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Dinamica della decadenza PDF Stampa E-mail

29 Giugno 2017

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Da Comedonchisciotte del 27-6-2017 (N.d.d.)

 

Riuscire a trovare i segnali che rivelano la decadenza ed il declino di un Impero è una specie di gioco da salotto. L’arroganza di una leadership, gli eccessi delle disuguaglianze […] Sir John Glubb ha elencato qualche altro sintomo nel suo saggio sulla fine degli imperi The Fate of Empires, che potrebbe anche essere chiamato dinamica della decadenza:

 

a) Un crescente amore per il denaro fine a se stesso. b) Un lungo periodo di ricchezza e di vita facile, che rende la gente sazia e compiaciuta, tanto da perdere il senso del limite, dimenticano i modi (fiducia, energia, lavoro duro) con cui hanno costruito la loro civiltà. c) Egoismo e completa dedizione a se stessi. d) Perdita di qualsiasi senso di dovere/rispetto verso i beni comuni.

 

Glubb   aveva incluso anche altri punti nel suo elenco delle caratteristiche della decadenza: Aumento della frivolezza, dell’edonismo, del materialismo e del culto di celebrità che non producono niente, perdita della coesione sociale, volontà di sempre più persone che vogliono vivere sulle spalle di uno stato gonfiato e burocratico

 

Lo storico Peter Turchin, che citerò spesso in questo articolo, ha elencato tre forze disintegranti che possono sfibrare l’economia di un impero e l’ordine sociale:

 

1. Stagnazione dei salari reali per effetto di un eccesso di offerta di lavoro 2. Sovrapproduzione di élite parassitarie 3. Deterioramento delle finanze dello Stato centrale. A questi elenchi vorrei aggiungere ancora un paio di cosette che sono ben visibili nel nostro attuale Impero Globale del Debito che avvolge il globo e che comprende nazioni di tutte le dimensioni e di qualsiasi politica e cultura:

 

1. […] ricercare raffinatezze sempre più estreme per farsi riconoscere e differenziarsi anche nella stessa classe delle Elite. […]  Ora quasi tutti i tecnocrati che fanno parte della fascia inferiore della nobiltà finanziaria possono permettersi di prendere un prestito a basso interesse per comprare un’auto di lusso, anche gli aspiranti ricchi devono farsi notare comprandosi una super-car che costi almeno 250.000 dollari o di più. Un semplice yacht non distingue più le vere Altezze della Finanza Reale dai Nobili delle Caste finanziarie più basse, quindi i super-yacht sono de riguer, insieme a tutti gli altri eccessi come isole private, jet privati che costino almeno 80 milioni di dollari ciascuno e così via. Anche uno dei più normali aspiranti tecnocrati spende regolarmente 150 dollari per un piatto di un pranzo raffinato e se ne va in vacanza in una delle località più esclusive e remote per far vedere il suo stato sociale. Abbondano gli esempi di questa iper-inflazione di raffinatezza da quando la ricchezza del 5% dei TOP è schizzata alle stelle. 2. La fede di poter continuare a vivere nello status quo ha raggiunto livelli quasi religiosi. La possibilità che l’intero circo della finanza e della politica degli eccessi possa in realtà non essere altro che un castello di sabbia che si scioglie sotto le onde della storia, è un’eresia – non entra nemmeno nelle menti di chi gozzoviglia o di chi chiede più panem et circenses (Reddito Minimo Garantito – Universal Basic Income, ecc.) 3. Il Lusso, non il servizio, qualifica le élite finanziario-politiche. Come ha evidenziato Turchin nel suo libro sul declino degli imperi, nell’epoca della espansione e dell’integrazione dell’impero, le Elite basano il proprio status sul mettersi al servizio del bene comune e della difesa (o dell’espansione) dell’Impero. Mentre sopravvivono solo frammenti dell’antico noblesse oblige nei marchi delle élite finanziarie, la stragrande maggioranza di chi è entrato nelle classi di Elite si concentra sull’arraffare quanto più potere e più ricchezza sia possibile nel più breve tempo possibile, non con l’obiettivo di servire la società per il bene comune ma solo per riuscire ad entrare nel gioco della concorrenza di status con tanta ricchezza e per mettere le mani su pasti raffinati, viaggi di lusso in località remote, seconde e terze case in rifugi esotici ma sicuri e così via. 4. Una fede indiscussa nel potere illimitato dello Stato e della banca centrale. L’idea che i governi e le banche centrali più forti non possano essere più in grado di aprire la strada per loro, a spese nostre, cioè che non possano più creare tanto denaro e tanto credito quanto è necessario – per loro –  da stampare su qualsiasi pezzo di carta, è una cosa impensabile per la stragrande maggioranza della popolazione, delle élite e anche dei servi-del-debito. Che tutta questa valuta e questo credito appena stampato non sia altro che un fardello sulla produzione di beni e servizi e sull’aumento della produttività del futuro non entra nella mente dei credenti nel potere illimitato degli stati e delle banche. Ci hanno inculcato l’idea che il potere finanziario equivale al Potere Divino dell’Imperatore: il governo e la banca centrale in pratica dispongono dei poteri divini con cui possono superare qualsiasi problema, qualsiasi crisi e ogni conflitto, semplicemente creando più soldi. Creando quanti soldi credono che siano necessari. Se con 1 trilione di dollari in valuta fresca il trucco non riesce – nessun problema! 10 trilioni di dollari? Nessun problema! 100 miliardi di dollari? Nessun problema! Non esiste un limite a quanta nuova moneta, a quanto nuovo credito, possono creare il governo e la banca centrale. Che ci siano dei limiti all’efficacia del creare altri soldi, non sfiorerà mai la mente dei fedeli. […] La possibilità che i poteri dello stato centrale (e della banca centrale) abbiano in realtà qualche limite, in un’epoca in cui la maggior parte delle élite e della popolazione dipende dalla macchina che stampa gratis il “denaro” dello Stato e della banca centrale, permettendo che vivano e prosperino nella loro ricchezza,  è una bestemmia.

 

È istruttivo ripensare agli eccessi della ricchezza privata e della disfunzione politica del Tardo Impero Romano e agli eccessi della ricchezza privata e delle disfunzioni politiche di oggi. Come Turchin e altri hanno documentato, dove la ricchezza media di un patrizio romano del periodo della Repubblica (durante la fase dell’espansione dell’impero) equivaleva forse a 10-20 volte la ricchezza di un qualsiasi cittadino libero, quando si arrivò alla fase della disintegrazione e della decadenza del periodo imperiale, le Elite avevano portato il livello della loro ricchezza ad una scala di 10.000 volte la ricchezza del cittadino libero romano. Le ville delle Elite erano più simili a piccoli villaggi costruiti con tutti gli eccessi del lusso che non semplici case di lusso per i ricchi e per i loro domestici. […] Possiamo essere abbastanza fiduciosi che quelle potenti élite abbiano considerato che l’Impero Romano fosse eterno e che il potere dell’Impero potesse garantire loro ricchezza e potere illimitato. Ma ahimè, la loro ricchezza fantastica scomparve, insieme a tutto il resto delle strutture imperiali centralizzate, straripanti, complesse e troppo costose. C’è una convinzione particolarmente diffusa che le Elite siano tanto intelligenti e potenti da riuscire sempre a sfuggire al crollo degli imperi che crearono e protessero la loro ricchezza. Ma sostanzialmente non c’è nessuna prova che questa credenza sia vera, quando le ere cambiano veramente. Sì, le élite si sono sempre mostrate molto abili a seguire il vento della politica; […] ma il crollo completo del sistema finanziario e del potere centralizzato è non una guerra o una crisi finanziaria: quelle sono solo mari in tempesta a cui le élite riescono a sopravvivere. Ma quando uno tsunami disintegra l’intera struttura e poi arriva un mare calmo e pieno di relitti galleggianti e di corpi senza nome, allora non c’è nessun passaggio di ricchezza dal Vecchio al Nuovo. Le Elite Romane non si trasformarono nelle élite dei barbari, non successe che tornarono nelle loro stesse Ville e nei loro stessi vasti possedimenti che avevano quando portavano le toghe e cenavano con prelibatezze super raffinate. Furono tutti messi da parte, insieme a tutto ciò che aveva permesso loro di essere ricchi e potenti. Non c’è niente di eterno e niente di durevole quanto potremmo immaginare – soprattutto i sistemi finanziari, super-complessi, super-costosi, super-asimmetrici e super-debito-dipendenti dallo Stato.

 

 Charles Hugh Smith (traduzione di Bosque Primario)

 

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