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Specificità di Gaza PDF Stampa E-mail

22 Maggio 2021

È notizia fresca un (ennesimo) "cessate il fuoco" tra Hamas ed Israele e i nostri lettori, nei giorni precedenti, hanno avuto modo di leggere diverse opinioni sull' annosa ed infinita "questione palestinese". Intendiamoci, per sgomberare il campo da equivoci, che in questo complicato ginepraio alla luce dei fatti si deve anzitutto condannare fermamente l' uso spropositato della forza da parte dello Stato d' Israele e le politiche dei governi israeliani che da quattordici anni a questa parte, erroneamente credendo di risolvere il problema, in realtà non fanno altro che esasperarlo ed alimentarlo in un circolo vizioso in cui non si riesce a vedere la fine e che si autoalimenta in continuazione, d'altronde si dubita che con Netanyahu premier si possa in qualche modo mutare rotta e una delle soluzioni a questa contesa infinita (che un tempo scaldava e appassionava il mondo, specie nell' era dei due blocchi contrapposti, mentre oggi suscita pigolii e timidi interventi) sarebbe davvero la suddivisione in due Stati, suddivisione buona in teoria ma in pratica bloccata da due scogli: lo status di Gerusalemme e il problema del rientro dei profughi.

Lasciamo stare però le eventuali soluzioni secondo la formula "Due Stati" e concentriamoci piuttosto su quello che è il problema attuale da risolvere, il nodo da sciogliere: lo status di Gaza. Ritengo che una delle tante cause sia la situazione non definita e controversa di Gaza. In pratica, cosa è oggi come status giuridico internazionale la Striscia di Gaza, questo territorio costiero di 360 kmq lungo 40 km e largo in media 10, con 1.800.000 abitanti, di cui 1.250.000 profughi? Non è niente. O meglio si tratta di una "zona grigia", non definita o se preferite "un buco nero". Si tratta di un'area, di un territorio reclamato dall' Autorità Nazionale Palestinese, governato de facto da Hamas, ufficialmente sgomberato da installazioni militari e colonie israeliane dal "Piano di Disimpegno Unilaterale" proposto da Sharon nel giugno 2004, approvato dal Parlamento e messo in pratica nell' agosto 2005 allorché 9.000 coloni israeliani sparsi in 21 insediamenti vennero evacuati con la forza militare.

Per chiarire meglio la situazione, ricordiamo che dagli Accordi di Oslo (1993-94) sino appunto al ritiro unilaterale deciso da Sharon, quindi per una decina d' anni, la Striscia fu amministrata congiuntamente alla Cisgiordania da funzionari, governo e polizia dell'ANP legati ad Al-Fatah. La Striscia passò sotto il controllo dell'ANP e nei primi anni Novanta anzi fu scelta da Yasser Arafat come capitale della Palestina, prima della decisione del trasferimento, pochi anni dopo, a Ramallah in Cisgiordania. I guai per Gaza iniziarono con le elezioni palestinesi di fine 2006 in cui Hamas stravinse nella Striscia mentre al -Fatah, braccio politico storico dell'ANP, fece il pieno di consensi in Cisgiordania. Nacque una situazione delicatissima che dopo un tentativo fallito di coesistenza al potere sfociò, nel giugno 2007, in una vera e propria guerra civile nella Striscia tra miliziani di Al-Fatah e le brigate militari di Hamas, con la vittoria di queste ultime, la conquista del palazzo governativo e la cacciata di tutti i funzionari di al-Fatah (alcuni vennero proprio liquidati, in tutti i sensi). La vittoria di Hamas, il suo controllo nella Striscia, suscitò allarme in Israele in quanto Hamas è considerata organizzazione terroristica. Nacque ben presto un embargo, un blocco: Israele militarmente non occupa Gaza e dintorni, ma controlla almeno 6 su 7 valichi di accesso, controlla lo spazio aereo e quello costiero, decide quali beni e merci possono entrare e in che numero possono entrare, la povertà a Gaza dilaga, i livelli di disoccupazione giovanile sono da record, l' economia arranca -funziona solo l' edilizia e non si dura fatica a capirne la ragione, in una catena di lanci di missili e rappresaglie quasi perenni-lo stato di prostrazione e di frustrazione si può immaginare, da qui la radicalizzazione di buona parte della popolazione e l'appoggio ad Hamas, da qui la crisi umanitaria (quasi 8 gazawi su 10 vivono grazie agli aiuti umanitari), i tunnel clandestini, lo stillicidio: l' embargo, lungi dal fiaccare Hamas, lo ha rafforzato e contribuisce a un circolo chiuso e autodistruttivo senza fine.

Ricapitolando, Gaza non è sotto occupazione militare israeliana ma allo stesso tempo Israele ne controlla lo spazio aereo e i confini marittimi e terrestri, nonché gli scambi commerciali e l'entrata di beni e merci; è un territorio governato da Hamas ma Hamas in quanto considerata organizzazione terroristica non è riconosciuta dai governi stranieri; de jure sarebbe parte dello Stato di Palestina gestito dalla ANP ma de facto la ANP a Gaza non governa e decide un bel nulla, il presidente dell' ANP Mahmud Abbas e il premier palestinese Mohammed Shtayyeh sono contestati e non riconosciuti, in loro vece vi sono rispettivamente Azuz Duwaik e Ismail Haniyeh: il primo deve la sua nomina ad Hamas, il secondo è uno dei leader principali dell' organizzazione. Secondo le autorità israeliane  Gaza è un territorio indipendente  governato da una organizzazione legata al terrorismo e in guerra contro Israele; Hamas risponde dicendo di essere un "territorio autonomo" parte della Palestina in stato d' assedio da parte d' Israele; per l' ANP invece lo stato è di "semi-occupazione" di una parte del suo territorio sul quale tuttavia riconosce tra le righe di non avere autorità (la posizione ufficiale infatti parla di "affermazione da parte del partito di Hamas, con un governo semi-autonomo"). Non serve aggiungere altro.

Ancor prima di pensare di risolvere la ormai ultracentenaria questione palestinese, si dovrebbe ragionare e cercare di capire il vero status di Gaza dal punto di vista internazionale e sciogliere questo pericoloso nodo gordiano talmente equivoco ed intricato da giustificare tutto quel che sta accadendo, vera e propria chiave di lettura dei conflitti dal 2007 ad oggi. Dubitiamo largamente che Netanyahu possa recidere la matassa con un colpo di spada così come dubitiamo possano farlo i leader di Hamas. Al netto di tutto, l'embargo di Israele -causa prima del potenziamento di Hamas e della radicalizzazione- deve essere condannato e denunciato da chiunque, sino alla sua cancellazione. Il torto, ora, è dalla parte di Israele e di Netanyahu (anche se i palestinesi non sono stinchi di santo, ma questa è un'altra storia).

Simone Torresani

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