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Rifiuto di destra e sinistra PDF Stampa E-mail

22 Agosto 2024

 Da Rassegna di Arianna del 20-8-2024 (N.d.d.)

Cominciamo con l'esporre tre dichiarazioni a titolo esemplificativo: due rilevanti e internazionali, una di portata soltanto italiana.

1) Il 18 gennaio, durante la riunione annuale del World Economic Forum a Davos, il presidente dell'Argentina Javier Milei prende la parola attaccando politicamente l'istituzione ospite e affermando che "l'Occidente è in pericolo" perché starebbe imboccando la "strada del socialismo". Tale strada, secondo Milei, prevede sempre più Stato e sempre più regolamentazione laddove, invece, sarebbe necessario lasciare che il mercato si governi da solo. 2) Il 18 agosto, durante una conferenza stampa, Donald Trump afferma che, in caso di vittoria di Kamala Harris, tutti saranno gettati entro "un sistema comunista" nel quale si correrebbe il rischio che chiunque possa ottenere assistenza sanitaria gratuita. 3) Venendo al piccolo esempio italiano, nella giornata di ieri 19 agosto il giornalista Mario Giordano scrive su La Verità un editoriale sotto forma di lettera rivolta al direttore dell'OMS Tedros Ghebreyesus, nella quale quest'ultimo viene accusato di essere "comunista".

La destra, storicamente, non ha mai elaborato una critica alla matrice neoliberista del mondo occidentale. Ha contestato il nichilismo, la decadenza, la modernità, ma non il neoliberismo. Quest'ultimo è oggi analizzato criticamente soltanto da filosofi come Alain De Benoist che provengono sì da destra ma che, non a caso, non si riconoscono più in tale categoria.

Negli ultimi decenni, come si sa, la sinistra è divenuta la più estremista sostenitrice dell'assoggettamento della società al mercato e della dissoluzione della sovranità popolare in favore del conferimento di ogni potere a organismi sovranazionali. Il crescente dissenso popolare che questo processo ha generato ha posto quindi la destra nella non scelta condizione di aggregatore del dissenso, con conseguente incertezza di auto-definizione rispetto a tale ruolo. Gli esempi di cui sopra, ebbene, indicano chiaramente che l'incertezza è finita e che la destra ha scelto di mettere in atto - in modo opposto ma esattamente speculare - lo stesso dispositivo retorico-ideologico della sinistra, ovvero cavalcare, amplificare all'estremo, la polarizzazione fra le categorie di destra e di sinistra, come se queste fossero l'unica chiave interpretativa della storia e della società. La conseguenza di questa scelta risulta esiziale per ogni ipotesi di opposizione politica e sociale giacché entrambe le polarità spostano l'attenzione dell'opinione pubblica dal neoliberismo - che è sistema vigente e ideologia egemone - per focalizzarla verso la memoria spettrale di "fascismo" e "comunismo". Così, da una parte abbiamo un inganno di sinistra che bombarda l'opinione pubblica sulla minaccia del "fascismo", mentre le grandi multinazionali assumono il controllo totale degli organismi sovranazionali ed eliminano il potere decisionale dei Parlamenti. Dall'altra, abbiamo un inganno di destra che straparla di comunismo, laddove stiamo invece assistendo alla privatizzazione non solo di ogni bene comune e di ogni spazio di socialità, ma anche della stessa nuda vita attraverso i dati genetici che, presto, andranno a implementare i Big Data delle corporation.

Forse, non c'è niente che possa avversare e rovesciare il duplice inganno ideologico messo in atto dai neoliberisti di sinistra e dai neoliberisti di destra. Come per tutti gli altri aspetti di questa fase storica, però, il problema non riguarda solo il fare ma anche il testimoniare, ovvero il piantarsi dritti a testa alta testimoniando il proprio rifiuto non solo del sistema esistente ma anche delle sue categorie di pensiero. L'autonomia di ciascuna singola persona, oggi più che mai, si esprime solo attraverso la capacità e il coraggio di sentirsi e dichiararsi - pienamente, senza infingimenti - CONTRO LA DESTRA E CONTRO LA SINISTRA. Solo coltivando singolarmente ed eticamente questo rifiuto duplice e assoluto, si può sperare che un giorno l'autonomia dei singoli si possa tramutare in Autonomia Popolare.

Riccardo Paccosi

 
Le pecore nere resistono PDF Stampa E-mail

21 Agosto 2024

 Da Rassegna di Arianna del 15-8-2024 (N.d.d.)

L’estate del nostro scontento lascia ferite troppo profonde per poter essere rimarginate. Le cicatrici rimarranno per sempre: nel mondo invertito abbiamo visto tutto ciò che non potevamo neppure immaginare. Olimpiadi in cui la civiltà è stata fatta a brandelli da una cerimonia inaugurale folle, figlia legittima del tempo dei pazzi al potere e in cui donne-non donne vincono medaglie per manifesta superiorità endocrina mentre travestiti blasfemi sbeffeggiano l’eucaristia. Il presidente del Comitato Olimpico Internazionale afferma di non saper distinguere un atleta uomo da una donna. Poveretto. […]

Così guardiamo inebetiti e plaudenti spettacoli indegni, così crediamo quello che ci viene fatto credere. Nello stato americano del Minnesota, di cui è governatore il probabile futuro vicepresidente Usa Tim Walz, una legge finanzia gli assorbenti nelle scuole anche per “maschi non binari”. I tamponi mestruali verranno distribuiti perché “non tutte le studentesse che hanno le mestruazioni sono donne”. Se ci crediamo, peggio per noi. E se non siamo d’accordo, è “discorso di odio”. In Gran Bretagna, dopo un eccidio perpetrato da un “nuovo inglese” di origine africana, sono scoppiati gravi incidenti a sfondo etnico. Si avvera “il discorso dei fiumi di sangue” di Enoch Powell, politico conservatore in ascesa che scontò con la fine della carriera politica l’opposizione all’immigrazioni massiccia che ha stravolto l’Inghilterra. Il governo laburista sta usando il pugno di ferro contro gli inglesi, non contro le bande straniere, pardon neo-britanniche. Un gerarca europoide, Thierry Breton, sgrida Elon Musk per avere intervistato Donald Trump: evviva la loro democrazia, sia lodato il loro pensiero unico, ossia l’unico pensiero, il Corano progressista, inclusivo, “risvegliato”, liberale e libertario. Un cumulo di bugie da gettare nella discarica.

È l’estate di Atlantide, l’isola leggendaria evocata da Platone, la potenza marittima oltre le colonne d’Ercole che dopo avere fallito l’invasione di Atene, sprofondò per opera di Poseidone, dio del mare, in un terribile ” giorno e notte di disgrazia”. Chissà se nel futuro storici e filosofi si interrogheranno sulle cause della fine d’Europa, a cui assistiamo sgomenti mentre altri – le folli oligarchie e chi crede alla loro narrazione – applaudono e ballano gioiosi, convinti di avere attinto vette di civiltà. In tempi di menzogna universale, dire la verità è un atto rivoluzionario (G. Orwell): siamo alla fine. Il fatto che quasi nessuno ci badi è una prova dell’irreversibilità di ciò che accade. Il suicidio non può più essere impedito. Un aforista austriaco di fine impero (ah, la patria imperiale dall’aquila bicipite!) Karl Kraus, scrisse che “il progresso importuna la natura e dice di averla conquistata. Ha scoperto morale e macchine per portar via la natura alla natura e all’uomo, e si sente al sicuro in una costruzione del mondo tenuta insieme dall’isterismo e dai comfort. Confessiamo una buona volta a noi stessi che da quando l’umanità ha introdotto i diritti dell’uomo, si fa una vita da cani.” Da cani d’antan, s’intende, non i viziati figli sostitutivi del gregge umano euro occidentale.

In altri tempi, la fine di Atlantide ci avrebbe sgomentato. Gli stessi moti inglesi non sono che una disperata convulsione, una febbre dell’agonia. Non serviranno: non si risvegliano popoli morti. Leggiamo statistiche terribili con allegria di naufraghi: il tasso di fertilità negli Stati Uniti è sceso al minimo storico nel 2023 e la percentuale di donne tra i 25 e i 44 anni che non hanno mai partorito è in forte aumento. Avere figli non rientra tra le priorità delle ultime generazioni (ultime perché non lasceranno eredi). In Europa l’80% dei giovani adulti preferisce viaggiare o lottare per il successo professionale (76%) piuttosto che formare una famiglia. Dall’altra parte dell’oceano le preferenze non sono diverse. La percentuale di adulti americani sotto i 50 anni che affermano che difficilmente avranno figli è aumentata di dieci punti in cinque anni, dal 37% nel 2018 al 47% nel 2023. Altissimo è il numero di coloro che affermano di non avere mai desiderato una famiglia (il matrimonio è un obiettivo solo per omosessuali?) né figli. Preferiscono la carriera, atomi solitari in competizione, nemici dell’Altro, il concorrente. Sono nomadi con trolley in giro per il mondo senza un vero scopo, giacché nel viaggio cercano non la conoscenza, la maturazione o la sorpresa, ma il “divertimento” e l’identico, tra aeroporti, centri commerciali, camere anonime, ostelli senz’anima e resort di un lusso standardizzato. Sembrano cercare l’Identico – la riproduzione seriale di ciò che già conoscono – più che scoprire i molteplici colori del mondo o sperimentare le distinte visioni della vita. Inutile: il “nostro“ modello è l’Unico. Sono come il potere li ha plasmati.

Tra i più giovani la risposta più comune su figli e famiglia è semplicemente che non li interessa. Molti sono impauriti dal cambiamento climatico, altri detestano i bambini; verità o alibi, significa sfuggire le responsabilità e non volersi impegnare se non a livello soggettivo, nel piacere o nel “successo”. La maggioranza afferma che non avere figli rende più facile permettersi le cose che desiderano, avere tempo per sé stessi, avere successo nel lavoro e condurre una vita attiva. Solo il 43% degli intervistati ritiene che costituire una famiglia abbia un valore sociale. L’esito della rivoluzione antropologica in atto è scontato: la fine della civiltà di cui siamo eredi per estinzione biologica unita – e conseguente – alla fine dei principi che la sostenevano. Nulla di nuovo: le civilizzazioni muoiono per suicidio, preceduto in genere dallo scatenamento delle pulsioni più basse e dall’egoismo più bieco.  Accogliamo con sollievo la certezza della fine in questa torrida estate di scontento esistenziale. Chi non vuole sopravvivere non lo merita: è una legge di natura valida anche per le civiltà umane. Atlantide scomparve. Mito o leggenda che sia, sono innumerevoli i popoli, le visioni del mondo, gli imperi, i popoli e le razze spazzate via dalla storia. Il moto non è uniforme, ma sempre – la fisica lo insegna – accelera nelle fasi terminali. Spiace essere proprio noi i testimoni dell’esaurimento dell’unica civiltà che amiamo (amavamo, in verità) e in cui ci riconosciamo, ma assai peggiore è l’accanimento terapeutico. Lasciamo che i morti seppelliscano i morti e prendiamo atto che a ogni fine corrisponde un nuovo inizio.  Che ci tocchi di vederlo o soltanto di presentirlo, i naufraghi di Atlantide hanno il dovere di tenersi in piedi e non cedere allo sconforto. Non sarà più buio di mezzanotte. Perché difendere contro vento e marea un mondo che ha rigettato la storia, se stesso, la riproduzione biologica e culturale di sé? Perché accanirsi a salvare la civiltà che ha rovesciato significati e parole, che considera positiva ogni “contaminazione” e odia se stessa con tutta l’anima? Merita tutto ciò che ha, a partire dai “diritti” che rivendica sino alle follie della Parigi olimpica, capitale rivoluzionaria dal 1789.  Sta a noi, pecore nere estranee al gregge, a quelli che non ci stanno, che non credono alla narrazione ufficiale, che detestano le mirabolanti conquiste del presente, creare fuochi di resistenza per diventare i primi di domani, non gli ultimi di ieri. Le pecore bianche hanno sempre un servo pastore e un padrone del gregge. Le pecore nere pagano in contanti (pochi, maledetti e subito, diceva la mamma) desiderano essere chiamate per nome, cognome e sesso (binario) senza carriera Alias, nickname e codici a barre. Senza più patria, senza più Dio, senza padri e senza figli. Neo civiltà trans: transessuale, transumana, ma fortunatamente transitoria.

È l’estate del nostro scontento, la fase in cui il moto all’indietro e verso il basso è più veloce. Inarrestabile solo in Occidente, piccola spocchiosa frazione di umanità decadente in corsa verso il nulla. Altrove ridono di noi e si apprestano a conquistarci con l’attiva collaborazione delle pecore bianche, i buoni, i conformisti, i benpensanti non pensanti. Noi ostentiamo la bandiera dei pirati; meglio fuorilegge di queste leggi, non bestiame marchiato a fuoco dagli eredi di chi costruì un impero sulla sopraffazione, il genocidio, lo schiavismo, la legge del denaro. Nella fase terminale, torna la violenza originaria, cadono le maschere e diventano chiare le menzogne sulla democrazia, la libertà di pensiero, il diritto. Dopo le trans Olimpiadi dell’inversione e del disprezzo della donna, l’umanità – solo una parte, alla faccia loro – precipita negli inferi secondo il copione della cerimonia di chiusura; raramente un’espressione fu più appropriata. Le pecore nere resistono. Perderanno lorsignori per consunzione; si può ingannare qualcuno per sempre e tutti per un po’, ma non si può mentire a tutti per sempre. Dopo l’incendio, ai piromani succederanno i pompieri e poi i ricostruttori di Atlantide. Serviranno, eccome, le pecore nere.

Roberto Pecchioli

 
Peggio della guerra fredda PDF Stampa E-mail

20 Agosto 2024

 Da Rassegna di Arianna del 17-8-2024 (N.d.d.)

Se ripensiamo - per chi non è tanto giovane - agli anni della Guerra Fredda, possiamo fare un utile esercizio; oggi, infatti, ci viene detto che stiamo tornando a quegli anni. Ma non è così. È molto peggio. Allora, quando c'era l'URSS, e la Cortina di Ferro, e il Muro di Berlino, c'erano sì due mondi separati, che si guardavano in cagnesco, e che in fondo in fondo erano reciprocamente utili: come un castello di carte, si regge su due di loro appoggiate l'un l'altra. E sì, poi si combattevano anche, un po' qua e un po' là - la Corea, il Vietnam, l'Afghanistan…; ma, in fondo, convivevano. Per dire, non solo in occidente non c'era alcuna russofobia, ma persino l'anticomunismo era tutt'altra storia. La FIAT apriva una fabbrica di automobili a Togliattigrad, e in tutta l'Europa occidentale (Italia e Francia sopra tutte) fiorivano grossi partiti comunisti. Certo, erano 'contenuti', c'era Stay Behind pronta ad intervenire se necessario, ed il famoso 'fattore K' ne precludeva l'accesso al governo. Ma, paragonato con i tempi attuali, letteralmente un altro pianeta. Nonostante la rivolta di Berlino nel '53, e quella di Budapest nel '56, e quella di Praga nel '68, e quella polacca del 1981 - tutte in un modo o in un altre duramente represse, in occidente l'anticomunismo (che comunque rimane una posizione politico-ideologica) non raggiunse mai l'asprezza dell'attuale russofobia (che invece è una forma di razzismo, per di più privo persino di un fondamento pretestuoso).

Anche rispetto alla questione palestinese, le cose andavano diversamente. I paesi occidentali sono sempre stati filo-israeliani, senza tentennamenti. E quando hanno fatto - come l'Italia - un po' di 'doppio gioco', non è stato certo per simpatia verso la causa dell'OLP, ma per interessi di bottega: tenersi buoni i paesi arabi da cui si comprava il petrolio, tenere lontano dal territorio nazionale il 'terrorismo' palestinese. Insomma, per farla breve, non soltanto i margini di autonomia dei paesi europei, rispetto agli Stati Uniti, erano abbastanza ampi, anche in politica estera, ma gli stessi margini di 'tolleranza' per il dissenso interno, anche radicale, erano infinitamente più laschi. Ancora agli albori del secolo, ai tempi della Seconda Guerra del Golfo, un poderoso movimento pacifista poté attraversare l'intera società occidentale, da Los Angeles a Berlino.

Quindi, perché ora nulla di tutto questo è più possibile? Perché il livello di intolleranza ha raggiunto livelli così alti? In fondo, anche allora (e parliamo di qualche decennio fa, non di secoli) i governi occidentali facevano comunque ciò che volevano, in ossequio al rapporto con gli USA, ma ciò non impediva che - al tempo stesso - i cittadini potessero esprimere la propria contrarietà a determinate scelte, senza che ciò venisse percepito come una intollerabile minaccia. Ovviamente, credere che ciò sia un frutto casuale degli eventi sarebbe di una ingenuità colossale. Prendiamo l'elemento che costituisce l'evidente 'giro di boa'. Quello che oggi sappiamo, con assoluta certezza (è documentato), è che gli avvenimenti che hanno portato, nel febbraio 2022, all'ingresso delle truppe russe nel territorio ucraino, sono stati pianificati negli Stati Uniti almeno vent'anni prima. E non ci vuole un genio a capire che un piano di tale portata - immaginato, organizzato e perseguito per due decenni - non può essere circoscritto ad una questione 'regionale'. C'è, chiaramente, un disegno più grande. Che del resto non è nemmeno segreto, basta leggersi i documenti ufficiali degli USA, in cui è scritto nero su bianco - ma che non si troveranno mai sulle pagine dei quotidiani 'coloniali' europei. La questione è che gli Stati Uniti non sono più una grande superpotenza che si confronta con un avversario potente, ma non tanto da sfidarlo apertamente, ma sono oggi un impero la cui egemonia è largamente messa in discussione, e che deve confrontarsi con più di una potenza (un paio delle quali formidabili) che non hanno remore a sfidarli, se necessario. E lo stato profondo degli USA, dinanzi a questa messa in discussione radicale del proprio potere egemonico, ha deciso che l'unica opzione possibile è la guerra. Ibrida, per procura se e finché è possibile, ma comunque guerra. E in guerra non c'è più spazio per i dubbi, per il dissenso; equivalgono ad essere una quinta colonna del nemico. Quindi la russofobia e la repressione inaudita del disaccordo (in alcuni paesi europei è oggi reato sventolare un bandiera palestinese, o anche solo pronunciare le parole "dal fiume al mare"...) sono conseguenza diretta di un disegno bellico a breve termine, e che richiederà la mobilitazione totale anche delle colonie; esattamente come accaduto durante la seconda guerra mondiale, quando reparti indiani, o marocchini, venivano inviati in prima linea in una guerra cui erano estranei, ed in cui gli interessi in gioco erano comunque a loro ostili. E i prossimi 'marocchini' sono i tedeschi, i francesi, gli spagnoli, gli italiani. Siamo noi. Per questo dobbiamo imparare a odiare il nemico, e comunque a tacere ed obbedire.

Enrico Tomaselli

 
Menzogna green PDF Stampa E-mail

19 Agosto 2024

 Da Comedonchisciotte del 16-8-2024 (N.d.d.)

Signore e signori, eccovi servita la vera transizione ecologica voluta da UE e governi fatta di multinazionali, coercizione, bruttura e, dulcis in fundo, una bella dose di veleno. Pensavate che green fosse sinonimo di alberi, farfalle e natura? Vi sbagliavate di grosso. “Green”, così come lo intende l’élite globalista, è in realtà fotovoltaico, pale eoliche, Ztl, macchine elettriche ad ogni costo, limitazione alle libertà per chi non si adegua e sostanze tossiche. La tirannide green è, infatti, menzogna. E, abbiamo scoperto, oltre che danneggiare l’ambiente può seriamente danneggiare la salute dell’uomo. Tanto il fotovoltaico, quanto le pale eoliche, infatti, sono potenzialmente molto nocive. I materiali compositi utilizzati per realizzare il rotore delle pale eoliche, ad esempio, sono fibre di vetro (“GRP”), legno di balsa, elementi in acciaio e, nel caso di pale molto grandi, fibre di carbonio (“CFRP”) legate con resine epossidiche. Queste fibre sono potenzialmente cancerogene quanto l’amianto e possono entrare nel nostro corpo attraverso la pelle e i polmoni. Le fibre in vetro già in passato finirono sotto la lente d’ingrandimento dell’AIRC quali sostanze potenzialmente cancerogene. Per quanto riguarda le fibre in carbonio sono ancora in corso gli studi sui potenziali effetti nella salute umana: nonostante questo tuttora vengono utilizzate praticamente per costruire ogni cosa, mentre la nocività delle sostanze come il bisfenolo A, invece, contenuto nelle resine epossidiche, è risaputa. Esiste correlazione tra questa sostanza e lo sviluppo di numerose patologie (anche cancro) a carico degli apparati riproduttori, della prostata e della mammella, dell’apparato endocrino. Abbiamo evidenze anche di casi di neurotossicità. La maggior parte della contaminazione avviene attraverso la dieta (cibi) ma è stato dimostrato che avviene anche attraverso l’aria e l’assorbimento cutaneo. Altrettanto grave la connessione tra l’esposizione al bisfenolo A e fenomeni di infertilità oltre che di future malattie per il feto. Di più: in caso di rottura o incendi delle pale, poi, diventa inevitabile la maggiore diffusione nell’aria dei fumi e delle particelle nocive, con quantità tossiche ovviamente moltiplicate rispetto alla comune abrasione. Questo solo per quanto riguarda le pale eoliche.

Per quanto riguarda il fotovoltaico, poi, la situazione non migliora. Uno dei componenti, infatti, utilizzati per la costruzione delle celle è l’Arseniuro di Gallio che viene comunemente classificato come altamente tossico. In particolare andrebbe ad agire sul sistema immunitario: ha dimostrato, ad esempio, di sopprimere la produzione di anticorpi e altre funzioni immunologiche. L’arsenico all’interno è potenzialmente cancerogeno. C’è una lunga narrativa sanitaria sul fenomeno consultabile nei siti medici.

Questo per quanto riguarda la salute. Per quanto riguarda, invece, lo smaltimento di questi mostri che stanno invadendo le nostre coste e i nostri campi, da Nord a Sud, dal Friuli Venezia Giulia alla Sardegna, molto ci sarebbe da dire. Lo smaltimento delle pale, ad esempio, proprio per la loro composizione, diventa possibile solo in discariche apposite. Sei i siti individuati fino al 2023: Danimarca, Regno Unito, Francia, Germania, Spagna e Turchia. Non immaginiamo i costi. Anche in questo caso esistono studi che confermano la tossicità derivante dal percolato, liquido di deterioramento del rifiuto che finisce nel terreno (falde acquifere comprese). Hai voglia a parlare di verde. Se a tutto questo aggiungiamo, pe ridirne una in più, l’inquinamento delle batterie delle macchine elettriche, che per altro prendono fuoco con una facilità incredibile, di che parliamo? E questa è la “straordinaria” transizione verde a cui i governi (compreso il nostro) ci stanno portando? Per carità, meglio la sana flatulenza delle vacche, caro Bill Gates. Sorriso sdrammatizzante a parte, cominciamo a pensare di portare tutti i responsabili alla sbarra, prima che sia troppo tardi.

Gloria Callarelli

 
Sahra Wagenknecht PDF Stampa E-mail

18 Agosto 2024

 Da Rassegna di Arianna del 13-8-2024 (N.d.d.)

Forse non tutti conoscono ancora Sahra Wagenknecht. È una politica tedesca, già esponente di punta della sinistra radicale (Die Linke), con la quale ha rotto per fondare un proprio partito: Bündnis Sahra Wagenknecht – Vernunft und Gerechtigkeit (BSW, lett. "Alleanza Sahra Wagenknecht – Ragione e Giustizia"). La rottura della Wagenknecht con la sinistra è al centro di un suo pregevole libro, "Contro la sinistra neoliberale" (in Italia edito da Fazi). La tesi dell'autrice è semplice e lineare: la sinistra ha smesso da tempo di essere la parte del lavoro contro il capitale e delle lotte di liberazione nazionale contro l'imperialismo, per diventare semplice guardia arcobaleno della globalizzazione neoliberale. La sinistra dà soluzione a problema, per dirla con una formula. È quanto abbiamo sostenuto anche noi nel nostro studio "Sinistrash", ed è quanto per primo aveva teorizzato il nostro maestro, il marxista eterodosso Costanzo Preve. È vero, la Wagenknecht non si spinge a sostenere l'oltrepassamento di destra e sinistra e si propone invece di rifondare una sinistra radicale, portandosi appresso alcuni presupposti ideologici che a nostro giudizio sono superati e ormai insostenibili. E tuttavia il suo progetto ci pare rispettabilissimo e assai ambizioso: in primo piano troviamo la difesa del lavoro contro il capitale e la difesa della sovranità nazionale in chiave democratica e socialista contro l'imperialismo a stelle e strisce e contro i processi di sovranazionalizzazione neoliberale. Scusate se è poco! La Wagenknecht ad esempio si oppone al sostegno all'Ucraina e dunque alla guerra della NATO contro la Russia, e si oppone ugualmente all'immigrazione di massa, dunque allo sfruttamento del lavoro mediante la competitività al ribasso. Insomma, la strada ci sembra decisamente quella giusta. È la proposta di un socialismo internazionalista, che riconosce l'importanza della sovranità della nazione e del popolo e che si oppone alla globalizzazione turbocapitalistica. E a segnalare che la via è quella giusta è oltretutto la reazione scomposta che in questi giorni si sta registrando da parte del clero giornalistico, che ha preso ad abbaiare furiosamente contro il progetto della Wagenknecht. Ad esempio, "La Repubblica", rotocalco turbomondialista e voce del padronato cosmopolitico, ha dedicato nei giorni scorsi un demenziale articolo alla Wagenknecht, bollandola di rossobrunismo, categoria orwelliana con cui i padroni del discorso provano a ostracizzare in modo irriflesso chiunque osi deviare dal tracciato prestabilito dell'alternanza senza alternativa di destra e sinistra. Con le parole di Don Chisciotte: abbaiano, Sancho; segno che stiamo cavalcando.

Diego Fusaro

 
Decadenza delirante PDF Stampa E-mail

14 Agosto 2024

 Non è più il caso di stupirsi. Se ne sentono e se ne leggono di tutti i colori.  Intanto, l’occultamento e la cancellazione sistematica delle più evidenti verità storiche. L’orrenda Ursula von der Leyen, seguita dall’ineffabile Mattarella, ha affermato solennemente che l’attacco russo all’Ucraina è l’unica guerra scatenata in Europa dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Così si cancella con un colpo di spugna l’intero decennio degli anni ’90 del secolo scorso, quando una guerra che ha provocato centinaia di migliaia di morti distrusse la Jugoslavia. Quel fatto non esiste più, forse perché chi bombardava era la NATO. Eppure quando Belgrado fu bombardata, anche da aerei italiani, Mattarella era ministro del governo di D’Alema. Dovrebbe ricordarsi. Altra affermazione che lascia sconcertati è la costatazione rassicurante, fatta da alcuni commentatori, che cinesi e americani non si sono mai scontrati sui campi di battaglia. Viene così allegramente cancellata dalla storia la guerra di Corea, quando un esercito cinese di un milione di soldati si scontrò in lunghi anni di sanguinosissima guerra con un esercito americano.

Con la stessa disinvoltura i pacifisti affermano che le guerre finiscono se le pressioni internazionali costringono i contendenti a trattative che delineano compromessi accettabili dalle due parti. Ma quando mai? Le due guerre mondiali sono finite sì con trattative, ma fra gli alleati vincitori, non con i vinti. I vinti subirono. Punto e basta. La guerra di Corea e quella fra Iran e Iraq finirono per esaurimento delle due parti, senza alcun accordo, lasciando la situazione immutata rispetto a quella iniziale. Durante la guerra nel Vietnam ci furono lunghe trattative fra USA e Nord Vietnam, che si conclusero con accordi ben presto superati dagli eventi bellici, al termine dei quali gli americani fecero fagotto e se ne andarono. Dopo quasi 10 anni di guerra i sovietici invasori se ne andarono dall’Afghanistan sconfitti dalla guerriglia islamica, senza alcun compromesso. Dopo 20 anni di guerra ci sono state trattative fra USA e talebani sul futuro dello stesso Afghanistan, ma l’unica disposizione talebana nelle trattative fu: andatevene e la guerra finirà. Gli USA (e la NATO) abbandonarono l’Afghanistan e i talebani rimasero padroni del campo. Quindi la regola è che alla fine di un conflitto una parte cede, o collassa, e l’altra parte rimane padrona del campo. Si può dedurre che accadrà la stessa cosa anche nel presente. L’Ucraina (cioè la NATO) si dichiara disposta alla pace solo se la Russia ritirerà le sue truppe e riconsegnerà agli ucraini tutte le terre occupate, compresa la Crimea. In altri termini, l’Ucraina (e la NATO) pretendono la resa incondizionata. La Russia dal canto suo esige la neutralizzazione dell’Ucraina, la sua denazificazione (cioè il cambio del governo) e la rinuncia ai territori conquistati dall’esercito russo, cioè la resa incondizionata. Con queste premesse la guerra continuerà fino al collasso di una delle parti in conflitto, come quasi sempre accade. Ancora più desolante è il quadro della guerra nell’Asia occidentale (un tempo chiamata impropriamente Medio Oriente). Il pacifismo generosamente ingenuo predica i due stati, che non a caso non si sono mai formati in 80 anni di lotte e discussioni. La realtà, che contraddice sempre le favole, ci mostra due popoli che si contendono lo stesso territorio. Altro che due stati. O prevale uno o prevale l’altro. L’unica soluzione logica sarebbe creare uno stato rigorosamente laico, che garantisse libertà di culto a ebrei, musulmani e cristiani. Il fatto è che per ottenerlo occorre sconfiggere il sionismo, deciso a tutto e armato di bombe atomiche, e il fondamentalismo islamico che è ben lontano dal laicismo. Impresa non da poco. E infatti le guerre continuano.

Altra favola che viene inculcata nelle menti dei popoli sprovveduti è il grande progetto della green economy. Che sia un grande progetto ambizioso è vero, che sia green è una favola, per l’appunto. Il progetto prevede la diffusione dell’Intelligenza Artificiale, cioè la robotizzazione dei processi produttivi e dei servizi, e la digitalizzazione integrale del mondo. Tutto ciò implica un impiego di energia ancora più grande di quello attuale. Le fonti rinnovabili non sono sufficienti a produrre tanta energia. Infatti tutti gli stati sono all’affannosa ricerca di metano, petrolio e carbone, al di là delle chiacchiere propagandistiche. I pannelli solari e le pale eoliche sono manufatti, la cui produzione esige minerali, anche rari, che devono essere estratti con processi industriali che richiedono tanta energia. Questi minerali devono essere lavorati in fabbriche divoratrici di energia. I prodotti finiti sono poi deperibili, dovranno essere smaltiti e sostituiti da altri. La plastica e la chimica altamente inquinanti non sono al momento messi in discussione seriamente. In tutto ciò il green è semplicemente un pretesto propagandistico. Non si vuole ammettere che l’unica politica green è l’uscita dall’industrialismo e il ritorno ai campi coltivati con la forza dei muscoli umani e animali, e all’artigianato del martello e del cacciavite, cioè la condanna alla miseria e alla fame in un mondo di 8 miliardi di persone. La verità di una strettoia a cui è pervenuta la modernità, dalle cui contraddizioni non si esce più, è troppo dolorosa per essere dichiarata.  

Nella denuncia della follìa dilagante non si può tacere la triste necessità di sprecare parole per dimostrare che esistono una specie, quella umana, e due generi, femminile e maschile. Doverlo dimostrare contro chi teorizza che i generi sono tanti quanti ne vuole la soggettività desiderante, è come dovere cercare argomenti per dimostrare che l’acqua del mare è salata.

Non dimentichiamo che siamo passati attraverso il delirio di una brutta influenza affrontata come se fosse la peste nera. Non dimentichiamo l’obbrobrio di un green pass, negatore dei più elementari diritti dell’individuo, che doveva garantire dal contagio quando l’evidenza dei fatti dimostrava che i vaccinati potevano infettarsi e infettare.

In conclusione, la decadenza giunta al suo stadio finale sfocia nel delirio. Siamo avvolti da un vortice di idiozia, di illogicità, di propaganda ormai senza freni e senza pudore. Prenderne atto non aiuta a risollevare il morale.

Luciano Fuschini

 
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