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Le tre modernità PDF Stampa E-mail

di Marco Francesco De Marco

7 aprile 2009

  

Il Manifesto dell’Antimodernità elenca una serie di punti di critica alla società industriale ed al suo modello di sviluppo, oltre che al suo sistema di valori. La modernità alla quale si fa riferimento, e dalla quale si prendono le distanze, è essenzialmente quella della rivoluzione industriale, dell’accrescimento disordinato e convulso delle città, dell’abbandono delle campagne. Della fine dell’uomo artigiano portatore di una conoscenza, con la sua dignità di “mastro”. Con l’incedere dei tempi serrati, dell’ossessione produttiva e l’aggravarsi fino all’inverosimile del meccanismo dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo per fini esclusivamente economici. Nei primi anni del Rinascimento, quanto rappresentato dalla civiltà medievale europea, con la centralità del mondo sacro e cavalleresco, apparve il limite da superare verso l’alto, attraverso la riappropriazione dei valori dell’antichità classica e delle sue aspirazioni più alte rispetto al modello religioso del mezzo evo, che non fu oscurantista, come ebbero a definirlo gli illuministi che si crogiolavano nelle illusioni alla “Ballo Excelsior”, ma certo non ebbe la vastità e la grandezza spirituale del mondo ellenico o romano classico.
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Rivolte anti-banche e disinformazione PDF Stampa E-mail

1 aprile 2009

 

 
Il PdL e la democrazia sondaggista PDF Stampa E-mail

31 marzo 2009


 
Contro Bankestein/3 PDF Stampa E-mail

27 marzo 2009

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Il vizio originario: il denaro

La pubblicazione del nostro Appello contro la Dittatura Bancaria e Tecnofinanziaria ha acceso un dibattito che è andato ben oltre questo blog e ha coinvolto un notevole – in proporzione alle nostre possibilità di diffusione – numero di persone. Non sono ovviamente mancati coloro che hanno scritto che il signoraggio è un’invenzione di pazzi complottisti, utilizzando argomenti che non mi sono però parsi assolutamente in grado di scalfire le fondamenta del marchingegno illustrato tra gli altri da Auriti, Saba, Della Luna, Galloni, etc. Non è quindi sulle loro obiezioni che reputo utile soffermarsi, bensì su un rilievo avanzato da una persona che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente e che stimo anche per la sua acutezza e lucidità intellettuale. Scrive Enrico Caprara in un suo intervento su questo blog: "Mi spiace ma non mi sento di sottoscrivere questo appello. Io sono molto semplicemente contrario all'idea del denaro - e credo così di essere d'accordo con Massimo Fini. Con queste prese di posizione si avalla invece l'idea del denaro, solo lo si vorrebbe porre in un'altra prospettiva tecnica. Io vado anche oltre: penso che l'idea del denaro - con tutto ciò che ne consegue, ovvero la situazione attuale - discenda inevitabilmente dall'idea di scambio. Ritengo perciò si debba abolire l'idea di scambio. Questa abolizione può effettuarsi solo nella comunità fondata sul dono gratuito. Naturalmente questa mia posizione può essere tacciata di utopismo. Si può controbattermi che per realizzare qualcosa bisogna essere anche pragmatici. Solo che il territorio del pragmatismo è già interamente occupato, con totale controllo vittorioso, dall'ideologia borghese. Pensare di combattere l'ideologia borghese con atteggiamenti pragmatici vuol dire aver già perso in partenza. Questo sistema lo si può combattere solo con l'utopia".        
Non è una riflessione, lo dico subito, che ha intaccato la mia convinzione circa l’opportunità e la bontà dell’iniziativa che abbiamo intrapreso con l'appello, perché ritengo che i primi passi da muovere per l’annientamento di questo assurdo e disumano modello socioeconomico partano dall’individuazione delle sue principali armi da combattimento. Tuttavia giudico le parole di Caprara un monito importante per chi pensa – noi di Movimento Zero non siamo tra questi – che la lotta al Sistema si esaurisca sul terreno delle iniziative concrete ed immediate, che basti cambiare una legge (o una Costituzione) per dichiararsi vincitori sul nemico. L’aggancio con tematiche d’attualità è utile ed opportuno, ma la nostra rimane comunque una lotta ideale. Il mostro bancario  non è il padre, ma solo uno dei figli (tra i più importanti, questo sì) del modello di sviluppo che ha reso l’Uomo la ruota di un ingranaggio dominato dall’economia e dalla tecnologia, schiavo del materialismo e del consumismo, spogliato del proprio ruolo di protagonista sociale e politico, prigioniero di ritmi e dogmi artificiosi e innaturali.
Noi non puntiamo semplicemente a nazionalizzare la Banca Centrale restituendo al popolo la sovranità monetaria e vogliamo che questo sia solo il primo passo per arrivare a quell’orizzonte ideale così ben illustrato da Caprara con le sue parole. Non commetteremo l’errore di confondere una battaglia con la guerra, ma dobbiamo comunque continuare a volare alto, anche in quel terreno dell’Utopia (ma chi è più utopista di colui che crede che questo sia un Sistema che possa reggere a lungo, addirittura all’infinito?) che giustamente ci è stato indicato.

Andrea Marcon 
 
Laico, non laicista PDF Stampa E-mail
27 marzo 2009
 

 
Innanzitutto confesso il mio pregiudizio di fondo: sono stato un reperto archeologico anticlericale e ancora adesso sogno meravigliose chiese romaniche e gotiche traformate in granai.
Malgrado questo, cercherò di spogliarmi da questo retaggio polveroso e anacronistico per riflettere sulle parole espresse da Luciano Fuschini nel suo articolo su Ratzinger apparso in questo blog.
Mi considero laico, o meglio a-confessionale. Credo alla piena autonomia decisionale dello Stato sulle questioni che riguardano lo Stato, qualsiasi forma abbia, sic et simpliciter. Non mi interessa la declinazione in –ismo, nel senso che alla sacralità del dogma religioso non intendo contrapporre la sacralità dell’autodeterminazione ultrarazionale da offrire urbi et orbi.
Se mi sembra assolutamente evidente la mancanza di obiettività del Papa nel discutere di contraccezione è altrettanto evidente che non mi possa soddisfare neppure il Cecchi Paone che pontifica incensando il profilattico come scudo totale da ogni male passato, presente e futuro. Anche perché ridurre il dibattito epidemiologico africano al condom è becera contestualizzazione eurocentrica, da carro allegorico del Gay pride.
In molte aree del pianeta c’è un rifiuto del presidio contraccettivo che è culturale e non certo religioso, e l’urgenza è in primo luogo igienico-sanitaria.
Detto questo, Fuschini dipinge la chiesa cattolica come la grande sconfitta. Sconfitta dal meccanicismo e dalla secolarizzazione.
Io credo che l’istituzione Chiesa si sia autosecolarizzata: nel corso degli anni la mutazione genetica ha trasformato questa istituzione in lobby, inserita e pienamente integrata in un mondo di derivazione assolutamente –ista, per dirla alla Fuschini.
La Chiesa ha di fatto mutuato ogni aberrazione del sistema: banche, politica pre e post bellica, finanza, economia, merceologia. Cercando, paradossalmente, di oscurare la propria autosecolarizzazione con la sovraesposizione del messaggio confessionale, della parola che parla allo spirito rinnegando e rigettando il corpo.
Caro Fuschini, condivido: nessuna demonizzazione di Ratzinger e nessuna santificazione di Woitila, il papa che fu nemico della teologia della liberazione, quindi modernista. A questo punto, però, mi piacerebbe proporre un’ulteriore riflessione agli amici di Movimento Zero: può un agnostico, a-confessionale  avere diritto di cittadinanza nel movimento? Si può disprezzare il pensiero unico, la modernità, gli eccessi del raziocinio ed essere laici? Si può aderire ad una secolarizzazione della vita civile e respingere il simulacro del materialismo? Oppure bisogna ricorrere all’animismo e al pensiero panpsichico per acquisire credibilità?

Mauro Maggiora
 
Il lato occulto del potere PDF Stampa E-mail
24 marzo 2009
 
 
Alla fine del Settecento, dopo la caduta della Serenissima Repubblica di Venezia, la penisola Italiana è diventata una terra con una sovranità iperlimitata. Questo percorso era già iniziato alla metà del Cinquecento. Le ragioni sono molteplici e stanno scritte nei libri di storia. L'unità d'Italia sotto la spinta piemontese è qualcosa di ben poco epico, e gli interessi del grande capitale della Savoia che hanno fatto da cornice al processo di unificazione dell'Italia liberale sono ugualmente scritti sui libri, a patto che si consultino quelli seri e rigorosi. Il Paese si è poi avviato alla dittatura sotto l'occhio benevolo dei grandi proprietari terrieri, della grande industria e della grande finanza, della monarchia nonché di amplissimi settori della Chiesa, che hanno dialogato col potere fascista fino a quando è convenuto. Se a seguito del secondo conflitto mondiale l'Italia fosse divenuta comunista, lo stivale degli affari e dell'intrallazzo si sarebbe riunito all'ombra della falce e del martello.
La Storia però ha preso un'altra direzione. E se vogliamo capire le storture portanti che hanno plasmato la storia che per noi conta, quella dal 1945 in poi, occorre guardare a quegli eventi. La cacciata dei nazisti tedeschi e dei fascisti è stata opera militare degli alleati. La presenza e l'azione  dei partigiani è un fatto storico incontrovertibile. Una guerra civile di sponda è un altro fatto storico. Ma la forza indispensabile per la conclusione della guerra ce l'hanno messa gli Alleati. Americani in primis. I quali dalla fine degli anni Quaranta han chiesto pegno. Come? Obbligando de facto il governo italiano a mantenere segreti i protocolli operativi degli accordi bilaterali che per molti analisti e commentatori (andate su Google, la rete vi procurerà le fonti) sono incostituzionali. Obbligando il governo a tenersi le basi Usa. Potrei continuare ma non vado oltre per carità di patria.
Di più. Esistono centri di potere economici e politici, apparati occulti, organizzazioni più o meno segrete e flessibili che mantengono rapporti stabili con la loro controparte oltreoceano, sia essa lobby finanziaria, energetica, degli armamenti o tecno-militare. Questa sorta di incubatrice amorfa interloquisce col potere italiano e lo influenza. Tale rapporto si esplica anche con quello politico, con quello religioso, con quello economico, con quello mafioso, con quello sindacale. Questo soggetto amorfo probabilmente ha preso parte ad una o più delle cosiddette stragi di stato. Probabilmente ha infiltrato ed eterodiretto una o più organizzazioni terroristiche di destra come di sinistra. Probabilmente ha infiltrati in ambiti di primo piano della politica, della magistratura unitamente ad altri gangli vitali per il Paese. Nulla di nuovo sotto il sole. È la storia del lato invisibile del potere.
Io non ho mai amato questi centri occulti. Senz'altro perché d'istinto li rifiuto. Forse ne faccio anche una questione di valori. Ma soprattutto disprezzo questa schiatta di segaioli (alcuni rappresentanti della quale sono stati ben descritti nell'ultimo post di Massimiliano Viviani su questo blog) perché il potere in mano a lorsignori non ci conviene. Per la precisione, ci ha portato su un treno in corsa diretto al fosso, sul quale nemmeno loro, i profittatori del momento, hanno più i comandi.
Ho descritto questa struttura virtuale-reale, perché per una bizzarrìa della storia le trame di lorsignori si sono impigliate, forse per sbaglio, nella attività investigativa di uno sbirro high-tech in aspettativa che di mestiere fa il consulente informatico per la magistratura. Il signore si chiama Gioacchino Genchi. Rileggete con molta attenzione il post di Viviani. Se potere guardatevi o riguardatevi il film “Il Divo” sulla vita di Giulio Andreotti. Poi ascoltate questa lunga audio-intervista a Genchi. Poi rileggete questo post e tirate le vostre somme. Tutto ciò per dire che il caso Genchi non è una ordinaria storia di malaffare. Tutto ciò per dire che la vicenda di Tangentopoli, pur partita da dati indiziari rigorosi, è stata colta per sostituire un gruppo di ladri con un altro più silenzioso. Franza o Spagna basta che se magna. Anche sul Britagna.

Marco Milioni
 
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