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L'Unione disunita PDF Stampa E-mail

25 Novembre 2018

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Da Appelloalpopolo del 12-11-2018 (N.d.d.)

 

Attualmente c’è uno scontro tra Roma e Bruxelles, che non sappiamo fino che punto possa spingersi. Quali e quante opzioni ha l’Italia per resistere alle intimidazioni della cupola eurocratica, almeno fino alle elezioni europee? Un eventuale successo dei “populisti” metterebbe a rischio la sopravvivenza dell’Unione? Gli eurocrati lo temono, ma nessuna previsione è oggi affidabile. L’UE, come ammucchiata di Stati nazionali in selvaggia competizione liberista tra di loro, è una nullità geopolitica e militare, imperniata e sbilanciata sull’area baltica, che è egemone su quella mediterranea, mentre è questa che va acquistando progressivamente maggiore importanza geopolitica e strategica. Dentro quest’area, l’Unione europea ha vergognosamente fallito il controllo dell’immigrazione clandestina, se non addirittura agevolatone il flusso, e in definitiva ha confermato la volontà di convogliare e confinare solo in Italia, paese di primo ingresso, le masse immigratorie. In pratica, gli oligarchi, totalmente privi di strategia, hanno concesso carta bianca alla Francia, da tempo non più grande potenza, ma la cui politica ambiziosa e velleitaria, oltre a danneggiare pesantemente l’Italia, è del tutto inidonea a risolvere i problemi dell’Africa, ma sufficiente per renderne più difficili i rapporti con l’Europa. La Francia, rimasta ostinatamente coloniale e nazionalista, ha condotto una guerra di aggressione contro la Libia, su mandato americano, con la quale ha contribuito a destabilizzare il Mediterraneo, in continuità con una politica che la vede sfruttare sistematicamente – e a volte occupare militarmente – i paesi africani che riesce a tener sottomessi con il franco, moneta di sua esclusiva emissione. I suoi interessi contrastano obiettivamente non solo con quelli dei paesi africani, ma anche con quelli delle comunità sud-europee, fra i quali l’Italia, cordialmente disprezzata dalla “cugina”. Non è un conflitto ideologico ma di interessi economici, superabile soltanto quando la Francia riuscirà ad arraffare gran parte delle aziende e infrastrutture degli Italiani. E mentre un vantaggioso bottino di cespiti potrebbe sperabilmente placare l’ostilità francese, altre cessioni vengono pretese dalla Germania. La prima della classe, infatti, insiste affinché il governo italiano riduca il debito pubblico, rastrellando il risparmio degli italiani da “girare” ai suoi banchieri (quelli coinvolti nel crack finanziario dei derivati americani?), secondo modalità non dissimili da quelle adottate nel “salvataggio” della Grecia nel 2011. Il piano della cosiddetta integrazione europea non è altro che l’applicazione di vincoli concepiti proprio per racimolare e trasferire risorse finanziarie, aziendali e professionali dai paesi periferici al centro carolingio, e per mantenere l’Italia e gli altri paesi “poco efficienti” in uno stato di crisi e declino permanenti.

 

Il popolo italiano, turlupinato da un pluridecennale indottrinamento massmediatico, l’ha bevuta; ha davvero creduto che l’integrazione europea fosse ispirata da uno spirito di solidarietà, sviluppo, progresso, benessere e sicurezza. Ma, il progetto di base era il porre fine alla storica rivalità tra Francia e Germania, da realizzare con un patto sacrificale di sottomissione e depauperamento progressivo delle altre zone. L’evidenza dei fatti mostra che i parametri finanziari dell’Unione non sono altro che strumenti di dominio economico e politico a vantaggio dell’asse franco tedesco, che, dopo aver affossato la Grecia, spinge l’Italia nel precipizio di un inarrestabile decadimento economico, civile, tecnologico, culturale, giuridico e politico. Se questa è la ragion d’essere dell’Unione e della moneta unica, è illusorio volerle emendare, perché non hanno difetti; sono perfette per il compito che devono assolvere e per gli scopi che devono perseguire. L’Italia è esposta al sacco lanzichenecco perché è l’unico grande paese europeo che, per densità demografica e apparato produttivo, è in grado di tener testa alla diarchia egemone e di provocare in Europa un effetto contagioso di risposta civile politica e culturale, tale da aprire la crepa fatale nell’ordinamento dell’eurosistema. Questa è in sostanza la sventurata vicenda italiana nell’Unione europea a direzione franco-tedesca. Ovviamente, la Commissione/Cupola di Bruxelles, per attuare i programmati trasferimenti di ricchezza, necessita della collaborazione di garanti interni, specie se gli squilibri provocati generano instabilità socialmente laceranti. Il piano di prosciugamento delle risorse richiede la mobilitazione dei vertici istituzionali, degli apparati giudiziari, amministrativi e massmediatici del paese vittima da razziare. E, se un governo tenta, timidamente, di fare investimenti a deficit, pur molto contenuti, per lo sviluppo nazionale, l’oligarchia eurocratica lo attacca dall’esterno e lo delegittima dall’interno tramite i quisling di turno, che si agitano per opporsi a partiti governativi, sedicenti e ritenuti sovranisti, pur declamando questi un sovranismo di facciata diluito in un liberismo di sostanza.

 

Nel racconto della politica comunitaria i politici, i comunicatori, gli opinionisti, i suggeritori, si comportano non diversamente da come narrano la politica estera in generale, cioè sfruttando con l’inganno sistematico la cognizione abituale diffusa fra la gente comune, che immagina i rapporti tra gli Stati simili a quelli tra le persone, guidati dai sentimenti, dalla morale, da affinità o distanze, da attenzioni o distacchi. Nella realtà è la pura forza e l’esclusivo interesse a guidare e regolare duramente i rapporti internazionali, dove tutto ha un prezzo. In politica estera, considerata la particolare e quasi unica posizione geografica sulla faglia di confine tra oriente e occidente e al centro di un mare punto d’affaccio di tre continenti, per l’Italia e il suo popolo il percorso è in salita ed è più accidentato che per altri. E tuttavia, le scelte sono ineludibili. L’indipendenza, l’autonomia monetaria, il rilancio dell’economia, il sostegno alla natalità, la ricostruzione dello stato sociale, un apparato militare di difesa e di sicurezza al servizio esclusivo della nazione, un ritrovato prestigio culturale e morale sulla scena internazionale, si compendiano in un solo termine: sovranità.

 

Luciano Del Vecchio

 

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