'anni dopo PDF Stampa E-mail

27 Giugno 2014

 

 

Se potessimo tornare indietro di cent' anni, con una "macchina del tempo", vedremmo l' erede al trono d' Austria-Ungheria, Francesco Ferdinando d' Asburgo, compiere le ultime stragi di pernici e fagiani col suo fucile da caccia, prima di salire sul treno che lo avrebbe portato nella irrequieta Bosnia, in cui domenica 28 giugno 1914, poco dopo mezzogiorno, avrebbe trovato la tomba assieme alla moglie, ucciso da Gavril Prinzip.

La dinamica e le incredibili coincidenze ( nulla, a quanto pare, accade mai per "caso"..) dell' attentato - che sarebbe stato evitabilissimo- sono abbastanza note e chiunque potrebbe reperirne informazioni sulla Rete o su Wikipedia.

In questo articolo non si vuole descrivere un fatto storico abbastanza noto, quanto analizzarne le conseguenze proprio oggi, a cent' anni precisi di distanza.

Vi sono, nella storia dell' umanità, date che sono impresse nel marmo e che suonano come una netta cesura tra un "prima" ed un "dopo".

L' 11 settembre 2001, la scoperta della legge di gravità da parte di Newton, la presa della Bastiglia il fatale 14 luglio 1789, la precedente "Dichiarazione di Indipendenza " dei futuri Stati Uniti nel 1776..tutte date che hanno dato un taglio netto alla staticità degli umani avvenimenti, accelerando processi storici già in corso e dando il "la" a nuove epoche, non sempre logicamente pervase dalle "magnifiche sorti e progressive".

Per l' attuale, miserabile  Europa, il 28 giugno 1914 si colloca scolpito a grandi lettere nel marmo del libro della Storia.

Con l' inizio di un agitatissimo trentennio di "guerra civile europea"(1914-18 e 1939-45, con una tregua ventennale), condito da esperimenti politici quali nazismo, fascismo e l' ascesa del comunismo in Russia -quest' ultimo il più longevo, perdurando sino a 25 anni fa- i Paesi del Vecchio Continente iniziavano quel lunghissimo processo che alla lunga li ha estromessi dal baricentro del mondo, per diventarne una periferia marionetta della potenza nordamericana, processo che mai quanto oggi appare visibile.

L' Europa del 1914 governava, si può dire, il mondo.

L' Europa del 2014 è occupata da basi NATO, subisce passivamente decisioni prese altrove, non conta una cicca nelle aree nevralgiche del Pianeta, specialmente in quelle dove dovrebbe essere suo vitale interesse spendere qualche parola: Medio Oriente, Mediterraneo, Nord Africa.

L' Europa del 1914 aveva della sovranità nazionale e della autodeterminazione dei popoli un mito, oggi il mito è opposto: una globalizzazione selvaggia che porta a forme mostruose di unioni transnazionali alla mercè delle banche e dell’ alta finanza.

L' Europa del 1914, seppur a volte in modo schizofrenico, sapeva comunque ancora ben coniugare l' antico e il moderno: era, paradossalmente, un Continente industriale (sebbene non dappertutto..) ma ancora , da molti punti di vista, premoderno.

Lo stesso Impero Tedesco era governato da una monarchia che si definiva tale "per Grazia di Dio", con un sistema basato su tre classi di deputati dove l' aristocrazia -seppur dovesse fare i conti coi socialisti, agguerritissimi nella Germania guglielmina- deteneva le leve del potere e i quadri dell' esercito.

A parte Svizzera , Portogallo (Repubblica dal 1910) e Francia, tutti gli Stati erano monarchie più o meno temperate, dove il sovrano aveva ancora alcune voci in capitolo, pure nella nostra Italia.

I sovrani stessi furono largamente protagonisti nella "crisi di luglio", che sfociò poi in guerra aperta ai primi d' agosto, nonostante gli strepiti dei partiti socialisti, figli della società di massa e industriale all' epoca ancora agli albori e giovane, quindi innocente.

Il mondo rurale, conservatore, era ancora la maggioranza in Italia ma pure in Ungheria, tacendo della situazione della Russia zarista.

L' Europa di inizio secolo scorso, insomma, era allo stesso tempo moderna ed industriale quanto premoderna e contadina, in un faticoso equilibrio che a ben vedere , temperato dai valori, ancora sentiti, poteva calmierare molte storture se ben sfruttato.

La guerra ha distrutto tutti i rimasugli di quel mondo antico, accelerando enormemente verso la modernità e la società di massa, preludio ai totalitarismi degli anni Venti-Quaranta e alla società postbellica occidentale americanizzata nata col Piano Marshall, oggi esplosa in maniera esponenziale.

Così aumentata che in certi Paesi quali Olanda o Svezia,  la gente usa più l' inglese dell' idioma nazionale.

Cent' anni dopo l' Europa è solo una agitata e decadente periferia del mondo, vecchia e stanca, in totale decadenza etico-civile-morale, svuotata, banco di prova del governo finanziario mondiale e succube all' "amico americano".

L' involuzione dell' Europa, nell' ultimo secolo, è stata spettacolare e non basta consolarsi col fatto che tutti abbiano smartphone, pc e pay-TV: è fresca di oggi la notizia che stanno aumentando i giovani senzatetto, 13.000 a Parigi e 4.000 a Roma, ma anche qualche migliaio nelle prospere Bruxelles e Stoccolma!

Si dice che la colpa sia della crisi..ma tanto, non avrebbe mica dovuto già esser finita nel 2010? Pardon, nel 2011, 2012, 2013, 2014 e qualcuno dice che il punto di svolta (da tradursi: quando aumenteranno i "barboni") sarà il 2015. In attesa del 2016, 2017, 2018.. aspettando Godot.

Simone Torresani

 

  

 
Sull'Internazionale Islamica PDF Stampa E-mail

24 Giugno 2014

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Lasciamo perdere le varie sigle nelle quali ci si perde inutilmente con mille distinguo irrilevanti: Al-Qaeda, Salafiti, Isis... La realtà che conta è l’esistenza di una Internazionale Islamica che da trent’anni sta svolgendo un grande ruolo nella storia del mondo, volendo limitarci alla storia recente, perché andando indietro nel tempo troveremmo che questo fenomeno, con caratteristiche molto diverse, è una costante.

Parliamo di decine di migliaia di guerrieri, fanatici fino al suicidio per la causa, ben armati e addestratissimi, provenienti da tutto il mondo musulmano e talvolta anche dall’Europa e dagli USA.

Una simile forza non scaturisce dalla predicazione di qualche allucinato barbuto nascosto nell’oscurità di una caverna. Dietro un’armata come questa ci sono Stati che finanziano, che organizzano, che addestrano, che armano. Questo è un dato di fatto indiscutibile.

Ebbene, di questa Internazionale Islamica si conosce la nascita, a Peshawar, località pakistana alla frontiera con l’Afghanistan, nei primi anni Ottanta del secolo scorso, e si conoscono gli sponsor: l’Arabia Saudita provvide al finanziamento e al proselitismo, la CIA americana all’armamento e all’addestramento. Si conosce anche il fine: aiutare la resistenza afghana per sconfiggere l’Armata Rossa sovietica che aveva invaso il Paese negli ultimi giorni del 1979. Quell’Internazionale Islamica fece un ottimo lavoro, contribuendo al crollo dell’URSS ben più delle omelìe del  tanto esaltato papa polacco.

Non è credibile che una simile organizzazione, dimostratasi tanto efficiente, sia stata abbandonata a sé stessa dai suoi creatori, l’Arabia Saudita e gli USA, dopo la fine dell’URSS.

La ritroviamo attiva negli anni Novanta, pochissimo tempo dopo il ritiro sovietico dall’Afghanistan. La troviamo nella guerra balcanica, durante la dissoluzione della Yugoslavia. In particolare in Bosnia, contro i cristiano-ortodossi serbi, anche in questo caso di concerto con gli Usa e con la NATO. I bombardieri della NATO colpivano dal cielo, i guerrieri di Allah facevano il lavoro sporco a terra.

Negli stessi anni la troviamo in Cecenia, spina nel fianco di una Russia che gli americani e la NATO non volevano si risollevasse dopo l’implosione dell’URSS. Ancora una volta, i guerrieri musulmani utilizzati da chi li aveva creati.

Passano pochi anni e l’Internazionale Islamica riappare nell’Iraq invaso dagli imperialisti. Apparentemente ora combattono contro gli USA, ma è veramente così? Contro l’invasione si era organizzata una resistenza patriottica in cui sunniti, saddamisti e sciiti conducevano parallelamente azioni di guerriglia micidiali. Ebbene, a quel punto appaiono i guerrieri barbuti provenienti da mezzo mondo. Uccidono dei soldati occidentali ma soprattutto fanno stragi di civili, accanendosi contro la popolazione sciita. Il fronte unitario di resistenza patriottica viene spezzato, la resistenza diventa guerra fratricida e conflitto settario. Gli americani possono respirare.

Libia 2011. La rivolta di alcune tribù contro Gheddafi sarebbe facilmente repressa dalle forze governative sostenute dalla maggioranza della popolazione. Interviene l’Internazionale Islamica che fa il lavoro sporco a terra, mentre i bombardieri della NATO fanno il resto dal cielo. Un Paese prospero viene fatto a pezzi.

Contemporaneamente, in Siria un’agitazione che poteva essere contenuta diventa una feroce guerra civile per l’intervento di un’imponente Internazionale Islamica che gode dell’assistenza logistica, dell’armamento, del finanziamento, di Arabia Saudita, USA e di Paesi della NATO come la Turchia. Il lavoro non è portato a compimento unicamente perché finalmente Iran e Russia reagiscono a muso duro.

Veniamo all’oggi, all’offensiva dell’Internazionale Islamica in Iraq e al balbettamento di Obama e Kerry, che non possono smentire decenni di propaganda che addita l’estremismo islamico come il massimo nemico ma nello stesso tempo sanno bene che quei tagliagole stanno facendo ancora una volta un lavoro prezioso per l’Impero e per Israele: attaccano il governo sciita di Baghdad, troppo amico di Iran e Assad per essere tollerato, creano le premesse per una rinnovata offensiva nella confinante Siria, colpendo al cuore quell’asse fra Iran, Siria ed Hezbollah libanesi che tanto disturba Israele e che gode del sostegno russo.

Sembra così sufficientemente dimostrato che l’Internazionale Islamica è stata ed è uno strumento efficacissimo manovrato da americani, sauditi e NATO per i loro fini, dietro la retorica della lotta al fondamentalismo.

Non sarebbe onesto tacere altri fatti che all’apparenza smentiscono questa tesi.

Non è un argomento contrario alla tesi quello della resistenza afghana contro la NATO. A differenza dei tempi dell’invasione sovietica, là non agisce un’Internazionale Islamica: la resistenza è opera dei pashtun, un’etnia di fieri combattenti che sta oscurando la fama guerriera dei gurka, dei vietnamiti e dei curdi.  Tuttavia nell’Africa Orientale agisce un’Internazionale Islamica, a fianco degli Shebab somali, che combatte l’Occidente. Può essere l’eccezione che conferma la regola.

C’è poi il terrorismo, che sembra essersi accanito contro gli occidentali, dagli attacchi alle ambasciate fino all’11 Settembre e alle bombe di Londra e di Madrid, passando per il sanguinoso attentato al cacciatorpidiniere americano Cole. Imprese tragiche che hanno offerto il pretesto per la massiccia offensiva imperialista degli anni di Bush. Imprese che presentano comunque lati molto oscuri, soprattutto nel caso dell’11 Settembre, di cui ci è stata propinata una versione ufficiale che cozza col buon senso.

Risultano pertanto debolissimi gli argomenti contrari alla tesi di un’Internazionale Islamica utilizzata sistematicamente dall’Impero e da Israele per i loro fini.

Il gioco è comunque estremamente pericoloso per tutti. I fanatici islamisti odiano l’Occidente. Alcuni di loro sono passati per Guantanamo, altri si sono trovati sotto i bombardamenti dei droni. La creazione di un califfato islamico nella penisola arabica sarebbe una sciagura per l’Iran e per gli interessi della Russia, ma costituirebbe una minaccia anche per gli stessi sponsor dell’estremismo, Arabia Saudita, Giordania, USA, Turchia, Israele.

Gli apprendisti stregoni hanno evocato forze malefiche che possono sfuggire al controllo. La forza delle cose è sempre più complicata di quanto non immaginino le menti di quelli che si credono padroni del mondo.

 

Luciano Fuschini

 

 

 

 
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