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Chiamiamoli mercenari PDF Stampa E-mail

19 Giugno 2020

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Da Appelloalpopolo del 17-6-2020 (N.d.d.)

 

Negli ultimi trenta anni abbiamo assistito, a livello mondiale, a una crescita significativa dell’utilizzo di forze armate private in scenari di guerra. Si tratta di quelli che i media oggigiorno indicano come “contractors”, inquadrati in compagnie private dette PMSC (Private Military & Security Companies). Sta per entrare nel dibattito pubblico e politico l’opzione di dotare anche il nostro paese di compagnie del genere. Innanzitutto si noti l’utilizzo insistente e sgradevole di termini inglesi per parlare dell’argomento, tanto più di cattivo gusto quanto più nella lingua italiana esiste eccome, e da molti secoli, una specifica parola per indicare i soldati che vanno in guerra a pagamento e per puro guadagno economico: si chiamano “mercenari“. L’uso di anglicismi è, come al solito, finalizzato a edulcorare il contenuto – in sé non esattamente nobile – di questa professione. Che il mercenariato vada di moda è fuor di dubbio: nelle recentissime guerre di Iraq e Afghanistan le compagnie militari private risultavano essere la seconda forza armata più consistente in termini numerici sul territorio. Ma è davvero conveniente per l’Italia armare, finanziare profumatamente ed utilizzare squadre di moderni lanzichenecchi a scopo militare?

 

Prima di tutto osserviamo cosa dice la nostra Costituzione repubblicana in materia: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici. L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica” (art. 52).  Anche un bambino dalla lettura di queste poche e chiarissime righe capirebbe che si chiede al cittadino, non a bande prezzolate, di difendere il proprio territorio, i propri concittadini, la propria Costituzione e la propria democrazia. Sull’impiego di privati, o di privatizzazione del settore della difesa, non si fa neanche cenno. Ma qui siamo di fronte all’ennesima privatizzazione: dopo la sanità, i trasporti, l’acqua, adesso tocca alle Forze Armate. Eppure la legislazione attualmente in vigore non è tenera sull’argomento. La legge n. 210 del 12 maggio 1995 mette fuorilegge sia chi arruola effettivi sia chi compie atti ostili contro paesi stranieri, perché evidentemente espone l’Italia a rischi di rappresaglie.

 

La verità è che le compagnie mercenarie sono congeniali per quei paesi che hanno interesse a proiettare il proprio potenziale militare in territori lontani, possibilmente scrollandosi di dosso la responsabilità di quello che stanno facendo, abusi e violazioni del diritto internazionale inclusi; per questo vengono comode o alle superpotenze o a quei paesi che hanno tanti soldi da spendere, pochi giovani da impiegare sul campo e molta voglia di interferire nelle faccende interne di altre nazioni, in primis le monarchie della Penisola Araba. Ma tutto questo non corrisponde affatto al nostro interesse, e chi lo propone, in realtà, ha già in mente di usare i futuri mercenari italiani per affiancare le ambizioni geopolitiche di superpotenze estere, mettendo le spese salate sul conto economico dei nostri concittadini. Ci sarebbe anche da accennare al fatto che l’Italia è erede di una civiltà antica come quella Romana che crollò proprio a causa di una ribellione di milizie mercenarie le quali, in un momento di difficoltà economiche, presero il potere con un colpo di stato. Ma richiedere una così raffinata cultura, che si riscontra anche sui libri delle scuole elementari, forse è troppo per chi nasconde le proprie intenzioni privatiste dietro tante belle parole altisonanti in inglese.

 

Marco Trombino

 

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