Avviso Registrazioni

Scusandoci per l'inconveniente, informiamo i nuovi utenti i quali desiderino commentare gli articoli che la registrazione deve essere fatta tramite Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo

Login Form






Password dimenticata?
Nessun account? Registrati

Cerca


 
  SiteGround web hostingCredits
Il giornalismo libero: missione suicida PDF Stampa E-mail

20 Ottobre 2017

Image

 

Da Libero Pensare del 18-10-2017 (N.d.d.)

 

Un tempo ci furono giornalisti che - con le loro rivelazioni - fecero dimettere un presidente degli Stati Uniti. Non avvenne secoli fa; erano solo gli anni ’70, il 1974 per la precisione. Due giornalisti del Washington Post, Bob Woodward e Carl Bernstein, con la loro inchiesta inchiodarono Richard Nixon e lo costrinsero a dimettersi. Oggi una storia del genere sembra risalire ad un’epoca geologica remota. Ma da quell’avvenimento il Potere ha tratto notevoli insegnamenti e ha messo in atto ogni misura per impedire che un evento del genere si possa ripetere. Da allora le testate giornalistiche hanno iniziato ad assomigliare sempre più a degli uffici-stampa, dove si tessono le lodi del Potere o, al massimo, si pubblica qualche notizia contraria - tanto per non apparire troppo di parte. “Vedete che scriviamo contro il governo, siamo imparziali, noi”. Poi sono arrivati gli inviati ‘embedded’ - nelle ‘guerre umanitarie’ USA che hanno desertificate il Medio Oriente - a mostrare con chiarezza le “magnifiche sorti e progressive” della nostra professione. "Vuoi fare il corrispondente di guerra? Devi tessere le lodi degli eroi che si sacrificano per la democrazia o puoi sognarti di partire per il fronte". "Vuoi fare il giornalista politico? Devi tessere le lodi dei governanti che difendono la democrazia o puoi cercarti un altro lavoro". "Insisti? Allora se ti succede qualcosa te la sei cercata", come ha scritto su Facebook il sergente della polizia maltese, Ramon Mifsud, “Everyone gets what they deserve, cow dung! Feeling happy – Ognuno ottiene quello che si merita, vacca merdosa! Mi sento felice" riferendosi all’assassinio di Daphne Caruana Galizia, la giornalista maltese uccisa lunedì scorso da una autobomba.

 

Daphne Caruana Galizia indagava sui rapporti finanziari tra la famiglia del premier maltese Joseph Muscat e quella del presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev. Ci sono di mezzo interessi enormi, collegati con il TAP, il gasdotto che dovrebbe portare in Europa il gas azero. Ve li ricordate i Panama Papers? Stiamo parlando dei Panama Papers edizione maltese... Scherzava con il fuoco, insomma. “Ci sono corrotti ovunque. La situazione è disperata”, ha scritto Daphne nel suo ultimo post poco prima di saltare in aria. Quanti come Daphne in questi anni? Il pensiero va - solo per ricordarne una per tutti - alla nostra impavida Ilaria Alpi, il cui caso - per anni ampiamente insabbiato - non è stato mai chiarito ufficialmente. E come sarebbe pensabile che venga chiarito, quando chi ha ordinato la sua esecuzione è lo stesso soggetto politico che indaga? Altro che conflitto di interessi...

 

Settantaquattro giornalisti uccisi nel mondo l’anno scorso secondo il rapporto annuale di Reporters sans frontières, l’associazione che opera in difesa della libertà di stampa. Di questi quanti sono stati massacrati per il loro coraggio di non allinearsi alla logica degli ‘yesman’? Tanti, forse i migliori. Ma non crediate che questa tragedia riguardi solo il giornalismo; se è vero che la verità rende liberi, con la scomparsa di questi eroi del nostro tempo anche noi perdiamo - giorno dopo giorno - un po’ della nostra libertà.

 

Piero Cammerinesi

 

Commenti
NuovoCerca
Solo gli utenti registrati possono inviare commenti!
 
< Prec.   Pros. >