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16 Giugno 2016

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Da Rassegna di Arianna del 14-6-2016 (N.d.d.)

 

Nell’epoca delle grandi contraddizioni legate all’abitare, in cui la maggioranza della popolazione mondiale vive in metropoli sempre più malsane, disfunzionali e avare di opportunità, con emergenze abitative e spazi abbandonati che coesistono in uno strano ossimoro, sempre più persone scelgono di abitare in maniera differente: condivisa, ecologica, sana e soddisfacente. Alcuni si trasferiscono in campagna, altri in piccoli borghi o centri urbani minori, in zone spesso considerate periferiche, altri ancora scelgono di restare in città ma fanno comunque scelte di vita fuori dal comune.

 

In Italia si parla ormai da qualche anno del fenomeno del “ritorno alla terra”. In moltissimi, soprattutto fra i più giovani, si trasferiscono in campagna per dedicarsi all’agricoltura o scegliere stili di vita differenti. Secondo i dati della Confederazione Italiana Agricoltori solo nel 2013 sono nate 11.485 imprese agricole, pari al 10 per cento del totale delle nuove aziende, e oltre il 17 per cento di queste ha un titolare di età inferiore ai 30 anni. Ora si potrebbe pensare che questo ritorno alla terra sia esclusivamente una reazione alla crisi, vissuto soprattutto dai più giovani come una rinuncia a coltivare sogni ben più ambiziosi. Niente di più lontano dal vero. Con Italia che Cambia abbiamo girato per l’Italia e incontrato centinaia di realtà e ci siamo accorti che non è così: oggi i ragazzi e le ragazze scelgono di tornare alla terra per condurre una vita più naturale, sana, soddisfacente. La campagna non è più sinonimo di arretratezza, lontananza, isolamento ma diventa luogo di innovazione e sperimentazione di nuove forme di socialità collettiva. Si riscoprono feste e tradizioni, riti e condivisione. I vecchi saperi vengono uniti ad una consapevolezza nuova: che la terra non è più un’imposizione ma una scelta di vita. Così è accaduto, ad esempio, ai ragazzi di Terra di Resilienza. Antonio, Claudia e Dario, dopo aver studiato in varie parti d’Italia, hanno deciso di tornare in Cilento per fondare una cooperativa agricola che opera nel campo dell’agricoltura sociale con persone in trattamento da dipendenze. Oltre a coltivare i grani antichi cilentini organizzano attività di ecoturismo e hanno ridato nuova vita alle tradizioni locali, reintroducendo, ad esempio, la festa del “Palio del grano” o la “Cumparete” che riunisce i vari produttori della zona.

 

Altri, fra coloro che scelgono di vivere al di fuori delle città, optano per scelte di vita ancora più particolari, come quelle degli ecovillaggi. Nati negli anni Settanta come comunità intenzionali ecosotenibili, negli ultimi anni hanno visto un vero e proprio rifiorire. In Italia, nel 2015, sono presenti circa 80 progetti di ecovillaggi in vari stadi, molti dei quali aderiscono alla Rete Italiana dei Villaggi Ecologici (RIVE). Il loro scopo è “ricucire la comunità al suo territorio e a soddisfare al meglio i bisogni di entrambi. Bisogni che nutrono la vita, come l’alimentarsi e l’abitare sano, esprimere se stessi, coltivare relazioni, recuperare valori e il contatto con la Natura. [...] Per ecovillaggi si intende nuclei familiari, che condividono una sede abitativa e un progetto di cambiamento di vita in un’ottica ecologica. Pur essendo molto diversi fra loro, l’idea trasversale e comune a tutti i progetti è abitare ecosostenibile, rispettare il contesto naturale-paesaggistico circostante, attraverso la ricerca di materiali naturali, sani e possibilmente locali, la cui filiera di produzione è chiara ed equilibrata.”

 

Ma ormai anche chi resta in città ha a disposizione un ampio ventaglio di possibilità alternative. Fenomeni come il cohousing e il coliving sono in forte crescita: in tanti scelgono di stare sotto lo stesso tetto per condividere spazi ma anche esperienze di vita. In questo senso vanno segnalate le decennali esperienze dei Condomini solidali, ma anche nuove forme di coliving che tengono insieme la voglia di viaggiare alla necessità di mettere radici. È il caso, ad esempio, di Toghether, spazio di condivisione romano fondato da Enresto Cinquenove. Un po' coliving, un po' ostello e un po' hub che fa incontrare persone ed esperienze, che impollina e ispira, Together si definisce cross-inspirational place, una casa di tutti in cui si può vivere, mangiare, incontrarsi, scambiarsi esperienze e proporre attività. Altra esperienza cittadina decisamente interessante è quella delle Social Street, forme di comunità fisiche/virtuali in cui gli abitanti di una via usano una pagina Facebook come mezzo di condivisione e conoscenza reale. Nate a Bologna, in via Fondazza, le Social Street si sono rapidamente espanse in tutta Italia e sono state replicate anche in altri paesi d’Europa. Sempre a Bologna poi, prima ancora dell’esplosione delle Social Street, ha fatto scuola l’esperienza dei Luoghi di sosta pedonale di via Centotrecento.

 

Con Italia che Cambia abbiamo raccolto questa ed altre esperienze legate all’abitare nel documento Abitare 2040, realizzato grazie al contributo di 6 ambasciatori rappresentanti di altrettante realtà e reti italiane, dalla RIVE ai Condomini solidali, a tanti altri progetti virtuosi. Abbiamo anche chiesto loro di immaginare come potrebbe essere diverso l’abitare in Italia nel 2040, e delle azioni collettive ed individuali che dobbiamo mettere in atto per arrivarci. Le forme dell’abitare stanno cambiando rapidamente. Sempre più persone si stanno rendendo conto che abitare significa instaurare una relazione con il luogo in cui si vive, con le altre persone che lo vivono, con l’ecosistema che lo caratterizza. È tempo che l’essere umano abiti il mondo facendo propria questa consapevolezza.

 

Andrea Degl’Innocenti

 

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