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Educazione alla miseria PDF Stampa E-mail

6 Settembre 2020

 Da Appelloalpopolo del 4-9-2020 (N.d.d.)

Nelle Marche è stato realizzato un progetto estivo per ragazzi finanziato in parte dalla regione. Hanno reclutato volontari dai 16 ai 21 anni per impegnarli in attività di tutela del bene comune e della valorizzazione del territorio, nello specifico: manutenzione, pulizia, decoro urbano. Gli scopi dichiarati sono educativi: coinvolgendo ragazzi in progetti estivi di cittadinanza attiva li si educa alla responsabilità nei confronti del territorio e, cito testualmente, al “valore della fatica profusa e il suo riconoscimento”.

L’impegno di questi ragazzi e dei loro tutor consiste in attività a tempo determinato (circa due settimane) con orario di lavoro 8.30 – 12.30 dal lunedì al venerdì. La paga è settimanale e consiste in un bonus fatica di 50 euro a ragazzo/a con vincolo di spesa. So che questa notizia uscita in prima pagina nel “Corriere Adriatico” ai primi di agosto non ha suscitato alcuno scandalo e probabilmente raccoglie pareri favorevoli dalla maggioranza dei cittadini. Il problema sostanzialmente è tutto qui.

Il volontariato è espressione di solidarietà ed è sempre accompagnato da applausi scroscianti; condannarlo potrebbe sembrarvi da persona cinica, ma ritengo che si debba concettualmente dividere ciò che è solidarietà da ciò che è sfruttamento. I volontari, mossi certamente da buoni sentimenti, vengono utilizzati per sopperire a mancanze istituzionali sempre maggiori. Quel che è peggio, si coinvolgono dei ragazzi per educarli al “valore della fatica profusa e il suo riconoscimento” pagando un lavoro di 4 ore giornaliere per 5 giorni a settimana con 50 euro; praticamente li si educa allo sfruttamento lavorativo, quello che, d’altra parte, li attende una volta entrati nel mondo del lavoro. Poi c’è poco da meravigliarsi se un ragazzo accetta che il datore di lavoro possa anche solo chiedere di pagarlo poco o niente perché gli sta insegnando un mestiere o perché gli sta dando una preziosa opportunità; stiamo abituando intere generazioni a sentirsi fortunate nel prendere stipendi da fame e che non hanno più idea di cosa sia il valore della loro forza lavoro e del tempo in essa impiegato.

Susanna Uriani

 

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