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Populismo al capolinea? PDF Stampa E-mail

14 Giugno 2017

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Da Rassegna di Arianna del 12-6-2017 (N.d.d.)

 

L'Italia si risveglia bipolare, a quanto pare, e il “terzo incomodo” grillino almeno nei Comuni è obbligato a un passo indietro. C'è molto entusiasmo dei partiti tradizionali per la tornata amministrativa di ieri, che ha visto il M5S fuori da tutti i ballottaggi, compresi quelli delle presunte roccheforti della Sicilia e di Genova. Il voto che non interessava nessuno, di cui nessuno parlava, per il quale nessuno faceva comizi o talk show, è improvvisamente diventato importante e commentatissimo, un “segnale nazionale” o addirittura il “capolinea del populismo”. E bisognerà aspettare il momento della razionalità per analizzare i sottotemi di queste Comunali, che forse non sono così favorevoli a Renzi, Berlusconi e Salvini come i tre leader danno a vedere perché – oltre ai candidati grillini – bocciano anche strategie di lungo corso del Pd, di Forza Italia e della Lega. Esce malconcia dalla consultazione l'idea dei democratici e dei forzisti di uno schema nazionale che li veda divisi in campagna elettorale e uniti dopo. Era la strategia prevalente fino a giovedì scorso, l'asse portante del patto sulla legge elettorale poi frettolosamente affondata. Ma le amministrative tagliano destra e sinistra col coltello, le impegnano in ballottaggi l'uno contro l'altro armate, e quindi amen, addio strategia Renzusconi. Punito anche l'assalto al cielo leghista: il centrodestra vince dove è unito, e hai voglia a dire come fa Salvini che “il traino leghista” è risultato determinante: i voti di lista non sostengono questa convinzione e il recupero a livello nazionale del vecchio patto sembra ineludibile. Così come pare obbligatorio per Forza Italia affrontare la questione della leadership: in Italia come nel più sperduto dei Comuni serve “una faccia” a cui appendere la proposta politica, e quella “faccia” andrà individuata.

 

Le forze del cosiddetto populismo che sembravano imbattibili fanno passi indietro ovunque. L'Ukip sparisce nel Regno Unito. Marine Le Pen esce malconcia dalle Parlamentari francesi. La Germania pare pronta a reincoronare Frau Merkel. La sensazione è che sia all'opera una sorta di spaventato “rimbalzo” dopo la Brexit e l'elezione di Donald Trump. Poi, più oltre, c'è la “questione simboli”, che i candidati sindaci di destra e di sinistra hanno dribblato nascondendosi dietro le liste civiche: quasi tremila sulle 3.900 presentate. Su scala nazionale il camuffamento è impossibile. Lì sono i partiti più che gli uomini a presentarsi all'elettorato, e il voto d'opinione – quasi irrilevante sul territorio – diventa elemento determinante per la vittoria. C'è una lezione “storica” piuttosto rilevante da ricordare, quella delle amministrative “del sorpasso”, nel 1975, quando il Pci pensò di poter vincere l'eterno duello con la Democrazia Cristiana forte di una affermazione senza precedenti nei Comuni. Finì piuttosto male. Tra l'altro, l'esito finale di questa campagna amministrativa è ancora tutto da scrivere: il Pd vincerà a Genova? A chi andranno i voti del M5S nei ballottaggi? Quelli che hanno votato i sindaci grillini resteranno a casa, oppure torneranno alle urne fra quindici giorni per dire la loro, e in favore di chi? Sullo sfondo della consultazione c'è, comunque, un oggettivo cambio di clima non solo italiano ma europeo. Le forze del cosiddetto populismo che sembravano imbattibili fanno passi indietro ovunque.  La sensazione è che sia all'opera una sorta di spaventato “rimbalzo” dopo la Brexit e l'elezione di Donald Trump, i due eventi-clou del famoso “voto di pancia”, che hanno cominciato a manifestare conseguenze non così rassicuranti come si immaginava, anzi foriere di disordine e insicurezza diffusa. L'usato sicuro appare agli elettori europei più conveniente di un “nuovo” senza garanzie. E sotto questo profilo, l'errore capitale dei Cinque Stelle è stato non capirlo, partecipare in massa a queste amministrative (il M5S è il partito che ha presentato più liste, 181 contro le 134 del Pd) e giocare una partita sul territorio impossibile da vincere anziché saltare un giro. L'intera strategia di Renzi e Berlusconi dalle Europee del 2014 a oggi è stata fondata sull'esistenza di un preponderante nemico grillino. Quanto ai “grandi”, pure loro ci avevano capito poco. L'intera strategia di Renzi e Berlusconi dalle Europee del 2014 a oggi è stata fondata sull'esistenza di un preponderante nemico grillino, sulla sua imbattibilità nelle urne e sulla retorica della “diga” anti-M5S. Ma il “voto contro”, il “votate noi se no vincono loro”, quando l'avversario si rivela in crisi, non funziona più. Bisognerà trovare altre leve di mobilitazione e di consenso, altri argomenti di propaganda, e non sarà facile.

 

Flavia Perina

 

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