Avviso Registrazioni

Scusandoci per l'inconveniente, informiamo i nuovi utenti i quali desiderino commentare gli articoli che la registrazione deve essere fatta tramite Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo

Login Form






Password dimenticata?
Nessun account? Registrati

Cerca


 
  SiteGround web hostingCredits
Esercito di popolo PDF Stampa E-mail

17 Agosto 2018

Image

 

Da Comedonchisciotte del 15-8-2018 (N.d.d.)

 

La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici. L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica. (Costituzione, art.52)

 

A dispetto che me ne verranno alcune ragionate obiezioni e un mucchio di biecamente strumentali anatemi (reazionario, nazionalista, sovranista, populista, rossobruno e via nella scia del sinistro sinistrismo), sento l’urgenza di inserirmi con due parole nella diatriba scatenata da Salvini con la proposta di tornare al servizio di leva obbligatorio, militare o civile. Per otto mesi. Io ne feci 18 e se parto da me non è per il narcisismo di coloro che trattano il mondo come se fosse una giostra di calcio in culo dove tutto è mosso dal perno centrale e gli ruota intorno e quel perno sarebbero loro. […]…

 

Quello che ho, abbiamo, hanno vissuto nei 18, poi 12, mesi di leva militare, mi fanno dire che Salvini, per una volta, ha ragione. E un forte sostegno alla sua ragione gli danno coloro che il servizio di leva lo abolirono: D’Alema, caporale Nato in Jugoslavia, nel 1999 ne ventilò la fine, Berlusconi nel 2004 la sancì. Bei tipetti, ottimamente motivati. Dalla Nato. Che tutto propone, pone e dispone nel nostro paese. Un processo avviato e poi imposto a tutti i paesi del giro che aveva iniziato a muoversi verso la fine della sovranità popolare, della democrazia, della pace. Quelli di Stay Behind, Gladio, che avevano mosso le pedine De Lorenzo, Borghese, Gelli e stragisti vari, per un “regime change” in salsa yankee, che allontanasse il PCI dal potere, si erano resi conto che con quattro guardie forestali, un manipolo di ufficiali di medio rango, qualche poliziotto e qualche Delle Chiaie, si andava per fichi. Che ci sarebbe voluto l’esercito, l’aeronautica, la marina, o almeno grossi pezzi di questi. Ma con un esercito di leva, cioè di cittadini di tutti i colori, perlopiù portati alla pace e alla vita senza avventurismi di sapore fascista, ovviamente niente da fare. E neanche per mandare Giulio il bracciante, Oreste lo studente di architettura, Mario l’operaio Fiat, Riccardo l’infermiere, Palmiro il giornalista di Paese Sera a sparare e farsi sparare in Russia, Serbia, Iraq, Sud Tirolo. Ci sarebbero voluti i volontari, i professionisti, i mercenari. Quale mamma avrebbe potuto presentarsi all’ufficio di leva per strappare il figlio, autodeterminato a fare la guerra, dalle grinfie del maresciallo reclutatore? Questa è la considerazione basilare per porre fine al turpe allevamento di carne da cannone e di combattenti, in casa e fuori, per il Nuovo Ordine Mondiale dell’élite dollarocratica, a difesa dei confini della patria tra Herat, Mogadiscio, Baghdad, Tripoli e dove cazzo la famiglia Rothschild e i suoi salottini Trilateral, Bilderberg decidono di avanzare verso quel nuovo ordine. Poi ce ne sono altre che con le guerre e armi c’entrano poco o punto. Pensate a otto mesi in cui ragazzi tra i 18 e i 25 anni possono tirare fuori lo smartphone solo la sera, in libera uscita. A questi giovanotti coccolati e rimpinzati dalla famiglia fino a 40 anni (mica per colpa loro, s’intende) senza mai dover subire l’affronto di un monte fisico o psicologico da superare, una difficoltà da contenere o raggirare, un sopruso da subire senza farsene abbattere. Senza mai aver dovuto affrontare un forte disagio ambientale, umano, morale, costretti a convivere anche all’ingiustizia senza poterla scaricare su altri, ma dovendola condividere.

 

Ecco condividere. Fare comunità. Da iperindividualisti che si era e come vorrebbero che fossi: mors tua vita mea, competere non cooperare. Ritrovarsi in un destino comune, anche se solo temporaneo. Con gente che altrimenti avresti incontrato mai, con la quale mai avresti pensato di dover, poter, condividere alcunché. Il siciliano e quello della Valsugana, l’umbro e il leccese, quello che rientra dal laboratorio genetico di Londra e quello del Rione Sanità. Il musicista e l’impiegato di banca, lo studente e il figlio del contadino lucano, lo stronzo e il simpatico. E dove tutto quello che hai alle spalle non conta nulla, e tocca remare: siete nella stessa barca, branda, taverna, camera di punizione, guardia alla polveriera, mangiate lo stesso rancio, condividete frustrazioni, attese e resistenze. L’uguaglianza sociale sta lì e si rivela ottima cosa. Stai lì per la collettività. Dice che oggi l’esercizio delle armi è a livelli tecnologici tali che in otto o 10 mesi non si combina nulla. A parte il fatto che non è vero e che le tecnologie militari e militariste sarebbe bene riconvertirle, anziché misurare l’angolo di impatto del missile sulla base del frattale che si aggira tra il tuo schermo e il satellite, o piuttosto che bardarti di macchinari con cui colpire quella che sembra una famiglia al matrimonio, ma è un’accolita di terroristi, sarebbe bene imparare come intervenire su un argine rotto dall’esondazione. Su un terremoto. Un esercito di popolo non sarebbe neanche quello che abbiamo conosciuto nei decenni del dopoguerra, sempre intriso di quell’impostazione gerarchica senza basi valoriali civiche e consenso legittimante. Noi di Lotta Continua, con l’organizzazione “Proletari in divisa”, ci impegnammo a fondo negli anni ’70 per strappare alla politica e all’apparato militare sclerotizzato su concetti addirittura pre-napoleonici, il diritto a spazi democratici e di autodeterminazione dei soldati. L’idea, da riproporre oggi per un’eventuale nuova leva, militare o civile, è quella dell’intima connessione tra forze armate e società civile, territorio, istanze e bisogni popolari. Un esercito scuola di costruzione della democrazia a partire dai suoi cittadini organizzati in servizio di leva, dalla compartecipazione di militari, comandi e politica nelle decisioni riguardanti attività di difesa e di intervento nelle problematiche nazionali, nell’assoluto rispetto dell’art.11 della Costituzione. Per cui missioni all’estero, che non siano per aiutare a estrarre persone da sotto le macerie del terremoto in Iran o nelle Filippine, neanche a sognarle. Io che, per i casi della vita, avevo colorature e marcature tedesche profonde, da militare ho scoperto gli italiani e mi sono scoperto uno di loro. A livello personale avevo fatto come Garibaldi, l’unità d’Italia. E non salti ora fuori il solito rampognoso a parlarmi delle nequizie dei garibaldini, del Mazzini e del Garibaldi massoni (altra massoneria quella), magari pagati dagli inglesi (e bene fecero), dei Savoia chiaviche colonialiste, dei briganti del Sud e degli ottimi Borbone. Tutto giusto, ma l’unità d’Italia andava fatta, storicamente, moralmente, politicamente, economicamente, culturalmente. Lo chiedeva la sua lingua. L’avevano chiesto Dante e Leopardi. L’hanno chiesta quelli delle repubbliche insorte da Roma a Napoli a Milano, a Venezia. E chiedono di conservarla, mantenerla, coltivarne le radici, senza le quali non si hanno fioriture e passa il glifosato mondialista. Quello che non fa prigionieri. Un tempo la battaglia per l’esercito di popolo e contro il mercenariato dei professionisti la combattevano quelli che la pensavano come il mio compagno carrista Marcello. Quelli che sono contro l’esercito di popolo sono anche quelli che inneggiano alla cessione della sovranità di popolo a Juncker e a Draghi. Diceva Calamandrei, oggi ricordato dal “Fatto Quotidiano”: “L’esercito di popolo, questo è Garibaldi”. La cui rivoluzione non poteva essere un pranzo di gala. Poteva essere fatta meglio. Come ogni cosa. Ma guai se non ci fosse stata.

 

Fulvio Grimaldi

 

Commenti
NuovoCerca
Solo gli utenti registrati possono inviare commenti!
 
< Prec.   Pros. >