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Tibet libero/1 PDF Stampa E-mail

16 marzo 2008

Fino al 1950 il Tibet era una teocrazia feudale. Da secoli se ne stava orgogliosamente e gelosamente isolato nelle sue frontiere. Era economicamente e tecnologicamente un paese "arretrato" e "primitivo". Praticava una strana "religione", basata sulla rinuncia delle ricchezze, finalizzata alla scoperta dell’illusorietà del mondo. Vale a dire che, nella sua totalità, esso rappresentava un autentico insulto alla Modernità, che in quegli anni stava colonizzando il pianeta.
Sopravvissuto indenne ai primi attacchi che veniva da quest'ultima (la spedizione militare inglese del 1904, che aveva lo scopo di "aprirlo" all’Occidente), il Tibet soccombette alla sua versione marxista quando, nel 1950, Mao Tse-Tung lo occupò, annettendolo alla Cina, per portare anche tra quelle montagne sperdute il sol dell’avvenire (del resto, non ha forse detto Robespierre che "bisogna rendere felici gli uomini anche contro la loro volontà"?).
Nei primi tempi, tuttavia, nemmeno la Cina comunista ebbe il coraggio di violare fino in fondo l’integrità culturale tibetana. Vi furono, è vero, la rivolta del ’59 e la relativa fuga del Dalai Lama in India, conseguenze della riforma agraria che per la prima volta scosse concretamente le basi socioeconomiche del Tibet. Ma fondamentalmente, in tutti questi anni, hanno continuato a valere per il Tibet gli accordi del 1951, secondo i quali la Cina ne assumeva la difesa e il diritto di rappresentanza con l’estero, lasciandolo autonomo per gli affari interni.
Le cose però sono cambiate, ed oggi in Cina impera qualcosa di forse peggiore del comunismo, il nazi-liberismo (perché nemmeno il più folle dei marxisti può ancora considerare comunista l’organizzazione sociale ed economica cinese, nonostante gli assurdi travestimenti dei suoi governanti). Così, se il comunismo maoista poteva permettersi di ignorare quei quattro lama e i loro sudditi ignoranti, la Cina di Hu Jintao ha deciso che anche loro devono servire a rendere grande il paese.
Una sinizzazione razzista è stata uno dei primi strumenti di dominio, attuata con l'importazione forzata di migliaia di cinesi di etnia Han (come si è fatto con gli albanesi in Kosovo, per poi poter dire che i Serbi sono minoranza), che hanno colonizzato l’economia, dominando la quasi totalità delle attività economiche e commerciali, e che anche somaticamente e fisicamente si pongono come termine di paragone e di diversità nei confronti degli autoctoni.
Ad essa si è accompagnato l’etnocidio, strumento tipico di ogni imperialismo: distruzione di monasteri e di edifici storici, roghi di biblioteche, persecuzione di monaci, controlli e indottrinamenti politici sul culto e sulle gerarchie religiose. In pochi anni, Lhasa ha cambiato volto, divenendo sempre più simile a quell’osceno centro commerciale globale in cui tutta la Cina si sta trasformando.
Lo si sapeva, in Occidente: poco e male ma lo si sapeva, anche perché quel "rompicoglioni" del Dalai Lama non la smetteva mai, con la sua mitezza ed il suo sorriso, di ricordare al mondo le sofferenze del suo popolo. Era perfino arrivato a cedere sull’indipendenza del regno, accontentandosi di chiedere quella ragionevole autonomia che perfino il regime maoista gli aveva concesso.
Lo si sapeva, certo, ma a chi frega qualcosa di quattro buddhisti sui monti? C’erano da fare affari, con la Cina moderna: vendere Ferrari, aprire boutiques di Armani, importare schiavi e merce taroccata.
Così, un po’ alla volta, anche il Dalai Lama è diventato realmente un rompicoglioni, e ultimamente si è visto sbattere in faccia parecchie porte, compresa quella del Papa, che sta manovrando per ufficializzare la situazione della Chiesa in Cina, e dunque non ha tempo da perdere con le fantasie di un vecchio monaco straccione.
Poi sono arrivate le Olimpiadi di Pechino, questo blasfemo baraccone mediatico ed economico avente lo scopo di promuovere finalmente la Cina tra i "grandi" paesi del mondo. E il popolo tibetano, oppresso, violato, vilipeso, vi ha visto la sua ultima occasione. Scatenare ora la rivolta, contando sul duplice fatto che da un lato tutti gli occhi del mondo saranno, per i prossimi sei mesi, puntati sulla Cina, e dall’altro che, proprio per questo, per il governo cinese sarà difficile, o per lo meno imbarazzante, reagire con la consueta ferocia (come fece, nel 1989, proprio Hu Jintao, allora plenipotenziario del partito Comunista Cinese in Tibet, scatenando una sanguinosa repressione che precedette di soli tre mesi quella nella stessa Pechino, a Piazza Tien An Men). Ora o mai più, si sono detti.
Come sta reagendo l’Occidente "democratico"? Quello che ha massacrato l’Iraq per uccidere un dittatore che non aveva legami col terrorismo e non possedeva armi di distruzione di massa? Quello che ha massacrato la Serbia uccidendone in carcere il dittatore (democraticamente eletto) e ora accetta che ne siano violentati il territorio e l’anima? Vergognosamente, come al solito.
L’ormai per poco Ministro degli Esteri Massimo "Enola Gay" D’Alema traccheggia; Uolter "Ciccio-di-Nonna-Papera" Veltroni “ha espresso l’augurio che il governo cinese ascolti le preoccupate parole della comunità internazionale e rinunci all’uso della violenza”. Lui "esprime", capite? Anche l’idea di boicottare le Olimpiadi, ritirando la rappresentanza italiana, è stata giudicata da tutti semplicemente grottesca e fantascientifica. Lo si è fatto nel 1980 a Mosca, certo, ma l’orso sovietico era molto meno importante, economicamente parlando, della Cina di oggi.
Onore invece, una volta tanto, all’opposizione, che ha parlato chiaro, semplice e forte. Roberto Calderoli ha detto: “Un paese come la Cina che non rispetta i diritti umani non merita di ospitare le Olimpiadi, che sono invece il simbolo della comunanza tra i popoli. Chiedo pertanto che l’Italia decida di non inviare la propria delegazione a Pechino e si attivi presso il CIO per far annullare i Giochi, come si è già fatto nel 1940 o nel 1944”. Mario Mauro, di Fi, Vicepresidente del Parlamento Europeo, ha dichiarato che “seppur doloroso, il boicottaggio potrebbe diventare una soluzione inevitabile” e sulla stessa posizione si è schierato Gianni Alemanno di An.
Comunque, dum Romae consulitur, Sagunthum espugnatur: e mentre noi ci facciamo le seghe mentali sui diritti umani, a Lhasa il massacro continua. Attiviamoci tutti perché non scenda un’altra volta il silenzio su questo popolo e sulla sua eroica rivolta, com’è successo con la Birmania (qualcuno se ne ricorda ancora, dopo solo pochi mesi?). Impegniamoci a boicottare in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo le Olimpiadi di Pechino, cominciando col tenere rigorosamente spenta la tv durante i collegamenti. Testimoniamo in ogni modo possibile, almeno col nostro spirito, la nostra solidarietà al popolo tibetano, ai suoi lama, ai buddhisti di tutto il mondo. Non deve più scorrere il sangue, a Shangri-La.

Giuliano Corà

Commenti
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fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 17-03-2008 10:39

Sostanzialmente d'accordo con G.Corà, però con una precisazione: se il popolo tibetano riuscisse a liberarsi del giogo cinese, finirebbe inevitabilmente invaso dalla modernità nella versione occidentale, turismo selvaggio e monaci buddisti ridotti come i Masai a recitare i loro riti per i videotelefonini di panzoni tedeschi, italiani e americani. Non c'è speranza di un recupero del premoderno, in Tibet come altrove, se non dopo la catastrofe di questo sistema infame.
Leo (Registered) 17-03-2008 11:19

Intanto era una delle società tradizionali a opporre maggiore resistenza alla modernità. E le difficoltà ambientali pongono ancora un ostacolo al turismo di massa (quello dei ricchi c'è già arrivato da tempo). E' proprio da questi luoghi che secondo me può rinascere l'umanità dopo un'eventuale catastrofe, crisi economica, energetica o quel che sarà.
Ale71 (Registered) 17-03-2008 12:35

Il Tibet è sempre stato considerato dai cinesi un tassello importante per la difesa della Cina che alle sue frontiere ha sempre avuto popolazioni di etnie e religioni varie sulle quali ha sempre cercato di avere un controllo più o meno diretto. Basti pensare alle minoranze di religione musulmana che rappresentano soprattutto ora un bel problema per Pechino. Per la Cina e il Tibet si ripropone da sempre la solita storia, la storia dei piccoli paesi che si trovano loro malgrado schiacciati fra grandi potenze regionali (Cina,Russia,India). Non credo che per il Tibet sia possibile ormai un futuro indipendente. La cultura tradizionale è stata in gran parte distrutta, umiliata. Gli stessi tibetani che vivono in esilio in India nonostante gli sforzi del Dalai Lama si stanno sempre più "corrompendo" culturalmente. In fin dei conti il Tibet ha subito quello che la stessa Cina ha subito da parte della rivoluzione comunista: un genocidio culturale, la distruzione del passato in nome di un radioso avvenire che ora è venuto sotto forma del cancro modernista, capitalista e mafioso. Un cancro che attacca sempre prima e soprattutto l'anima spirituale di una civiltà. Non solo il Tibet dobbiamo piangere ma anche la Cina la cui tradizione straordinaria è stata annichilita e umiliata prima dai barbari d'Occidente e poi da una ideologia politica anch'essa occidentale che ha fatto tabula rasa di tutto ciò che faceva grande quel paese.
max (Registered) 17-03-2008 15:35

Per quanto l'intervento del governo cinese sia deprecabile, paradossalmente esso rappresenta un pericolo minore della colonizzazione americana: i coloni cinesi aprono i loro negozi ma, come loro abitudine, si tengono separati dai locali e pur riducendo i tibetani in minoranza, tendono a non mescolarsi e a lasciare intatta la cultura locale, per quanto minoritaria; i "liberatori" americani invece magari danno pure l'indipendenza al tibet, ma non aprono con la forza negozi americani, no! ti cambiano lo spirito, ti condizionano con tv e giornali, fanno in modo che sia proprio tu a chiedere al "salvatore" americano di mandarti sviluppo, sexy shop e mc donald's al posto dei vecchi e inutili monasteri! Sarai proprio tu a ringraziarli di averti reso un competitore rincoglionito ebete denaro-dipendente incapace di pensare!
I cinesi ti invadono e ti rompono le palle ma non sono abili come gli americani a colonizzarti culturalmente e a toglierti l'anima con il tuo benestare!








puntodiscontro.blogspot.com
Antonio Nemo (Registered) 17-03-2008 17:09

"Sostanzialmente d'accordo con G.Corà, però con una precisazione: se il popolo tibetano riuscisse a liberarsi del giogo cinese, finirebbe inevitabilmente invaso dalla modernità nella versione occidentale, turismo selvaggio e monaci buddisti ridotti come i Masai a recitare i loro riti per i videotelefonini di panzoni tedeschi, italiani e americani. Non c'è speranza di un recupero del premoderno, in Tibet come altrove, se non dopo la catastrofe di questo sistema infame."

Pienamente d'accordo. Aggiungerei che vedo in giro nel mondo un pò troppo movimento: tanti popoli vogliono proclamare la loro indipendenza o autonomia. Prima il Kosovo, ora il Tibet... speriamo che non si svegli pure la Padania!
Ale71 (Registered) 17-03-2008 18:27

Per Max

E' vero che i cinesi tendono ad insediarsi e farsi gli affari loro (vedi Prato). Ma il Tibet è un'altra faccenda. Intanto perchè è diventato a tutti gli effeti una provincia cinese e non un paese straniero che ospita comunità cinesi. E quindi tutto quello che è incompatibile ideologicamente con i diktat del Governo cinese viene sistematicamente annientato. Un mio conoscente che ha visitato il Tibet mi ha detto che davanti al Potala, l'ex sede del Dalai Lama e quindi una delle più sacre costruzioni tibetane, i cinesi hanno aperto dei bordelli. Questo tanto per dare l'idea della tolleranza culturale del governo di Pechino. E' sbagliato sottovalutare la capacità cinese di assimilare culturalmente altri popoli. Ovunque vadano i cinesi riescono facilmente ad impadronirsi dell'economia. I vari tumulti scoppiati in paesi come l'Indonesia ad esempio sono nati in gran parte dall'odio che le popolazioni locali provano nei confronti delle minoranze cinesi che hanno conquistato nel giro di pochi anni posizioni fondamentali nella vita economica. In Italia assistiamo a fenomeni analoghi. I cinesi creano comunità chiuse, con proprie leggi e regolamenti di conti interni e dove conquistano spazi economici ridistribuiscono la ricchezza tra loro e inviano capitali in Cina. Se si volesse andare a scoperchiare il pentolone cinese che bolle a Prato, ad esmpio, avremmo delle spiacevolissime sorprese. Quello che ogni tanto viene fuori sono bazzecole rispetto al mondo sotterraneo che i cinesi sono capaci di creare. Certo, i cinesi e la loro cultura (o meglio quello che ne rimane dopo il "trattamento" comunista e ora mafioso") per noi non rappresentano niente di particolarmente invitante, non sono l'America e non hanno da proporre particolari alternative culturali al materialismo imperante. Ma la Cina, come sosteneva Terzani,è e resta un grande paese dove le cose si fanno, nel bene e nel male, in grande. Quindi grandi opere ma anche grandi massacri e ingiustizie. Il libro di Tiziano Terzani "La porta proibita" nonostante risalga ai primi anni ottanta è ancoraattuale e permette di capire molte cose della Cina attuale. Leggete il capitolo sul Tibet e vedrete come i cinesi sanno farsi gli affari loro....
max (Registered) 17-03-2008 19:06

Veramente io parlavo non di ingiustizie in generale, ma di assimilazione culturale.
E ribadisco che -al di là della sofferenza di un popolo in un dato momento- nessuna cultura al mondo è più efficace di quella americana per fare scomparire ed annullare lo spirito di un popolo, in un modo che oltretutto viene esaltato come "libertà".
lukky77@gmail.com
Shankara (Registered) 18-03-2008 22:14

Veramente un ottimo intervento. Complimenti. La questione tibetana dovrebbe essere uno dei cavalli di battagli di MZ. A questo proposito mi chiedo perchè Massimo Fini non l'abbia praticamente mai trattata anche se teoricamente dovrebbe costituire una delle sue battaglie princiapali.

P.S.: Una precisazione: l'Italia alle Olimpiadi di Mosca partecipò (raggiunse anche la finale nel torneo di basket, battendo proprio i padroni di casa prima di perdere con la Yugoslavia. Boicottarono, tra gli altri, Usa, Germania ovest e la stessa Cina!)
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