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Sinistra dei diritti PDF Stampa E-mail

17 Agosto 2017

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Cari lettori, ve lo confesso: a dieci anni dalla crisi economica peggiore della storia del capitalismo, non riesco più a sopportare le divagazioni della sinistra italiana che accuso di avere tradito consapevolmente i lavoratori e, con essi, la propria unica, vera e tuttora indispensabile vocazione storica. Incuranti di avere presidiato Palazzo Chigi lungo tutta la stagione rigorista dei governi Monti-Letta-Renzi-Gentiloni, costata ai lavoratori la cancellazione dell'articolo 18, l'allungamento dell'età pensionabile, la proliferazione dei voucher e della sottoccupazione e nemmeno un buffetto agli sciacalli della speculazione e della delocalizzazione, i signori della sinistra nostrana credono ora di aver trovato nello ius soli la carta vincente per riconquistare il consenso popolare. Giuliano Pisapia e Laura Boldrini, che i giornaloni incoronano come i campioni di questa nuova sinistra alto-borghese dei diritti, spronano Matteo Renzi ad approvarlo entro fine legislatura perché, spiegano, “lo ius soli è un provvedimento di sinistra”. Il Pd, dal canto suo, non sembra molto convinto ma, avendo già realizzato per intero la “rivoluzione liberale” del Berlusconi del '94, avverte l'ansia di fare “qualcosa di sinistra” prima delle elezioni di primavera. Be', non so voi, ma io dubito fortemente che lo ius soli sia una cosa di sinistra e temo anzi che risulterà assai più funzionale alle grandi corporations mondiali che non ai ceti popolari. In epoca di disoccupazione dilagante (11,1% quella totale, 35,4 quella giovanile) e ben sapendo che altro lavoro sarà presto eliminato dai robot, una sinistra degna di questo nome non dovrebbe dedicarsi ad inventare nuovi diritti ma semmai a difendere i diritti basilari minacciati, cominciando ovviamente dal diritto al lavoro visto e considerato che, senza cibo sulla tavola e soldi in tasca, ogni altro diritto non può che essere un diritto illusorio. Ci vuole molto a capire quale sia la vera priorità dei nostri tempi? Io direi di no, ma se in dieci anni di crisi economica la sinistra italiana non è stata capace di riappassionarsi alla tutela del lavoro ed anzi ha fatto di tutto per garantire il modello neo-liberista, dubito seriamente che arriverà a capirlo. Anche perché è già abbastanza evidente che sta perdendo un altro giro: ti aspetti che finalmente rimetta al centro il lavoro e invece, dopo eutanasia, unioni civili, maternità surrogata e divorzio breve, ecco l'ennesima “battaglia di civiltà” sullo ius soli. Dovrebbero ripartire da Berlinguer e invece ripartono da Pannella.

 

Dunque non perdete tempo ad eccepire: lo ius soli “è giusto” perché “è di sinistra” ed è di sinistra perché l'hanno deciso loro. Chi sostiene il contrario ovviamente è un “razzista” e un “fascista”, anche se non aveva mai sospettato di esserlo. Non avendo mai avuto la benché minima simpatia per il fascismo e disprezzando il razzismo, io però continuo a ritenere che lo ius soli sia banalmente la legge sbagliata, nel Paese sbagliato e al momento sbagliato. Pensato per favorire l'integrazione nel volgere di qualche anno - e già su questo gli esempi europei inviterebbero alla prudenza -, lo ius soli infatti richiamerà subito altra immigrazione economica verso l'Italia che, per chi l'avesse scordato, è un Paese nel quale il lavoro non abbonda ma manca, che ha accettato di ridimensionare le politiche di welfare per rifinanziare il proprio debito pubblico e sulle cui coste sbarcano già, in media, centomila richiedenti asilo ogni anno. Preoccupandosi in primo luogo dei ceti popolari, un politico di sinistra dovrebbe quindi prevedere quale sia il rischio legato a questa esplosione artificiale del proletariato in un contesto di contrazione concomitante del lavoro e della spesa sociale: il conflitto darwiniano tra ultimi e penultimi. Nelle fabbriche, nelle periferie, nelle liste d'attesa per le case popolari questa guerra tra poveri è già iniziata ed io sono convinto che la sinistra di una volta, con tutti i difetti che aveva, l'avrebbe saputa comprendere e affrontare per tempo. Pensateci. Quando ancora si dichiarava marxista, la sinistra era estremamente concreta: parlava di salario, orario di lavoro, potere d'acquisto, pensioni, accesso all'istruzione e alla sanità pubbliche. Il diritto di sciopero, il diritto ad un contratto a tempo indeterminato, il diritto a non essere licenziati arbitrariamente: per quella sinistra il luogo dei diritti era il lavoro. E i diritti infatti erano diritti reali perché avere un'occupazione stabile significava poter acquistare una casa, mettere su famiglia, fare studiare i figli e così migliorare le proprie condizioni di vita generazione dopo generazione. I diritti senza lavoro di cui parla la sinistra attuale, invece, sono diritti nominali che nessuno potrà mai veramente esercitare. Sulla carta ce li avremo tutti, nel concreto non ce li avrà nessuno ma almeno il principio di eguaglianza sarà applicato col necessario rigore. “Qui siete tutti uguali – gridava alle sue reclute il sergente istruttore di Full Metal Jacket - Nessuno conta un cazzo!”. Ed io non saprei trovare una sintesi migliore.

 

Alessandro Montanari

 

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