Avviso Registrazioni

Scusandoci per l'inconveniente, informiamo i nuovi utenti i quali desiderino commentare gli articoli che la registrazione deve essere fatta tramite Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo

Login Form






Password dimenticata?
Nessun account? Registrati

Cerca


 
  SiteGround web hostingCredits
Paesi baltici e UE PDF Stampa E-mail

20 Gennaio 2014

Image

 

Parlando da ateo cristiano (ateo che si riconosce nei valori del cristianesimo, quale pilastro della civiltà occidentale) quale sono, debbo dire che alla "Bibbia laica" di "Repubblica" preferisco di gran lunga l' originale letterario (per alcuni) o se preferite "rivelato"(per altri). Però l' onestà intellettuale mi spinge a scrivere che diverse volte ho l' occasione di gettare l' occhio sul manuale mainstream quotidiano del pontefice laico Scalfari, trovando gustosi ed appetitosi certi reportage, servizi od articoli.

D' altronde, il fatto di non pensarla come gli altri non deve assolutamente esimerci dal leggere, approfondire e studiare il pensiero di chi è diverso da noi: guai se fosse così. Come diceva De Amicis già  a fine Ottocento," chi frequenta una sola classe sociale, equivale ad uno studioso che legge un solo libro".

Gli articoli in questione, che vorrei qui analizzare, riguardano l' ingresso della Repubblica di Lettonia quale dicottesimo membro della moneta unica europea. Il lat, valùta che nel bene e nel male ha accompagnato la non facile strada dei lettoni quale Stato dal 1991 al 31 dicembre 2013, è stato sostituito dalla mezzanotte del 1 gennaio 2014 dall' euro.

Tanto per fare capire l' antifona, il corrispondente del pezzo si premura di scrivere:"da Berlino, servizio di.."..notate bene, da Berlino, la capitale teutonica che nell' immaginario collettivo della tecnocrazia europea ha sostituito il Mito di Roma e di Gerusalemme: ora, per commentare i fatti della Lettonia è sufficiente vederli dal panorama berlinese. Già questo non ha bisogno di commenti.. E visto che i luoghi non sono mai "neutri" ma, al contrario, impregnati da simboli, tutto ciò ha un suo significato ben preciso. Berlino e Bruxelles sono "double face", per usare un anglicismo -idioma molto amato da Lor Signori- quindi il corrispondente avrebbe potuto benissimo scrivere Bruxelles, senza fallare. Come in matematica, quando si invertono i fattori ma il risultato è sempre il medesimo.

Dal belvedere prussiano, quindi, l' occhio ha scrutato le piazze di Riga "festanti, con i brindisi"..solo che non si capisce dove sia il confine della linea rossa, laddove si stura la bottiglia per festeggiare il nuovo anno e  si fa saltare il tappo per un brindisi augurale alle magnifiche  sorti e progressive, cui la Lettonia, entrando nel club "Euro S.p.a.", ha legato i suoi Fati supremi. Da frequentatore degli Stati baltici, che ho avuto la fortuna di visitare bene, oserei optare per il primo caso, non tirandosi indietro il lettone, il lituano o l' estone quando vi è la possibilità di scolarsi un bottiglione.

Che poi in tutta la Lettonia banchieri, politici, finanzieri, uomini del sistema si fregassero le mani, certamente ci puo' stare. Infatti, con solerzia di cifre, si ricorda che il PIL lettone, dopo la crisi del 2008, è ora in ascesa del +4,1 % previsto per il 2014 a fronte di un +4,0% registrato nel 2013; il disavanzo è molto basso, del 2,5% circa o poco più, la disoccupazione però è nettamente superiore all' 11% della forza lavoro, ma senz' altro un poco inferiore alla media dell' eurozona. Si oblia però di ricordare che lo stesso PIL ebbe cadute paurose negli anni precedenti, quindi tale recupero è fallace, andando forse a compensare e non del tutto i segni negativi, per cui la somma è equivalente a zero o poco meno. Ora, visto che la matematica non è una opinione, questo 11% andrebbe visto in proporzione alla popolazione complessiva della nazione baltica, la quale da tempo immemorabile ristagna: siamo sui 2.252.000  abitanti e nel 1989 erano ben oltre i 2 milioni e mezzo..e l' esodo di parte della comunità russa non spiega tali cifre, giacché anche i lettoni hanno fatto la valigia, di buona lena, nei ventitré anni circa di indipendenza.

Su una popolazione così esigua, l' 11% di disoccupati non è uno scherzo. Non è nemmeno uno scherzo- e ciò contraddice il tono ottimista dell' articolo- il dato che, secondo i sondaggisti, il 60% dei lettoni sono "perplessi e non del tutto favorevoli" al cambio della moneta. Ma ci si premura subito, mediante le parole del premier Valdis Dombrovskis, di precisare che " l' aumento degli investimenti in Lettonia e le chances della nuova moneta in breve renderanno l' euro popolare". A suffragare questa tesi, infine, vi è la scelta della foto nella pagina: si vedono due giovani baltici, con l' espressione da ebeti patentati, in estasi stile Santa Teresa d' Avila o Juan de la Cruz davanti all' Altare di un Bancomat, mentre contemplano un fascio di banconote da 10 euro. Manca solo, alla scena, l' apparato barocco di un Bernini nelle vesti di un angelo con la lancia che trafigge il cuore dei due giovani, entrati da ieri nella comunità mistico-carismatica della Nuova Religione Europea. Forse tra vent' anni noi rivedremo la scena nella Basilica dell' Euro adiacente alla BCE di Francoforte, opera postmoderna di un "Berninas" locale ( si sa che i lettoni hanno il vezzo di lettonizzare tutto, ma dovranno farlo in stile tedesco, quindi meglio scrivere un "von Berninen") che la intitolerà :"L' Estasi di Riga". I soggetti in questione sono il perfetto prototipo del modello di cittadino comune, che l' UE vorrebbe plasmare: supermoderno, cosmopolita sino alla dabbenaggine, omologato, non pensante, zingaro con la valigia in mano per andare là dove bussa il lavoro, oggi a nord, domani a sud. Potremmo parlare di uno "stabile sradicato precario".

A parte le ironie, una cosa è vera: nonostante le perplessità del 60% dei lettoni, il progetto europeo, ormai maldigerito ad Ovest, trova ancora genuini consensi ad Est, specie nell' area della vecchia Unione Sovietica. Qui l' articolista ha perfettamente ragione, ha colto nel segno, ha detto una grande verità.

Adesso lasciamo però le pagine dell' articolo e torniamo nella nostra weltanschauung.

I consensi e l' entusiasmo dei popoli di quella che fu, un tempo, la vecchia "Cortina di Ferro", hanno una base più storico-psicologica che pratica. Si tratta di nazioni che persero la propria indipendenza assai bruscamente, come ad esempio i lettoni nel 1940, occupati vergognosamente manu militari da Stalin dopo l' accordo con von Ribbentrop. E già da prima, la storia lettone era ben intrecciata con quella della Russia zarista. La grande rivolta di gennaio del 1863 attraversò , con le sue ansie di indipendenza, anche le province baltiche oltre che Polonia e Bielorussia. Le russificazioni di Alessandro II prima e Alessandro III poi esacerbarono gli animi; la conquista della indipendenza nel 1918 fu un trionfo, perduto nel 1940 ma recuperato nel 1991 dopo ben quattro anni di dimostrazioni, nate in pieno disgelo gorbacioviano.

Debbo far qui notare una cosa molto interessante: i rigurgiti indipendentisti baltici, a fine anni Ottanta, si manifestarono non solo in dimostrazioni di piazza, scontri davanti ai parlamenti locali per l' imposizione delle lingue nazionali, penalizzate dal russo, ma anche e soprattutto nelle grandi feste folkloristiche musicali estive, da generazioni un rito consolidato della tradizione baltica.

L' apparato musicale lettone ed estone, in particolare, è impressionante. L' anima lettone si sublima nel "Dainas", che è un canto popolare basato su antichissime leggende, che si perdono nei secoli del passato. I Dainas sono poesie musicate, che alimentano balli folkloristici e festival musicali. Dove risuona un Dainas, state certi che risuona lo spirito del popolo lettone.

I festival folk del 1987, 1988 e 1989 radunarono immense folle, che approfittarono del "Dainas" per riscoprire la loro Storia, preludio alle grandi catene umane baltiche e alle dimostrazioni per le strade. Nei festival folk comparvero inoltre dopo decenni di oblio le bandiere nazionali lituane, lettoni ed estoni.

Nonostante le belle parole del premier Valdis Dombrovskis e l' estasi di un paio di  giovani in fila al bancomat, la crisi lettone non è ancora finita..e ora la Lettonia ha perso anche  la sovranità monetaria (quella politica l’ ha persa nel 2004, legandosi alla UE). Dombrovskis, seppur ottimista, ha fatto intendere che la politica di risanamento rigoroso continuerà. La Lettonia si è consegnata a Bruxelles mani e piedi, si è legata ad una scommessa sul futuro pazzesca, basata sul mito fondante di una moneta unica che sta facendo acqua da tutte le parti.

Un popolo prettamente nazionalista come il lettone ha consegnato i suoi destini alla Unione Europea, che è la forma complementare, seppur sotto diverse vesti, della defunta URSS.

Tempo qualche anno e i lettoni si accorgeranno della truffa.

I festival folk estivi, però, si terranno regolarmente.

Se l' Europa non proibirà i Dainas in base al relativismo culturale (magari potrebbero offendere casualmente gli abitanti della Cambogia..) , i festival folk del 2020 o del 2024 saranno interessanti da seguire.

Simone Torresani

 

 

 

 

  

Commenti
NuovoCerca
Solo gli utenti registrati possono inviare commenti!
 
< Prec.   Pros. >