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La Fiat e l'ideologia pubblicitaria PDF Stampa E-mail

13 luglio 2007

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Le ideologie sono morte, sostituite da un’insopportabile morale bottegaia. Il Sacro è sepolto e mummificato, anche per colpa di una Chiesa che si è ridotta a frugare nelle mutande della gente. Ma non disperatevi. Qualcosa è rimasto, su cui fondare la vita: la pubblicità. Di più: l'ideologia pubblicitaria, dato che da tutti il Verbo degli spot viene dato per scontato e intoccabile. E la questione non si risolve nel banale ‘se compri questo prodotto starai meglio": va oltre, arriva a dire "ecco come deve funzionare il mondo, fa’ come ti diciamo noi, e sarai felice". Un esempio: la pubblicità della Nuova Cinquecento. “La nuova Fiat appartiene a tutti noi”. Voi cosa capite? Che ve ne danno una gratis? Che vi mandano una percentuale sulle azioni? Che Lapo vi invita al prossimo festino? Avete capito male. Vuol dire: gioisci, coglione, perché se la Fiat va meglio, andrai meglio anche tu (?!); perché se da domani altre tonnellate di metallo e plastica invaderanno le strade, il tuo mondo sarà più bello (?!); perché se noi ci arricchiremo ancora di più, sarà come se ti arricchissi anche tu (?!). Parlavamo prima di ideologie eccetera: questa, per esempio, è sociologia. Ce l’aveva già raccontata Jannacci (E sempre allegri bisogna stare/ché il nostro piangere fa male al re/fa male al ricco e al cardinale/diventan tristi se noi piangiam), ma questi fanno sul serio. Festeggiamenti alla Versailles, nani e ballerine resuscitati e compiacenti: è l’azienda-stato che si festeggia, e se siete buoni lavoratori/buoni cittadini, dovete esser felici e contenti con lei. Ma a voi frega qualcosa, della “nuova Fiat”? Non frega niente neanche agli operai: c’è un piccolo particolare che forse è sembrato di cattivo gusto dire, e cioè che la nuova Cinquecento non verrà costruita in Italia, ma in Polonia. Cioè: ‘appartiene a tutti noi’, ma la facciamo fare agli schiavi dell’Est, così li paghiamo meno. L’ha sussurrato in fretta a un Tg, quasi vergognandosene, un operaio fuori dai cancelli, ma certo dopo l’avranno messo in ginocchio sui bulloni dietro la pressa. Direte: ma se la FIAT va male, il Paese va a puttane e saltano migliaia di posti di lavoro. Certo, questa è la catena alla quale un industrialismo selvaggio e criminale ci ha legato. E allora, per favore, che ci dicano le cose come stanno, e non ci prendano per il culo: compratela, consumate, inquinate ancora di più, perché se noi andiamo a fondo andate a fondo anche voi. E lasciamo stare le cazzate. La nuova Fiat non appartiene a tutti noi: appartiene a Lapo. E’ l’unico cui frega qualcosa. Così si compra la roba buona.

Giuliano Corà

 
Fede e Censura PDF Stampa E-mail

11 luglio 2007

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Da oggi siamo meno ricchi: Piero Ricca è stato oscurato. Il suo blog, che vedete qui a fianco fra i nostri collegamenti, è stato sequestrato dalla Guardia di Finanza su richiesta del pm di Roma Giuseppe Saieva. La sua colpa? Aver contestato faccia a faccia il trovator cortese di Mediaset, l’uomo che rivaleggia con Veronica Ilario per il cuore del Berlusca: Emilio Fede.
Il direttore del Tg4 ha querelato il combattivo Piero (ve lo ricordate nel 2003 gridare “Puffone” all’ex premier fuori dall’aula del processo Sme?) perché questi gli aveva semplicemente chiesto cosa ci faceva ancora in video visto che le frequenze di Rete 4 sono occupate a danno del legittimo concessionario, cioè Europa 7 di Francesco Di Stefano.
Ricca fa parte di un’associazione, Qui Milano Libera, che si batte per la legalità e la democrazia. Tempo fa gli avevamo scritto, senza ottenere risposta. Noi lo stimiamo per la sua passione e il suo spirito ribelle. Piero, tieni duro! (a.m.)

PS: se volete rendervi conto a che limite può giungere la magistratura nel nostro Paese, basta che diate un’occhiata al video incriminato, visibile su You Tube alla faccia del sequestro: basta digitare “Fede Ricca” nello spazio di ricerca.

 
Le manovre di Montezemolo e la "seconda ondata" del '92 PDF Stampa E-mail

11 luglio 2007

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«Il presidente della Ferrari Luca Cordero di Montezemolo sarà a Roma domani per una serie fittissima di appuntamenti... Il presidente della Ferrari ha ribadito ai colleghi di Confindustria la necessità di puntare maggiormente sull'innovazione... Per Montezemolo, Maserati e soprattutto Ferrari non sono solo un marchio, ma un patrimonio, anche culturale del Paese...». Da un paio di mesi quante frasi come queste o simili a queste sono state scritte sulla stampa? E soprattutto quante volte sono state ripetute in onda, alla radio e specialmente in tv? Tante, tantissime. E il leit motiv era sempre lo stesso. Montezemolo figura importante sì come presidente della maggior casa automobilistica del Paese, la Fiat. Montezemolo sì come guida grintosa e lungimirante di Confindustria. Ma soprattutto i media stanno ritraendo Luca Cordero come uomo simbolo della Ferrari e homo novus del panorama nazionale. Anche politico. Luca fa autocritica sull'evasione fiscale degli imprenditori. Luca punta l'indice contro gli sprechi della politica. Luca mena fendenti a destra come a sinistra strizzando però l'occhiolino una volta a Casini e due a Veltroni. Luca osanna (giustamente) il libro di Gian Antonio Stella, 'La casta', e sferza i «vecchi» politici. Luca, moderato e new-liberal, manda fecciate (la "r" manca di proposito) e messaggi trasversali al suo vero avversario: Silvio Berlusconi. Avete già intuito? C'è una parte del mondo economico italico che si sta organizzando per mettere assieme un movimento politico. Di chi si tratta? Il nome in codice è poteri forti. Si tratta di quell'asse imprenditoriale e finanziario che ruota attorno al Corriere della Sera e a Mediobanca. Banca Intesa, Unicredit, Fiat, Della Valle. Alleato tattico: Carlo De Benedetti (Repubblica-L'Espresso). Un gruppo eterogeneo (si va dal volto presentabile di Della Valle a quello impresentabile di Geronzi, amico ambiguo di Fazio e Berlusca) odiato dal dominus di Forza Italia perché visto come antagonista. Un gruppo assai ben visto da molta sinistra italiana perché identifica una «destra seria con cui si può parlare». E il dialogo tra le due parti è in corso. L'obiettivo è quello di una alleanza temporanea per fare fuori l'italica anomalia impersonata da Silvio da Arcore. L'obiettivo di lungo periodo? Opzione uno. Un Grande Centro neoliberaldemocristiano con Pd, Montezemolo, Veltroni, Follini, Casini e pezzi interi di Fi (Luca Cordero farebbe da sponsor ma difficilmente scenderà in politica). Opzione due. I poteri forti sbaragliano Fi e ingurgitano la Casa delle Libertà. Così l'alternanza Cdl-Ulivo (vera alternanza non si sa bene quanto) viene sostituita da una nuova, costituita da centrosinistra e... destra moderata in mano a Casini o altri. Sarà così? Sarà difficile? Sarà facile? Non so. So solo che Silvio venderà cara la pelle. So solo che bisognerà fare molta attenzione ai messaggi trasversali degli apparati: vedi Nicolò Pollari & friends. So solo che in questi casi, quando si deve lottare duramente, bisogna lasciare briglia ben più sciolta a magistratura e stampa. Mi aspetto qualche bella inchiesta di ampio respiro, sia a livello massmediale che penale. Spero (in cuor mio, ma è un sogno irrealizzabile che non dirò a nessuno) che preso «il feroce abbrivio giustizialista», la macchina che non guarda in faccia ad alcuno si fermi dopo che l'Italia avrà avuto la sua rivoluzione: di coscienze. Lo so; è solo una polluzione politica della mia mente nelle ore notturne, ma mi ingrifa.

Marco Milioni

 
Ma Al Gore, cosa vuole salvare? PDF Stampa E-mail

10 luglio 2007 

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Molte critiche sono state rivolte all’iniziativa dell’ex vice di Clinton, Al Gore, che ha messo in piedi il Live Earth, una kermesse musicale internazionale per promuovere la salvezza del nostro pianeta dagli imminenti disastri ecologici legati al suo sfruttamento indiscriminato. Si è denunciata la strumentalità dell’iniziativa, insinuando che rappresenti l’originale via che lo stesso Gore avrebbe scelto per conquistarsi un posto in prima fila sulla scena politica americana. Si è puntato il dito sugli enormi sprechi energetici e sulla relativa emissione di sostanze inquinanti che i concerti avrebbero realizzato, in aperta contraddizione con il fine per il quale sono stati organizzati. Si è scritto che una vera coscienza ecologica non si forma attraverso eventi mediatici e che agli spettatori interesserebbe in realtà l’esibizione di Madonna e non il buco dell’ozono. Considerazioni condivisibili, ma che a nostro parere non centrano il nocciolo della questione. A noi sembra che la vera contraddizione sia un’altra: non solo del Live Earth, ma di tutto quel pensiero ecologista che mira a risolvere il problema della sopravvivenza del pianeta attraverso la scoperta e l’utilizzo di tecnologie che ci permettano di mantenere sostanzialmente gli stessi consumi attuali senza inquinare l’ambiente. L’impressione è che si persegua l’eterno sogno della botte piena e della moglie ubriaca: è evidente che se la Terra sta morendo è perché il sistema economico e produttivo “occidentale” prevede lo sfruttamento delle risorse naturali al fine di soddisfare ogni esigenza materiale dell’essere umano. Adesso gli Al Gore si rendono conto che, a fronte di “bisogni” in costante ed ineluttabile crescita, le risorse fornite da Madre Natura sono – aihmè – limitate. Ma la loro soluzione non è l’unica ragionevole. Ce n’è un’altra che lo è molto di più: fermare il sistema che è alla radice del problema ecologico, rivedere radicalmente i meccanismi che hanno generato la necessità di una costante crescita al fine di mantenere inalterato lo standard di benessere materiale. Non sia mai! Come sempre, questo modello di sviluppo non può neppure essere messo in discussione: anche coloro che si professano portatori di una visione riformatrice partono comunque dal presupposto dell’ineluttabilità se non della bontà intrinseca di quella che Serge Latouche chiama la Megamacchina, lo Sviluppo divorante e onnipotente. Alla fine, la soluzione dei problemi viene sempre demandata dai profeti dell’ecologia a buon mercato alla Tecnologia, da riprogrammare inserendo tra gli input la variabile ambientale. Più che salvare la Terra, vogliono salvare, rifacendogli il trucco, il modello di sviluppo che la minaccia.

Andrea Marcon

 
Confessioni di un politico PDF Stampa E-mail

10 luglio 2007

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Un politico qualsiasi di una città italiana qualsiasi: “In città è da un pezzo che non fanno che lamentarsi delle buche nelle strade e più in generale delle condizioni delle opere pubbliche. Ma che vogliono questi stronzi? Pensano che siamo qui per fare i loro interessi? Illusi, il giorno che inizierò a fare i loro interessi, posso stare sicuro che il mio bel posto me lo posso scordare. Sono altre le persone a cui devo rendere conto... Sì, certo, c'è la pantomima delle elezioni; bisogna sbattersi un po’ in giro a fare le solite promesse, ma neanche poi troppo... Tanto, ormai, la gente il gioco della democrazia lo conosce bene e, come si dice, mantenere le promesse è da paurosi! Una volta poi che ci siamo sistemati,  inizia il giochino: una smentita qui, una intervista là, qualche altra promessa, e se proprio ci sono difficoltà si istituisce una bella commissione e vai. Tutto visto e conosciuto. Neanche faticoso, ormai. Immaginati te se cominciassi a costruire strade che non si rovinano nel tempo. Lo so come si fa a farle, che credono? Ma una strada che resiste nel tempo, a chi serve? Per prima cosa mi si blocca il meccanismo degli appalti, poi il giro (quello ricco) dei subappalti, dei fornitori ecc. E io con che cosa la ungo la macchina della politica? E gli operai del Comune? E i tecnici? Come la giustifico tutta questa massa di persone? E se mi diventano troppi, come faccio a infilarci il raccomandato di turno? E le assicurazioni? Metti caso che con le strade fatte per bene gli incidenti diminuiscono, sai come si incazzano? Sai che giro di telefonate da Roma per richiamarmi all'ordine? E sai, se ti metti contro quelle e le banche non ti salva neanche il partito! Ma soprattutto: se cominciamo a non buttare i soldi del contribuente, alla fine saremo costretti ad abbassare le tasse, giusto? E qui sta il pericolo mortale: se la gente sgobba un po' di meno, magari la sera trova la forza di andare ad occuparsi della cosa pubblica, insomma a fare politica di quella vera, ti torna? Ecco, questo non dovrà accadere mai, per noi sarebbe la fine... Adesso vado, c' è un tale che ha chiesto risarcimento al Comune perchè è caduto a causa di una buca. Poveraccio, ora lo facciamo entrare in un giro di uffici, avvocati, carte bollate che neanche se lo immagina. Non vincerà mai, ma anche dovesse vincere chicazzosenefrega, mica sono soldi miei...”

Daniele Ombriti

 
Quelli che finiscono per "oni" PDF Stampa E-mail

9 luglio 2007

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E venne il turno di Walter “Nutella” Veltroni. Ha intenzioni serie, il pacioso messia dell’oligarchia di centrosinistra: vuole spalmarcela là dove non batte il sole, come si fa con la vasella. Le nomenclature bianche e rosse di Margherita e Ds hanno scelto bene, non c’è dubbio: col suo frullato di Kennedy, Tienanmen, bambinelli africani (ah, la sua Africa piena di pozzi e ospedali da inaugurare!), Papa Woityla e don Milani, colline toscane e cartoline anni ’50, più una spruzzata del povero Berlinguer e di cinema hollywoodiano, il Walter è l’incarnazione perfetta del nascente Partito Democratico. Uno spot pubblicitario che nasconde la solita fregatura. Per noi, il Pd resterà più o meno equivalente alla targa di Padova (da cui partirà per il suo tour il sindaco di Roma). Non ci interessa da quanto fa politica, il Veltro di sinistra. Berlusconi fa girare questo ritornello a vuoto, lui, il craxiano d'oro che con il nuovismo fasullo ci fracassa i timpani (e qualcos’altro) da 13 anni. A noi importa far sapere solo questo: che questo partito unico di detriti post-democristiani e post-comunisti, senza idee e senza programmi, che per avere uno straccio d’identità aspetta l’ecumenico salvatore romano, è l’ennesima operazione di potere. I suoi sostenitori, convinti di vedere in Veltroni e nel Pd “un nuovo modo di fare politica”, sono buoi che vanno al macello. Come tutti gli autolesionisti che sperano ancora nel rivolgimento dall’interno del meccanismo marcio della rappresentanza. Veltroni, alla stregua di tutti i nostri “rappresentanti”, ne è solo un servo (consapevole o no, non fa poi molta differenza). I due "oni", come li ha chiamati Gramellini della Stampa, si rafforzano a vicenda, perchè la rincorsa dell'uno dà slancio all'altro. Attenti: non stiamo dicendo “sono tutti uguali”. Non siamo facili qualunquisti. Noi diciamo di più e di peggio: è il diabolico marchingegno del voto espropriato dai partiti a renderceli tutti irricevibili e ugualmente colpevoli. Non basta buttarli a mare. E’ la nave su cui viaggiano che va affondata.

Alessio Mannino

 
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