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23 Luglio 2015

 

Da Appelloalpopolo del 22-7-2015 (N.d.d.)

 

La sentenza della Corte di Cassazione civile n. 15138/2015, la quale ha consentito al ricorrente di ottenere la rettifica del registro dello stato civile in ordine al sesso, anche quando non siano stati modificati con operazione chirurgica i caratteri sessuali primari (organi genitali) farà discutere sotto molti profili e sarà commentata in tutte le riviste di diritto civile.

Tuttavia, da una prima veloce lettura emerge un profilo che sta a monte della questione principale oggetto della causa: il diritto all’identità personale è il diritto ad essere rappresentato e considerato (anche dall’ordinamento) così come il titolare pensa e sostiene di essere o il diritto ad essere rappresentato e considerato come gli altri (il prossimo che ci conosce) ci rappresentano  e constatano (i medici che verificano oggettivamente l’esistenza dei caratteri sessuali primari nel caso di specie)?

Per esempio, ricorrendo le condizioni richieste dalla legge e dalla giurisprudenza per la rappresentazione filmica della vita di una persona vivente, quest’ultima può in ogni caso invocare la lesione del diritto all’identità personale, se nel film è stata raffigurata come persona avida oppure ignorante e incapace di scrivere due righe senza gravi errori o, ancora, squilibratissima fino ai limiti della follia? Chi è che decide cosa noi siamo, ossia qual è, appunto, la nostra identità personale? Noi stessi? O il prossimo che ci conosce? Se qualcuno crede di essere un grande romanziere e coloro che lo conoscono lo considerano un mitomane presuntuoso, il regista cosa deve mettere in scena? Il regista viola il diritto alla identità personale se rappresenta un mitomane sciocco e presuntuoso o se rappresenta un grande scrittore? E il regista viola il diritto all’identità personale se, in base alle numerose testimonianze raccolte, rappresenta un gioielliere, che ha sparato ad un presunto bandito, come una persona avida, disposta a sparare per poche lire o se, nonostante le testimonianze, rappresenta una persona da tutti considerata avidissima come persona non avida? Siamo noi che decidiamo che siamo persone generose e nobili? O è il giudizio del prossimo a definire la nostra identità personale?

La concezione soggettiva dell’identità personale sarebbe folle se non fosse perfettamente aderente all’individualismo egocentrico, intriso di narcisismo patologico che permea la società generata dal capitalismo assoluto.

 

Stefano D’Andrea 

Commenti
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fosco2007@alice.it
admin (Super Administrator) 23-07-2015 17:55

Non interessa solo la filosofia del diritto. Questa breve riflessione scava in profondità.
lorenzo (Registered) 24-07-2015 07:17

L'inconsapevole intendimento di poter/dover operare per un mondo via via più ordinato (Cartesio, illuminismo, razionalismo, il libero arbitrio come valore assoluto, scienza classica, scientismo, oggettivismo, meccanicismo, tempo lineare, pragmatismo, materialismo) come se fosse composto da elementi da ordinare su un piano è a mio parere uno dei fondamenti del problema.
La nuova scienza dei sistemi e quella quantica, la concezione non solo materialistica del'uomo, il risconoscimento che la realtà è solo nella relazione, che la sola permanenza è l'oscillazione, che siamo elememti di un solo organismo, che il tempo è circolare, sono spinte verso una cultura differente, meno materialistica, più idonea all'uomo.
fosco2007@alice.it
admin (Super Administrator) 24-07-2015 16:07

Lorenzo inquadra un tema decisivo. La filosofia ha sempre accompagnato le grandi svolte del pensiero scientifico. La relatività e la fisica dei quanti sono destinate a rivoluzionare la concezione del mondo nella direzione indicata da Lorenzo. Però perché succeda devono diventare consapevolezza diffusa, sia pure attraverso una divulgazione inevitabilmente schematica. Per ora il sentire comune non ha nemmeno una lontana percezione di quanto siano sconvolgenti quelle scoperte.
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