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Un sospiro di sollievo PDF Stampa E-mail

19 Novembre 2016

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La vittoria di Donald Trump mi ha fatto tirare un sospiro di sollievo. Se avesse vinto la guerrafondaia Hillary Clinton chissà quali catastrofi avrebbe provocato la sua politica interventista, guerrafondaia e fondata su trattati funzionali alla globalizzazione, come il Trattato transatlantico sul commercio e sugli investimenti.

 

Donald Trump è il nuovo presidente degli Stati Uniti. La Clinton con il viso livido di rabbia repressa ha preso atto della sconfitta di fronte a milioni di spettatori. Non contenti dei risultati alcuni dei suoi sostenitori sono scesi in piazza dando luogo a manifestazioni violente. Una minoranza di teppisti ai quali i mezzi d’informazione danno ampio spazio pur di offuscare l’immagine del neo presidente.

 

 

 

Alla presidenza degli Stati Uniti hanno concorso due personaggi impresentabili: il “gabibbo machista” e la “iena rabbiosa”, in una campagna elettorale caratterizzata dal cattivo gusto e dalla mancanza di contenuti, più uno scambio d’insulti e di meschini pettegolezzi che un serio dibattito. Uno spettacolo di livello mediocre per non dire scadente che mi ha disgustato e annoiato. Misera è stata la campagna elettorale, ma il risultato apre nuovi scenari soprattutto a livello internazionale. Vediamo perché.

 

La “iena rabbiosa” è una fanatica sostenitrice della politica interventista e guerrafondaia del suo Paese, ha il sostegno delle oligarchie finanziarie e delle dispotiche petromonarchie. Questa donna ipocrita s’indigna per le sofferenze dei bimbi di Aleppo colpiti dall’aviazione russo - siriana; ma non per quelle dei bimbi yemeniti massacrati dalla coalizione saudita, o per quelli afghani colpi dai droni statunitensi. Questa donna ipocrita invoca il rispetto dei “diritti umani” in Siria e in Russia; ma dimentica le dispotiche monarchie del Golfo (Arabia Saudita, Qatar e Kuwait), che sostengono la canaglia islamista e della stessa sono il riferimento morale e religioso (l’Islam sunnita - wahabita), calpestano i diritti umani (vedi il trattamento riservato agli omosessuali e alle donne). Questa donna ipocrita si propone come paladina dei più poveri; ma la sua campagna elettorale è finanziata dall’oligarchia di Wall Street, l’origine degli scandali finanziari (mutui subprime) che hanno devastato l’economia americana impoverendo milioni di persone.

 

Per capire chi rappresenti e quali interessi difenda la Clinton basta scorrere la lista dei suoi sostenitori, che attraverso la Fondazione di famiglia gli hanno finanziato la campagna elettorale. Circa la metà delle donazioni provengono dall’alta finanza, ai primi posti: il miliardario Gorge Soros che ha donato circa otto milioni di dollari, Donald Sussman almeno due milioni e mezzo, il resto proviene dai grossi gruppi bancari, primo fra tutti Goldman Sachs. L’altro grande sostenitore della Clinton sono state le dispotiche monarchie del Golfo Persico: da 10 a 25 milioni dall’Arabia Saudita, dai 5 ai 10 dal Kuwait, 1,5 milioni dal Qatar e altrettanti dal Brunei e dall’Oman.

 

Il “gabibbo machista”: è un personaggio pittoresco, un miliardario dal carattere rissoso e dall’aspetto volgare, che spesso si esprime con battute triviali e idiote: volgari, come quelle sulle donne che mi vergogno di citare; idiote, come quelle sull’effetto serra, «concetto inventato dai cinesi per impedire all’economia americana di essere competitiva». Trump ha però il pregio di dire ciò che pensa e di essere estraneo al sistema dei partiti e all’oligarchia di Wall Street. Infine, è abbastanza ricco da non aver bisogno di scomodi e di pericolosi finanziamenti; l’opposto di quanto avvenuto per Hillary Clinton e il suo insignificante marito ed ex presidente.

 

Trump in politica interna sembra comprendere i sentimenti di milioni di americani legati ai valori tradizionali (Dio, patria e famiglia) e impoveriti dalla crisi, minacciati dal terrorismo e spaventati dall’immigrazione. La posizione di Trump sull’immigrazione indigna le anime belle, che con il loro insensato buonismo minacciano la pace sociale e alimentano lo sfruttamento degli immigrati; irrita le oligarchie globaliste, che attraverso l’immigrazione sperano di cancellare le identità nazionali dei popoli, per trasformarli in masse amorfe di produttori-consumatori facilmente condizionabili. Le affermazioni di Trump sull’immigrazione possono apparire estreme: costruzione di un muro sul confine messicano, espulsione dei clandestini, il rifiuto di accogliere gli immigrati provenienti dai Paesi mussulmani. In verità Trump propone soluzioni che ogni nazione dovrebbe adottare quando è in gioco la sicurezza nazionale, mancano le risorse e i posti di lavoro per assorbire migliaia d’immigrati, si vuole combattere lo sfruttamento dell’immigrazione clandestina.

 

Trump in politica estera è isolazionista, vuole il dialogo con la Russia e vede gli Stati Uniti come una grande nazione e non il padrone - gendarme del mondo. Questo dovrebbe mettere fine alla tragica e disastrosa politica estera americana: dalle guerre imperialiste camuffate da crociate umanitarie (Afghanistan, Iraq e Libia) alle indebite ingerenze (Siria e Ucraina) compresa la realizzazione dei trattati pro - globalizzazione. Trump non condivide l’accordo con l’Iran sul nucleare, ma non può modificarlo perché tale decisione comprometterebbe i rapporti con la Russia e avrebbe pesanti conseguenze nel conflitto siriano, dove l’Iran è un alleato fondamentale nella lotta al terrorismo islamico.

 

L’ostilità di Trump verso i trattati internazionali di libero scambio deriva dall’impatto che questi hanno avuto e potrebbero avere sul tessuto socio economico americano: delocalizzazione, diminuzione dei salari, precarizzazione del lavoro. Trump cita l’esempio del Nafta. Il Trattato transatlantico sul commercio e sugli investimenti (Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP) ha lo scopo di unire in un'unica zona di libero scambio gli Stati Uniti e l’Europa; ed è una pesante incognita sul nostro futuro, perché non agisce solo sulle barriere tariffarie, ma soprattutto su quelle non tariffarie: la qualità degli alimenti, i diritti sindacali, la tutela dell’ambiente, la sovranità nazionale degli Stati che vi aderiscono. In sintesi saranno abolite le barriere erette a difesa della salute pubblica, dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori. I nostri mercati saranno invasi dai prodotti a basso costo dell’agroindustria americana (OMG, animali nutriti con farine animali, cibo contaminato da additivi e pesticidi vietati in Europa, ecc.) le norme a tutela dei lavoratori saranno in parte abrogate, i servizi pubblici privatizzati, limitate le norme a tutela dell’ambiente (esportazione di combustibili fossili e gas estratti con il fracking) e la sovranità degli Stati ridotta grazie al cosiddetto “arbitraggio delle controversie”. Un istituto giuridico che consente alle imprese private di citare in giudizio gli Stati e gli enti pubblici che con la loro legislazione a tutela dei lavoratori, dell’ambiente e della salute pubblica, ostacolano l’attività delle imprese stesse. A giudicare sulle controversie non sarà la magistratura dei singoli Stati ma arbitri privati con giudizio inappellabile e potere sanzionatorio sui singoli Stati. Il Trattato transatlantico è sostenuto dalle istituzioni politiche e finanziarie che sostengono la globalizzazione, in gioco ci sono grandi interessi: un potenziale mercato di oltre 800 milioni di consumatori, che rappresenta il 40% del P.N.L. mondiale; la possibilità di impedire la nascita di un blocco euroasiatico, che unendo Russia ed Europa metterebbe fine all’egemonia americana nel mondo.

 

L’isolazionismo statunitense favorirebbe l’Europa che paga in prima persona le conseguenze della destabilizzazione del Medio Oriente e della Libia: immigrazione, i costi delle sanzioni economiche imposte alla Russia, il rischio di diventare il campo di battaglia dello scontro Nato - Russia. Inoltre, l’isolazionismo americano spingerebbe gli europei a dotarsi di un esercito proprio e sviluppare una propria politica estera meno legata a quella degli Stati Uniti.

 

La politica interventista è nei geni della “iena rabbiosa”. Il sostegno al Trattato transatlantico è un omaggio della Clinton alle lobby globaliste che la sostengono. L’attacco alla Libia fu scatenato dalla Francia, ma determinante per la caduta del regime libico fu il sostegno americano voluto dalla Clinton allora segretario di Stato della presidenza Obama. In Siria la Clinton voleva ripetere il copione libico, abbattere il tiranno di turno. Come in Libia le conseguenze sarebbero state catastrofiche: il Paese nel caos o nelle mani dell’Islam radicale, da Al Nusra al Califfato. Hillary Clinton e John McCain rappresentano i “falchi” del Pentagono e verso la Russia auspicano una politica aggressiva: allargamento a est della Nato, scudo missilistico, rivoluzioni colorate nei Paesi dell’ex Unione Sovietica. Questo è un pericolo perché la guerra ibrida tra la Russia e gli Stati Uniti potrebbe degenerare in uno scontro diretto. Infatti, non esiste più l’equilibrio della Guerra Fredda, lo scenario internazionale è reso instabile dall’islamismo radicale (Africa e Medio Oriente) e dalle tensioni etnico-nazionali (Caucaso, Transnistria, Ucraina, ecc.).

 

 

 

Queste elezioni ci mostrano la faziosità e la scarsa attendibilità dei sondaggi e delle opinioni di sedicenti “esperti” e “intellettuali”. Una canea di servi scocchi delle oligarchie globaliste e ottusi seguaci del pensiero unico. Detta canea dava per vincente la candidata democratica ma i risultati li hanno smentiti. Quanto detto ci insegna due cose. Primo, i sondaggi non sono strumenti per conoscere l’orientamento degli elettori, ma subdoli mezzi di propaganda per indirizzare le scelte dell’elettorato a favore di un candidato o di uno schieramento politico. Secondo, i mezzi d’informazione e i sedicenti “intellettuali” non si sforzano di comprendere e descrivere i fatti; ma si limitano a diffondere luoghi comuni e banalità (razzismo, sessismo, crescita economica, dialogo, accoglienza, ecc.) stupidi pettegolezzi (le puttane di Berlusconi o le battute di Trump); oppure si schierano in modo acritico dalla parte del vincitore e del politicamente corretto.

 

 

 

Queste elezioni confermano la deriva populista dell’America, un fenomeno che interessa anche l’Europa. Una crisi politica che divide le nostre nazioni: da una parte il popolo (la classe media in costante declino e i ceti più poveri) rappresentato da leader pittoreschi (Trump, Grillo, Bossi, Farage, ecc.) oppure da leader autoritari (Putin, Orban, Duarte); dall’altra le oligarchie globaliste (le multinazionali, le grandi banche e le istituzioni sovranazionali) sostenute dalla sinistra progressista o liberal, dai principali mezzi d’informazione, dalla maggioranza degli “intellettuali” (premi nobel e rappresentanti della cultura), dai divi della moda e dello spettacolo.

 

Nel lungo periodo la deriva populista dell’Occidente potrebbe degenerare nello scontro, per il peggioramento della situazione socio-economica (crisi economica, tensioni sociali scatenate dall’immigrazione, ecc.) o per la repressione dei movimenti populisti da parte di governi asserviti o collusi con le oligarchie globaliste. Gli esiti potrebbero essere tragici: il dibattito politico si trasformerebbe in scontro di piazza, o peggio in guerra civile.

 

Le oligarchie globaliste e i loro sostenitori nutrono nei riguardi del popolo sentimenti di disgustoso paternalismo e d’ipocrita benevolenza, quando pensa e si comporta secondo i loro “illuminati” consigli e “nobili” sentimenti; di odio e di disprezzo, quando ha l’ardire di disattenderli, seguendo il leader populista del momento. Quest’atteggiamento idiota e arrogante è tipico di chi disprezza la democrazia, che si manifesta attraverso il voto del popolo; o di chi ritiene di appartenere ad una élite di saggi e di colti, legittimata ad educare-guidare il rozzo e ignorante popolino. Questa è la chiave di lettura per comprendere la sprezzante ironia di Juncker sulla persona di Trump: «Perderemo due anni, aspettando che Trump termini di fare il giro del mondo che non conosce»; oppure, l’odio e il disprezzo dello scrittore Roberto Saviano verso l’America che ha votato Trump: «quella cafona, tracotante e ignorante che non legge giornali né libri».

 

Solo il tempo ci dirà se Trump manterrà fede alle promesse. Che Dio benedica l’America politicamente scorretta di Clint Eastwood, che non si è fatta abbindolare dal canto delle sirene di Hollywood o dai tirapiedi dell’informazione politicamente corretta.

 

 

 

Giorgio Da Gai

 

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