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Pubblicità e giochi d'azzardo PDF Stampa E-mail

29 Agosto 2018

 

Il decreto “dignità” vieta la pubblicità in materia di giochi e scommesse; è proibita qualsiasi forma di pubblicità, in qualsiasi modo effettuata e su qualunque mezzo di trasmissione. Si tratta di un divieto molto esteso, generalizzato e, quindi, può dirsi che il decreto “dignità” qualifica come illecita tout court la pubblicità in questa materia.  Il nostro ordinamento prevedeva già dei divieti di pubblicità in materia (legge Balduzzi e legge stabilità 2016) ma si limitava a vietare messaggi pubblicitari di giochi e scommesse non contenenti l’esatta indicazione delle probabilità di vincita o del pericolo di dipendenza o la pubblicità in determinate fasce orarie sulle reti ‘generaliste’. Erano quindi vietate solo particolari ‘modalità’ di pubblicità di giochi e scommesse; rispettando quelle modalità, la pubblicità di giochi e scommesse era generalmente lecita. Seppur espressa in modo poco chiaro e forse poco consapevole (irrazionalmente, la nuova legge fa salvi i divieti pre-esistenti) questa mi pare essere la novità principale in questo ambito. Divieti in materia di pubblicità di giochi e scommesse, infatti, esistevano anche prima (anche se le eccezioni erano tali da rendere i divieti poco efficaci; ad esempio i divieti non valevano per le pay tv, dove vengono trasmesse gran parte degli eventi sportivi visti dalla popolazione più propensa al gioco e alle scommesse) ma sembra cominciare a cambiare l’approccio di fondo. Può sembrare poco ma non lo è.

 

Secondo l’Unione Europea (raccomandazione UE n. 474/2018) la pubblicità in materia di giochi e scommesse è fondamentale per far avere al consumatore le corrette informazioni sul prodotto acquistato, per orientarlo al consumo responsabile, per orientarlo al gioco legale. La pubblicità in materia di giochi e scommesse, insomma, è addirittura incoraggiata dalla normativa europea, mentre il decreto dignità la vieta in via generale. Ci sarà tempo per valutare l’efficacia di questo provvedimento ma non può farsi a meno di registrare un diverso e, soprattutto, AUTONOMO, approccio della disciplina italiana rispetto a quello europeo. Qui interessa segnalare l’emergere di una scelta ‘politica’, più o meno consapevole ma comunque autonoma, del Governo Italiano che si discosta dagli indirizzi espressi dall’Unione Europea. Scelta che il Governo ha adottato, recependo una preoccupazione crescente e diffusa nel popolo italiano che va in direzione diversa da quella indicata dagli organi europei. Questo è un fatto. Un piccolo fatto, ma molto importante rispetto al nulla a cui eravamo assuefatti.

 

Quanto sopra detto è confermato dal fatto che prima ancora che il decreto dignità fosse convertito in legge, le lobby del potentissimo settore del gioco d’azzardo erano già corse dal loro tutore, la Commissione Europea, depositando un reclamo per violazione del diritto alla libera prestazione dei servizi e la violazione dell’obbligo di stand still (la legislazione comunitaria prevede che prima di adottare una ‘norma tecnica’ che possa avere l’effetto di ostacolare la libera prestazione dei servizi nel mercato europeo, lo Stato che vuole adottarla debba notificare alla Commissione il progetto, affinché gli altri Stati possano esprimersi, astenendosi dall’adottare la regola tecnica per novanta giorni, v. art. 5 della Direttiva dell’Unione Europea 2015/1535). La cosa si risolverà probabilmente con una ‘messa in mora’ e forse con delle impugnative alla Corte di Giustizia con esisti che non è difficile immaginare. È bastato un piccolissimo passo fatto con le ‘proprie gambe’ per far suonare l’allarme. A Bruxelles sembra non piacere che un popolo possa decidere autonomamente.

 

Stefano Rosati

 

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