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Due pił due fa cinque PDF Stampa E-mail

16 Febbraio 2016

 

 

Da Rassegna di Arianna del 7-2-2016 (N.d.d.)

 

 

 

«Prima scrisse con certe maiuscole grosse e sgraziate: LA LIBERTÀ È SCHIAVITÙ. Poi, quasi di seguito, senza fermarsi, scrisse sotto: DUE PIÙ DUE FA CINQUE […] Ogni cosa poteva essere vera. Le cosiddette leggi di natura erano sciocchezze».

 

Queste sono le riflessioni di Winston Smith in «1984» di George Orwell, al culmine del lavaggio del cervello subito nelle camere di tortura del Partito. Il potere che lo schiaccia e lo annulla come uomo si dispiega con l’agghiacciante imposizione di quel controsenso: “due più due fa cinque”. Si tratta del sadico rovesciamento della convinzione iniziale dell’eroe del romanzo: “libertà è poter dire che due più due fa quattro”. E dunque se la libertà – e la dignità dell’essere umano – consiste nella possibilità di gridare la verità, il potere, quello più totale, assoluto e irresistibile è nel poter imporre la menzogna, l’errore e la patente negazione dell’evidenza obbligando il soggetto non solo all’accettazione passiva ma fino a costringerlo ad aderire ad esso attivamente ed entusiasticamente.

 

Questa premessa è necessaria per comprendere quali siano i contorni della battaglia attorno al fortino della “legge naturale” che si sta combattendo con il DDL Cirinnà. La Costituzione della repubblica italiana, così come la Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo del 1947, definisce la famiglia come “società naturale”, preesistente allo Stato stesso, il quale la “riconosce”, ovvero ammette il primato cronologico e morale della famiglia sulle istituzioni politiche. Non si tratta di un’affermazione fideistica, ma della considerazione assurta a “costituzione materiale” con valore di fonte del diritto derivata dall’osservazione della realtà da ogni aspetto: biologico, antropologico, storico, giuridico, filosofico e anche religioso. Il nucleo familiare costituito da una coppia con lo scopo di riprodursi e proteggere la propria discendenza è la base stessa su cui si fonda l’umanità. Un principio talmente evidente che i giuristi dell’epoca non sentirono nemmeno il bisogno di specificare che si trattava di una coppia formata da un maschio e una femmina, e ogni “alternativa” era semplicemente inconcepibile.

 

Ora questa realtà patente non è più tale secondo il cosiddetto “fronte arcobaleno”. Per costoro è “famiglia” ovunque ci siano affetti e dunque è “necessario” introdurre un’equiparazione (al momento surrettizia, ma in futuro palese) per le coppie omosessuali, parificandole de facto alla famiglia naturale. I più accorti hanno fatto notare che la strada giuridica con cui si potevano prevedere tutele alle coppie di fatto erano semplici modifiche del Codice Civile, passaggi semplici e di buon senso con i quali si sarebbe solo adeguato l’ordinamento alle mutazioni nella società. Senza intaccare i principi fondamentali. E soprattutto senza introdurre un dettaglio non trascurabile: e cioè che il desiderio di una minoranza esigua venga di fatto parificato alla legge naturale.  Si è invece deciso di andare all’assalto frontale: il fortino della “famiglia tradizionale” va assaltato ed espugnato. L’attacco è in parlamento tanto quanto sui media, a tenaglia. L’obbiettivo finale dunque non è solo il riconoscimento di certe tutele, ma poter appendere la testa della preda al muro. Il bagno di sangue giuridico è voluto, intenzionale. Il risultato equivale ad affermare un potere assoluto: quello di aver imposto che ciò che è assurdo ha lo stesso valore della legge naturale. Ciò che fino a trent’anni fa era argomento di un siparietto del Monty Python (la celebre “battaglia contro la realtà” dell’attivista Sten che vuole essere “Loretta” e avere figli anche se non ha l’utero) oggi rischia di diventare una legge di Stato. Che persone dello stesso sesso possano “sposarsi” ed “avere figli” sta alla biologia, all’antropologia, al diritto, alla storia come “due più due fa cinque” sta all’aritmetica. Frasi grammaticalmente esatte che non hanno alcun riscontro nella realtà. Imporre ciò che non è reale per legge, pretendendo che esso abbia lo stesso valore giuridico di ciò che è reale è l’ultima frontiera del potere: un potere totalitario, a legibus solutus, prometeico, in grado di plasmare l’esistenza sulla base del capriccio e del desiderio. Gli scenari che questa deriva spalancano sono un abisso: di fronte alla svalutazione del diritto di natura, equiparato a un qualsiasi desiderio sufficientemente spalleggiato da una campagna mediatica, ogni legge immaginabile diverrà realizzabile. E oggi è il desiderio – il capriccio – di una minoranza rumorosa. Un domani, cosa potrà avere lo stesso iter e divenire legge? Nel giro di una generazione l’impossibile, l’inconcepibile è finito in Gazzetta Ufficiale. Non c’è più limite a ciò che potrà finire nei nostri codici di leggi: chiunque avrà sufficiente potere lobbistico riuscirà a far approvare un provvedimento utile ai suoi fini, anche il più contrario a ogni uso, costume, tradizione.

 

Noi tutti, insomma, difensori del diritto naturale e attivisti per i “diritti civili”, siamo cavie umane, il banco di prova su cui si sta sperimentando questo potere assoluto. I militanti “arcobaleno” dovrebbero rendersi conto che l’approvazione del DdL Cirinnà sarà peggio che una vittoria di Pirro, sarà come segare il ramo su cui sono seduti: duemilaottocento anni di civiltà giuridica verranno cancellati, senza schianti o traumi, ma in una nuvola di palloncini colorati e con conseguenze molto in là nel futuro. Quando il 26 giugno 2015 la Corte Suprema degli Stati Uniti stabilì a maggioranza l’obbligo di riconoscimento del “matrimonio” gay in tutti gli Stati federali, il giudice Samuel Alito motivando il suo voto contrario, scrisse: “Molti americani, comprensibilmente, plauderanno o deploreranno la decisione di oggi sulla base della loro opinione sulla questione del matrimonio omosessuale. Ma tutti gli americani, qual che sia la loro posizione su questo problema, dovrebbero preoccuparsi su ciò che lascia presagire il potere che si è arrogato il voto di oggi”.

 

Emanuele Mastrangelo

 

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