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Perseguitato politico PDF Stampa E-mail

21 Maggio 2017

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Come se nulla fosse, o quasi. La Svezia ha finalmente deciso di ritirare le accuse di stupro contro Julian Assange – che a causa di queste incredibili lungaggini è costretto da quasi cinque anni a vivere segregato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra – e i siti dei “grandi” quotidiani danno la notizia nel modo più neutro possibile.  Il fatto che la cosiddetta inchiesta sia durata addirittura poco meno di sette anni, prima di riconoscere che era il caso di lasciar perdere, è presentato come un mero dato di fatto. Sette anni, settanta, settecento: a loro che gliene frega, visto che si tratta della vita di qualcun altro, e in particolare di qualcun altro che è inviso ai potentissimi USA?

 

Allo stesso modo, ci si guarda bene dal commentare l’inquietante puntualizzazione della polizia inglese, con Scotland Yard che si affretta a precisare che, nonostante la marcia indietro della Svezia, il mandato di arresto a carico del fondatore di Wikileaks resta in piedi, sia pure per "accuse molto meno gravi".  Ma anche qui, che volete che sia? Per piccole che siano, le violazioni che gli vengono addebitate dagli inquirenti di Sua Maestà, rimangono problemi di Assange: stupido lui, a mettersi contro i padroni del mondo.

 

Federico Zamboni

 

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