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Frasi fatte PDF Stampa E-mail

19 Giugno 2015

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Papa Francesco dixit: "Chiediamo scusa ai migranti (..) i quali fuggono in cerca di un futuro migliore", bla-bla-bla.

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: "L' accoglienza ai migranti è complessa e difficile (..) ma abbiamo gli strumenti (quali?) e le capacità (quali?) per farlo", bla-bla-bla.

Amnesty International: "Sono le peggiori migrazioni di massa dalla fine della seconda guerra mondiale; il ministro degli interni francese Cazeneuve: "Lavoriamo come amici per risolvere questo problema", bla-bla-bla.

Chiacchiere, parole, frasi fatte e retoriche, senza alcun costrutto, senza nessuna analisi, vaghe parole che anche in un tema di un alunno di seconda o di terza media suonerebbero scialbe e vuote al professore, che magari casserebbe lo scritto con un sonoro "cinque".

La mutazione antropologica dell'uomo postmoderno, già prevista oltre 40 anni fa da un genio chiamato Pier Paolo Pasolini, oltre a modificare stili di vita, valori, bisogni primari e intelligenza, sta attaccando pure le proprietà di linguaggio: mai in nessuna civiltà umana il pensiero è stato così debole come in quella contemporanea.

Sembra quasi di assistere ad un netto divorzio tra la forma e il contenuto, sia nello scritto che nel parlato, ossia che più aumenta la retorica della forma più si svuota il contenuto stesso.

Morale della favola: si parla bene, utilizzando vaghe frasi di un umanitarismo dolciastro e politicamente corretto ma in sostanza non si dice nulla.

Non vi è nessun lavoro in profondità per capire l'essenza delle cose, non si dicono le cose chiare, non si analizzano le cause: nulla di nulla.

Nessuno di questi sopraccitati signori, infatti, ci spiega che in media ogni 100 migranti sbarcati almeno 75 lo sono per motivi economici e non politici.

Cadrebbe tutto il castello della retorica del migrante disperato, in fuga da guerre, fame, carestie, epidemie, sbalestrato sulle vie del mondo verso Paesi accoglienti che debbono farsi carico della sua miseria.

Tolti eritrei, somali, siriani e afghani e un'altra manciata di popoli, tutti gli altri non fuggono da un bel nulla.

Non di fuga, ma di attrazione si dovrebbe parlare: come in estate le falene sono attratte dalla luce artificiale, i migranti economici sono attratti da una calamita chiamata colonizzazione culturale.

La vecchia colonizzazione, quella delle cannoniere, portò alla conquista, alla spartizione e allo sfruttamento commerciale dei territori africani, ma lasciò intatti usi e costumi, economie locali e tribali di sussistenza e mentalità degli autoctoni.

Basti pensare che quando il Belgio mollò il Congo nemmeno vi era una minima classe amministrativa indigena pronta ad autogovernarsi, a parte due o tre nomi i quali poi si vide come influirono sulle sorti dello Stato.

La nuova colonizzazione non ha le cannoniere, ma agisce con le mani delle ONG, delle multinazionali, della carità pelosa, della corruzione, dei trattati capestro e quando non servono, in alcuni casi, ecco il bombardamento umanitario.

Abbiamo esportato il nostro modello anche in Africa, colonizzando le menti con il mito dell'Europa e dell'Occidente: ora, visto che questi Stati subsahariani hanno un ritardo strutturale immenso rispetto a noi e la crescita del PIL, quando c'è, va a vantaggio dei soliti noti, ecco che molti giovani usano le proprie gambe come scorciatoia.

Sbagliando, perché il sogno europeo (e specialmente oggi che è divenuto un incubo) muore all' alba, parafrasando il titolo di un dramma di Montanelli.

La verità è che bisognerebbe decolonizzare l'immaginario collettivo, partendo ancor prima che dagli africani, dagli europei stessi, ancora per la maggior parte illusi di vivere una realtà di crisi transitoria.

Questo sarebbe il discorso che oggi dovrebbe fare un politico serio e sarebbe già un primo passo avanti verso questo problema migratorio epocale.

Tutto il resto sono chiacchiere, fuffa, aria fritta e di fronte a tale salsa buonista suonano commoventi ed emozionanti le parole ampollose, ridondanti, solenni e retoriche dei proclami risorgimentali e dei bollettini della "Grande Guerra": "I resti di quelli che fu uno dei più grandi eserciti del mondo, risalgono in disordine e senza speranza quelle stesse valli che li avevano visti discendere con tanta sicurezza.."

Almeno, erano parole con un vero contenuto!

Simone Torresani 

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