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I valori del Sud antico PDF Stampa E-mail

13 Novembre 2017

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Qualche giorno fa, sulle pagine del nostro blog, abbiamo ospitato un articolo a firma Diego Fusaro dal titolo "A me piace il Sud". Penso di aver più d' una patente per rispondere a Fusaro, uno dei rarissimi intellettuali liberi, dissidenti e non omologati: non tanto perché, seppur con percorsi e idee non sempre convergenti, stiamo dalla stessa parte della barricata, ma perché sono uno dei (pochi) settentrionali che al Sud sono emigrati negli ultimi tempi, nel mio caso per ragioni sia sentimentali che lavorative. Mi sono trasferito nella provincia salentina, in quella parte del Mezzogiorno che un grande scrittore e drammaturgo, Carmelo Bene, chiamava "il sud del Sud dei Santi". È il meridione profondo, ancora permeato dell' "elemento magico", dove antiche superstizioni pagane si sono mescolate al cristianesimo, attraverso i secoli, creando un interessante "palinsesto" culturale di riti, costumi, folklore e tradizioni che ancora permeano e scandiscono il tempo circolare -e non lineare- della quotidianità, basato su cicli ancestrali antichi e sempre nuovi, che accompagnano la vita dalla culla alla tomba. Dopo un anno di vita quotidiana non posso far altro che confermare, sillaba per sillaba, ogni parola scritta da Fusaro: pur immerso nelle inevitabili contraddizioni, il Sud, specialmente nella remota provincia, resiste e conserva e custodisce una forma mentis e uno stile di vita che è stato contaminato solo in superficie e apparentemente dal dissesto e scempio postmoderni, figli del Capitalismo Assoluto allo stadio finale e dell’omologazione.

 

È il Sud dove il tempo non è libero, ma liberato, perché scandito davvero dal ritmo circadiano e non imposto dall' orologio: specie nella stagione calda, la "Controra", le "ore del demonio", dal pranzo sino al pomeriggio inoltrato, coadiuvate dal sole feroce del "demone del mezzogiorno" di biblica memoria, rallenta ogni attività sino ad uno stadio di catalessi pomeridiana, catalessi che è ristoro, riposo, intimità domestica

 

Per farla breve, il Sud non è un fenomeno da raccontare, ma un'esperienza da vivere: è, in una parola, uno stato mentale. Ovviamente nulla va idealizzato nella vita e il Sud non fa eccezione: i problemi, le contraddizioni soprattutto, ci sono e sono forse più feroci che al Nord. È inevitabile, forse, in un luogo e in un paesaggio che come ben scrisse Tomasi di Lampedusa, ha paradiso ed inferno a portata di mano, e una forza bruta, arcana, che scaturisce nella Natura: un esempio ne sono i violenti temporali improvvisi, che scaricano acqua come rissa di dei imbestialiti per poi lasciare il passo a un'orgia ubriacante di colori. Sono anche io d' accordo, come Fusaro, che in una ottica estrema di resistenza e di rinnovamento è al Sud e non al Nord che dobbiamo guardare, ma con un distinguo: dobbiamo guardare al Sud antico e non al Sud vecchio e credo, inoltre, che a questo Sud antico dovremmo, forse, innestare qualche anticorpo del pensiero settentrionale. Il Sud antico è quello delle tradizioni, della Controra, del senso comunitario, dei valori saldi, solidi, antichi, la famiglia, il senso di appartenenza, il senso magico del sacro; il Sud vecchio è quello del fatalismo, dell'assistenzialismo, del fatto che "è sempre colpa di qualcun altro", dell'immobilismo, della mancanza di iniziativa. E nel grande gioco di un interesse nazionale che, in epoca di tremenda globalizzazione, ha ancora un interesse di scudo difensivo, dovremmo trapiantare in questi valori antichi alcuni punti di forza del Nord, come la precisione, l'elasticità, il senso di fare sana impresa, un maggior civismo. Un flusso di scambio continuo che farebbe un gran bene ad entrambe le parti della Penisola. Nord e Sud sono diversi eppur complementari. A scavare il vortice non fu differenza di mentalità, ma una "globalizzazione" ante-litteram che impose il modello piemontese, irrealizzabile al di là del Tronto, alle contrade meridionali. Assistenzialismo e clientelismo e colonialismo economico fecero e hanno fatto il restante.

 

Guardiamo dunque a Sud, conservando però quel che di buono abbiamo al Nord, per fare uno scambio (e non una fusione od un amalgama, ma proprio uno scambio reciproco nel rispetto delle differenze) utile ad entrambi: sì, guardiamo al Sud, che forse non tutto, in Italia, ancora è perduto.

 

Simone Torresani

 

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