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La giornata degli insorgenti PDF Stampa E-mail

27 Luglio 2021

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 Da Rassegna di Arianna del 13-7-2021 (N.d.d.)

Il 29 giugno, la comunità mondiale celebra la Giornata dei partigiani e degli insorgenti, la giornata dei “nascosti”. Mi piace l’idea. Nessuno può avere la garanzia di trovarsi nella posizione di una minoranza perseguitata, costretta a vivere nella clandestinità e a condurre uno stile di vita partigiano. I proverbi russi dicono: non si è mai troppo sicuri di evitare la povertà accidentale o la prigionia. Non dipende solo dalla nostra volontà. C’è dell’altro. Il destino. La figura del partigiano è glorificata nella cultura sovietica. E ancora prima, Tolstoj attirò l’attenzione sul ruolo delle unità contadine russe che agiscono dietro le linee nemiche nella sua descrizione della guerra patriottica del 1812. Per noi russi, si tratta di un argomento intimo. Se ci riflettiamo, questa giornata è carica di conclusioni estremamente profonde. La clandestinità emerge quando il sistema politico e ideologico esistente – e perfettamente legale – si rivela incompatibile con i principi, i valori e le linee ideologiche di un determinato gruppo di popolazione, proprio del gruppo a cui appartenevamo; ma questo gruppo, teoricamente autoctono, è caduto sotto il potere del sistema alienato in modo naturale.

I “nascosti” non sono una rete di sabotatori: sono la risposta degli autoctoni, nati in quella stessa terra, il cui potere è stato preso da quelle forze che hanno negato agli autoctoni il diritto alla vita, alla libertà e al pensiero. Da qui l’immagine del partigiano. Il Guerrilla Fighter [il combattente popolare, N.d.T.] non è un nuovo arrivato, straniero; egli dimora, esiste e agisce nello stesso luogo in cui è nato, cresciuto, vive ed ha vissuto; ma il potere stabilito nella sua terra, nel suo spazio, si rivela alieno – malefico, ostile, crudele, non suo, e quindi falso, illegittimo. È qui che inizia il risveglio dell’identità partigiana. Noi, russi, quando menzioniamo la figura del partigiano, di solito pensiamo agli uomini civili dei soviet che hanno combattuto dietro le linee di Hitler durante la Grande Guerra Patriottica come esempio classico. Sì, i partigiani appaiono spesso nell’occupazione, ma l’occupazione non è sempre l’arrivo di eserciti stranieri. Cristiani o monarchici, o semplicemente non comunisti, sotto i bolscevichi si trovavano nella stessa situazione. Le autorità sovietiche non li hanno considerati partigiani, ma erano partigiani – la clandestinità antisovietica russa – compresa la Chiesa delle Catacombe. I combattenti dell’Armata Bianca erano anche partigiani – partigiani bianchi, esattamente come i monarchici serbi – chetnikis, i ribelli dei Canudos in Brasile sotto i Conselheiro o Cristeros in Messico. I partigiani erano eroici combattenti di Vandea durante la Rivoluzione Francese. I clandestini anti-nazisti in Germania, che consistevano principalmente in tedeschi, erano anche autentici partigiani tedeschi. Gli occupanti erano i loro compatrioti, che non lasciavano loro il diritto di vivere – o meglio, di vivere liberamente. In Rote Kapelle e altre reti anti-naziste hanno combattuto molti zelanti nazionalisti e patrioti tedeschi, nazional-bolscevichi e sostenitori della rivoluzione conservatrice.

L’eminente giurista tedesco Carl Schmitt ha elaborato una Teoria del Partigiano molto profonda e interessante. Dal suo punto di vista, un partigiano è colui che è fedele alla Terra da cui è cresciuto, di cui sente vividamente il legame e per la quale è disposto a sacrificare la propria vita. È la Terra, il legame organico al luogo, al territorio, alla tradizione vivente, al linguaggio – e in definitiva al proprio Logos organico profondo – che fa il partigiano. Questa definizione di Schmitt assume oggi un significato particolare. La globalizzazione, il liberalismo, il capitalismo tagliano forzatamente i legami di tutti i popoli con il loro ambiente culturale, con le loro radici, con il loro spazio. Il globalismo è una società liquida in cui tutto è affidato alla tecnologia, al continuo movimento caotico, allo spostamento; non ha radici; è la crescita planetaria della civiltà del Mare – il trionfo della Potenza del Mare; e questo può essere letto come il Diluvio Universale. La Terra contro il Mare significa, in termini schmittiani, la Tradizione contro la Modernità, lo Spirito contro la Materia, il partigiano patriottico contro il globalista cosmopolita.

Ovunque nel pianeta, dagli Stati Uniti alle periferie più remote, un’élite estranea al popolo, fredda, pervertita, falsa, stabilisce le sue regole e le sue norme, le sue leggi e priorità. Così gradualmente il popolo della Terra, il popolo della propria Terra, si trova nella posizione del partigiano.

Più globale diventa il potere dei globalisti, più globale diventa la “sotterraneità” del mondo, la Resistenza del mondo, come i partigiani americani negli Stati Uniti, conservatori o sinistra identitaria, sostenitori di Trump e combattenti per i diritti del popolo contro le folli élite globaliste superricche, i russi (in generale) o i gilet gialli europei che combattono la dittatura di Macron; i musulmani che difendono il loro diritto di credere nel loro Dio, e i popoli dell’America Latina e dell’Africa che anelano alla vera indipendenza e libertà, non questi simulacri, sono tutti partigiani e ribelli. E questo è il loro giorno. Il nostro giorno.

Alexander Dugin (Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini)

 
Razzismo sanitario PDF Stampa E-mail

26 Luglio 2021

 Da Rassegna di Arianna del 24-7-2021 (N.d.d.)

Il corriere del siero, gazzetta ufficiale del vaccino di regime e quotidiano unificato in formato ideologico, divide ogni santo giorno l’umanità in due razze: i vaccinati e i mostri. E ne dà puntuale, ossessiva rappresentazione politica dedicando paginate ai virtuosi che caldeggiano gli obblighi, i divieti, le carte verdi, le zone rosse e i domani neri; e ai depravati che sognano una libertà come barbarie, anarchia, contagio, promiscuità, assenza di maschere e vaccini. Allo scopo, il Partito Unico della Sanità, in sigla Pus, non a caso, ha emesso la tessera del regime che sola permette di accedere a tutto, come nei regimi totalitari: la chiama Green Pass ma è la Tessera del Partito senza la quale la gogna, il vituperio, l’interdizione dai pubblici uffici e dai privati movimenti scatta insieme alla discriminazione razziale annessa. Ogni giorno editoriali, articolesse, bolle pontificie, scomuniche ufficiali abbondano sulle pagine dell’organo ufficiale del PUS, e spiegano il divario tra l’umanità e i suoi nemici, che poi corrispondono grosso modo agli elettori del centro-destra, in particolare i “sovranisti”.

Ora, non ho intenzione di rovesciare la frittata e compiere l’operazione inversa, di glorificare gli uni e vituperare gli altri. Nutrivo e nutro tante diffidenze sui vaccini, i loro effetti e i loro rischi, oscillanti tra due estremi – l’inefficacia o i danni imprevisti a medio e lungo termine; ciononostante mi sono vaccinato doppiamente, ho deciso di condividere con i concittadini il percorso, i rischi e il travaglio di questa guerra asimmetrica, assurda e permanente contro il virus e i suoi eredi sfuggenti, chiamati varianti. L’argomento principe su cui si impernia la campagna forzata di vaccinazione regge su un presupposto purtroppo smentito dalla realtà: non è vero che il vaccino di massa abbatta il rischio contagi perché i due paesi che hanno battuto tutti gli altri per efficienza e copertura vaccinale, vale a dire l’Inghilterra e Israele, capeggiano la classifica dei nuovi contagiati. E hanno fatto due vaccini diversi, ma si resta interdetti quando si apprende che non solo i malati in forma asintomatica o lieve, che sono poi la stragrande maggioranza, ma anche tra i ricoverati, molto alta è la percentuale dei già vaccinati. Avendo, con riluttanza e diffidenza, accettato di vaccinarmi, capisco le riserve sul vaccino e soprattutto non accetto lo spartiacque etico, giuridico, ideologico che si sta marcando tra i pro e i contro. Ma nel dubbio, mi sono detto, meglio agire e poi pentirsi che non agire e poi pentirsi ugualmente: non è il consiglio di un virologo ma di Niccolò Machiavelli. Però, ripeto, trovo assurda questa costruzione quotidiana del fossato tra due etnie, due ideologie, con relativo massacro a mezzo stampa di chi non si allinea; spero che i leader politici del versante mostrificato non entrino nel gioco e non si facciano catturare nella rappresentazione conseguente.

Ci sono due modi comprensibili di reagire ai numeri in risalita: quelli del partito della prevenzione e dell’allarme, che dicono di affrettarci con le misure restrittive per evitare la catastrofe, e quelli del partito del realismo che dicono di monitorare e studiare attentamente la situazione ma di adottare misure solo se risalgono davvero, in numero significativo, i ricoveri, le terapie intensive, il rischio-vita. In questa situazione, i danni prodotti dalle chiusure, dalla psicosi, dalle restrizioni sono superiori ai vantaggi delle misure anticovid a priori, ammesso poi che siano efficaci. Distanziamenti, mascherine in luoghi chiusi o in caso di assembramenti, misure igieniche e controlli, ma non divieti, chiusure, restrizioni a priori. Non possiamo estenuare così la nostra vita sociale, economica, lavorativa, ricreativa, psicologica. Ma sposando questa tesi non ho certezze né superiori visioni e informazioni; ho più semplicemente una differente valutazione della situazione e mi lascio guidare da un realismo prudente e vigilante.

Il tema di fondo che ci consegna però questo scenario, e questa caccia al collaborazionista del covid, accusato di intelligenza con nemico, tradimento del popolo e della democrazia è invece questo: tra leggi Zan e misure sanitarie, la politica si è ridotta solo a un ramo riflesso della biologia; non biopolitica ma ancora più giù, gli unici temi generali sembrano essere quelli che riguardano la vita privata, la salute, i sessi e i genitali, gli orientamenti sessuali e sanitari. Se vogliamo, è anche un effetto del governo Draghi: non potendo gestire e nemmeno disputare sul recovery plan e non potendo guidare direttamente il paese, la politica regredisce a uno stato puerile e biologico, si fa disputa adolescenziale sul sesso e sulla salute, su cui si impianta la nuova ideologia da passeggio dei nostri giorni. Ma guardando la nuova deriva politica rispetto agli scenari globali il quadro che se ne ricava è il seguente: la democrazia e lo spazio della politica sono ridotti ai temi biologici, si può negoziare sui confini della biologia in relazione alla vita delle persone e la loro immunità. Mentre la direzione dei processi macroeconomici e sociali è rigorosamente al di fuori della loro portata, esula dagli spazi della politica e della democrazia, è affidata a gruppi, figure, esecutori e mandanti che detengono il potere decisionale. Non una battaglia investe il modello sociale di sviluppo, il capitalismo globale e i temi della sovranità o della vita economica e lavorativa. Tutto si riduce al rione sanità e politica vuol dire oggi difendere oppure offendere gay, lesbiche trans, migranti e neri. Non è dato un diverso pensiero, una diversa prospettiva. È su quei temi che si battezza o si sbattezza il genere umano e la cittadinanza, per usare un’espressione dell’ultima teologa del lgbtqrfgsjpnkx (scusate, ma non ricordo più a che consonanti si è arrivati per definire la razza eletta e protetta). Per tutelare il nuovo razzismo scendono in campo le nuove SS, Sesso & Sanità…

Marcello Veneziani

 
Un appello PDF Stampa E-mail

25 Luglio 2021

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 Parliamoci chiaro e tondo, senza arzigogoli o citazioni e veniamo subito al sodo: dal 6 agosto in Italia sarà presente una forma di apartheid. In Rhodesia e Sudafrica qualche decennio fa era un regime di discriminazione su base etnico-razziale, in Italia e in Francia oggi (seguiranno gli altri Paesi UE, anche la Germania della Merkel che dice "no" al momento a scopi elettorali e questo dice tutto...) è su base vaccinale. Divide et impera, nihil novi sub sole potremmo dire, eppure no, non la liquidiamo così con due parole e mezze frasi fatte. Un regime di apartheid significa sostanzialmente la società divisa e separata in due o più livelli, la differenza rispetto a Sudafrica e Rhodesia è che in quei paesi era orizzontale -bianchi da una parte, neri dall' altra, asiatici e meticci idem- mentre da noi sarà più dolorosa, perché trasversale: non saranno gruppi etnici a dividersi, ma le basi della società stessa quali nuclei familiari e compagnie di amici: ecco, il barista con cui scherzavamo che su un fronte o l' altro diventerà ostile, il collega di lavoro che nega la parola, il barbiere di fiducia che guarda con sospetto...e ahimè fratelli e sorelle, zii e nipoti prima uniti e ora divisi da muri invisibili...

Vedo con soddisfazione le prime reazioni: centinaia di avvocati pronti a impugnare class action o ricorsi (il pass è illegale perché il 26 marzo scorso il Consiglio d' Europa ha ammonito gli Stati a non discriminare i cittadini che hanno scelto, liberamente, di non vaccinarsi), vedo a Torino una piazza piena, composta e civile che protesta, vedo volantini di altre civili e composte manifestazioni, vedo volontà di resistere. Tutto ciò è molto positivo ma non basta.

Chi ama la libertà si prepari a nervi saldi e cuor di leone; i pavidi, i pusillanimi, i titubanti alla Carlo Alberto, i vili e i traditori sono gentilmente pregati di togliersi dai coglioni e di telefonare al medico o all' hub vaccinale o anche al generale Figliuolo per farsi inoculare Pfizer o AstraZeneca perché della zavorra non sappiamo che farne. A questi signori io dico: non intasate Facebook coi vostri post indignati, correte nei centri di vaccinazione perché quello è il vostro posto. Il "tengo famiglia" è una scusa italiota abusata e non vi giustifica affatto. Consapevoli che nella vasta scala di problemi si debbano trovare delle priorità fattibili da mettere innanzi alle altre e che  la cancellazione del pass verde e il ripristino dello stato di diritto hanno la precedenza assoluta su tutto il resto, consapevoli che non sarà una passeggiata o come disse uno scrittore nordamericano "la salita su una scala di cristallo" e che stavolta si debbono fare letteralmente dei sacrifici (dal latino: "fare qualcosa di sacro") lo siamo pure nell' ottica di non essere fatti di ferro o materia inerte, ma di corpo e anima: molti si sentiranno soli, isolati, sconfortati, ricattati, spaesati. Queste sono sì reazioni umanamente comprensibili, le quali potrebbero spingere a gesti di debolezza o vacillamento ed è su questi punti che si deve prevenire per limitare le defezioni.

Ricordiamoci e stampiamolo: in una società su due livelli, la parte discriminata regge e vince la guerra di nervi solamente se essa stessa ha la forza morale immensa di creare una vera e propria società anzi che dico società, una vera e propria comunità parallela e contrapposta a quella ufficiale. È finito il tempo dell’individualismo crasso: ora la parola d' ordine è "noi”, il pronome "io" va messo in soffitta. Ai nostri amici che nei bar, ristoranti, cinema ecc. non chiederanno il pass noi saremo i clienti più fedeli, gli altri possiamo lasciarli nel loro brodo. Solidarietà e reciproco aiuto, termini cancellati negli ultimi anni, tornino ad avere il valore eterno e atemporale del loro significato. Negano i cinema? Li vedremo insieme in streaming, nelle nostre case, a turno; negano gli eventi all' aperto? Ci incontreremo nelle spiagge libere, nelle pinete, nei campi, sui greti dei fiumi. Ci racconteremo le storie delle nostre vite, contempleremo le bellezze del creato, osserveremo i tramonti e le albe.

Incontriamoci. Conosciamoci. Stringiamo sinceri rapporti, sani e cordiali. Aiutiamoci per quanto possibile. Una bella iniziativa è su questo sito: difendersiora.it e credo che i gestori non si arrabbieranno se lo pubblicizzo, anzi tutt’altro. Scriviamoci, contattiamoci, telefoniamoci, incontriamoci, discutiamo, ogni città e provincia abbia la sua rete di comunità solidale e parallela. E appoggiamo ogni iniziativa legale per rovesciare il pass.

Ora un segreto: noi abbiamo un’arma formidabile. Perché il gregge bela ma se ne sta passivo davanti alla Rai o Mediaset, noi invece facciamo squadra. Questa è la nostra forza. La pecora obbedisce e sta quieta, noi no. Da anni l’Istat certifica che l’Italia è "poltiglia di massa”, dimostriamo come da questa poltiglia gli anticorpi, quelli naturali, sappiano creare qualcosa di pulito. Se avremo la consapevolezza di un "noi" riusciremo a tenere i nervi saldi e a non cedere. Viceversa, le alternative sono due e molto facili: -Chiamare il medico di famiglia o l’hub e fissare un appuntamento -Salvare l’onore delle armi finché si può e infine recarsi in qualche ambasciata a Roma di Paesi che non praticano tali norme e chiedere asilo politico. Dipende tutto da noi.

Altro non posso aggiungere: o il vaccino o l’unione e l'azione comune. Tertium non datur

Simone Torresani

 
Costretti all'intolleranza PDF Stampa E-mail

24 Luglio 2021

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 Da Comedonchisciotte del 18-7-2021 (N.d.d.)

Da sempre ho avuto amici che in politica la pensavano in modo opposto al mio, anche negli anni ‘70, quando la politica era cosa importante, e devo dire che questo non ha mai avuto conseguenze sulla nostra amicizia, se non qualche discussione e qualche presa in giro. Al giorno d’oggi le cose cominciano purtroppo a cambiare.

La politica, oramai travestita da “medicina” o più generalmente da “scienza” al fine di apparire inconfutabile, incide troppo sulla vita reale delle persone per poter mantenere la discussione su un piano teorico e sereno. Le politiche covidiane ti mettono agli arresti e al confino, ti costringono a mascherarti il volto, ti fanno perdere il reddito sul quale vive la tua famiglia, ti costringono a trattamenti sanitari obbligatori, ti impediscono di viaggiare, di andare a scuola, di incontrarti con le persone, insomma: ti rubano la vita. E questo è troppo invasivo perché non incida anche sulle amicizie: non è facile tollerare chi è anche solo d’accordo con tutto questo e lo vuole imporre anche a te, anzi ti considera quasi un criminale se dissenti. Eppure ti sembra impossibile che non riescano a vedere una realtà tanto palese, che non riescano ad uscire dal Truman Show che continuamente gli propone la televisione. In altre parole, Don Camillo e Peppone possono pur andare a bere assieme in un paesetto della bassa padana nell’Italia liberata del ‘48, ma è molto difficile mantenersi amici di coloro che ad uno ad uno stanno indossando la camicia bruna nella cupa Berlino del ‘35.

Nestor Halak

 
Crisi della campagna vaccinale PDF Stampa E-mail

23 Luglio 2021 

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 Da Rassegna di Arianna del 19-7-2021 (N.d.d.)

La grande campagna vaccinale nel mondo sembra di colpo essersi arrestata. Partita con gran fanfara nel gennaio di quest’anno, sembrava che in pochi mesi il magico vaccino avrebbe liberato l’umanità dalla maledizione del Covid, e avrebbe riportato tutto alla normalità. Invece la campagna vaccinale ha subito un primo, duro contraccolpo in primavera, quando i gravi effetti avversi causati da AstraZeneca (e non soltanto) sono diventati di pubblico dominio. Per la prima volta, milioni di persone che riponevano una fiducia cieca della vaccinazione hanno cominciato ad avere dei dubbi. Ma il contraccolpo è stato presto riassorbito, poiché le agenzie del farmaco, ben supportate dai media a voce unificata, sono riuscite a far passare il nuovo slogan “i benefici superano i rischi”. E così la maggior parte della popolazione si è convinta comunque a proseguire. Magari con qualche dubbio in più, ma le vaccinazioni sono riprese a pieno ritmo in tutti i paesi dell’Occidente.

Poi però deve essere successo qualcos’altro, perché i proclami trionfalistici dei media pro-vax hanno cominciato a scomparire. Il presidente americano Biden aveva annunciato con orgoglio per il 4 luglio – festa nazionale americana – l’agognato traguardo del 70% della popolazione vaccinata. Ma il 4 luglio è passato, e quel traguardo non solo non è stato raggiunto, ma ormai sembra inarrivabile. Anche in Italia, inizialmente Figliuolo decantava quotidianamente il “mezzo milione di vaccinati al giorno”, ma da un po’ di tempo questo ritornello non si sente più. E chi va a guardare da vicino le statistiche, scopre che ormai il 90% delle vaccinazioni che vengono effettuate sono in realtà seconde dosi. Di gente che si vaccini adesso con la prima dose ormai se ne trova molto poca.

Quello che è successo, in realtà, è molto semplice: è stato raggiunto, bene o male, il numero massimo delle persone che desiderano vaccinarsi, o perché si sentono più sicure, o perché, più semplicemente, sono convinte di riacquistare in questo modo le proprie libertà. Ma tutti quelli che rimangono, ormai, sono persone che del vaccino non vogliono proprio sentir parlare. Nonostante il fatto che i media tacciano sull’alto numero di persone colpite da reazioni avverse gravi (morti comprese), c’è infatti una realtà che non si può eliminare: la gente parla. Uomini e donne di tutta Italia parlano quando si incontrano per strada, parlano nei bar, parlano al telefono, parlano sui social, e ormai è diventato molto difficile trovare una persona che non conosca qualcuno che - in modo diretto o indiretto – sia stato colpito da una reazione avversa grave. È quindi comprensibile che le persone che prendono coscienza di questa realtà decidano categoricamente di non vaccinarsi. E anche nei paesi dove la percentuale di vaccinati è molto alta (es. Israele, Regno Unito), la gente comincia a chiedersi perché il virus continui a circolare esattamente come prima. Questo spiega molto chiaramente il nervosismo da parte dei vari governi, che stanno precipitosamente passando dalla carota al bastone. Macron introduce un green pass talmente restrittivo che lo si può tranquillamente equiparare ad un obbligo vaccinale di fatto. Il governo italiano si accoda, e cerca di approfittare dello squarcio aperto da Macron per irrigidire anche da noi le restrizioni per i non vaccinati. In USA Biden ha addirittura accusato Facebook di essere dei “killer”, perché non avrebbero fatto abbastanza per sopprimere quelle che lui definisce “disinformazione sul Covid”. (Pensate: un presidente democratico che arriva a lamentarsi che non sia stata applicata sufficiente censura nel “paese più democratico del mondo”).

È chiaro che la situazione si sta incattivendo un po’ dappertutto, ma il problema di fondo non cambia. Quelli che hanno deciso di non vaccinarsi, ormai molto difficilmente lo faranno. E servirà a poco mettere in atto restrizioni più dure. Anzi, casomai ciò provocherà l’effetto opposto, ovvero quello di scatenare la ribellione di coloro che si sentiranno ingiustamente privati dei loro diritti più fondamentali. Forse sarebbe ora di prendere atto della realtà, di accettare che i vaccini non rappresentano la soluzione (nella migliore delle ipotesi "funzionicchiano", come dice Massimo Galli), e di capire che l’unico modo per andare avanti senza scatenare una guerra civile, è quello di accettare serenamente la presenza di chi non vuole vaccinarsi all’interno della società. E forse, sarebbe finalmente ora di cominciare ad utilizzare in maniera sistematica tutte quelle cure che sappiamo benissimo esistere, ma che fino ad oggi ci sono state negate. Ma, per fare questo, bisognerebbe fare un grosso dispiacere a Big Pharma. E di governanti (e di giornalisti) con le palle per fare una cosa del genere all’orizzonte se ne vedono ben pochi.

Massimo Mazzucco

 
Il tempo del non mollare PDF Stampa E-mail

22 Luglio 2021

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 Da Rassegna di Arianna del 20-7-2021 (N.d.d.)

Tutte le più pessimistiche previsioni si stanno avverando. Una maggioranza di cittadini sta per essere scagliata contro una minoranza. I giornali e le televisioni stanno incitando deliberatamente all'odio. Concetti e idee che non si sentivano dagli anni Trenta sono stati completamente sdoganati. Il ceto medio semi colto (una volta si sarebbe detto la piccola borghesia) si sta già mobilitando con la furia di cui è capace. Già si sentono, anche da persone che fino al giorno prima parevano amiche, parole che incitano alla discriminazione, all'esclusione dalla vita civile, alla violenza contro i renitenti. In questa situazione può succedere di tutto. L'Italia è, in questo senso, un laboratorio. Dobbiamo sperare, oltre che nella nostra resistenza, nella ribellione di paesi dove l'opinione pubblica è meno condizionata da decenni di propaganda televisiva. Dobbiamo essere consapevoli che la nostra lotta, per quanto possa apparire minoritaria e disperata, assume un valore universale.

Chi scarica il "green pass" accetta che la sua vita venga tracciata e monitorata in qualsiasi momento. Quando va al cinema, al bar, al ristorante, all'ospedale. Tra poco, anche quando mangerà, andrà in bagno o farà all'amore. Col green pass si cessa di essere uomini e si diventa algoritmi. Si consegna il proprio corpo, la propria anima e la propria mente al potere. Si consegna al carceriere la chiave della propria prigione. Il green pass non ha nulla di sanitario. Lottare contro il green pass significa difendere la libertà di tutti, anche di quelli che ci odiano. I prossimi decenni dovranno essere dedicati alla lotta senza quartiere contro l'orrendo totalitarismo di cui stiamo vedendo l'alba. Ora è il tempo del Non mollare! Verrà anche il tempo della riscossa.

Silvio Dalla Torre

 
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