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Storiografia e politica PDF Stampa E-mail

10 Gennaio 2016

 

 Da Appelloalpopolo dell’8-1-2016 (N.d.d.)

 

Battaglia storiografica e battaglia politica sono completamente distinte, poiché si pongono due obiettivi differenti. La prima viene condotta da colui che è in cerca della Verità, la quale, per definizione, è una sola e non può essere altrimenti. Come ha ben spiegato Carlo Ginzburg nel libro “Il filo e le tracce”, lo storico non può essere relativista, ma deve accettare l’esistenza della Verità, una e indissolubile, altrimenti il suo mestiere perderebbe completamente di valore.

Al contrario, la battaglia politica viene portata avanti in nome della Giustizia. Ogni politico o rivoluzionario s’indigna quando ritiene di esser dinanzi ad un’ingiustizia e fa tutto ciò che è in suo potere per riaffermare ciò che egli considera giusto.

La Storia narra gli eventi, spiega come sono successe determinate cose, ma non può e non deve dire se determinati fatti furono giusti o sbagliati. Non è compito dello storico affermare se la Shoah, il massacro dei contadini ucraini in URSS o le condizioni del proletariato nei paesi capitalistici furono eventi giusti o sbagliati. Umanamente dovremmo tutti essere portati a condannare tali fatti, ma colui che veste i panni dello storico deve semplicemente raccontarli, in quanto fatti realmente accaduti e perciò assolutamente veri.

Al contrario, il politico non è in cerca della verità, ma di un assetto sociale ed economico che egli ritiene più giusto. Chiedete ad un qualsiasi politico cosa sia per lui la giustizia, ed egli tenderà ad identificarla con il benessere collettivo, ma quello su cui la battaglia politica si divide è: come raggiungerlo? Quando Stalin diede l’ordine di far morire di fame i contadini ribelli, lo faceva perché nella sua mente quella era la cosa più giusta da fare, poiché riteneva che i contadini fossero eccessivamente attaccati alla proprietà privata e quindi una sorta di piccolo borghesi. Lo stesso discorso vale per Hitler con gli ebrei o per il pugno duro utilizzato dalla Thatcher nei confronti dei minatori inglesi. Essi erano politici e agivano per ciò che ritenevano più giusto. Attraverso l’eliminazione fisica o la subordinazione di un determinato gruppo sociale o nazionale essi cercavano un assetto socio-economico che ritenevano più giusto.

Giudicare se tali fatti furono giusti o sbagliati spetta all’agone politico, al quale tutti gli uomini partecipano, in quanto “animali politici”, ma la Storia è un’altra cosa e spesso si nota una strana confusione su cosa essa sia realmente. Il problema nasce dal fatto che ci sono in giro troppi storici che, più o meno consapevolmente, scrivono libri di politica. Mentre ai politici è concesso di utilizzare la Storia o la Verità per dar maggior forza alla loro battaglia o per sminuire quella dell’avversario, gli storici non possono usare la categoria di “giustizia”, che è politica, nei loro discorsi. Con ciò non si vuole affermare che uno storico non debba far politica, sarebbe innaturale in quanto anch’egli uomo e perciò “animale politico”, tuttavia la società umana chiede uno sforzo maggiore a questi individui, ossia quello di distinguere i due piani. Da un lato, l’uomo politico in cerca della Giustizia, esattamente come tutti gli altri, dall’altro l’uomo storico in cerca della Verità e perciò il più imparziale possibile.

Quando uno storico utilizza la categoria di “giustizia” per scrivere un articolo o un libro, egli sta arrecando un danno inimmaginabile alla Storia, poiché inevitabilmente esso metterà un giudizio politico all’interno di una ricerca storica ed in quel momento egli non è alla ricerca del vero, bensì del giusto.

Un esempio importante è quello della storiografia marxista sul fascismo, la quale ha raccontato per diversi decenni il fascismo come un regime reazionario di piccolo-borghesi, spiegando il consenso che esso riscuoteva, semplicemente attraverso il terrore e sminuendo o addirittura cancellando le politiche sociali del regime. In questo modo, essi erano alla ricerca di una giustificazione politica e pertanto raccontarono una verità parziale, come ampiamente dimostrato dai libri di Renzo De Felice ed Emilio Gentile. Oppure, ancora oggi, il nazionalsocialismo tedesco viene chiamato “nazismo”, eliminando completamente il termine “socialismo”. Come dimostrato da George Mosse, questa fu un’opera ad hoc della propaganda sovietica durante il conflitto e poi, ovviamente assimilata dalla storiografia marxista, mirante ad eliminare il termine “socialismo”, che avrebbe necessariamente implicato una qualche parentela con il regime sovietico. Eppure, come ci ricorda Mosse, non solo erano nazionalsocialisti, ma la loro bandiera aveva uno sfondo rosso.

Dunque, è importante avere ben chiara in mente la distinzione tra storiografia e politica. Se un politico è alla ricerca della verità, egli deve sapere che in quel momento sta svolgendo le funzioni di storico, sperando ne abbia le competenze, cosa che spesso non accade; mentre se uno storico sta cercando di giustificare un determinato periodo storico, probabilmente, ha sbagliato mestiere. […]

 

Luca Mancini

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