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Ciclicitą del clima PDF Stampa E-mail

14 Dicembre 2015

 

Sembrerebbe finita nel migliore dei modi la conferenza "Cop 21" di Parigi sui cambiamenti climatici, con accordi internazionali giuridicamente vincolanti per limitare il presunto innalzamento della temperatura globale a soli 1,5 C nei prossimi anni o decenni, un dato che servirebbe ad evitare la "catastrofe" indotta dal Global Warming Antropico.

Lasciando perdere tutti i ragionamenti già effettuati sull' impatto ecologico della civiltà nata dalle rivoluzioni industriali e dall' assurdità di conciliare sviluppo, crescita e benessere, cosa che per chi segue queste pagine dovrebbe essere scontata, concentriamoci invece su altre riflessioni.

Prima di tutto, si sta facendo un grosso equivoco tra i verbi "inquinare" e "modificare": tra le mille colpe dell' uomo moderno, una delle maggiori è quella di sporcare, imbrattare e ridurre a pattumiera questo meraviglioso Pianeta per mera ingordigia di crescita, sviluppo, consumismo ma, per quanto ci metta del proprio, l' uomo non ha assolutamente la forza, a prescindere da ossidi e anidridi immessi nell' atmosfera, di modificare il clima e la circolazione atmosferica in generale, i quali sono sottoposti sia a varianti terrestri -temperature acque superficiali oceaniche, vortici polari, venti stratosferici, eruzioni- che extraplanetarie, quali ad esempio i cicli undecennali di attività solare: dal 1675 al 1715 durante il "minimo solare di Maunder",ad esempio, si ebbero invernate freddissime, gelide, con fiumi ghiacciati anche in Nord Italia; l' eruzione intensa di diversi vulcani tra l' XI e il XIII secolo, secondo certi studiosi, fu una delle concause del raffreddamento conosciuto come "Piccola Età Glaciale" che si produsse dal XIV secolo sin verso il 1850 circa, con temperature medie inferiori di 1,5 C rispetto ad oggi.

Ulteriori studi su pollini, alghe marine e vegetazione dimostrano che ai tempi di Cicerone ed Augusto il clima mediterraneo ed europeo era ben più caldo di oggi: per alcune forzanti ancora non chiare, si ebbe un raffreddamento nei secoli successivi e poi un nuovo riscaldamento: ai tempi del Barbarossa e dei Comuni erano di più gli inverni miti e secchi, anche in montagna, rispetto a quelli freddi e nevosi.

Si dice che i ghiacci dell'Artico sono ridotti, ma chi lo dice è disonesto a tal punto da non mettere in chiaro che sempre oggi, 2015, l'estensione dei ghiacci dell'Antartide è a livello record: quasi una legge di compensazione.

Eppure non solo nessuno dei cosiddetti "esperti" dell'IPCC -la nota agenzia dell'ONU famosa per truccare i dati climatici a proprio beneficio- prende ad esempio questi casi del passato, ma la stessa opinione pubblica, ormai un tubo digerente cui si può far credere che la luna è fatta di formaggio, prende queste asserzioni acriticamente e le ripete come pappagalli ammaestrati.

La verità è che l' uomo postmoderno non solo ha aumentato la visione antropocentrica del mondo, non solo ha deificato la scienza a entità suprema (eppure dal dubbio nacque la scienza moderna, non dalla convinzione preconcetta dell' "ipse dixit": misteri del mondo postilluminista) fino a farla divenire, in molti casi, "futurologia" (i supposti aumenti di 2,4,6 gradi entro fine secolo sono calcolati, non si sa con che dati, da modelli matematici computerizzati e algoritmi, gli stessi che non pigliano una previsione meteo a 5 giorni..) ma vive egli stesso scollegato dalla natura, dalla biosfera, in ambienti artificiali e considera ormai il clima, gli elementi, la natura, come corpi estranei, fastidiosi, finché arriva il giorno che madre natura presenta un conto salato.

Questo scollegamento totale va di pari passo con la perdita del senso temporale ciclico: racconta R.Bacchelli, nel suo monumentale "Mulino del Po", che ancora nel XIX secolo i contadini del Ferrarese contassero gli anni dalle piene o dalle magre del "grande fiume", vivendo un tempo circolare basato su una natura che muta e si rinnova ma alla fine è sempre la stessa.

Siamo una specie resiliente, che si è sempre adattata ai cambiamenti, ma la perdita del senso del passato, della ciclicità del tempo, del rapporto con la biosfera, con la natura, l'eccessiva dipendenza dalla tecnologia e la fiducia assoluta in una scienza totalitaria e onnipotente, unita ad un modello di sviluppo ormai altro che alla frutta, ma al caffè, ci porteranno sì ad una entropia di origine antropica che ci condurrà alla rovina.

Di questo dovremmo avere paura, non delle normali fasi meteo-climatiche che alternano, da tempi remotissimi, piogge e siccità, caldo e freddo, inverni caldi ad altri miti, a cui l'uomo si è ogni volta adeguato.

Simone Torresani 

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