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Femminismo e capitalismo PDF Stampa E-mail

23 Marzo 2014

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Da Rassegna di Arianna de 18-3-2014 (N.d.d.)l

 

[...] Il femminismo è un movimento politico che pretende che la storia sia lotta dei sessi, basandosi sullo stesso modello di Marx e della lotta di classe. L’obiettivo è liberare le donne dall’oppressione degli uomini. Secondo me, è un comunitarismo vittimistico. Le rivendicazioni femministe sono manipolate per metterle al servizio della società del mercato e del salariato, formula lapalissiana poiché per comprare serve uno stipendio. Le rivendicazioni di emancipazione sono state utilizzate per far lavorare e consumare le donne. Tutto ciò è iniziato negli Stati Uniti con la teoria della nuova donna che consiste nel far uscire la donna da casa, in cui il suo ruolo non è quello del mercato, senza potere d’acquisto diretto, e nel forzare la sua coscienza affinché pensi che essere una casalinga, madre, sposa sia un’alienazione e una sofferenza. Passa dalla sfera d’influenza di suo marito a quella del suo datore di lavoro. Alla fine, grazie alla lotta femminista, la donna subisce una doppia alienazione, sia del marito che del datore di lavoro, cioè una doppia giornata, madre di famiglia e lavoratrice. Nelle classi popolari, la sua situazione si è più spesso aggravata che migliorata.

Il femminismo non trascende i rapporti di classe perché, in realtà, l’interesse dell’emancipazione femminista è spesso stato l’interesse delle donne della borghesia, le quali rappresentano la maggior parte delle femministe. Queste borghesi cercano di emanciparsi dal loro ruolo di madre per integrarsi nella società civile, cosa che  permetterebbe loro di esercitare mestieri più interessanti, mentre le donne delle classi popolari devono fare sia il lavoro a casa che quello in fabbrica. Per le classi popolari, l’emancipazione delle donne si concentra nel fuggire dall’imperativo di produzione e nel restare a casa, lusso ed aspirazione per le donne delle classi popolari. Invece, la borghese cerca di uscire dalla noia al fine di accedere ad una vita sociale più interessante. Quindi c’è una contraddizione raramente identificata dal femminismo. Dimentichiamo spesso che la borghese ha delle domestiche, per fare le pulizie o occuparsi dei bambini ad esempio, tali persone sono altre donne che subiscono quindi la doppia aleniazione.

Oggi, il diritto al lavoro è una truffa perché in realtà è un obbligo. Quasi nessuna coppia può vivere con solo uno stipendio. Le femministe ci presentano come un affare il diritto al lavoro mentre è un obbligo e il desiderio del sistema mercantile. Infatti, quest’ultimo vuole estendere il mercato ed il consumo e deve quindi estendere il salariato ed il potere d’acquisto. È la ragione principale per la quale le femministe sono sempre state lusingate dai media e dal potere, contrariamente alle vere lotte sociali « unisesse ». Le femministe appaiono come le idiote utili della società mercantile, del consumo e del salariato generalizzato. Ovunque il femminismo cresce, la coscienza della lotta di classe regredisce.

Alain Soral 

Commenti
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fosco2007@alice.it
admin (Super Administrator) 23-03-2014 11:27

L'articolo è interessante perché critica il femminismo da un'ottica marxista, cosa piuttosto insolita. Gli stessi argomenti potrebbero essere utilizzati per criticare la rivolta giovanile che è passata alla storia come il Sessantotto. Sempre in area marxista, quelli che hanno notato come il Sessantotto e il femminismo siano stati funzionali agli interessi del capitalismo sono stati Costanzo Preve e il suo allievo più dotato, Diego Fusaro. Va detto però che Alain Soral non contesta la legittimità delle rivendicazioni delle donne, quanto piuttosto l'uso che il capitale ha saputo farne. Sarebbe insomma l'ennesimo caso di eterogenesi dei fini.
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