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Odifreddi e Israele PDF Stampa E-mail

11 Febbraio 2015

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 Da Il Ribelle del 9-2-2015, quotidiano on line (N.d.d.)

Tocca pure difendere Piergiorgio Odifreddi. Il matematico torinese è uno di quei razionalisti atei fermi più o meno alle posizioni del positivismo ottocentesco: la scienza unica via di vera conoscenza (tu chiamalo, se vuoi, scientismo), il principio di causa-effetto assolutizzato, l’anti-religiosità come paradigma, un certo stucchevole tono da Voltaire per meno abbienti. Insomma, non esattamente il tipo con cui parleremmo volentieri di quel giocondo e orribile mistero che è la vita: troppe noiose certezze, troppa insensibilità numerica per l’Ineffabile.

Ma per come l’hanno recentemente trattato in occasione della sua candidatura a presidente di giuria del premio Campiello, ci siederemmo stravolentieri accanto a lui. L’improvvido Odifreddi pensava di poter conquistare il posto in base ai suoi meriti di scienziato, visto che prima di lui altri del ramo ce l’avevano fatta (Carlo Rubbia, Renato Dulbecco, Margherita Hack e Umberto Veronesi). E invece non aveva fatto i conti con Riccardo Calimani, capo della comunità ebraica in laguna. A quanto se ne sa, questi non gradirebbe affatto l’Odifreddi polemista che in passato mostrò dubbi sulla ricostruzione storica dell’Olocausto, per non dire delle sue ripetute critiche alla politica israeliana contro i Palestinesi. Di qui il veto, a questo punto puramente politico.

Ammesso e non concesso che sia così importante presiedere il tal consesso (pare di sì per Odifreddi, che a occhio un bel po’ narciso dev’esserlo), è semplicemente inqualificabile che un uomo di cultura, discutibile finché si vuole ma di cultura, debba vedersi respinto per l’accusa parziale di essere un “negazionista”. Prima di tutto, perché a leggere quanto scrisse due anni fa (qui), non si trova una riga in cui è sostenuta l’inesistenza dello sterminio degli ebrei ad opera dei nazisti, ma semmai l’interrogativo (che è cosa diversa dall’affermativo) su cosa e quanto ci sia di vero. Da un illuminista sfegatato come Odifreddi, il minimo che ci si possa aspettare è che ponga il Dubbio anche su quanto zucchero mettere nel caffè. Figuriamoci su questioni di portata storica. Avrebbe potuto essere meno ostinatamente maniacale in questo suo dubbismo radicale? Forse sì. Resta che il negazionismo addebitatogli è falso. Con buona pace dell’altro membro della giuria schieratoglisi contro, un deludente Philippe Daverio (così deludente da averlo accusato anche di essere un «rozzo ateo»: potrà rappresentare un limite ma non risulta che sia una colpa, l’essere atei, neanche se rozzamente, cosa anche questa non vera se l’ex papa Benedetto XVI, finissimo intellettuale, ha scritto pure un libro con il matematico miscredente, "Caro papa teologo, caro matematico ateo", Mondadori).

Oppure, il sospetto è che abbia pesato di più il suo convinto anti-israelismo. E allora siamo alle solite: chi mette in discussione Israele per quel che ha fatto e quel che fa, viene marchiato a fuoco come persona indegna, un antisemita sotto mentite spoglie, praticamente un cripto-nazi da cacciare come un lebbroso. Che gli déi mi perdonino, ma per questa volta je suis Odifreddi.

 

Alessio Mannino

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