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Perché Monti vota No PDF Stampa E-mail

5 Novembre 2016

 

Da Lettera43 dell’1-11-2016 (N.d.d.)

 

Ha destato dubbi e perplessità l’outing, come usa dire, di Mario Monti: l’esponente di spicco del colpo di Stato finanziario gestito dall’Unione europea nel 2011 (e pudicamente chiamato «governo tecnico») ha asserito di votare convintamente per il no al referendum circa la riforma della Costituzione. L’ha detto in modo fermo e inequivocabile. Senza perifrasi ed esitazioni. Come spiegare questa scelta? Perché mai Monti voterebbe no e perché mai dovrebbe rendere pubblico, con tanta enfasi, il proprio parere personale?

 

Avanzo due ipotesi, in maniera telegrafica ma – almeno spero – chiara. Prima ipotesi: si è ormai diffusa ai quattro venti la notizia dell’interesse apertissimo del gruppo finanziario Jp Morgan per la riforma della Costituzione. Già nel 2013, il gruppo finanziario l’aveva esplicitato: ci vogliono «riforme» delle Costituzioni in Europa, giacché ad oggi esse sono troppo socialiste (diritti dei lavoratori, welfare state, ecc.) e, di più, costituiscono un «ostacolo» per l’economia di mercato del capitalismo assoluto. Occorre rottamarle o, appunto, «riformarle». La notizia s’è diffusa: e ora tutti sanno che la Riforma propugnata dal Partito democratico vede quest'ultimo come servo e maggiordomo dell’interesse delle grandi banche internazionali. Ecco, allora, l’arma di distrazione di massa: l’amico della finanza e dell’Unione europea Mario Monti dice che voterà no. Si chiamerebbe depistaggio, se fossimo in un giallo. Così ora i più crederanno, ingenuamente, che non è vero che questa riforma sia voluta dalla finanza.

 

Seconda ipotesi: Matteo Renzi potrebbe essere a fine corsa. Forse, dall’alto, gli stessi che l’hanno messo al potere stanno risolvendosi a toglierlo. O, meglio, a sostituirlo: sì, perché ormai il popolo inizia a protestare seriamente. Ormai il popolo ha capito chi è davvero Renzi e cosa è davvero il Pd. A tal punto che, come a Palermo l’altra settimana, occorre ricorrere al manganello per contenerne gli impeti oppositivi. Ecco, allora, la nuova soluzione: togliere Renzi e sostituirlo con un nuovo maggiordomo della finanza, con un nuovo servitore dei signori neofeudali del globalismo. Di modo che, per un po’, non vi siano più proteste: almeno fino a che il popolo non torni a capire come realmente stanno le cose. E, da lì, si proceda a una nuova sostituzione. Se questa seconda ipotesi fosse vera, chissà che il sostituto di Renzi non possa essere, prossimamente, Draghi? Così ci troveremmo direttamente con la Troika in casa. Modello Grecia.

 

Diego Fusaro

 

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