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L'idolatria del nuovo PDF Stampa E-mail

14 Aprile 2014

 

 

Da Rassegna di Arianna dell’8-4-2014

 

Ad ogni elezione, gli uomini di sinistra pretendono di unire le “forze del progresso”. Ma anche un cancro si può sviluppare ! Il progresso sarebbe un fine in sé?

Gli infelici non sanno più di che cosa parlano ! Storicamente, l’idea di progresso si formula verso il 1680 e si precisa durante il secolo successivo con uomini come Turgot o Condorcet. Il progresso viene quindi definito come un processo che accumula delle tappe tra cui la più recente è sempre giudicata preferibile e migliore, cioè qualitativamente superiore a quella che l’ha preceduta . Questa definizione comprende un elemento descrittivo (un cambiamento interviene in una data direzione) ed un elemento assiologico (questo progresso è interpretata come un miglioramento). Si tratta di un cambiamento orientato, ed orientato verso il miglioramento, sia necessario (non si ferma il progresso) che irreversibile (nessuno ritorno indietro è possibile). Il miglioramento, ineluttabile, significa che l’indomani sarà sempre meglio.

Per gli illuministi, dato che l’uomo agirà nell’avvenire in modo sempre più “illuminato”, la ragione si perfezionerà e l’umanità diventerà moralmente migliore. Il progresso, il quale non affetta solo l’ambiente esterno dell’esistenza, trasformerà l’uomo stesso. È ciò che Condorcet esprime in questi termini: “La massa totale del genere umano cammina sempre verso una maggiore perfezione.”

La mitologia del progresso si basa sull’idolatria del nuovo, poiché ogni novità è giudicata a priori migliore solo perché è nuova. La conseguenza è il discredito del passato che non può più essere considerato come portatore di esempi o di lezioni. Il paragone del presente e del passato, sempre a favore del primo, permette anche di svelare il movimento dell’avvenire. La tradizione, percepita, per natura, come un’ ostacolo al progresso, l’umanità deve liberarsi da tutto ciò che potrebbe impicciarlo: staccarsi dai “pregiudicati”, dalle superstizioni”, dal “peso del passato.” Questo è già  il programma di Vincent Peillon ! All’eteronomia tramite il passato, si sostituisce l’eteronomia tramite il futuro : è ormai il futuro radioso che è supposto a giustificare la vita degli uomini.

 In questo senso, la “reazione”  può far riflettere, ma ragionare solamente ” contro” non  significa abbandonare ogni pensiero autonomo?

La “reazione” è sana quando nutre lo spirito critico, più discutibile quando si limita a dire che “era meglio prima”. La critica dell’idea di progresso che all’epoca moderna inizia con Rousseau, rappresenta spesso il doppio negativo – il riflesso speculare – della teoria del progresso. L’idea di un movimento necessario della storia è conservata, ma in una prospettiva invertita: la storia è interpretata, non come progressione continua, ma come regressione generalizzata. La nozione di decadenza o di declino appare infatti così poco oggettiva tanto quella di progresso. Inoltre, come  dite, limitarsi ad analizzare ” contro”, significa restare ancora dipendenti da quello a cui ci opponiamo. È in questo senso che Walter Benjamin poteva dire che “l’antifascismo fa parte del fascismo”.

“Progresso”  e “reazione”  non si richiamano tutti e due ad una visione lineare della storia, la quale potrebbe risultare da cicli ?

Dai Greci, solo l’eternità del cosmo è reale. La storia è fatta di cicli che si succedono come le generazioni e le stagioni. Se c’è salita e discesa, progresso e declino, è all’interno di un ciclo al quale ne succederà un altro (teoria delle età successive da Hésiode, del ritorno dell’età di oro da Virgilio). Nella Bibbia, al contrario, la storia è puramente lineare, vettoriale. Ha un inizio assoluto ed una fine necessaria. La storia diventa quindi una dinamica di progresso che mira, in una prospettiva messianica, all’avvento di un mondo migliore. La temporalità è, inoltre, orientata verso il futuro, della Creazione al Giudizio ultimo. La teoria del progresso secolarizza questa concezione lineare della storia, da cui derivano tutti gli storicismi moderni. La differenza maggiore è che l’aldilà è ripiegato sull’avvenire, e che la felicità sostituisce la salvezza. 

Ma la gente crede ancora al progresso?

L’eccellente Baudoin di Bodinat nota che, “per giudicare il progresso, non basta conoscere ciò che ci porta, bisogna anche tenere conto di ciò di cui ci priva.” Il fatto è che molti progressi in un settore creano una perdita, una mancanza o una regressione in un altro. I totalitarismi del XX secolo e le due guerre mondiali hanno, evidentemente, minato l’ottimismo dell’illuminismo. Non si crede più molto al “senso della storia” né che il progresso materiale renda l’uomo automaticamente migliore. L’avvenire stesso ispira più inquietudini che speranze, e l’aggravamento della crisi sembra più probabile degli “indomani che cantano”. Anche la tecnoscienza lo attesta, di cui l’ambiguità si rivela un po’ di più ogni giorno, come lo mostrano i dibattiti sulla “bio-etica.” In Breve, come  diceva lo scrittore italiano Claudio Magris: “Il progresso non è un orgasmo !”.

Per essere completo, bisogna riconoscere che, tramite i progressi della tecnologia e dell’ideologia dello “sviluppo”, la nozione di progresso resta nonostante tutto presente in una società che, poiché crede ancora che “più” sia sempre sinonimo di ” meglio”, ricerca o accetta la sovraccumulazione infinita del capitale e l’estensione perpetua della merce.

Alain De Benoist

 



 




 

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