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Abbasso la scuola! PDF Stampa E-mail

27 luglio 2007

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Conclusosi da poco – con gli esami di Stato – l’anno scolastico, politici, educatori, pedagogisti e addetti ai lavori vari si riempiono la bocca dei soliti propositi e proclami: dobbiamo migliorare l’istruzione, elevare l’obbligo scolastico, combattere l’evasione e la dispersione, l’Italia in quanto a istruzione è il fanalino di coda tra i paesi sviluppati… E se fosse vero il contrario? E se l’eccessiva istruzione, l’obbligo scolastico spostato sempre più in là, la tanto sbandierata “educazione permanente” fossero invece un danno per la crescita e la maturazione dei giovani? A nessuno viene il dubbio che la cosiddetta scuola dell’obbligo altro non sia che un semplice sottoapparato della mostruosa megamacchina tecno-economico-industriale che ci sta strangolando tutti; sottoapparato teso soltanto, in ultima analisi, a sfornare perfetti rimbambiti privi di qualsiasi sapere o coscienza critica, pronti per essere inseriti nei gangli del mostro al fine di garantirne la riproduzione? A sfornare dei perfetti consumatori pronti a servire docilmente la megamacchina? Del resto, un sistema di istruzione basato su programmi obbligatori uguali per tutti e calati dall’alto sulle teste dei poveri studenti, cos’altro potrebbe sfornare? La scuola dell’obbligo, a guardar bene, altro non rappresenta che uno dei tanti fasi miti della modernità, come ben aveva visto, tra gli altri, Ivan Illich nella sua celebre Descolarizzare la società. Uno dei tanti miti di cui il sistema si nutre per portare avanti il disegno di una società sempre più totalitaria ed omogenea, dove alcuno spazio più può essere lasciato alla creatività ed alla libertà del singolo. Perché non propugnare allora il ritorno a forme individuali e privatiste di educazione? Perché non valorizzare l’antica e nobile figura del "precettore" al soldo della famiglia dell'educando, quando ognuno era libero di scegliersi l’insegnante ed il tipo di insegnamento desiderato? Lo Stato, invece di spendere le cifre esorbitanti che spende per tener su quel mega e caotico apparato che è l’attuale sistema dell’istruzione pubblica, potrebbe devolvere a ciascuna famiglia una quota di denaro atta a far sì che ognuno possa scegliersi liberamente gli insegnanti che vuole, a seconda degli interessi che ha e che vuole coltivare. Questo sì che sarebbe un programma educativo innovatore, libertario ed antitotalitario! Quella stessa quota potrebbe essere poi utilizzata anche per l’acquisto di libri, per l’accesso a biblioteche, a centri culturali e di apprendimento, sempre a scelta del diretto interessato. Al limite, uno potrebbe anche decidere di restare ignorante: l'ignoranza non è forse un diritto? Dove sta scritto, infatti, che uno deve per forza "istruirsi"? E’ evidente che solo una società totalitaria ed oppressiva come la nostra poteva creare il sistema dell’istruzione obbligatoria. Come diceva Illich, allora, descolarizziamo la società! Ne va della nostra libertà, della nostra creatività, del nostro diritto di crescere ed istruirci come meglio ci piace e ci aggrada. Aboliamo la scuola dell’obbligo.

Stefano Di Ludovico

 
"Appoggiamo Grillo" PDF Stampa E-mail

27 luglio 2007

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Tra gli aderenti a Movinento Zero si parla giustamente di chi fidarsi e se conviene “contaminarsi” con la politica attuale. In alcuni frangenti sembra di risentire vecchie e fumose concezioni sessantottine: Grillo è nel sistema, Pardi pure, ecc. Personalmente ammiro molto Grillo. Lasciando da parte che, pur seguitissimo, in tv nessuno lo vuole, come già accaduto a Massimo Fini, io non guardo a lui come uno dentro o fuori al sistema. Pondero soltanto ciò che dice. Perché, vedete, Movimento Zero al contrario dei rivoluzionari o pseudo tali che ribollivano negli anni 70’, non deve attuare nessuna rivoluzione, né instaurare nessuna surreale dittatura del proletariato. Dobbiamo semplicemente diffondere le nostre convinzioni, suffragate peraltro da fatti e ragionamenti rigorosissimi, cercando laddove sia possibile anche di metterci in gioco politicamente. Senza compromessi o cambi di rotta causa accordi di posti di potere (ma questo mi sembra più che ovvio). Il resto? Se Grillo dice cose vicine al pensiero Zero, perché non lo devo appoggiare? Se egli accusa da anni le aziende farmaceutiche di politiche scorrette e oscure nei confronti dell’Occidente e, soprattutto, dei cosiddetti paesi del terzo Mondo, perché non ammirarlo. Una volta Grillo distruggeva computer alla fine degli spettacoli ed ora usa la rete per controinformare. Noi parliamo di antimodernismo e usiamo l’avanguardia della modernità globalizzata: il web. Combattiamo il sistema dall’interno, con i suoi stessi strumenti. Quanto a uno come Pardi e gli altri "di sinistra". Il professore (prendo questi due ma il criterio potrebbe essere riacquisito con tutti) è uno dei tanti sostenitori della sinistra prodiana, di cui a noi non importa nulla. Possiamo classificarlo come uno scontento sicuramente, ma che crede ancora nel riscatto di questo centro-sinistra senza spina dorsale. Le sue idee sono incongruenti con lo spirito e le motivazioni del Movimento. Per cui nessun appoggio ideologico risulta possibile. Il nostro vantaggio è che è molto facile vedere chi sta con noi in quanto le nostre opinioni sono completamente diverse da quelle comuni. Inoltre non si prestano a compromessi o a trasformismi gattopardeschi: o ci sei dentro o no. Vi sembra poco? Nessuno può mimetizzarsi. In ogni caso, come già qualcuno scriveva, i rivolgimenti radicali hanno bisogno di anni e forse di secoli perché accadano. Occorre la consapevolezza di un lavoro lungo e faticoso, che ciascuno di noi pagherà a modo suo. In tal ambito, al fine di renderci più ragionevoli e convincenti agli occhi di chi non ci conosce, sarebbe consigliabile, per chi scrive, una certa prosa più compassata. Capisco la rabbia e l’indignazione contro questa società falsa e perbenista. Cinicamente predisposta a favorire i pochi a danno dei molti. In genere, però, le esclamazioni belliche o gli slogan da guerriglia urbana non hanno portato mai granché bene a nessuno. Lasciarsi andare in questo sarebbe quantomeno poco beneaugurante.

Antonio Talarico

 
Vaffanculo Day? PDF Stampa E-mail

25 luglio 2007

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8 settembre 2007, Vaffanculo Day di Beppe Grillo. La manifestazione si baserà sulla legge di iniziativa popolare “Parlamento Pulito”, coi seguenti punti: 1. No ai parlamentari condannati, con divieto di candidatura per giudicati in via definitiva o in attesa di giudizio finale; 2. divieto retroattivo di essere eletti per più di due legislature; 3. Preferenza diretta per i candidati alle elezioni.
In realtà, è legittimo pensare che si tratti di una "prova generale" di mobilitazione del movimento di protesta che pare stia per decollare intorno a Grillo, Fo, Travaglio, Beha, Veltri, Pardi, eccetera. Al contempo, è un'iniziativa che sta riscuotendo l'attenzione di molti scontenti nel Paese, in specie giovani. E in ogni caso, pur con un programma non già minimo, ma minimalista, potrebbe rivelarsi l'ennesimo segnale della distanza abissale fra la politica dei partiti e l'indefinito ma diffusissimo bisogno, da parte di molti cittadini stanchi e delusi, di una politica "altra". Che per ora si affida al richiamo di un comico intelligente ma senza un'idea di società, come Grillo. Noi, che facciamo?

PS: personalmente, ribadisco quanto ho espresso a proposito della Lista Civica Nazionale. E cioè: ogni gruppo di Movimento Zero decida in autonomia se partecipare o no, a seconda delle esigenze locali. (a.m.)

 
Una lettrice ci scrive: "La società del Grande Vuoto" PDF Stampa E-mail

24 luglio 2007 

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Mi piace molto il titolo di questo bollettino: ha un suono aulico e familiare, riesce, perfino, a farmi sentire più giovane. Forse perché  mi sono sempre  sentita ribelle, fin da quando sono stata in grado di capire qualcosa; ho vissuto la mia giovinezza in questa disposizione d'animo e poi vi ho impostato la mia vita. Già! Qui veniamo al punto: in questo bollettino si può scrivere, comunicare anche riguardo al sociale che, sinceramente, trovo sia molto più interessante della politica ormai trasfomatasi in un mero teatrino di nani bidimensionali con nulla da riferire e tanto da far danno.
Il punto, dicevo: sono una casalinga di 47 anni di Forlì, con due figli giovanissimi e superimpegnati, un marito e un diploma d' Accademia Belle Arti nel cassetto perché, tempo fa, ho scelto una professione ( e sottolineo “professione” ) ribelle! Devo dire che solo nel tempo mi sono accorta d'aver scelto da ribelle, perché il mio essere “fuori dal tempo”, “giurassica”, “controcorrente” poteva farmi andare solo in questa direzione. Perciò cercando di tenere le distanze da un certo imbarbarimento “babbionesco” che, purtroppo denoto frequentemente in questa professione, cerco di destreggiarmi, senza complessi d'inferiorità, fra l'offerta di valori ed esigenze che mi vengono porte quotidianamente dai media  e che non mi appartengono e non mi rappresentano.La concretezza della quale necessito continuamente, mi obbliga, fortunatamente, a non lasciarmi irretire da ritmi di vita, in fondo, vuoti nella loro frenesia. E così, anche stamattina, scorrendo gli appuntamenti estivi sul giornale, ho potuto leggere ed informarmi sulle varie iniziative “culturali” balneari e cittadine: bagnini ed avventori che pur d'assicurarsi un ombrellone od un cliente in più, si inventano gare poetiche con giurie quasi improvvisate, tornei pseudo o para sportivi, miss d'ogni genere (manca miss babbiona), assaggi culinari, concerti etno-global in mix  musicali culturalmente apolidi, ecc...
E dall'informe offerta di quel blob culturale d'alcun spessore fuoriesce solo vuoto, un grande vuoto pneumatico. Tutto solo in funzione d'un commercio parossistico che utilizza pretestuosamente l'aggancio culturale, e che vive in funzione di sé stesso, senza alcun autentico amore per le cose che ritiene d'offrire, ma solo per il guadagno che ne può ricavare. Un atteggiamento molto isterico; non so se ho reso l'idea di ciò che intendevo. Cosa ne pensate? Sono in torto? Sono io l'isterica? Mi  piacerebbe tanto saperlo!
Un'altra cosa: non partecipate, come movimento, al day di Grillo!  A me non piace la volgarità gratuita: trovo sia anche questo un segno della decadenza culturale alla quale siamo, ormai, assuefatti. E poi non si fanno i Days per le idee: casomai ci si scrive tramite le pagine di un bollettino come questo. Niente slogan retrò, niente urla volgari, niente applausi a comando, niente spettacolo e, spesso, avanspettacolo... Solo la serietà di un'idea detta sottovoce ma con tono deciso: il passaparola è mille volte più valido ed incisivo di un corteo al quale, in fondo, si può partecipare
anche solo per riempire una giornata.
Grazie dell'attenzione! A presto, credo.....

Barbara Gaudenzi

 
Europa fuori dal nuovo ordine americano PDF Stampa E-mail

24 luglio 2007

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I fatti, purtroppo, stanno dando ragione a Berlusconi. La sua riforma elettorale in senso (quasi) proporzionalista sta rendendo difficilissima la sopravvivenza del governo Prodi.
Due domande. I sistemi elettorali possono garantire stabilità ai governi? Nelle democrazie europee post-seconda guerra mondiale (gli Usa rappresentano un caso a parte, come vedremo) la stabilità politica è stata assicurata da efficienti sistemi elettorali?
Quanto alla prima domanda si può rispondere asserendo che la stabilità dei governi democratici contemporanei dipende non tanto dai sistemi elettorali (o dai cosiddetti esecutivi forti), quanto da una serie di condizioni politiche, economiche e sociali. In questo senso, e rispondiamo alla seconda domanda, la stabilità delle democrazie europee nel secondo dopoguerra, è stata principalmente assicurata da tre fattori: 1) la paura del pericolo comunista (fattore politico); 2) la forte ripresa produttiva (fattore economico); 3) la costruzione del welfare state (fattore sociale). La stabilità delle democrazie postbelliche entra in crisi nel 1968, con il sollevarsi di una protesta operaia e studentesca, di natura redistributiva, che si estende all’intera Europa (lambendo anche le democrazie scandinave), e indipendentemente dai sistemi elettorali adottati. Si pensi alla caduta di De Gaulle in Francia, leader politico, carismatico e potente, soprattutto in termini istituzionali.
Con il 1968, si apre un periodo di instabilità politica, che si chiude, grosso modo, nel 1978. Nel decennio successivo (gli anni Ottanta), il sistema si concede un tregua: iniziano le “rivoluzioni” neoliberiste, l’economia mondiale riparte. Ma è nel biennio 1989-1991, con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, che il sistema europeo entra di nuovo nella spirale della crisi. E, attualmente, la guerra Usa al "terrorismo" e l’incalzare delle politiche economiche neoliberiste, che impoveriscono un numero crescente di persone e arricchiscono solo ristrette oligarchie, stanno complicando la situazione sociale. Fino al punto che nel breve volgere di una generazione la nostra società potrebbe "esplodere"... Ora, a fronte di una situazione del genere, credere che riforme elettorali di tipo maggioritario, in sostanza volte a rafforzare poteri oligarchici, possano favorire la democrazia è fuorviante e persino ridicolo. La crisi, per quel che riguarda l’Europa, è sistemica. Anzi “sottosistemica”, nel senso che L’Europa, dal 1945, fa parte di un più ampio sistema politico-economico, a leadership americana. E, ora gli Stati Uniti, stanno riorganizzando l’intero sistema (e dunque anche il sottosistema europeo), in termini di un nuovo ordine imperiale. Nel quale, attenzione, Prodi e Berlusconi, per gli Usa, pari sono.
Di qui l’inutilità di discutere di riforme elettorali, anche di tipo proporzionale. Il vero punto della questione è quello di fuoriuscire politicamente, economicamente e socialmente dal sistema imperiale Usa. Ma come?

Carlo Gambescia (pubblicato sul blog dell'autore il 13 luglio 2007; per gentile concessione dell'autore)

 
Noi siamo dinamite. Una via politica PDF Stampa E-mail

21 luglio 2007

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La “proposta Ombriti” ha posto ancora una volta in primo piano l’irrisolta questione del rapporto di Movimento Zero con la politica. Perché dico irrisolta? Perché se è vero che il movimento fino ad oggi ha deciso di accantonare la via dell’ingresso diretto nelle istituzioni (Parlamento e enti locali) anzitutto per una realistica presa d’atto dell’esiguità delle nostre forze, è vero anche che la questione si riproporrà inevitabilmente. E’ la Storia, sono le occasioni e le urgenze dettate dai processi sociali (il diffuso ancorchè minoritario e confuso malcontento verso l’oligarchia politico-economica al potere) ad assediare, col prorompere di eventi e iniziative di elites più o meno integrate o dissenzienti col sistema stesso, il corpus ancora vago ma radicalmente alternativo costituito dal pensiero antimoderno. Noi abbiamo una grande forza che nessun altro, in quest’Italia intellettualmente ferma all’Otto-Novecento, possiede: un insieme di analisi demistificanti e rivelatrici degli inganni e delle storture collettive che ci opprimono. Da ciò, ed ecco la mia proposta, la possibilità unica di giungere col tempo - con lo studio, con l’esperienza sul territorio, entrando in rapporto con la società nelle sue varie forme - a una teoria politica che da quella cultura della demistificazione tragga la fonte d’ispirazione per elaborare concrete risposte ai problemi quotidiani dell’oggi, del qui e ora. In altri termini: mettere insieme, avvalendosi delle competenze di ciascuno, un programma politico. Dotarsi di strumenti che permettano di agire sulla realtà politico-sociale con efficacia. Passare dall’interpretazione all’azione.
Fare cultura è fare politica. Ma l’attività politica, per essere compiuta – cioè rendere la critica teorica una proposta operativa – abbisogna di un bagaglio di risposte alla domanda che quei ragazzi agli spettacoli di Massimo Fini ripetevano incessantemente: “cosa dobbiamo fare?”. Ovvero: cosa vogliamo fare, noi di Movimento Zero, per cambiare ciò che non ci piace? La prospettiva di battere e ribattere sul solo tasto della sensibilizzazione culturale ci inchioderebbe all’ambito ristretto e autoreferenziale di chi condivide già le nostre accuse alla Modernità. Il nostro nemico è quest’ultima; dobbiamo dargli forme concrete e nomi precisi, e proporre i nostri rimedi. Con ciò la comunicazione diventerebbe molto più efficace di quella affidata alla riflessione storico-esistenziale, perché individuerebbe punti di leva molto più stimolanti e interessanti per il nostro vero destinatario: il comune suddito stupidamente “felice”, incosciente di quanto il modello di vita dominante lo condanni al malessere come persona e alla schiavitù come cittadino.
Concludo, ovviamente, sulla Lista di Grillo & Co. E’ triste un Paese in cui molti, soprattutto giovani, vedono in un comico, in un’espressione del circo mediatico, un’icona di palingenesi. E lo dico con la stima che ho del comunicatore Grillo, capace di creare un circuito d’informazione invidiabile, diffondendo molte suggestioni che molti di noi, me compreso, condividono. Ma al di là di questo, il punto per me è politico-sociale: il progetto di questa lista (finora non emerso, attenzione!) parrebbe confidare in misure legalitarie una ventata di nuovo fervore anti-oligarchico. Troppo poco e troppo poco “sostanziale”, sostengono parecchi di noi. Vero (anche se non del tutto: fra le varie e dispersive proposte grillesche ce ne sono molte di interessanti; diverso il discorso per i sinistrorsi radical-chic con cui si alleerà). Ma sta a noi aggredire il vuoto ideale e culturale, munendoci di armi di lotta, e non accontentandoci di ripetere in eterno la nostra critica puramente intellettuale. Perciò, coerentemente con l’autonomia dei gruppi locali, propongo che sul territorio ognuno faccia come crede, in massima libertà (e sfruttando ogni sede per parlare del movimento), senza coinvolgere quest’ultimo in una prematura adesione nazionale. Ma al contempo si dia il via da subito a un lento ma determinato impegno nella costruzione di proposte politiche positive. Senza fughe in avanti, senza che questo comporti la partecipazione a elezioni locali o nazionali (scelta che si farà quando lo si riterrà opportuno): non vogliamo essere un partito, e non lo diventeremo. Ma una struttura libera e aperta, che colmi il deficit d’azione in modo propositivo scacciando i fantasmi di fallimenti passati (gruppuscoli rivoluzionari d’ogni sorta, o la disastrosa Lega Nord), questo sì. Io dico di provarci. Dobbiamo provarci. O ci condanniamo all’attesa frustrante di un’apocalisse liberatoria che invece di mobilitare l’animo dei cittadini più consapevoli, li allontana da noi. Noi siamo dinamite, ma ci manca la miccia. Prepariamola.

Alessio Mannino

PS: perdonate la lunghezza che vi invito sempre a rifuggire. Licenza da direttore, concedetemela.

 
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