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Batteri resistenti PDF Stampa E-mail

6 Maggio 2018

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Da Comedonchisciotte del 4-5-2018 (N.d.d.)

 

Un accordo commerciale Stati Uniti-Regno Unito minaccia di esportare gli orrori con cui si alleva il bestiame nell’industria alimentare USA. Sembra una vera apocalisse di zombi. Quei batteri che pensavamo di aver ormai sconfitto si sono messi di nuovo in marcia e stanno girando intorno ai vari tentativi di sconfiggerli. Dopo aver sfondato le mura esterne della città, sono arrivati sotto le nostre ultime linee di difesa. La resistenza agli antibiotici è tra le maggiori minacce per la salute umana. Le infezioni che una volta erano facili da controllare ora minacciano la nostra vita e i medici avvertono che alcune operazioni di routine, come cesarei, protesi dell’anca e chemioterapia, un giorno potrebbero diventare impossibili, per l’alto rischio di esporre i pazienti a infezioni mortali. Già nella sola Unione Europea 25.000 persone l’anno vengono uccise dalla resistenza dei batteri agli antibiotici. Eppure le nostre ultime difese – i rari farmaci a cui i batteri non sono ancora diventati immuni – vengono sprecate selvaggiamente. Mentre la maggior parte dei medici cerca di usarli in modo attento e parsimonioso, certi allevatori di bestiame li spruzzano letteralmente nell’aria. Li aggiungono al mangime e all’acqua che serve ad alimentare interi branchi di bovini, di maiali o di polli: non per curare la malattia, ma per prevenirla. Ma non è tutto qui. Negli anni ’50, gli agricoltori hanno scoperto che delle piccole quantità di antibiotico aggiunto al mangime fanno crescere più velocemente gli animali. L’uso di antibiotici come fattore di crescita – di solito a piccole dosi applicate – è una formula perfetta per generare la resistenza ai batteri. Eppure molti paesi continuano a tollerare questa pratica scellerata. La Food and Drug Administration degli Stati Uniti ha chiesto alle aziende farmaceutiche di astenersi – volontariamente – dallo scrivere sulle etichette degli antibiotici “attivatore della crescita”. Ma contemporaneamente fa un cenno con il capo e strizza l’occhio, consigliando di cambiare il nome del prodotto e venderlo con “nuove indicazioni terapeutiche”. Circa il 75% degli antibiotici utilizzati negli Stati Uniti servono per alimentare gli animali da fattoria. La città è sotto assedio e noi stiamo abbattendo le nostre stesse difese.

 

L’UE e il Regno Unito non sono la stessa cosa. The Guardian   ha rivelato che maiale e pollo in vendita nel UK contengono superbugs resistenti ai batteri. Scandalosamente, nel Regno Unito è ancora legale riempire i polli di fluorochinoloni, potenti antibiotici che salvano molte vite umane: una pratica vietata anche negli Stati Uniti. Ma per altri aspetti gli Stati Uniti, la cui produzione di bestiame industriale somiglia più a The Island of Doctor Moreau di HG Wells di qualsiasi altra cosa possiamo chiamare allevamento, ci fa sembrare i nostri metodi virtuosi. La settimana scorsa, la Alliance to Save Our Antibiotics ha rivelato che negli Stati Uniti si usano, in media, circa cinque volte più antibiotici per animali che non nel Regno Unito. Perché? Perché il modello da seguire nell’allevamento è: stack ‘em high, sell ‘em low – ammucchiali e vendili a poco, per cui un numero assurdo di animali viene allevato in condizioni spaventose in mega-farm, che non ce la farebbero ad allevarne tanti, senza l’uso di farmaci di massa. Gli animali sono svezzati da giovanissimi e sono tanto debilitati e accalcati tra di loro che occorrono metodi estremi per mantenerli in vita e per farli crescere. E l’impatto di questi metodi non resta confinato negli Stati Uniti: quando l’America starnuta, tutto il mondo si prende la sua Salmonella resistente agli antibiotici. C’è un urgente bisogno di un divieto globale sull’uso di antibiotici come trattamento di massa del bestiame e, in ultima istanza, sull’uso di qualsiasi antibiotico nell’allevamento e in agricoltura. Per quanto sia difficile per l’economia delle mega-farm, la vita umana è più importante della produzione. Ma sta accadendo tutto il contrario. Il governo USA spera di usare i suoi trattati commerciali per abbattere la resistenza delle altre nazioni al suo modo di allevare gli animali e di fare agricoltura. E il Regno Unito è in cima alla lista.

 

L’UE vieta l’importazione di carne prodotta con i modi disgustosi usati negli USA, come iniezioni di ormoni per accelerare la crescita, l’alimentazione dei maiali con ractopamina (un farmaco che fa aumentare di peso ma che può causare fratture alle ossa e problemi alle funzioni motorie) e il lavaggio delle carcasse di pollo con cloro. Questo significa che la carne a più basso prezzo e più cattiva e la sua produzione dipende in gran parte da un uso massiccio di antibiotici, grazie alla protezione di cui godono gli allevatori. In Europa questa carne non entra, perché una libera concorrenza con il modello USA metterebbe gli allevatori europei di fronte alla scelta tra adeguarsi agli stessi eccessi USA (compreso l’uso dissennato di antibiotici) o di non farcela a restare sul mercato. C’è qualcuno che si fida e crede che il governo del Regno Unito voglia mantenere gli standard che doveva rispettare quando era nella UE? Io non mi fido. Il governo degli Stati Uniti sembra vedere nel Regno Unito una testa di ponte per l’Europa. A novembre, il segretario al commercio di Trump, Wilbur Ross ha annunciato che la fine delle norme alimentari previste dalla UE – che attualmente valgono anche in Gran Bretagna –  sarà il “fattore essenziale per qualsiasi discussione commerciale”. A gennaio il negoziatore per il commercio agricolo USA, Ted McKinney, ha dichiarato alla Oxford Farming Conference di “averne abbastanza” delle lamentele degli inglesi sugli standard delle aziende agricole americane. Ma questo non dovrebbe sorprendere: fino al 2014 McKinney è stato a capo della Elanco Animal Health, una società che si occupa di affari societari globali e medicinali per il bestiame. In questo ruolo, ha svolto attività di lobbing per far abbassare gli standard globali sulla ractopamina, una droga usata per i suini e prodotta dalla sua azienda. E allora chi riuscirà a resistere? Il nostro Segretario al commercio, Liam Fox, è stato licenziato dal suo precedente incarico per aver mischiato interessi di imprese private con il business dello stato in misura tale che nemmeno David Cameron ha potuto tollerare. Si era vantato del fatto che noi “abbiamo una regolamentazione tollerante e tasse basse per l’ambiente, cose che probabilmente saranno ancora migliori, gestite fuori dall’UE”. Il suo ministero ha insistito sul fatto che qualsiasi accordo commerciale con gli Stati Uniti sia condotto in segreto, senza nessun controllo pubblico, né una approvazione del parlamento. Nel negoziare con gli Stati Uniti, il nostro governo, che è alla disperata ricerca di un accordo, non ha nessuna leva finanziaria e nessuna esperienza. All’inizio delle discussioni commerciali dello scorso anno, il Regno Unito non è stato in grado di mettere in campo nemmeno un negoziatore di chiara esperienza commerciale, mentre gli Stati Uniti ne avevano mandati 20.  In UK una rete di think-tank conservatori fa lobby per una deregolamentazione radicale del farming. Il nostro sistema politico, come quello degli Stati Uniti, è dominato da grossi affari e grossi capitali. Dal punto di vista dei milionari che hanno finanziato la Leave campaign, lo scopo della Brexit era permettere alle imprese di sfuggire alle restrizioni a protezione della popolazione previste dalla UE. Quindi, che speranza abbiamo per poterci difenderci dalle pratiche USA in agricoltura e nell’allevamento e dai tanti impatti sulla salute dell’uomo che ne conseguono, inclusa la rinascita come zombie dei batteri sconfitti? Bene, come sempre, non abbiamo nessuna speranza. Per mezzo di una massiccia resistenza, guidata da attivisti britannici, la popolazione dell’Europa è riuscita a sconfiggere il dannoso Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), malgrado tutto l’impegno che ci avevano messo gli Stati Uniti, la Commissione europea e il governo del Regno Unito, per promuoverlo. Dobbiamo resistere all’agenda commerciale del governo con quella stessa determinazione. Quando il popolo ha votato per la Brexit, la sua spinta per riprendere il controllo della propria vita era genuina e profondamente sentita. Quindi non buttiamo tutta la colpa sugli Stati Uniti o sulle multinazionali britanniche e sui loro tirapiedi al governo. Sia che siamo stati a favore o contro la Brexit, dovremmo tutti pretendere che i negoziati commerciali siano fatti in modo responsabile nei confronti delle persone e del parlamento, e non tessuti di nascosto da raccapriccianti lobbisti. La nostra vita potrebbe anche dipendere da questo.

 

George Monbiot (traduzione di Bosque Primario)

 

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