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Pragmatismo armeno PDF Stampa E-mail

30 Gennaio 2014

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Mentre tutti i riflettori sono puntati sull' Ucraina, ancora invischiata nelle proteste di piazza delle "Rivoluzioni colorate" finanziate da USA ed UE, un paio di migliaia di km più ad oriente un piccolo paese caucasico, l' Armenia, quatto quatto e senza fare chiassate, ha aderito nelle settimane scorse alla "Unione Doganale Euroasiatica" promossa da Putin, che nelle intenzioni del Cremlino dovrà essere un contrappeso, in futuro, all' asse occidentale UE-USA.

Partiamo subito con una considerazione: tale Unione, se dovesse viaggiare in futuro a gonfie vele-ci auguriamo di sì-sarebbe davvero una salutare alternativa allo strapotere dell' impalcatura totalitario-tecno-finanziaria che ha in Washington e Bruxelles i suoi due poli.

Nessuno vuole qui elevare agli altari Putin, personaggio che ha pur esso le sue ombre, ma il dubbio nella scelta tra una Unione che, per bocca del Cremlino, garantisce le sovranità nazionali e monetarie contro una Unione, quella europea, volta solo alla omologazione totale in nome del mercato, alla cessazione della sovranità e al mercimonio delle culture nazionali, non dovrebbe neppur sfiorare il cervello d' un uomo sano.

Dobbiamo pur lodare tutto il pragmatismo del popolo armeno e della sua classe dirigente, che hanno capito, guardando non a fazioni di partito o a interessi particolari ma al benessere collettivo, che l' alleanza con Mosca è la unica soluzione.

L' Armenia è una repubblica piccola, più o meno delle dimensioni del Belgio, in gran parte montagnosa, nel Caucaso. Dall' indipendenza non ha fatto altro che stagnare ed essere invischiata in una "decrescita infelice": circondata da Stati ostili-Azerbaigian, Turchia-ha come unico, vero grande amico, solo la Russia, colla quale ha in comune la tradizione  culturale religiosa ortodossa .

Mosca può garantire a Yerevan, sempre in perenne crisi energetica, l' acquisto di gas a un prezzo scontato a 189 dollari al metro cubo; grazie alla collaborazione russa, gli armeni ridurranno la loro dipendenza dal nucleare prodotto nella obsoleta centrale ex sovietica di Metsamor, la quale produrrà sì il 34% del fabbisogno nazionale, ma è una bomba ad orologeria piantata nel Caucaso, tanto che la stessa AIEA, su pressione di Ankara, ha più volte imposto al governo armeno di chiuderla, prorogando la data al 2016.

Inoltre tutti i dazi sulle materie prime importate dal paese caucasico verranno aboliti.

Andiamo avanti: uno dei partner economici essenziali di Yerevan è Teheran e senza il bavaglio ideologico europeo il governo del presidente Serzh Sarkysian potrà continuare a coltivare, nel reciproco interesse, relazioni comuni improntate al benessere reciproco.

L' Iran è non solo uno dei primi partner commerciali per import ed export: con il suo flusso turistico (siamo aumentati a 90.000 presenze annue), crea lavoro e ricchezza al popolo armeno.

Immaginiamoci una Armenia integrata nella UE e nell' impero americano: stop al cospicuo dialogo con l' Iran, per ragioni ideologiche; calare le braghe negli interessi di politica interna ed estera- l' Azerbaigian, storico nemico armeno, è uno dei protetti e coccolati di Washington-e molto altro.

Ad amici lontani e remoti, i pragmatici armeni hanno scelto altri amici, vicini e contigui, i quali capiscono meglio i loro interessi.

Tutto ciò senza auto rovesciate, molotov nelle piazze, marce e occupazioni di edifici pubblici e clima da guerra civile: praticamente, a parte le fisiologiche lamentele di due o tre partitini d' opposizione in Parlamento, in Armenia non è successo nulla.

E visto che non è successo nulla, i media allineati al volere del Duplice Impero non ne hanno parlato...si sa che brucia, che fa male dover ammettere che le sirene europee trovano dei novelli rematori d' Ulisse, con la cera nelle orecchie che impedisce loro di sbattere contro gli scogli. Sempre redivivo Ulisse, il presidente Sarkysian si è prudentemente legato al palo sicuro della nave russa.

La chiusura e l' isolamento della montagnosa Armenia hanno forse agito da balsamo tonico, evitando l' incubazione di germi provenienti da ponente, i quali hanno ahinoi attecchito bene in Ucraina, facendo perdere la bussola ad una minoranza  violenta, rumorosa, che si trastulla in un demenziale "sogno europeo".

Simone Torresani

 

  

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