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Per Massimo Fini PDF Stampa E-mail

19 Aprile 2015

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Fu un inverno parecchio freddo quell'anno e l'umidità sapeva farsi sentire a Fucecchio, dove uno scherzoso funzionario del Ministero della Difesa mi aveva spedito, nel 1994, per dodici lunghi mesi di servizio civile alternativo alla naja.

Non c'erano i social network - che per me, a dire il vero, non ci sono neppure oggi - e La Voce di Montanelli (fucecchiese DOC) divenne il mio unico collegamento con il mondo, fuori dalla mia stanzetta concessa dal Comune in Corso Matteotti. Allorché i processi di "Tangentopoli" facevano sperare in un'Italia diversa e più onesta.

Poi, assassinata La Voce, così quasi di punto in bianco, scoprii l'Indipendente diretto dal povero Vimercati. Giornale che divenne ben presto il legittimo erede del coraggioso vascello montanelliano.

Quelle giornate sono state per me una sorta di campus dello spirito critico. Marco Travaglio, allora giovanissimo, e Massimo Fini, già noto ma già bandito dai grandi "giornaloni", divennero i miei più fidati compagni di lettura, nel passaggio formativo da adolescente a giovane adulto.

Fu invece un magnifico pomeriggio di sole quello che, nella tarda primavera del 2000, vide arrivare Massimo Fini al Consiglio di Quartiere n. 2 di Firenze, di cui ero diventato inaspettatamente presidente "dipietristra". Volli fortemente che venisse a parlare di democrazia contraffatta e di modernità fasulla, ad argomentare quindi il suo punto di vista esposto nel pamphlet 'Sudditi'.

Ricordo che né i colleghi di giunta né la maggior parte dei dipendenti sapevano esattamente chi fosse (ma pur sempre in numero maggiore di quando invitai, qualche mese dopo, Marco a presentare il 'Manuale del perfetto impunito'!).

Invece la sala consiliare fu piena in ogni ordine di posti, c'era persino gente venuta da Comuni fuori Provincia per non lasciarsi scappare una delle rare occasioni per ascoltare idee stimolanti e controcorrente. Lo accompagnava una bella bionda, che guidava l'auto, e un pacchetto di Gauloises che sporgeva dal taschino di un giubbotto di jeans.

Oggi, l'argento è diventato la tonalità prevalente dei miei capelli, la politica attiva un ricordo abbastanza sbiadito ...purtroppo, il Fatto Quotidiano mi accompagna in treno recandomi a lavoro, due bimbi e una famiglia serena che crescono giorno dopo giorno e un Paese che si abbrutisce governo dopo governo.

Per questo c'è assoluto bisogno, davvero ancor più di ieri, del pensiero di Massimo in qualunque forma sia espresso, con la penna o con la parola poco importa.

Andrea Aiazzi 

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