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Omaggio alla persona non all'istituzione PDF Stampa E-mail

17 Aprile 2021

 Quando verrà pubblicato questo articolo a Londra saranno in corso le esequie del principe Filippo di Mountbatten, duca di Edimburgo. Mi sono chiesto se fosse lecito scrivere sul nostro blog questo "coccodrillo" a ricordo di un uomo pubblico che, di primo acchito, nulla pare abbia in comune con noi, col nostro essere radicali, oppositori, ribelli: un "coccodrillo" per omaggiare e ricordare chi era "dall'altra parte della barricata", quello dei palazzi del potere, può appunto sembrare un poco strano ma non è così.

Se essere Ribelli significa essere padroni di noi stessi senza "fantasmi" (M.Stirner) e poter rivendicare il fatto di essere anarchi -non anarchici- nel governo di noi stessi (E.Junger), allora a modo suo, per quanto la sua posizione delicata glielo consentisse, in un certo senso il duca di Edimburgo lo fu. Caustico, mordace, pungente, dissacrante soprattutto verso i suoi simili altolocati ai quali non risparmiò i suoi atteggiamenti graffianti, seppe per quasi un secolo stare, all' occasione, al centro della scena senza prendersi troppo sul serio ma contemporaneamente rispettando con precisione maniacale il suo ruolo. Altre persone probabilmente sarebbero rimaste schiacciate dall' ambiente ipocrita di sepolcri imbiancati, di esclusività e aristocrazia del sangue -tanto meno nobile e giustificabile rispetto alla vera aristocrazia, che è quella del pensiero elevato e delle capacità personali e morali ("il pensiero sta sempre più in alto", disse Seneca) assumendo atteggiamenti di protervia e di superbia, che sfociano fatalmente in un conformismo crasso e ottuso. Non così fu per Filippo che seppe unire, in modo direi piuttosto raro, ad una profondità del senso del dovere e della recitazione d' un ruolo nella vita -e scusate se è poco, assumersi un ruolo e recitarlo coerentemente e seriamente sino in fondo è senso dell' onore, alla base della Vita -anche quella leggerezza, quella ironia, quel dissacrare che ha l'effetto, specialmente quando viene dal centro del potere, di rendere anche chi appare altolocato e irraggiungibile quello che in realtà è: un uomo, una donna, come tutti quanti noi, coi suoi difetti, limiti, insicurezze.

Le sue gaffes, molteplici e graffianti, caustiche e irriverenti, che spesse volte colpivano al cuore il "politicamente corretto" del quale ormai siamo tanto ammorbati dal suo puzzo, non possono, non potevano passare inosservate. Erano l'espressione libera di chi non voleva conformarsi alla ottusità e rivendicava il diritto di dire le cose come stavano, senza indossare maschere o cavalcare spettri, anche se il rischio era quello di offendere. MA così facendo interpretava il sentimento di tutti i comuni mortali.

Poi vi fu il Filippo "ufficiale", diciamo così. Impeccabile, mai sopra le righe, d'una dedizione e serietà impressionanti che lo portarono a presenziare ad eventi, spesso lunghi e faticosi, sino alla non più verde di 96 anni e tutto senza un lamento, un benché minimo gesto di insofferenza. Furono ben trentaquattro mila gli eventi in cui fece il suo dovere, assistendovi. Era consapevole che il suo ruolo di principe consorte portava dei limiti, il primo dei quali era il restare sempre un passo indietro: lo accettò, lo capì e mai ebbe smanie di protagonismo insensato che lo portassero a passi falsi o polemiche.

Se ebbe mende domestiche, che dire? La perfezione non è del genere umano e ci possono stare. Non possiamo pretendere la santità dagli uomini. Mi piace infine ricordare che Filippo trattò molto bonariamente, sempre senza prendersi troppo sul serio, alcuni capivillaggio delle isole Vanuatu, in Oceania, che lo veneravano come un dio, influenzati forse dai "culti del cargo": non disdegnò di incontrarli sia in Patria che a Londra, trattandoli molto affabilmente e non urtando le loro convinzioni ma non permettendo neppure eccessi. Non è retorica dire che è morto il penultimo dei grandi (l'ultima sarà la sua consorte, anche essa unica e inimitabile, detto con ammirazione da chi monarchico non lo è per nulla) e che il duca di Edimburgo, vissuto quasi un secolo, ebbe una vita degna di essere vissuta al di là delle fortune di nascite e di casato. Non importa da chi nasci, importa come vivi ed egli visse bene.

In una frase riassuntiva: ha speso bene la sua giornata.

Per tutte queste ragioni un "coccodrillo" ci sta benissimo, specialmente oggi che il duca affronta l'ultimo dei riti di passaggio, il rito funebre, e si trova alle soglie del "Grande Mistero" oltre il quale non giungono gli echi e le confusioni di questo mondo. Saluto quindi Filippo, duca di Edimburgo, cui ho sempre guardato con simpatia e ammirazione, pur vivendo egli in un ambiente agli antipodi dal mio.

E gli auguro solamente "buon viaggio!".

Simone Torresani

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