15 settembre 2007
"...essere contro i partiti non significa affatto essere antiliberali e antidemocratici. Al contrario. I grandi teorici della liberaldemocrazia, quelli che ne hanno gettate le fondamenta, da Stuart Mill a Locke, non fanno alcun riferimento ai partiti e fino al 1920 le Costituzioni liberaldemocratiche non ne contemplano la presenza. E si capisce facilmente perchè. La liberaldemocrazia è centrata sull'individuo, in contrapposizione al sistema feudale che faceva invece perno sui legami di gruppo, feudali appunto, corporativi, familiari. La liberaldemocrazia vuole liberare l'individuo singolo da questi legami in modo che possa esprimere, in posizione di parità con gli altri, le proprie capacità e potenzialità. Secondo il pensiero liberaldemocratico classico tutti i cittadini devono essere alla pari almeno sulla linea di partenza. Poi vinca il migliore. Le lobbies, e quindi innanzitutto i partiti, sono una ferita mortale a questo principio perchè favoriscono, in modo determinante, i gruppi a danno dei singoli. I partiti non sono quindi l'essenza della democrazia, come sempre si dice, ma la sua fine. Ed infatti con la presenza dei partiti la democrazia si è snaturata trasformandosi in un sistema oligarchico, aristocrazie mascherate che agiscono sotto il manto di un sistema che si afferma democratico, ma che non è più tale" (Il Gazzettino, 14 settembre 2007). Feudalesimo senza feudatari, o democrazia locale senza partiti. Questa potrebbe essere la via da battere per ritrovrare le ragioni della libertà e della comunità. Una sorta di comunitarismo democratico, un giusto compromesso fra la riscoperta dei legami di solidarietà e la necessità, storica e politica, del singolo cittadino sovrano. Voi che dite? (a.m.)
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