Avviso Registrazioni

Scusandoci per l'inconveniente, informiamo i nuovi utenti i quali desiderino commentare gli articoli che la registrazione deve essere fatta tramite Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo

Login Form






Password dimenticata?
Nessun account? Registrati

Cerca


 
  SiteGround web hostingCredits
La "sinistra" che gestisce l'esistente PDF Stampa E-mail

11 Gennaio 2016

 

Da Il Ribelle, quotidiano on line, del 4-1-2016 (N.d.d.)

 

Il Partito Democratico può essere ancora definito di sinistra? Il PD è oggi un partito carnivoro che ingoia tutto. Un partito che, per dirla alla Veltroni, ingloba i banchieri ma anche gli operai, gli intellettuali ma anche gli analfabeti, i cattolici impegnati ma anche gli atei e gli agnostici. Non a caso Renzi vorrebbe farne il Partito della Nazione, una sorta di contenitore pigliatutto, quale era la Democrazia Cristiana collassata in Mani Pulite. Un Moloch che, come tale, sarebbe in grado di offrire a iscritti ed elettori non soltanto interessi ma anche scuse ed alibi per una adesione. Ma che significa oggi dirsi di sinistra? O di destra? Da decenni tali distinzioni lasciano il tempo che trovano ed hanno perso di significato non tanto nel linguaggio politico quanto nella percezione dei cittadini. Ai tempi dell'Unità d'Italia, esse furono originate da ragioni di comodità per indicare dove si sedevano in Parlamento le diverse forze politiche.

Nel caso della Sinistra, e in quanti vi si identificano, il termine, nel periodo della Prima Repubblica, nonostante i crimini del comunismo internazionale, ha finito per assumere un significato quasi sacrale, venendo associata al progresso e al godimento delle più ampie libertà da parte dei cittadini. E via cianciando. Mentre al contrario la destra ha finito per essere identificata come conservazione, se non come reazione, come clericalismo e bigottismo, e soprattutto come attaccamento ai privilegi sociali, politici ed economici riservati ad una casta esclusiva. Ma già questa impostazione, almeno nel caso italiano, è storicamente falsa visto che la Destra storica fu liberista e la Sinistra storica al contrario si caratterizzò per la sua impostazione protezionista.

In Italia, un Paese dove si è portati a ragionare per assoluti, in conseguenza dell'influsso delle culture cattolica e comunista, la confusione è stata più alta che altrove. L'esperienza fascista ha contribuito poi a confondere ulteriormente tutto. Il fascismo, con la sua politica sociale, innovativa per l'epoca, e con la sua mobilitazione delle masse, può essere considerato di destra o al contrario, come hanno sottolineato De Felice e Mosse, deve essere visto come un movimento di sinistra nazionale?

La stessa Democrazia Cristiana, per bocca del suo padre storico, Alcide de Gasperi, si definì un partito di centro che guarda a sinistra. Ed ebbe la disavventura di avere per avversario, con il quale contendersi il potere e alternarsi al governo, non tanto un partito socialista laico, e anticlericale, quanto un altro partito chiesa come il Pci di Togliatti e poi di Berlinguer.

Tutti, più o meno, conoscono le vicende di quel variegato mondo posto tra la Dc e il Pci che si caratterizzò come cattolico-comunista o più in generale come cattolico di sinistra. Un mondo nel quale si preparò quella che da molti venne vista come la fisiologica convergenza tra i due principali partiti popolari italiani, nel senso di partiti con il maggiore radicamento nella società. Ma pochi hanno osservato che questa convergenza, auspicata da Berlinguer con la linea del “compromesso storico” sta già tutta nella Costituzione. Quella che, con ridicola enfasi, viene indicata come “la più bella del mondo”, contiene già tutti i mali della politica italiana. Il chiacchiericcio fine a se stesso, sacralizzato da un bicameralismo tanto perfetto quanto idiota, i luoghi comuni elevati a valore, la tendenza a mettere d'accordo tutti per rendere tutti corresponsabili, o complici, delle scelte e per evitare scontri e contraccolpi che in ogni caso poi si sarebbero fatti inevitabilmente sentire. Il consociativismo è insomma tutto nella Costituzione scritta tra il 1946 e il 1948 e il suo peso asfissiante non soltanto ha permesso il saccheggio delle finanze pubbliche da parte dei partiti ma, quel che è pure peggio, nella sua imposta omologazione politica, ha impedito la formazione di una classe dirigente che, al di là delle differenze ideologiche, avesse per obiettivo principale la crescita del Paese.

Il Partito Democratico, voluto come traguardo ultimo da Romano Prodi, rappresenta così il tentativo di mettere insieme le due culture politiche che, più delle altre, in quanto fautrici della spesa facile e dell'indebitamento, hanno contribuito allo sfascio del Paese: quella comunista e quella cattolica di sinistra. La matrice comunista ha costituito un handicap non da poco perché gli ex Pci hanno dovuto sudare le proverbiali sette camicie per dimostrare agli ambienti della finanza internazionale di essere ormai affidabili come fautori del Libero Mercato. Esemplare in tal senso fu il viaggio di D'Alema a Londra, il giorno dopo la nomina a capo del governo, per rassicurare gli ambienti della City. Esemplari alo stesso modo furono le liberalizzazioni impostate da Bersani, le famose “lenzuolate”.

Ora, Matteo Renzi rappresenta in Italia l'ultima tappa nella degenerazione della parola sinistra. Arrivato al potere nel Pd, un partito nel quale la componente ex comunista era nettamente maggioritaria rispetto a quella ex democristiana, in pochissimo tempo, grazie al più classico conformismo italiano, è riuscito a portare i quadri del partito dalla sua parte, facendolo entrare nell'Internazionale Socialista, alla quale, novello Prodi che sognava un “Ulivo mondiale”, vorrebbe ora togliere quel termine “socialista” e sostituirlo con “democratica”. Insomma, messa da parte l'idea di cambiare la società, la sinistra italiana, guidata da un ex boy scout democristiano, vuole limitarsi a gestire l'esistente partecipando, da vassalla, alla gestione del potere, nella misura che gli consentono i grandi poteri finanziari internazionali.

L'esperienza di Siryza in Grecia è di per sé molto significativa. Tsipras ha vinto le elezioni attaccando il potere della Troika, giurando e spergiurando che mai avrebbe accettato il 50 che gli chiedevano. Poi, una volta al governo, ha sottoscritto il 100. Così Podemos in Spagna ha pagato il “tradimento” di Tsipras con la presa d'atto degli elettori che, una volta che si è entrati in certi meccanismi (l'euro e il Patto di stabilità), la sovranità nazionale non esiste più e una politica economica indipendente non ha margini di manovra.

Il fatto che la dirigenza delle principali banche italiane sia passata armi e bagagli con Renzi la dice lunga sul blocco sociale che si è raccolto intorno al PD, o meglio intorno al suo capo che è forte più per le colpe altrui che per i meriti propri. A destra c'è infatti il vuoto. Berlusconi, oltre a tutto il resto ha avuto due grandi demeriti. Il primo di essersi caratterizzato come l'alfiere dell'illegalità e quindi per avere sostenuto qualcosa che è contrario alla cultura della destra che del rispetto della legge ha sempre fatto uno dei suoi punti di onore. Il secondo è stato quello di avere introdotto in quell'area politica una impostazione “cesaristica”, grazie ai suoi soldi, che ha tarpato le ali ad altri leader potenzialmente a lui alternativi. Certo, se poi uno va a vedere che i suoi possibili concorrenti erano Fini, Bossi e Casini, e che oggi sono i loro eredi, viene preso dallo sconforto perché è portato a concluderne che il terreno della destra è semplicemente arido.

Finisce così che a Renzi non ci sono alternative perché non c'è nessuno che possa sostituirlo. E quando non ci sono alternative, il capo di turno può essere tentato di compiere i peggiori abusi ai danni dei cittadini per favorire quei poteri che lo hanno issato al governo.

Le vere possibilità, semmai sono dunque altrove.

 

Filippo Ghira 

Commenti
NuovoCerca
Solo gli utenti registrati possono inviare commenti!
 
< Prec.   Pros. >