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Rivalutare il pensiero anarchico PDF Stampa E-mail

29 Maggio 2021

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La assurda, terribile, ingiustificabile tragedia della funivia Stresa-Mottarone, una vera e propria strage colposa con vittime innocenti immolate sugli altari del profitto ad ogni costo -è storia vecchia, in ogni giorno e in ogni luogo vi è una funivia del Mottarone, in ogni angolo del Pianeta o quasi- ci ha fatto ripiombare di botto in quella "normalità"(virgolettato obbligatorio) che quasi tutti noi, diciamolo, da tempo temevamo: perché la "normalità" del mondo prepandemico, pandemico e postpandemico è questa: le varie politiche di clausura e di lockdown avevano solamente gettato la polvere sotto il tappeto, nascondendola. Ci sarebbe da chiedersi quanto sia grande il pericolo, ora che avvengono i primi segnali di ripartenza, di una ripartenza fatta soprattutto di una fretta dissennata e di una volontà generale di recuperare il tempo e il denaro perduto, a tutto scapito della sicurezza collettiva: si parla di grandi opere, codici di appalti, cantieri, fiumi di denaro del "Recovery", progetti a destra e sinistra, siamo sicuri che tale ansia di correre e di fatturare non vada a tutto discapito delle buone norme di sicurezza?

Ma non è questo il tema di cui andremo a parlare, avendolo usato solo come introduzione e trait d' union. A criticare l'attuale struttura economica, le politiche neoliberiste, turbocapitaliste, l'accumulo pericoloso della ricchezza in poche mani, le fregature di false politiche di "debito buono" che nascondono pericolose insidie, la finanziarizzazione estrema e la necrosi di una società terminale, siamo tutti capaci, tuttavia quando si tratta di fornire valide risposte si mestano sempre nel pentolone vecchie minestre riscaldate o dottrine già adoperate e rivelatesi mezze fallimentari. Mi chiedo quindi se non sarebbe buona norma provare a recuperare alcune ricette e teorie di quel vasto e variegato mondo che è il movimento e il pensiero anarchico, naturalmente espurgate da tutti quegli elementi deplorevoli, inutili e controproducenti, legati alla violenza fine a se stessa o alle pratiche insurrezionali, pratiche capaci solo di portare a un inutile martirio personale e che danno fiato all'apparato repressivo. Spurgata dunque dalla componente insurrezionalista e violenta, l'anarchia è una vasta galassia che si suddivide in varie scuole trasversali e interconnesse tra loro come in un Diagramma di Venn, perché se le scuole di pensiero sono molteplici, la filosofia anarchica ha per tutte alcuni punti importanti in comune:

1) Il rifiuto delle forme di economia capitalista 2) Il rifiuto di ogni gerarchia e governo dall'alto, contrapposto ad un ideale di associazioni basate su adesione volontaria 3) Il valore supremo della libertà personale. 4) L'uguaglianza sociale, da intendersi qui come pari dignità personale all' interno di una collettività. Questi i 4 tra i principali capisaldi comuni: per il resto, la suddivisione della vasta galassia consta di due grandi filoni che sono: 1) Il filone anarco-socialista (o comunista o collettivista qualsivoglia, in base ai pensatori e ai teorici): qui abbiamo il pensiero di Proud'hon, di Kropotkin, di Malatesta, di Bakunin e altri 2) Il filone anarco-individualista tra cui spiccano le teorie e il pensiero di Stirner, di Warren, di Tucker, di Thoreau. In sintesi estrema, obiettivo della prima scuola è il raggiungimento (con metodi vari, tuttavia noi espurghiamo, come detto, quelli inapplicabili e violenti) di una società libertaria, basata su associazioni o federazioni di gradazione collettivistica più o meno forte, con un socialismo di mercato. A seconda delle scuole di pensiero la moneta ha importanza diversa, per alcuni è accettata, per altri no; la collettività deve sempre rispettare l'individuo. Molto importante la dialettica di P.J. Proud'hon tra "proprietà " e "possesso personale": la proprietà è "furto" e cosa negativa quando essa stessa, usata da altri, porta al profitto personale; non è furto ed è legittima se guadagnata col proprio lavoro e usata a fini personali che non implicano lo sfruttamento del lavoro altrui. Proud'hon teorizzò un regime economico mutualistico, formato da libere federazioni di individui e di lavoratori, in cui l'autogestione dei mezzi di produzione fosse un elemento essenziale. Oltre allo scambio diretto dei beni e all’ autogestione, Proud'hon -che Bakunin definì il "Maestro"- fu sempre un grande sostenitore di un sistema delle "banche popolari".

Nell' anarco-individualismo la volontà dell'individuo è al di sopra della società ma non per questo viene rifiutata la libera associazione volontaria unita alla solidarietà generale, vista come valore etico e morale. A differenza di Proud'hon, l'anarco-individualismo non ha la dialettica sopracitata, ma si basa sul "diritto d' uso" dei beni e della produzione: i frutti del lavoro appartengono al lavoratore, che è libero di scambiarli con altri lavoratori, mentre la proprietà collettiva è biasimata in quanto si ritorcerebbe contro l'individuo stesso, influenzandone la morale e rendendolo inoltre non libero e soggetto da parte di un regime che controllerebbe appunto la proprietà stessa.

Vi sono, in questa grande galassia, altri insiemi e sfumature come il pensiero anarco-ambientalista od anarco-ecologista e anarco-pacifista, in cui ci si introduce nel rapporto Uomo-Biosfera o Uomo-Natura, ma non abbiamo il tempo ora per analizzarli. Circa le modalità d' azione anarchica, sarebbe buona norma studiare quelle nonviolente e basate sulla formazione personale e sull' educazione dell'individuo per portarlo a gradi elevati di consapevolezza: l'insurrezionalismo non paga per nulla, crea solo alibi per la repressione violenta, non ha senso, non ha seguito, è dannoso e controproducente, aliena la causa ed è nichilismo puro e perdente.

Non è una bestemmia, non è per nulla una bestemmia dire e scrivere che si dovrebbe studiare e forse rivalutare il pensiero anarchico, estrapolarne le cose migliori, fare una sintesi tra tutto ciò che è valido tra i diversi filoni e le diverse scuole e cercare di metterlo in pratica ma con concretezza, in una sintesi, in una fusione, in un sincretismo insomma con altre idee. Possono essere, è vero, cose già dette e ridette, però hanno un vantaggio: a parte qualche isolata Comune di hippies che non fa testo -poi bisogna vedere quanto anarchici, diciamola tutta- e una brevissima esperienza di due mesi nel 1871 a Parigi in condizioni insostenibili e destinate alla sconfitta, l'anarchismo e l'anarchia non hanno sul groppone fantasmi fallimentari e tragici come il "comunismo storico novecentesco" di previana memoria. Perché, allora, non ristudiarli, esplorarli, tirarne fuori una sintesi originale e fattibile?

Simone Torresani

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