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In faccia al disastro PDF Stampa E-mail

21 Marzo 2021

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 Pilato gli chiese: "Sei tu re?". Gesù rispose: "Tu lo dici. Io sono re; sono nato per questo e per questo sono venuto al mondo: per testimoniare la verità (...). Allora Pilato gli disse: "Che cosa è la Verità (quid est Veritas)? e se ne uscì”. Vangelo di Giovanni,18,33-38

Che cosa è la Verità? Quid est Veritas? Quando Cristo, personaggio troppo affascinante anche per un miscredente e laico come me (e come altri, basterebbe vedere il bellissimo lavoro di Ida Magli sull' "uomo Gesù") disse a Pilato di "testimoniare la Verità", quest'ultimo se ne uscì dal pretorio, non attendendo neppure risposta. Taluni teologi e biblisti ancor oggi si interrogano sull' atteggiamento di Pilato, ma la risposta credo sia molto semplice: la domanda pilatesca fu beffarda, concepita col tono di chi, imbevuto dello scetticismo gnoseologico, crede che giungere ad una risposta sia letteralmente impossibile e che non servano, che non bastino i mezzi della conoscenza umana. Lo scetticismo gnoseologico, che non è solo una questione del mondo classico, avendo condizionato nei secoli l' intera storia del pensiero filosofico occidentale, è in realtà da definirsi come un qualcosa di filosoficamente insostenibile: se io dico che la Verità non esiste e invece essa esiste, lo scetticismo è falso e se anche fosse vero (cioè che davvero la Verità non esiste), lo scetticismo sarebbe falso lo stesso, perché esisterebbe (paradossalmente) una Verità: cioè che la Verità non esiste. Per uno scettico come Pilato, la Verità è quella del Potere, che elargisce "ad usum delphini" a seconda dei tempi, delle convenienze, delle circostanze, della narrativa imperante: non si tratta della Verità ma di una Verità soggettiva di comodo, di facciata, di una falsa Verità ad uso e consumo dell'apparato di Potere e per soggiogare le moltitudini.

Parente stretto dello scetticismo è una malattia nella quale siamo immersi in pieno: parlo del relativismo. Il relativismo, anche esso debole di pensiero come lo scetticismo, nega una verità assoluta universale oppure afferma che è conoscibile solo in parte. Imparentati col relativismo sono il relativismo etico e culturale, che negano valori universali essendo essi stessi variabili o mutevoli in base alla situazione storica, sociologica, culturale: un caso limite è quello della Chiesa Cattolica, che ha inseguito talmente il mondo e il secolo sino a fondersi in essi.

Da buon funzionario del Potere in carriera, cinico e disposto ai compromessi, Pilato nemmeno aspetta una risposta anzi se ne esce beffardo, sarcastico, ironico dal pretorio: per lui concepire un "Vero Assoluto" come realtà oggettiva dei fatti -perché questa è la Verità- risulta inconcepibile. Inconcepibile e fastidioso, in quanto andrebbe a scardinare tutto l'architrave della costruzione artificiale su cui si basa la vita del tribuno, provocandone uno "shock" tale da mandarlo in crisi: il vero assoluto, infatti, ci mette dinnanzi ad uno specchio, specchio citato negli Evangeli da Paolo "ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa, ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente"(1 Corinti,13-12)".

Perdonate queste citazioni bibliche dette da un laico che è affascinato dalle religioni, ma sono necessarie: esse sembrano quasi scritte a pennello per l'epoca che stiamo vivendo. La realtà oggettiva dei fatti, il vero assoluto, oggi ci è apparsa non più distorta da uno specchio ma faccia a faccia: siamo di fronte al fallimento epocale, spettacolare, della Modernità. Quando un anno fa criticavamo i capisaldi della Modernità avevamo un quadro distorto, come negli antichi specchi dell'epoca di Paolo; oggi tutto il disastro lo stiamo vedendo faccia a faccia, nella sua integralità a 360 gradi. Fallimento totale senza appello della Modernità economica, etica, sanitaria, civile, giudiziaria, del pensiero e della filosofia, della mentalità, in una parola di tutto: anzi, la Modernità è già bella che defunta, morta, è il passato e ora siamo in un intermezzo senza capo né coda nel quale tutti noi ci muoviamo agitati.

Non preoccupiamoci delle restrizioni, delle politiche assurde odierne: quelle prima o poi crolleranno come un castello di carte, per la forza delle cose. Dovremmo preoccuparci per il "dopo", per un "post" costruito sulla sabbia e con la reiterazione degli stessi errori del passato, solo fatti con una operazione di lavanderia verde. C'è del buono anche nel nuovo che avanza, ma va preso solo per capitalizzare moneta nell'attesa di nuovi tempi fiacchi, difficili: probabilmente arriveranno periodi transitori in cui le cose, in apparenza, sembreranno rimettersi al posto giusto: diffidare di questi tempi, che saranno effimeri. Nessuna civiltà è stata scritta a tavolino. Le civiltà nascono e si evolvono in un sistema complesso di fattori ma hanno un minimo denominator comune: appunto delle verità assolute e non relative, preideologiche, prepolitiche, sovrastrutture che vanno ad innestarsi nelle strutture. Osservare col binocolo significa cogliere i segni positivi, capitalizzare moneta e innestarli su una buona pianta, ben consapevoli che non cambieremo noi il mondo, ma getteremo un seme per chi ci seguirà.

Simone Torresani

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