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Due strade, una sola via PDF Stampa E-mail

1 novembre 2007

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Mi chiamo Armando Mangialavori e seguo sempre con grande interesse Massimo Fini e Mz. Complimenti per tutto e in particolare per il giornale Il Ribelle che è sempre interessante. Ho letto l'articolo di Valerio Lo Monaco "Politica? Meglio la battaglia culturale" e m'è proprio piaciuto! Anche secondo me, se l'obiettivo di Mz è provare a realizzare la democrazia diretta sarebbe contraddittorio quanto inutile fare il partitino MZ e utilizzare il sistema democratico rappresentativo. E poi devo dire che concordo con l'autore: vista la situazione disuper-rincoglionimento
della gente; visto il sistema elettorale nazionale fatto per servire le oligarchie dei partiti, è meglio condurre più una battaglia filosofica e culturale per provare a risvegliare le coscienze dei cittadini, anzichè fare di MZ l'ennesimo e minuscolo partito politico. Forse solo a livello di elezioni comunali sarebbe possibile per MZ
partecipare alle elezioni, valutando però attentamente le conseguenze e caso per caso.
Comunque credo sia meglio seguire la via maestra della diffusione del pensiero di Massimo Fini tramite dibattiti, conferenze, internet, stampa, tv etc. Cercare soprattutto sempre più visibilità tramite 'alleanze' con personaggi credibili, più 'mediatici', stimati dalla gente come Marco Travaglio e perchè no collaborare con tutti quei movimenti culturali per certi aspetti affini tipo quello di Beppe Grillo che potrebbero dare una mano a livello di comunicazione e diffusione delle idee di Massimo Fini e Mz.
Che ne pensate?
Armando Mangialavori

Caro Mangialavori,
anzitutto grazie dei complimenti, che giro ai miei solerti collaboratori.
Veniamo al contenuto della Sua lettera. Lei sposa, chiamiamola così per semplicità, la “via culturale”. Conferenze programmatiche (è in preparazione un Fini-tour dedicato alla spiegazione del Manifesto con tappe in tutta Italia), dibattiti, spettacoli teatrali, pubblicazioni (l’anno prossimo si potrà leggere un libro intitolato “Movimento Zero”). Insomma, quella che si chiama divulgazione. Anzi: battaglia culturale.
Una battaglia da combattere, certamente. Perché il pensiero di un movimento come il nostro ha obbiettivi che vanno bel al di là di quelli che può perseguire un qualsiasi gruppo politico: noi miriamo ad abbattere l’intero nostro sistema di vita, non a riformarlo.
Occorre dunque, Lei dice bene, “risvegliare le coscienze”. Ma battendo solo sul tasto culturale, si risveglieranno quelle più sensibili, le più intellettuali. Quelle già avvertite e in crisi. Restando nell’ambito, nobilissimo ma ristretto e autoreferenziale, di chi ha un alto livello di cultura. Cioè pochi, in Italia. Pochi e col marchio dell’inconcludenza pratica, visto che il Potere non si nutre di cultura (purtroppo). Ma di interessi, complicità, interdipendenze mafiose e sulla legge fondamentale della democrazia capitalista: la Politica è serva del Mercato (tradotto: i partiti sono le marionette, industrie e banche sono i pupari).
Ora, coloro che invece, come il sottoscritto, intendono affiancare alla diffusione culturale una via politica (attenzione: le due strade scorrono vicine e si rafforzano a vicenda), vogliono far arrivare il nostro messaggio anche a tutta quella gente, e ce n’è tanta, che prova un oscuro ma sempre più forte istinto a ribellarsi ma non sa perché. E non lo sa perché nessuno glielo dice. Ma per giungere all’attenzione di costoro – la grande maggioranza degli Italiani, che di libri ne leggono pochi, al teatro non ci vanno e le conferenze neppure sanno cosa siano – si è costretti a utilizzare quel palcoscenico che, ci piaccia o no, tutti guardano e seguono: la politica istituzionale. Partecipandovi da guastatori, per smascherarne le balle e le storture (a cominciare proprio dall’intreccio perverso partitocrazia-lobby economiche), come una, piccola ma tagliente, spina nel fianco. E senza abbandonare, anzi usandole come campo d’azione fondamentale, le manifestazioni su strada, le dimostrazioni-choc, le provocazioni intelligenti: una pratica extra-istituzionale che abbiamo cominciato a mettere in atto (dia un’occhiata al sito del Movimento).
Ricorrere alla tribuna dei partiti non significa affatto diventare l’ennesimo “partitino”: dipende da cosa si fa e cosa si dice. Uno ribatte: ma, in ogni caso, si verrà considerati “dei loro”.  Siamo realisti: sul piano nazionale, cioè in parlamento, Movimento Zero avrà suoi rappresentanti soltanto quando una crisi economica scatenerà una tale, sacrosanta rabbia popolare da far diventare non solo plausibili, ma urgenti e necessarie le nostre idee, così radicalmente alternative (e perciò, oggi, guardate con scetticismo dai più). Quando saremo “dei loro” - ma non lo saremo mai, se non nel senso di sommergerli - significa che questa Italia e questo Occidente saranno già sull’orlo del collasso.
Quello che possiamo e dobbiamo fare prima – e la grande parte del Movimento vuole questo – è agire sul piano politico locale, per dare linfa vitale a MZ e avere nuovi militanti (e non solo proseliti). Stiamo parlando soprattutto dei Comuni.
Quanto al Suo ultimo suggerimento, non è il primo che auspica un “fronte comune” con Grillo e Travaglio. Il dibattito fra noi è ancora in corso. Posso solo dirLe che se da una parte una certa quale collaborazione c’è e ci sarà (come dimostra la presenza di Massimo Fini sul palco del V-Day), dall’altra il nostro scopo prioritario è far crescere il Movimento con le sue gambe. (a.m.)

Commenti
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peppeschiazza@libero.it
peppeschiazza (IP:151.64.130.45) 02-11-2007 21:31

Ho conosciuto Mz pochi mesi fa ed ora seguo quotidianamente tale più che simpatico movimento di idee.
Il sistema italiano è in declino, marcito. La partitocrazia - cioè l'insieme dei partiti impadronitisi dello Stato - è in groppa da molti decenni, con modalità e finalità sempre più trucolenti: succhiare risorse dalla gente e spartire il malloppo tra quanti di partitocrazia campano (e alla grande).
In questa assurda gabbia costruita nel corso dei decenni, dove i cittadini sono maltrattati o ignorati dallo Stato, è stata sedimentata una "cultura ufficiale" ricca di menzogne e di imbrogli. Spicca la truffa scientifica, ma non è da meno la frode storica.
La democrazia ammannita al popolo non poteva che essere rappresentativa e formale, cioè poco consistente. La presenza popolare è infatti invocata unicamente (o quasi) in occasione delle elezioni, quando i partiti, entità private mai regolate da leggi, candidano i propri scagnozzi alla conduzione della nazione.
Scontri fittizi e/o momentanei tra gli schieramenti partitici, esaltati da avvedute campagne mediatiche, abilmente orchestati sull'onda di dottrine politiche accortamente messe in circolo da tempo, cercano di immedesimare gli elettori in partiti e candidati. I votanti sono così attratti alle urne a suggellare le scelte dei partiti.
Tralasciando i criteri di selezione dei candidati - questione saliente per riempire le assemblee elettive di personalità colte e responsabili, nonché capaci ed oneste - le elezioni, in Italia, addirittura hanno un aspetto quantomeno stravagante: si vota in 2 giorni, domenica e lunedì mattina. Altrove nel mondo voto e spoglio avvengono in 1 giorno solo.
Il numero di votanti del lunedì è molto piccolo, sicchè - presumo - la notte tra domenica e lunedì è utilizzata per i brogli, sostituendo le schede con altre votate più in sintonia con le previsioni elettorali (concordate tra politici, giornalisti, militari etc.). Inoltre le urne sono in materiale trasparente, persino in Albania, aiutata economicamente dall'Italia.
Purtroppo, a pensar male, ci si azzecca spesso.
Penso quindi che all'interno della democrazia italica, rappresentativa e ben poco governata dal popolo, avvengano maneggi che annullano la volontà espressa nelle urne, vanificando l'eventuale presenza elettorale di nuovi partiti ostili alle suddette pratiche (segrete).
Oltre quindi alla creazione d'una democrazia partecipativa, va costruito un sistema elettorale ostico ai brogli.
Bisogna quindi muoversi ad ampio spettro, da subito, con chicchessia, secondo gli obiettivi, per raddrizzare il baraccone. Questi, se costretti a lasciare, lasceranno alla nazione un disastro immenso.
Oppure emigrare altrove.
Tertium non datur (una terza alternativa non c'è).
Auguri.
sebastiano080@yahoo.it
sebastiano (Registered) 08-11-2007 16:18

Salve, sono Sebastiano Di Pietro, seguo MZ da qualche mese e volevo innanzitutto ringraziarvi per l impegno e la passione che dedicate alla diffusione delle vostre idee e di quelle di Massimo Fini.
Ma vengo al punto. Ho letto con molto interesse il dibattito, scatenato da Ombriti, circa la questione del rapporto di MZ con la politica e mi hanno molto stupito ed anche deluso le dichiarazioni, che fiancheggiano questa iniziativa, del direttore Mannino rilasciate sia sul giornale del ribelle del 31 luglio, sia nella risposta alla lettera di Mangialavori del 1 novembre.
L ingresso di Movimento Zero in politica, e più specificamente l intenzione di partecipare al gioco democratico rappresentativo è una aberrazione che condurrebbe ineluttabilmente MZ verso il disfacimento o verso una metamorfosi che lo renderebbe altro da ciò che è.
Uno dei punti più salienti del Manifesto che avete firmato è quello di riportare alla storia la democrazia diretta, ovvero di reintrodurre il solo metodo in grado di garantire una certa giustizia nelle sfere legislative e decisionali della politica.
Rinunciare ad un obiettivo di questo immenso valore per spendere la maggior parte delle vostre energie e del vostro tempo per introdurvi nel sistema rappresentativo con la scusa, come quella posta da Ombriti, dell impellenza della vostra presenza nei luoghi di potere per salvare l Italia e il mondo, significa sacrificare il più grande progresso collettivo (la lotta per la democrazia diretta) all individualismo ed alla vanagloria di pochi.
Non ho dubbi sui buoni proponimenti di Ombriti, ma la strada che porta all inferno è sempre lastricata di buone intenzioni, e riporre le speranza di un rivolgimento in senso antimoderno della società nelle mani di un guastatore istituzionalizzato mi sembra ben poca cosa. Non solo è poca cosa, ma il movimento finirebbe per criticare, stigmatizzare condannare nelle sue manifestazioni la stessa forma di governo nella quale sono inseriti e operano i suoi stessi rappresentanti delegittimandoli naturalmente insieme a tutti gli altri.
Perché il problema di fondo riguarda il sistema rappresentativo e quindi i suoi teorici, che ritengono il popolo antropologicamente incapace di poter essere protagonista delle scelte politiche e legislative. Montesquieu uno dei primi e più illustri teorici della rappresentanza si esprime così: «Poiché, in uno Stato libero, qualunque individuo che si presume abbia lo spirito libero deve governarsi da sé medesimo, bisognerebbe che il corpo del popolo avesse il potere legislativo. Ma siccome ciò è impossibile nei grandi Stati, e soggetto a molti inconvenienti nei piccoli, bisogna che il popolo faccia per mezzo dei suoi rappresentanti tutto quello che non può fare da sé. Il grande vantaggio dei rappresentanti è che sono capaci di discutere gli affari. Il popolo non vi è per nulla adatto, il che costituisce uno dei grandi inconvenienti della democrazia. La maggior parte delle antiche repubbliche aveva un grave difetto: il popolo, cioè, deteneva il diritto di prendervi delle risoluzioni attive, che comportano una certa esecuzione, cosa di cui è completamente incapace. Esso non deve entrare nel governo che per scegliere i propri rappresentanti, il che è pienamente alla sua portata» .
Ecco quale è la causa dell esclusione politica del popolo dalle sfere decisionali della politica.
Murray Bookchin della new left americana che ha afferrato appieno la natura del problema, nel suo Democrazia Diretta si dedica con convinzione ad una necessaria riqualificazione del popolo, riponendo in esso una fiducia sconfinata e teorizzando un processo di rieducazione alla libertà ed all uguaglianza: requisiti fondamentali per l esistenza, non simulata, di ogni democrazia.
Ed Ombriti, invece di ingaggiarsi in tal senso, che fa? Si impegna a relegare il popolo alla marginalizzazione politica, perché incapace come direbbe Montesquieu, perchè è una moltitudine cieca, spesso ignara di ciò che vuole, perché di rado sa cosa le giova come affermerebbe Rousseau e perché come dice lo stesso Ombriti, meno filosoficamente, e gente da telefonino, da centro commerciale, idonea a fare solo la fila in autostrada. Uno che la pensa in questo modo non vuole cambiare il sistema, ma desidera solo sostituirsi ai vecchi oligarchi.
L obiettivo del Movimento non è quello di sostituire gli uomini giusti con quelli sbagliati, non è quello di cercare un nuovo messia della politica rappresentativa, ma quello di introdurre il metodo democratico diretto: una procedura che trovi nel confronto, nell interazione e nelle discussioni che precedono la decisione una illuminazione del giudizio dei cittadini, e quindi una consapevolezza nel voto. Anche sbagliando. Il principio democratico, attribuisce un diritto di voto, di parola, di opinione, di libertà, che opera e si esprime fuori e dentro la verità: «Il popolo - come dice Sartori - non ha sempre ragione nel senso che non sbaglia mai, ma nel senso che ha diritto di sbagliare, e che il diritto di sbagliare compete a chi sbaglia per se, a danno proprio». Ma che sbagli in democrazia diretta e non subendo gli errori, le incompetenza e la cattiva coscienza dei suoi rappresentanti.
Spero di avere presto una risposta alle mie osservazioni circa l ingresso del movimento in politica, e sono disposto in ogni caso a collaborare con voi con ogni iniziativa di carattere culturale, propagandistica e di sviluppo delle idee in seno al Movimento.
Anche se non lo ho mai conosciuto di persona, un immenso grazie a Massimo Fini che studio e leggo da quando avevo 17 anni (oggi ne ho 27), per il forte contributo che ha dato alla mia formazione e per aver seminato l oscurità del dubbio dove splendono di luce artificiale le illusorie verità del progresso.

Sebastiano Di Pietro


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